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5.0/10
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Premetto che non sono una fan di questo genere di shoujo. I personaggi sono in genere tutti uguali, quasi totalmente privi di elementi che li rendano distinguibili gli uni dagli altri, e le trame sono sempre le stesse, banali e ripetitive. Lovey Dovey rientra pienamente nella categoria.

Abbiamo la solita protagonista uguale a tante altre, che si finge la ragazza perfetta nel tentativo di conquistare il bel Keishi, efebico ragazzo biondo che, nonostante la grande intelligenza di cui si suppone sia dotato, non si accorge minimamente dei tentativi di Saika, questo il nome della protagonista, di aggiudicarsi il suo cuore. Ma ecco che spunta il bello e dannato Shin che, scoprendo il vero carattere di Saika, sorpresa delle sorprese, se ne innamora perdutamente. Saika dimostra qui la profondità dei suoi sentimenti per Keishi: la nostra adorabile protagonista infatti mette immediatamente da parte il suo amore per lui per dedicarsi corpo (nel vero senso della parola) e anima al nuovo uomo della sua vita, che si rivela presto un ragazzo tormentato, con una situazione familiare non proprio idilliaca eccetera eccetera. Insomma, sempre la solita minestra scaldata e riscaldata.

Tutto questo accade però nell'arco di due volumi, e quindi a questo punto la storia potrebbe già dirsi bella che conclusa. A cosa servono allora i tre volumi seguenti? Assolutamente a nulla, se non a permettere ai due piccioncini di scopare come conigli (rigorosamente nelle aule vuote della scuola e senza mai venire scoperti, nonostante una particolarità del liceo sia costituita da una regola che vieta addirittura agli studenti di intrecciare relazioni sentimentali!) e a una serie di personaggi secondari privi di qualunque spessore o di una minima caratterizzazione di spuntare come funghi con il solo intento di rovinare il loro idillio, senza però mai riuscirci.

L'unica qualità che questo manga possa vantare è costituita dai disegni, curatissimi e molto belli, che pur alzandone la valutazione complessiva non bastano tuttavia a far fronte a protagonisti piatti e stereotipati quanto un foglio di carta e a una trama banale e piena di incongruenze.