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6.0/10
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<b>[Attenzione, questa recensione contiene spoiler!]</b>

<i>«Non ti lascerò mai, anche se il mondo dovesse finire».</i>
Probabilmente è la frase più importante del fumetto. Forse scontata, superficiale, priva di sofisticate metafore. Però semplice, spontanea e, soprattutto, piena di significato, poiché splendidamente contestualizzata da Urasawa. Costituisce infatti l'approdo della lenta e travagliata evoluzione del controverso detective Gesicht, il robot ad alto potenziale su cui è incentrata la narrazione del manga. Proprio immedesimandoci in lui, apparentemente privo di sentimenti ed emozioni, verremo condotti nel suo viaggio alla scoperta della natura umana e delle sue meraviglie, che lo porterà a confrontarsi con robot sempre più simili agli uomini, a fronteggiare la vendetta di vecchi nemici animati dall'infinita "catena dell'odio", a conoscere la tristezza che ristagna nell'animo del killer Pluto, e infine, ricomponendo tutti i pezzi del puzzle raccolti, a ricordare il passato rimosso. Quegli eventi rivelatori che lo avevano portato alla comprensione del sentimento e dell'emozione, e al desiderio di avere un bambino a cui dire la fatidica frase «Non ti lascerò mai, anche se il mondo dovesse finire», che alla luce di questo faticoso percorso si riempie immensamente di significato. E qui Urasawa, allo stesso modo in cui riusciva Tezuka, fa commuovere il lettore in modo semplice e spontaneo davanti alle bellezze della vita, magnificamente raccontate in questo lungo cammino verso l'umanità interiore; che si rivela poi pieno di sofferenza e tristezza, ma termina con un sonoro messaggio di speranza teso a spegnere l'odio degli uomini.
Se quindi volete piangere anche voi per la toccante storia di Gesicht, Pluto è una lettura caldamente consigliata. Se però volete un fumetto nel complesso ben costruito, allora cercate altrove, perché quello che non ho ancora detto è che Pluto è stato pianificato molto male a livello di trama.

Il manga parte deliziandoci con inquadrature ricercate, introducendoci personaggi dalle sfaccettature psicologiche ben delineate e realistiche, e condendosi di qualche capitolo dal forte impatto emotivo che racconta la tragica storia del robot North #2. Il primo volume finisce poi presentandoci con un dirompente cliffhanger quella che dovrebbe essere la vera star del manga, nientemeno che Tetsuwan Atom. Già dal secondo volume, però, la narrazione si appiattisce, e procedendo nel corso della serie, tutti gli altri robot presentati appaiono così inadeguati e poco interessanti... A partire da Atom, fino ad arrivare ad Epsilon, godono di una caratterizzazione meno credibile e approfondita di quella di Gesicht, e anziché essere relegati a ruoli secondari nella sua storia, vero perno del manga a mio avviso, vengono riservati loro spazi decisamente sovrabbondanti, tanto che Atom, dopo un "periodo di vacanza", torna in scena nell'ultimo volume come protagonista indiscusso per regalarci un "epico" (?) scontro finale.

E anche qui il fumetto se ne esce con un altro evidente difetto nell'impostazione complessiva: dare alla serie parvenze da seinen all'inizio, per poi concluderla con un mega-scontro risolutivo degno degli shonen più mediocri? Una "crisi di identità"? A questo punto l'unica cerchia di iniziati a cui credo possa piacere questo miscuglio di target potrebbe essere la generazione cresciuta con Atom, ormai troppo stagionata per dilettarsi con uno shonen, ma così affezionata al personaggio da voler rivivere le sue avventure in chiave più "adulta", se così si può dire.
Vogliamo poi parlare della risoluzione dei misteri disseminati qua e là da Urasawa? Ebbene, la maggior parte vengono frettolosamente liquidati nell'ultimo volume, come l'identità del dottor Goji, i piani di Abullah, il significato di Bora, con un conseguente senso di profonda insoddisfazione. Che occasione mancata!

Essendo questo il mio primo approccio con Urasawa, posso tranquillamente dire di essermi innamorato del suo stile, sia narrativo, sia grafico: infatti è un autore che coccola il lettore con il suo tratto morbido e le sue ambientazioni curate nei minimi dettagli, e lo delizia con una narrazione che mantiene sempre un buon ritmo e si avvale di inquadrature sempre all'altezza, scatenando ogni volta le emozioni in tutta la loro potenza. Il problema è che Urasawa ha commesso gravi errori nella pianificazione dell'opera, e la torta si è pian piano afflosciata. Proprio un'occasione mancata.

Complessivamente il fumetto è comunque sufficiente. Diciamo pure che appassiona per buona parte del suo svolgimento. Se poi riuscite anche a fare finta che la paccottiglia di cui è circondato il fulcro della storia non esiste, allora vi sembrerà di leggere uno dei più grandi capolavori del fumetto giapponese.