Recensione
Deadman Wonderland
6.0/10
Ciò che salta subito all'occhio, in "Deadman Wonderland", è la bella dose di sangue che schizza da tutte le parti. Dose un po' troppo abbondante, in certi momenti. Anche se vengono mutilati, gli esseri umani <i>non</i> sono idranti. A un certo punto non si poteva fare altro che sorridere davanti ai fiumi rossi che scorrevano, le dosi erano talmente esagerate da trasformare disgusto/orrore in sbuffi divertiti.
Parlando della trama, ho trovato davvero ben congegnata l'idea iniziale. Partenza: un poveretto ingiustamente incolpato di una strage finisce in una folle (ma geniale, diciamolo) prigione/parco dei divertimenti. E l'innovazione finisce qui.
Perché, sotto lo strato di sangue, c'è un semplicissimo, banalissimo anime shounen. Ci troviamo davanti a Ganta, un quattordicenne che, nonostante sia un pivello, riesce puntualmente a sconfiggere avversari più forti di lui, a usare tecniche di cui non conosce nemmeno l'esistenza, a diventare un punto di riferimento per cui valga la pena sacrificarsi. Ma in fondo è il protagonista, quindi immagino ci sia poco di cui lamentarsi.
Quella che davvero non mi è piaciuta è Shiro. Dal primo momento ho odiato tutto di lei, sopratutto il modo in cui "schiaccia" gli altri personaggi che ruotano attorno a Ganta, e che hanno rivelato storie personali interessanti, anche se appena accennate.
Ultima cosa, il finale. All'inizio della trasmissione non mi ero informata sulla lunghezza della serie, certa che quando ci sarebbe stato un finale sarebbe stato chiaro e limpido. Ma che il dodicesimo fosse l'ultimo episodio l'ho scoperto solo quando l'ho letto sul sito della Dynit. Da quando ci vuole un comunicato ufficiale di una casa editrice per spiegare che un anime è finito? Personalmente mi sono sentita presa in giro da una serie decapitata, fatta probabilmente solo per un po' di pubblicità al manga. Pietra sopra su questa serie, anche se ce ne fosse una seconda non la guarderei. Voto: 6, per l'idea della prigione.
Parlando della trama, ho trovato davvero ben congegnata l'idea iniziale. Partenza: un poveretto ingiustamente incolpato di una strage finisce in una folle (ma geniale, diciamolo) prigione/parco dei divertimenti. E l'innovazione finisce qui.
Perché, sotto lo strato di sangue, c'è un semplicissimo, banalissimo anime shounen. Ci troviamo davanti a Ganta, un quattordicenne che, nonostante sia un pivello, riesce puntualmente a sconfiggere avversari più forti di lui, a usare tecniche di cui non conosce nemmeno l'esistenza, a diventare un punto di riferimento per cui valga la pena sacrificarsi. Ma in fondo è il protagonista, quindi immagino ci sia poco di cui lamentarsi.
Quella che davvero non mi è piaciuta è Shiro. Dal primo momento ho odiato tutto di lei, sopratutto il modo in cui "schiaccia" gli altri personaggi che ruotano attorno a Ganta, e che hanno rivelato storie personali interessanti, anche se appena accennate.
Ultima cosa, il finale. All'inizio della trasmissione non mi ero informata sulla lunghezza della serie, certa che quando ci sarebbe stato un finale sarebbe stato chiaro e limpido. Ma che il dodicesimo fosse l'ultimo episodio l'ho scoperto solo quando l'ho letto sul sito della Dynit. Da quando ci vuole un comunicato ufficiale di una casa editrice per spiegare che un anime è finito? Personalmente mi sono sentita presa in giro da una serie decapitata, fatta probabilmente solo per un po' di pubblicità al manga. Pietra sopra su questa serie, anche se ce ne fosse una seconda non la guarderei. Voto: 6, per l'idea della prigione.