Recensione
Steamboy
7.0/10
Recensione di Evangelion0189
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Il roboante e costosissimo Steamboy, scritto e diretto dal grande Katsuhiro Ōtomo e distribuito al cinema nel 2004 dopo parecchi anni di lavorazione, occupa un posticino speciale nel mio cuore: è stato uno dei primi lungometraggi animati giapponesi che abbia mai visto in età adolescenziale. Sebbene, col tempo, il film non abbia più sortito il medesimo effetto positivo delle prime visioni, in generale trovo questa sorta di "Akira per adolescenti" tutto sommato godibile. Lo definisco tale perché, pur avendo per ovvie ragioni il medesimo character design e una spiccata tendenza al genere fantascientifico (anche se di tipo diverso), è lontano anni luce dalla complessità concettuale del suo predecessore e se ne differenzia completamente per ambientazione e trama. Vediamo in che modo.
Steamboy è sostanzialmente uno steampunk ambientato in un'Inghilterra ucronica di metà Ottocento: sebbene anche nella realtà storica la forza del vapore (lo "steam" del titolo) stava muovendo i trasporti di mezzo mondo, nel film esso viene utilizzato anche per altri scopi, come ad esempio il funzionamento di arti meccanici, armature semoventi e fortezze volanti di proporzioni gigantesche. Il giovane Ray convive con la perdita del padre e con l'allontanamento di un nonno troppo occupato a lavorare su progetti tecnologici incentrati proprio sul vapore. Un giorno, però, due loschi individui, in cerca proprio di uno di quei progetti, catapulteranno Ray in una pericolosa avventura che potrebbe portarlo a scoprire la verità su suo padre e su un complotto che rischia di gettare nel caos la nazione e il mondo intero...
La storia di Ray e dei personaggi che lo circondano sembra rispecchiare quella del più classico dei romanzi di formazione: il protagonista, in questo caso talentuoso nell'ambito della meccanica, parte da una situazione in cui è in grado di fare ben poco da solo ma, dopo vari incontri con altri individui e fronteggiando pericoli ed esperienze simili, diventerà sempre più maturo e alla fine soddisferà le proprie ambizioni. Sullo schermo vediamo solo i primi passi del giovane verso la vita adulta, della quale però scorgiamo comunque qualche dettaglio nelle immagini statiche dei titoli di coda. In generale, i personaggi sembrano adeguati alla storia narrata e alcuni di essi restano impressi nella memoria dello spettatore, sia in negativo (l'insopportabile nobile fanciulla Scarlett e il suo snobismo d'alto livello) sia in positivo (il nonno di Ray è un simpatico inventore esagitato). Il protagonista Ray, dal canto suo, è senza infamia e senza lode. Il regista/mangaka Ōtomo è noto anche per le sue produzioni particolarmente esose: proprio il film di Akira, all'epoca della sua uscita alla fine degli anni Ottanta, rappresentò il lungometraggio animato più costoso mai prodotto fino ad allora in Giappone. Possiamo dire che Steamboy vi si avvicina moltissimo e ce ne accorgiamo dall'enorme mole di Computer Graphic sfruttata a tutto spiano per veicoli, vapori e strumentazioni di vario genere, oltre che dall'impressionante fluidità nelle animazioni dei personaggi. Non scorderò mai lo strano effetto che questi mi hanno suscitato durante la prima visione: mi sembravano esageratamente foto-realistici, come se fossero stati animati con l'ausilio della tecnica del motion-capture (comunque già in voga in quegli anni grazie alla trilogia jacksoniana de Il Signore degli Anelli conclusa da poco). A fianco dell'eccellente comparto grafico, per la colonna sonora del suo nuovo kolossal d'animazione Ōtomo si affida all'americano Steve Jablonsky, il quale, con una partitura potente e ben orchestrata, accompagna degnamente ogni scena del film, conferendovi inoltre un diffuso senso di epica e dramma. In Italia, il film è stato distribuito in DVD dalla Sony Pictures, che però ha basato il suo lavoro sull'edizione americana (troveremo tra gli extra fin troppi riferimenti all'adattamento in lingua inglese, per esempio). In fondo l'edizione nostrana, che è pure integrale, ci regala comunque un'ottima traccia audio in grado di dare maggiore enfasi alle sequenze d'azione e di feroce battaglia tra eserciti. In definitiva consiglio Steamboy a chi vuole trascorrere un paio d'ore d'intrattenimento con una storia senza troppe pretese, magari anche con qualche interessante riflessione sulla guerra e il potere della scienza. Raggiunge il sette solo perché è una festa per gli occhi. Per tutto il resto c'è Akira.
Steamboy è sostanzialmente uno steampunk ambientato in un'Inghilterra ucronica di metà Ottocento: sebbene anche nella realtà storica la forza del vapore (lo "steam" del titolo) stava muovendo i trasporti di mezzo mondo, nel film esso viene utilizzato anche per altri scopi, come ad esempio il funzionamento di arti meccanici, armature semoventi e fortezze volanti di proporzioni gigantesche. Il giovane Ray convive con la perdita del padre e con l'allontanamento di un nonno troppo occupato a lavorare su progetti tecnologici incentrati proprio sul vapore. Un giorno, però, due loschi individui, in cerca proprio di uno di quei progetti, catapulteranno Ray in una pericolosa avventura che potrebbe portarlo a scoprire la verità su suo padre e su un complotto che rischia di gettare nel caos la nazione e il mondo intero...
La storia di Ray e dei personaggi che lo circondano sembra rispecchiare quella del più classico dei romanzi di formazione: il protagonista, in questo caso talentuoso nell'ambito della meccanica, parte da una situazione in cui è in grado di fare ben poco da solo ma, dopo vari incontri con altri individui e fronteggiando pericoli ed esperienze simili, diventerà sempre più maturo e alla fine soddisferà le proprie ambizioni. Sullo schermo vediamo solo i primi passi del giovane verso la vita adulta, della quale però scorgiamo comunque qualche dettaglio nelle immagini statiche dei titoli di coda. In generale, i personaggi sembrano adeguati alla storia narrata e alcuni di essi restano impressi nella memoria dello spettatore, sia in negativo (l'insopportabile nobile fanciulla Scarlett e il suo snobismo d'alto livello) sia in positivo (il nonno di Ray è un simpatico inventore esagitato). Il protagonista Ray, dal canto suo, è senza infamia e senza lode. Il regista/mangaka Ōtomo è noto anche per le sue produzioni particolarmente esose: proprio il film di Akira, all'epoca della sua uscita alla fine degli anni Ottanta, rappresentò il lungometraggio animato più costoso mai prodotto fino ad allora in Giappone. Possiamo dire che Steamboy vi si avvicina moltissimo e ce ne accorgiamo dall'enorme mole di Computer Graphic sfruttata a tutto spiano per veicoli, vapori e strumentazioni di vario genere, oltre che dall'impressionante fluidità nelle animazioni dei personaggi. Non scorderò mai lo strano effetto che questi mi hanno suscitato durante la prima visione: mi sembravano esageratamente foto-realistici, come se fossero stati animati con l'ausilio della tecnica del motion-capture (comunque già in voga in quegli anni grazie alla trilogia jacksoniana de Il Signore degli Anelli conclusa da poco). A fianco dell'eccellente comparto grafico, per la colonna sonora del suo nuovo kolossal d'animazione Ōtomo si affida all'americano Steve Jablonsky, il quale, con una partitura potente e ben orchestrata, accompagna degnamente ogni scena del film, conferendovi inoltre un diffuso senso di epica e dramma. In Italia, il film è stato distribuito in DVD dalla Sony Pictures, che però ha basato il suo lavoro sull'edizione americana (troveremo tra gli extra fin troppi riferimenti all'adattamento in lingua inglese, per esempio). In fondo l'edizione nostrana, che è pure integrale, ci regala comunque un'ottima traccia audio in grado di dare maggiore enfasi alle sequenze d'azione e di feroce battaglia tra eserciti. In definitiva consiglio Steamboy a chi vuole trascorrere un paio d'ore d'intrattenimento con una storia senza troppe pretese, magari anche con qualche interessante riflessione sulla guerra e il potere della scienza. Raggiunge il sette solo perché è una festa per gli occhi. Per tutto il resto c'è Akira.