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9.0/10
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Hajime Yatate, Shinichiro Watanabe e Yoko Kanno sono solo alcuni dei nomi messi insieme per la realizzazione di un progetto ambizioso: "Cowboy Bebop". Yatate è uno dei nomi legati alle mitiche serie "Mobile Suit Gundam" (dal 1981), a "Escaflowne" (1996), fino ad approdare a "Cowboy Bebop" e a "Cowboy Bebop: Il Film" (2001). Yoko Kanno è un'ottima compositrice e le sue musiche sono il complemento perfetto per ogni storia. Di Watanabe è superfluo ogni commento. Ecco dunque la nascita di Spike, Jet, Faye, Ed e Ein.

I ventisei episodi della serie girano intorno ad una storia di fondo apparentemente semplice, che inizia con l'incontro di tutti i personaggi e prosegue con il racconto delle loro avventure. Ma ogni episodio racconta una storia a sé stante e solo poche proseguono per due episodi. Jet è un ex poliziotto tradito da altri colleghi mentre Spike è un ex affiliato alla mafia di Marte. Insieme si ritrovano sulla Bebop nella nuova veste di cacciatori di taglie. Nei primi episodi entrano in scena, e si trasferiscono in pianta stabile sull'astronave Bebop Faye, Ed e Ein, il tutto per la gioia del padrone di casa: Jet.
Faye è anche lei cacciatrice di taglie (ingorda di soldi); Ed invece è una giovanissima (sì, è una femminuccia con comportamenti che lasciano il segno!) hacker, in grado di scovare e introdursi in qualsiasi aggeggio funzioni tramite energia elettrica; Ein un cane dotato di una insospettabile intelligenza umana, che decidono di adottare come animale da compagnia. Ecco così il quartetto più uno; aggiungete viaggi interstellari, arti marziali, belle donne, pallottole, e condite il tutto con sottofondi jazz (la colonna sonora crea un climax che non ha eguali).

Come accennato prima, tutti gli episodi (o quasi) sono fini a sé stessi ma portano, dall'inizio alla fine, verso il fulcro della storia: il passato che aleggia sulle teste dei singoli personaggi. Alle storie si aggiungono anche i cattivi, crudeli e impassibili personaggi che compaiono per un solo episodio o la cui presenza persiste fino alla fine della serie. La scrittura è geniale, un mix di azione e avventura su sottofondo jazz, il tutto proiettato su un futuro molto lontano in cui si ritrovano tracce di umanità in giro per l'universo, senza alcuna traccia di quella vita aliena tanto estremizzata in altre storie. Lo script di ogni episodio scorre liscio, ma si intensifica in quelli in cui vengono fuori ricordi legati al passato dei personaggi principali. La direzione è spettacolare: qui bisogna specificare che Watanabe è un maestro davanti e dietro ogni disegno. La camera porta lo spettatore all'interno dell'azione, all'inseguimento di ogni proiettile, ma descrive minuziosamente anche ogni stato d'animo dei personaggi presenti sullo schermo.

Il disegno è estremamente preciso, dai personaggi, sempre ben disegnati anche se inquadrati in lontananza, fino ai fondali sempre ricchi di particolari, il tutto visto sotto una fotografia molto attenta. Le animazioni sono fluide a livelli altissimi per una serie animata, sia quelle che vedono protagonisti i personaggi sia quelle delle macchine, le astronavi e tutti gli altri mezzi (nota a parte: lo Swordfish II mi ha sempre ricordato il Laguna Rock di "Final Fantasy 8"). Un occhio particolare viene rivolto ai personaggi. Spike ha spunti riconducibili a Bruce Lee nelle movenze (le mosse di Jeet Kune Do, arte nella quale eccelle) e ad Arsenio Lupin III per il disegno (giacca, gambe e piedi, mentre le sigarette sono un omaggio a Jigen). Tra l'altro, l'incontro con Abdul Hakim nel secondo episodio è un omaggio all'indimenticabile sfida tra Bruce Lee e Kareem Abdul-Jabar ("Game of Death/L'ultimo Combattimento di Chen"). Ultimo ma non meno importante il reparto sonoro: Yoko Kanno crea delle splendide musiche e porta con le sue note intrise di jazz, ma anche di rock, ballate lente e ritmi elettronici sostenuti, un notevole apporto alle storie.

Ma "Cowboy Bebop" omaggia il mondo musicale già a partire dai nomi di ogni singolo episodio: tra i maggiori possiamo ricordare "Honky Tonk Women" e "Sympathy for the Devil" dei Rolling Stone, "Toys in the Attic" degli Aerosmith, "Bohemian Rhapsody" dei Queen, "My Funny Valentine" di Frank Sinatra, "Hard Luck Woman" dei Kiss e tanti altri. Ma troviamo anche omaggi al mondo del cinema, come nell'episodio 11 ("Toys in the Attic"), chiaramente ispirato ad "Aliens" (1986), o al numero di capsula criogenica da cui si è risvegliata Faye (NCC-1701-B) ispirata alla nave Enterprise di Star Trek, fino al personaggio Decker dell'episodio 7 (Heavy Metal Queen) tratto dal film "Blade Runner" (1982). Lupin III, già prima nominato, ha anche avuto un piccolo cameo nella serie: l'episodio è il numero 15 ("My Funny Valentine") in cui è possibile notare il celebre ladro passare con la sua 500 gialla.

Personalmente ho soltanto giudizi positivi sull'intero progetto (qualcuno potrà dire che i personaggi sono un po' stereotipati... forse, ma comunque profondi e non banali).
Un ottimo connubio tra script, regia e musiche, e anche un lato visivo molto ben realizzato hanno dato vita a questo anime. Ma basta già l'originalità del concept a sbaragliare la concorrenza.
Visione consigliata? Assolutamente sì! Enjoy!