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6.0/10
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Sicuramente da bambini si è spesso immaginato di essere un eroe venuto da chissà quale strano mondo parallelo dotato di poteri mistici o di armi dalla potenza non quantificabile. In questo lungometraggio per l'appunto, Aura: Maryuuinkouga Saigo no Tatakai si parla proprio di questa fase, dove vede coinvolti la liceale Ryouko e il suo compagno di classe Ichirou. I due protagonisti di questa storia, si incontrano una sera per caso nei corridoi della scuola, mentre Ryouko è intenta a sconfiggere uno strano essere di un mondo fantastico che ovviamente non si vede. Ichirou invece si trova lì perché è andato a prendersi gli appunti dimenticati sul banco. Ichirou ne rimane affascinato. Ryouko vive in un mondo tutto suo, o meglio pensa seriamente di essere dotata di super poteri, di far parte di chissà quale strana cospirazione, e di essere membro di una organizzazione di un altro universo. Ryouko è affetta da quella che, in un'altra serie anime e per la precisione "Chuunibyou Demo Koi ga Shitai!" viene chiamata "sindrome della seconda media" che richiama quel periodo adolescenziale in cui ci si sta definendo il proprio carattere, e per evitare l'ordinario vivere ci si finge un'altra persona, in questo caso un super eroe manga; qua mi fermo con ogni riferimento ad altre serie anime, perché se decidessi di continuare farei solo un paragone tra due anime, e la recensione per Aura: Maryuuinkouga Saigo no Tatakai perderebbe ogni significato.
Ichirou dal canto sue in passato, era anche lui convinto di appartenere a un mondo fantastico, ma è riuscito a superare questa fase, grazie ad un avvenimento che lo ha segnato e per cui ha capito che non gli avrebbe portato nulla di buono. Come già si capisce dalla trama tra i due ci sarà ben di più di una amicizia.
Ryouko pensa talmente di essere un personaggio di un altro universo, al punto che si veste, parla e vive in funzione della parte che recita ogni giorno. La sua "sindrome di seconda media" è a uno stato molto avanzato, al punto che per certi attimi mi è parso che ci sia non più una voglia, di sfuggire dalla realtà, ma invece una vera e propria forma di follia; insomma roba per psicologi, con specializzazione per i casi di adolescenti disadattati. Ryouko viene continuamente derisa dai suoi compagni, o almeno parte di essi, al punto che, viene addirittura maltrattata fisicamente. Però anziché essere uno stimolo per lei affinché evada da quel mondo e torni invece alla realtà, lei stessa usa questo suo modo di vivere per trovare giustificazione del fatto che non abbia amici. Ichirou cercherà in tutti i modi di aiutarla, forse perché prova compassione.
Graficamente non ha nulla a che vedere con le tecniche moderne, se i fondali possono passare perché ben curati, i personaggi molto spesso sono dai contorni troppo marcati e poco comunicativi con le espressioni. Il comparto sonoro invece è ben ideato. Mi è piaciuta la sigla di chiusura.
Non mi è piaciuto il finale, dove a parer mio è stato oltre che scontato, anche un po fuori dalla realtà, per cui accatastare un milioni di banchi sul terrazzo della scuola con precisione maniacale, era un po troppo fuori dall'ordinario possibile di un solo studente. Non ho gradito nemmeno la inutile incomprensione dei genitori di entrambi. Perché sebbene i genitori di Ryouko non si vedono mai nel lungometraggio, ciò non significa che non si sarebbe potuta inventare qualche piccola scena in cui ci sia almeno un effimero tentativo di preoccuparsi della figlia. Allo stesso modo i genitori di Ichirou benché seriamente preoccupati per il figlio che temono possa ricadere nell'oblio, non fanno nulla per parlare con lui e per capire cosa le succede.
Il mio voto in generale non supera la sufficienza, trama e scene scontate, grafica non piacevole, ma il comparto sonoro e il tentativo dell'autore a far capire la preoccupazione e le inquietudini di chi vuole un mondo in cui le persone sono fatte a stampino sono tuttavia ben riuscite.