Recensione
Le voci della Savana
9.0/10
"Le voci della savana", come tutti gli anime del progetto World Masterpiece Theater della Nippon Animation, è tratto dal romanzo del 1965 "The Bushbabies", dello scrittore canadese William Stevenson, romanzo pubblicato anche qui da noi con il titolo "La ragazza e il galagone".
L'anime è stato trasmesso in patria nel 1992, mentre da noi arrivò nell'aprile del 1994 prima su Italia 1 e in seguito anche nel periodo estivo di pomeriggio su Canale 5, negli anni d'oro della TV dei ragazzi.
"Le voci della savana" parla delle avventure di Jackie Rhodes, ragazzina inglese che per via del lavoro di suo padre, sovrintendente della riserva naturale, vive con la sua famiglia in Kenya ai piedi del monte Kilimangiaro.
La serie di quaranta episodi si può dire che si divide in due parti: i primi diciotto episodi parlano della quotidianità di Jackie e la sua vita di tutti i giorni, il primo incontro con il cucciolo di bushbaby che chiamerà Murphy e addomesticherà, la vita scolastica e gli amici, le gite e le avventure in giro per la savana, e la lotta contro i bracconieri che cacciano e uccidono gli animali a scopo di lucro. Qui gli episodi saranno quasi tutti autoconclusivi. La seconda parte invece prende il via dall'episodio 19, quando Arthur, il padre di Jackie, apprenderà la triste notizia che ha perso il suo lavoro di sovrintendente della riserva, in quanto il Kenya, con le nuove politiche, essendo diventato un Paese ormai indipendente, attua la politica di sostituire gli inglesi con personale indigeno in tutte quelle professioni fino ad allora appannaggio dei vecchi coloni, e così la famiglia Rhodes, così come già è successo ad altre famiglie inglesi, dovrà fare ritorno a casa in Inghilterra. Jackie, molto triste, farà di tutto per portarsi Murphy a casa, e quindi riuscirà ad avere il permesso per portarselo. Il giorno della partenza, una volta salita a bordo sulla nave, scoprirà che purtroppo misteriosamente il permesso è sparito, e all'insaputa di tutti scenderà di nascosto dalla nave per lasciare Murphy in un parco lì vicino al porto, incontrando casualmente Kim (amico di famiglia e fedele assistente del padre, che li aveva accompagnati al porto), che nel frattempo è inseguito dai pericolosi bracconieri (già incontrati nella prima parte della serie), perché al porto aveva scovato il loro nascondiglio segreto, dove organizzavano e nascondevano tutto, documenti falsi, armi e resti di animali. Con tutta questa serie di sfortunati eventi, Jackie perderà la nave che salperà senza di lei, ed è qui che inizierà la lunga e rocambolesca fuga di Jackie e Kim dai bracconieri per tutta la savana, affrontando i mille pericoli che la circondano, foreste in fiamme e stagione delle piogge incluse.
Come quasi tutti gli anime del World Masterpiece Theater, la serie non sente affatto il peso degli anni che ormai ha sulle spalle, è godibilissima ancora oggi, invecchiando bene come il vino buono; anzi, vedendola da adulti si riescono a cogliere quelle piccole cose che da bambini non notavamo. Così come quando lo vidi per la prima volta a sei anni, a rivederla oggi dopo ben ventuno anni di distanza, la serie l'ho apprezzata moltissimo, emozionandomi ancora adesso così come lo fece a suo tempo. Si respira appieno l'aria del Kenya, la calda savana, così come tutti i messaggi positivi che gli animatori e il romanzo originale ci hanno voluto lasciare, come il rispetto per la natura, gli animali e l'ambiente che ci circonda. Un altro dei temi che viene toccato è la diversità che c'era all'epoca tra i bianchi e i neri, essendo questa storia ambientata negli anni '60; infatti si noterà subito dal primo episodio come i neri useranno il termine "bwana" verso i bianchi, appellativo della lingua swahili con cui i neri chiamavano i bianchi in segno di rispetto in epoca coloniale. Seppur i personaggi bianchi tratteranno sempre alla pari e mai in maniera discriminatoria (e per fortuna, direi) i loro amici e servitori neri, questi ultimi comunque si rivolgeranno a loro con grande segno di rispetto, dandogli sempre del "voi", "lei" o appunto il già citato termine "bwana".
Il cast dei personaggi è ottimo e ben variegato, buone anche le musiche di sottofondo così come anche le due sigle di apertura e quella di chiusura originali.
Per quanto riguarda i difetti, devo essere sincero e di certo non è l'effetto nostalgia a farmi parlare così, ma non ne ho trovati, almeno per quanto riguarda la trama, che non annoia mai e la si guarda volentieri fino a vedere l'agrodolce epilogo. Sul lato tecnico, invece, i disegni, le animazioni e i colori sono abbastanza buoni per gli standard dell'epoca, anche se ho trovato un lieve calo di qualità rispetto alle altre produzioni degli anni '70 e '80 della Nippon Animation, basta fare il confronto con serie come "Lovely Sara", "Pollyanna", "Flo la piccola Robinson" e "Anna dai capelli rossi", giusto per fare un paio di nomi. Nulla di grave, ovviamente, e poi i più esperti sapranno che purtroppo negli anni '90 questo genere di anime era in calo di popolarità in Giappone, e quindi venivano realizzati con un budget inferiore rispetto alle serie precedenti, almeno per quanto riguarda quelli fatti dalla Nippon Animation.
Ora vorrei spendere due paroline sull'adattamento italiano. Tanto per iniziare, la serie, data la sua natura leggera, così come (quasi) tutti gli altri suoi colleghi meisaku, è esente da censure o modifiche alla trama, quindi è godibilissima anche in italiano. Le uniche piccole modifiche apportate sono nel cambio di qualche nome, come quello di Kim, l'indigeno amico di famiglia che in originale si chiama Tenbo, e l'italianizzazione di Arthur e Andrew (padre e fratello della protagonista), che sono diventati appunto Arturo e Andrea. L'unico taglio degno di nota è l'anticipazione al prossimo episodio (ma nulla di grave e importante), così come il consueto cambio di sigla, per il resto come già detto è tutto abbastanza integro e fedele alla controparte nipponica.
Molto bello e ben azzeccato è il cast dei doppiatori che si è scelto per questa serie. Nel ruolo della protagonista Jackie c'è una bravissima Donatella Fanfani, perfetta per il ruolo che svolge. Per Andrea c'è il sempreverde Davide Garbolino e per Arturo il compianto Gianfranco Gamba. Tra gli altri nomi del cast degni di nota abbiamo Paolo Torrisi, Marina Massironi, Pino Pirovano, Marco Balzarotti e Veronica Pivetti.
Bellissima e orecchiabile anche la sigla italiana, cantata come di consuetudine per le sigle di casa Mediaset dalla grande Cristina D'Avena.
In conclusione, mi sento di dare un bel 9 a questa serie che, ai nostalgici e non, saprà regalare bei momenti, e poi ogni tanto bisogna staccare la spina da quelle serie complesse o dalle trame un po' più intricate a favore di queste belle produzioni leggere e rilassanti che, ahimè, al giorno d'oggi sono diventate purtroppo rare.
L'anime è stato trasmesso in patria nel 1992, mentre da noi arrivò nell'aprile del 1994 prima su Italia 1 e in seguito anche nel periodo estivo di pomeriggio su Canale 5, negli anni d'oro della TV dei ragazzi.
"Le voci della savana" parla delle avventure di Jackie Rhodes, ragazzina inglese che per via del lavoro di suo padre, sovrintendente della riserva naturale, vive con la sua famiglia in Kenya ai piedi del monte Kilimangiaro.
La serie di quaranta episodi si può dire che si divide in due parti: i primi diciotto episodi parlano della quotidianità di Jackie e la sua vita di tutti i giorni, il primo incontro con il cucciolo di bushbaby che chiamerà Murphy e addomesticherà, la vita scolastica e gli amici, le gite e le avventure in giro per la savana, e la lotta contro i bracconieri che cacciano e uccidono gli animali a scopo di lucro. Qui gli episodi saranno quasi tutti autoconclusivi. La seconda parte invece prende il via dall'episodio 19, quando Arthur, il padre di Jackie, apprenderà la triste notizia che ha perso il suo lavoro di sovrintendente della riserva, in quanto il Kenya, con le nuove politiche, essendo diventato un Paese ormai indipendente, attua la politica di sostituire gli inglesi con personale indigeno in tutte quelle professioni fino ad allora appannaggio dei vecchi coloni, e così la famiglia Rhodes, così come già è successo ad altre famiglie inglesi, dovrà fare ritorno a casa in Inghilterra. Jackie, molto triste, farà di tutto per portarsi Murphy a casa, e quindi riuscirà ad avere il permesso per portarselo. Il giorno della partenza, una volta salita a bordo sulla nave, scoprirà che purtroppo misteriosamente il permesso è sparito, e all'insaputa di tutti scenderà di nascosto dalla nave per lasciare Murphy in un parco lì vicino al porto, incontrando casualmente Kim (amico di famiglia e fedele assistente del padre, che li aveva accompagnati al porto), che nel frattempo è inseguito dai pericolosi bracconieri (già incontrati nella prima parte della serie), perché al porto aveva scovato il loro nascondiglio segreto, dove organizzavano e nascondevano tutto, documenti falsi, armi e resti di animali. Con tutta questa serie di sfortunati eventi, Jackie perderà la nave che salperà senza di lei, ed è qui che inizierà la lunga e rocambolesca fuga di Jackie e Kim dai bracconieri per tutta la savana, affrontando i mille pericoli che la circondano, foreste in fiamme e stagione delle piogge incluse.
Come quasi tutti gli anime del World Masterpiece Theater, la serie non sente affatto il peso degli anni che ormai ha sulle spalle, è godibilissima ancora oggi, invecchiando bene come il vino buono; anzi, vedendola da adulti si riescono a cogliere quelle piccole cose che da bambini non notavamo. Così come quando lo vidi per la prima volta a sei anni, a rivederla oggi dopo ben ventuno anni di distanza, la serie l'ho apprezzata moltissimo, emozionandomi ancora adesso così come lo fece a suo tempo. Si respira appieno l'aria del Kenya, la calda savana, così come tutti i messaggi positivi che gli animatori e il romanzo originale ci hanno voluto lasciare, come il rispetto per la natura, gli animali e l'ambiente che ci circonda. Un altro dei temi che viene toccato è la diversità che c'era all'epoca tra i bianchi e i neri, essendo questa storia ambientata negli anni '60; infatti si noterà subito dal primo episodio come i neri useranno il termine "bwana" verso i bianchi, appellativo della lingua swahili con cui i neri chiamavano i bianchi in segno di rispetto in epoca coloniale. Seppur i personaggi bianchi tratteranno sempre alla pari e mai in maniera discriminatoria (e per fortuna, direi) i loro amici e servitori neri, questi ultimi comunque si rivolgeranno a loro con grande segno di rispetto, dandogli sempre del "voi", "lei" o appunto il già citato termine "bwana".
Il cast dei personaggi è ottimo e ben variegato, buone anche le musiche di sottofondo così come anche le due sigle di apertura e quella di chiusura originali.
Per quanto riguarda i difetti, devo essere sincero e di certo non è l'effetto nostalgia a farmi parlare così, ma non ne ho trovati, almeno per quanto riguarda la trama, che non annoia mai e la si guarda volentieri fino a vedere l'agrodolce epilogo. Sul lato tecnico, invece, i disegni, le animazioni e i colori sono abbastanza buoni per gli standard dell'epoca, anche se ho trovato un lieve calo di qualità rispetto alle altre produzioni degli anni '70 e '80 della Nippon Animation, basta fare il confronto con serie come "Lovely Sara", "Pollyanna", "Flo la piccola Robinson" e "Anna dai capelli rossi", giusto per fare un paio di nomi. Nulla di grave, ovviamente, e poi i più esperti sapranno che purtroppo negli anni '90 questo genere di anime era in calo di popolarità in Giappone, e quindi venivano realizzati con un budget inferiore rispetto alle serie precedenti, almeno per quanto riguarda quelli fatti dalla Nippon Animation.
Ora vorrei spendere due paroline sull'adattamento italiano. Tanto per iniziare, la serie, data la sua natura leggera, così come (quasi) tutti gli altri suoi colleghi meisaku, è esente da censure o modifiche alla trama, quindi è godibilissima anche in italiano. Le uniche piccole modifiche apportate sono nel cambio di qualche nome, come quello di Kim, l'indigeno amico di famiglia che in originale si chiama Tenbo, e l'italianizzazione di Arthur e Andrew (padre e fratello della protagonista), che sono diventati appunto Arturo e Andrea. L'unico taglio degno di nota è l'anticipazione al prossimo episodio (ma nulla di grave e importante), così come il consueto cambio di sigla, per il resto come già detto è tutto abbastanza integro e fedele alla controparte nipponica.
Molto bello e ben azzeccato è il cast dei doppiatori che si è scelto per questa serie. Nel ruolo della protagonista Jackie c'è una bravissima Donatella Fanfani, perfetta per il ruolo che svolge. Per Andrea c'è il sempreverde Davide Garbolino e per Arturo il compianto Gianfranco Gamba. Tra gli altri nomi del cast degni di nota abbiamo Paolo Torrisi, Marina Massironi, Pino Pirovano, Marco Balzarotti e Veronica Pivetti.
Bellissima e orecchiabile anche la sigla italiana, cantata come di consuetudine per le sigle di casa Mediaset dalla grande Cristina D'Avena.
In conclusione, mi sento di dare un bel 9 a questa serie che, ai nostalgici e non, saprà regalare bei momenti, e poi ogni tanto bisogna staccare la spina da quelle serie complesse o dalle trame un po' più intricate a favore di queste belle produzioni leggere e rilassanti che, ahimè, al giorno d'oggi sono diventate purtroppo rare.