Recensione
"Yahari Ore no Seishun Lovecome wa Machigatte Iru. Zoku" è la seconda serie anime tratta dalla light novel di Wataru Watari (tenete a mente la particolarità di questo nome quando vi si proporranno quelli dei principali personaggi della serie) e rappresenta un notevole sviluppo su tutti i campi rispetto a quella precedente.
Già la prima stagione, che a una prima occhiata poteva sembrare il più stereotipato degli anime scolastici, portava una ventata di novità nella categoria, grazie a quell'idea dal gusto alessandrino per cui non è necessario distanziarsi dai modelli precedenti per eccellere, ma, anzi, è attendendosi perfettamente a un canone già prefissato che si può mostrare la propria originalità e grandezza (così com'è accaduto per buona parte della storia dell'arte da Michelangelo a Mozart); tuttavia, questa seconda serie prende i punti di forza che precedentemente erano intessuti nello schema della vita scolastica e li eleva a un livello tale che tutto il resto diventa solo di contorno.
E quali sono questi punti forti? A farla da padrona è l'analisi introspettiva di come la vita ponga davanti a tutti noi dei problemi, diversi per ciascuno, e di come ognuno scelga o riesca ad accettarli, conviverci, evitarli o superarli. Questo attraverso una continua evoluzione dei personaggi che ci vengono raccontati attraverso l'occhio cinico del wannabe freddo calcolatore Hachiman, aiutato dalle sue riflessioni preziose e spregiudicate.
Trovo, inoltre, particolarmente degno di nota come, a differenza di altri anime, la suddetta evoluzione avvenga in tempi umani, a differenza di altre serie che (seppure tra le mie preferite) mostrano un protagonista il cui cinismo non resiste che due o tre episodi, nel migliore dei casi, alla presenza delle protagoniste (vedi "Clannad", "Sakurasou no Pet na Kanojo").
Continuando nell'elenco dei fattori positivi, non posso non far notare che tutti i personaggi sono sì stereotipati, ma nascondono tutti (ma proprio tutti) dietro la propria maschera un attore con la sua specifica caratterizzazione e retroscena. A riguardo ho apprezzato particolarmente la figura di Hayato, prima nel suo genere nella mia esperienza, e il fatto che tra le due protagoniste ci sia una perfetta parità in campo amoroso, in una bellissima battaglia all'ultima emozione.
A ciò si aggiunge un character design eccezionale, con due delle protagoniste più belle che abbia mai visto, e una regia che rasenta davvero l'eccellenza.
Per finire devo parlare di quel fattore che non è descrivibile se non per gli effetti che produce, ovvero la piacevolezza e il coinvolgimento. E devo dire che, per non lasciarla finire troppo in fretta, mi sono dovuto costringere a non guardare la serie tutta d'un fiato.
Un must da vedere nella mia classifica personale.
Già la prima stagione, che a una prima occhiata poteva sembrare il più stereotipato degli anime scolastici, portava una ventata di novità nella categoria, grazie a quell'idea dal gusto alessandrino per cui non è necessario distanziarsi dai modelli precedenti per eccellere, ma, anzi, è attendendosi perfettamente a un canone già prefissato che si può mostrare la propria originalità e grandezza (così com'è accaduto per buona parte della storia dell'arte da Michelangelo a Mozart); tuttavia, questa seconda serie prende i punti di forza che precedentemente erano intessuti nello schema della vita scolastica e li eleva a un livello tale che tutto il resto diventa solo di contorno.
E quali sono questi punti forti? A farla da padrona è l'analisi introspettiva di come la vita ponga davanti a tutti noi dei problemi, diversi per ciascuno, e di come ognuno scelga o riesca ad accettarli, conviverci, evitarli o superarli. Questo attraverso una continua evoluzione dei personaggi che ci vengono raccontati attraverso l'occhio cinico del wannabe freddo calcolatore Hachiman, aiutato dalle sue riflessioni preziose e spregiudicate.
Trovo, inoltre, particolarmente degno di nota come, a differenza di altri anime, la suddetta evoluzione avvenga in tempi umani, a differenza di altre serie che (seppure tra le mie preferite) mostrano un protagonista il cui cinismo non resiste che due o tre episodi, nel migliore dei casi, alla presenza delle protagoniste (vedi "Clannad", "Sakurasou no Pet na Kanojo").
Continuando nell'elenco dei fattori positivi, non posso non far notare che tutti i personaggi sono sì stereotipati, ma nascondono tutti (ma proprio tutti) dietro la propria maschera un attore con la sua specifica caratterizzazione e retroscena. A riguardo ho apprezzato particolarmente la figura di Hayato, prima nel suo genere nella mia esperienza, e il fatto che tra le due protagoniste ci sia una perfetta parità in campo amoroso, in una bellissima battaglia all'ultima emozione.
A ciò si aggiunge un character design eccezionale, con due delle protagoniste più belle che abbia mai visto, e una regia che rasenta davvero l'eccellenza.
Per finire devo parlare di quel fattore che non è descrivibile se non per gli effetti che produce, ovvero la piacevolezza e il coinvolgimento. E devo dire che, per non lasciarla finire troppo in fretta, mi sono dovuto costringere a non guardare la serie tutta d'un fiato.
Un must da vedere nella mia classifica personale.