Recensione
Yojimbo - La sfida del samurai
10.0/10
Recensione di AkiraSakura
-
"Quando un uomo con la pistola incontra un uomo con la katana, quello con la pistola è un uomo morto!"
"Yojimbo", alias "La sfida del Samurai", è un caposaldo della storia del cinema e la base solida su cui Sergio Leone ("C'era una volta in America", "C'era una volta il West", "Il buono, il brutto e il cattivo") costruirà il suo stile, diventando uno dei migliori registi di tutti i tempi. Non a caso il suo primo successo, "Per un pugno di dollari", che vede un esordiente Clint Eastwood come protagonista, è un remake in salsa spaghetti-western del film di Kurosawa. Inutile dire che il ben noto Tarantino si è ispirato a Sergio Leone, come si può notare in molti dei suoi post-moderni film, quindi l'influenza di Kurosawa c'è anche in questo regista, sebbene in modo indiretto (le citazioni comunque abbondano!)
Pur essendo un film del 1961, "La sfida del Samurai" è avanti per i suoi tempi, in quanto ogni cosa è mostrata senza filtri inibitori: il degrado del Giappone feudale in fase di industrializzazione (quest'ultimo fenomeno è rappresentato dalla celebre pistola, che segna un taglio netto con la tradizione), la spacconeria e l'opportunismo del ronin senza meta e senza padrone, interpretato da un ispirato Toshiro Mifune, che sotto sotto nella sua solitudine ha maturato un'ideale di giustizia sconosciuto agli avidi mercanti e yakuza locali che incontrerà nel suo errare.
La trama del film rientra perfettamente nei canoni del western d'azione. Un samurai solitario vaga errabondo, senza meta e senza padrone, sino a quando approda in un desolato villaggio attanagliato dalla nefasta rivalità tra i due boss che se ne contendono il controllo economico. Sanjuro decide di fermarsi e di ristabilire l'ordine e la giustizia cercando di mettere i boss uno contro l'altro, sfruttando la sua astuzia e il suo temperamento da guerriero. Il finale sfocerà in un epico e indimenticabile duello.
A livello registico siamo molto vicini allo stile de "I sette samurai", che ha fatto scuola ai grandi del cinema. La caratterizzazione dei personaggi è ottima per essere un film del '61 e la sceneggiatura scorre velocemente fino alla comparsa della famigerata pistola, che determina un cambio di registro nel susseguirsi degli eventi, fino al liberatorio duello finale. Lo stile di Kurasawa è didattico: penso che qualunque aspirante regista debba passare da questa strada per imparare il mestiere.
In conclusione, invito tutti a guardarsi sia questo film che il suo alter ego "Per un pugno di dollari", entrambi intensi e affascinanti nonostante la loro semplicità (e la loro età!). A tutti quelli che magari si sono annoiati per la durata eccessiva de "I sette Samurai" ricordo che "Yojimbo" è molto più veloce e ha una durata canonica di 106 minuti circa.
Voglio infine esprimere la mia più completa ammirazione per la sequenza di apertura, una delle più epiche in assoluto nella storia del cinema.
"Yojimbo", alias "La sfida del Samurai", è un caposaldo della storia del cinema e la base solida su cui Sergio Leone ("C'era una volta in America", "C'era una volta il West", "Il buono, il brutto e il cattivo") costruirà il suo stile, diventando uno dei migliori registi di tutti i tempi. Non a caso il suo primo successo, "Per un pugno di dollari", che vede un esordiente Clint Eastwood come protagonista, è un remake in salsa spaghetti-western del film di Kurosawa. Inutile dire che il ben noto Tarantino si è ispirato a Sergio Leone, come si può notare in molti dei suoi post-moderni film, quindi l'influenza di Kurosawa c'è anche in questo regista, sebbene in modo indiretto (le citazioni comunque abbondano!)
Pur essendo un film del 1961, "La sfida del Samurai" è avanti per i suoi tempi, in quanto ogni cosa è mostrata senza filtri inibitori: il degrado del Giappone feudale in fase di industrializzazione (quest'ultimo fenomeno è rappresentato dalla celebre pistola, che segna un taglio netto con la tradizione), la spacconeria e l'opportunismo del ronin senza meta e senza padrone, interpretato da un ispirato Toshiro Mifune, che sotto sotto nella sua solitudine ha maturato un'ideale di giustizia sconosciuto agli avidi mercanti e yakuza locali che incontrerà nel suo errare.
La trama del film rientra perfettamente nei canoni del western d'azione. Un samurai solitario vaga errabondo, senza meta e senza padrone, sino a quando approda in un desolato villaggio attanagliato dalla nefasta rivalità tra i due boss che se ne contendono il controllo economico. Sanjuro decide di fermarsi e di ristabilire l'ordine e la giustizia cercando di mettere i boss uno contro l'altro, sfruttando la sua astuzia e il suo temperamento da guerriero. Il finale sfocerà in un epico e indimenticabile duello.
A livello registico siamo molto vicini allo stile de "I sette samurai", che ha fatto scuola ai grandi del cinema. La caratterizzazione dei personaggi è ottima per essere un film del '61 e la sceneggiatura scorre velocemente fino alla comparsa della famigerata pistola, che determina un cambio di registro nel susseguirsi degli eventi, fino al liberatorio duello finale. Lo stile di Kurasawa è didattico: penso che qualunque aspirante regista debba passare da questa strada per imparare il mestiere.
In conclusione, invito tutti a guardarsi sia questo film che il suo alter ego "Per un pugno di dollari", entrambi intensi e affascinanti nonostante la loro semplicità (e la loro età!). A tutti quelli che magari si sono annoiati per la durata eccessiva de "I sette Samurai" ricordo che "Yojimbo" è molto più veloce e ha una durata canonica di 106 minuti circa.
Voglio infine esprimere la mia più completa ammirazione per la sequenza di apertura, una delle più epiche in assoluto nella storia del cinema.