Recensione
Premessa: vorrei analizzare le tematiche trattate in relazione a noi stessi, che (imho) sono la parte più intrigante e importante di qualsiasi opera.
Che la realtà non sia sempre un "luogo" idilliaco e confortevole in cui vivere è qualcosa che, chi più chi meno, tutti abbiamo pensato, ed è quando questa verità diventa insopportabile, insostenibile, che si cerca riparo in un posto dalla bellezza e (sopratutto se colpisce in età matura) solitudine assolute, l'immaginazione nell'anime definita come "sindrome".
Ciò a cui punta "Chuunibyou demo Koi ga Shitai!" è, oltre a stimolare gran riso creando una sorta di riflesso della nostra infanzia, mostrarci i diletti e i rischi (come nei più bei miti) che comporta, in questo caso, l'immaginazione.
Sì, i diletti, perché immaginare è stato e può ancora essere divertente e non così inutile come si potrebbe pensare. Lo stesso Platone concepì un sistema politico ideale. Ergo fantasticare, progettare, ipotizzare, sognare aprono innumerevoli porte alle nostre menti.
I rischi: come anticipato, alienarsi dal mondo spesso rende soli, eccessivamente introversi, disperati per la sfiducia nella realtà, e difficilmente giungeranno personaggi come il protagonista, pronto a salvarci e a capirci. Ho detto sarebbe difficile, non impossibile, perché quando ciò accade, come nell'anime, quel che si crea è un legame più profondo, plasmato dalla reciproca comprensione del simile percorso di vita.
Perché Yuuta e Rikka, i protagonisti, crescono, "guariscono" insieme, cercando il giusto equilibrio tra realtà e immaginazione e trovando la distanza opportuna tra di essi, secondo il dilemma del porcospino.
I personaggi, dal character design un po' banale, che potrebbe allontanare i "moe-fobici" (pregiudizio erroneo) in primis, i protagonisti, sanno farsi amare grazie sopratutto all'inclinazione a immedesimarsi in combattenti fantastici con ferrea convinzione donchisciottiana: prestigiosa particolarità che accompagnerà le animazioni anche nelle vicende più drammatiche, con, a mio avviso, splendide metafore, che caratterizzano al meglio l'indole immaginaria dei personaggi.
Tecnicamente l'anime è su ottimi livelli, con musiche orecchiabili che si sposano bene con l'opera, e grafica canonica del genere all'altezza.
Il target è molto esteso: a permetterlo è l'inusuale (probabilmente perché svalutata) tematica di base, la quale riguarda grandi e piccini; il fascino del mondo onirico non ha età. Voto: 9
Concludo con un piccolo pensiero/ispirazione che mi è balenato a seguito di questa lunga riflessione: "La speranza ci uccide, ma paradossalmente ci tiene in vita. E' dal nostro sognare che plasmiamo noi stessi, la nostra caparbietà. Siate furbi, desiderate cose semplici".
Che la realtà non sia sempre un "luogo" idilliaco e confortevole in cui vivere è qualcosa che, chi più chi meno, tutti abbiamo pensato, ed è quando questa verità diventa insopportabile, insostenibile, che si cerca riparo in un posto dalla bellezza e (sopratutto se colpisce in età matura) solitudine assolute, l'immaginazione nell'anime definita come "sindrome".
Ciò a cui punta "Chuunibyou demo Koi ga Shitai!" è, oltre a stimolare gran riso creando una sorta di riflesso della nostra infanzia, mostrarci i diletti e i rischi (come nei più bei miti) che comporta, in questo caso, l'immaginazione.
Sì, i diletti, perché immaginare è stato e può ancora essere divertente e non così inutile come si potrebbe pensare. Lo stesso Platone concepì un sistema politico ideale. Ergo fantasticare, progettare, ipotizzare, sognare aprono innumerevoli porte alle nostre menti.
I rischi: come anticipato, alienarsi dal mondo spesso rende soli, eccessivamente introversi, disperati per la sfiducia nella realtà, e difficilmente giungeranno personaggi come il protagonista, pronto a salvarci e a capirci. Ho detto sarebbe difficile, non impossibile, perché quando ciò accade, come nell'anime, quel che si crea è un legame più profondo, plasmato dalla reciproca comprensione del simile percorso di vita.
Perché Yuuta e Rikka, i protagonisti, crescono, "guariscono" insieme, cercando il giusto equilibrio tra realtà e immaginazione e trovando la distanza opportuna tra di essi, secondo il dilemma del porcospino.
I personaggi, dal character design un po' banale, che potrebbe allontanare i "moe-fobici" (pregiudizio erroneo) in primis, i protagonisti, sanno farsi amare grazie sopratutto all'inclinazione a immedesimarsi in combattenti fantastici con ferrea convinzione donchisciottiana: prestigiosa particolarità che accompagnerà le animazioni anche nelle vicende più drammatiche, con, a mio avviso, splendide metafore, che caratterizzano al meglio l'indole immaginaria dei personaggi.
Tecnicamente l'anime è su ottimi livelli, con musiche orecchiabili che si sposano bene con l'opera, e grafica canonica del genere all'altezza.
Il target è molto esteso: a permetterlo è l'inusuale (probabilmente perché svalutata) tematica di base, la quale riguarda grandi e piccini; il fascino del mondo onirico non ha età. Voto: 9
Concludo con un piccolo pensiero/ispirazione che mi è balenato a seguito di questa lunga riflessione: "La speranza ci uccide, ma paradossalmente ci tiene in vita. E' dal nostro sognare che plasmiamo noi stessi, la nostra caparbietà. Siate furbi, desiderate cose semplici".