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Il mare, la culla della vita da cui sorsero i primi albori dell'esistenza, un luogo che nelle sue profondità cela ancora molti misteri, e gli uomini, i "dominatori della terra", che instancabilmente per secoli hanno cercato di illuminare ciò che si nasconde nelle profondità dei suoi abissi. Di questo ci parla Hoshino ne "I giganti del mare", una raccolta di cinque racconti autoconclusivi che prende il suo nome dall'ultimo di questi. Qual è il tema il tema che li accomuna maggiormente difatti, se non l'ossessione che gli uomini mostrano nel voler vincere ad ogni costo le forze naturali, in primis proprio quell'acqua da cui innumerevoli secoli addietro ebbero origine, senza minimamente considerare la possibilità di una convivenza pacifica, nemmeno con i loro fratelli? E infatti gli sfondi su cui l'autore fa agire i suoi personaggi sono crudi, duri, a volte spietati e molto spesso richiamano alla mente episodi che l'umanità tenta spesso di dimenticare, o, nel migliore dei casi, cerca di esorcizzare ricordandosene: la guerra (e in questo caso specifico la guerra fredda), le innumerevoli persecuzioni perpetrate durante il corso della storia contro i propri simili, il disboscamento, il totale disinteresse per ogni valore di fronte al denaro, e molti altri ancora.

Con un tratto semplice e pulito, che risplende al massimo nei primi piani, Hoshino ci presenta i suoi protagonisti come gente "navigata", e se per questo spesso possono sembrare un po' troppo freddi e disillusi, in realtà essi sono persone che non hanno mai ceduto di fronte alle asperità della vita, sempre cercando di perseguire, nei limiti del possibile, le loro verità. Certo, data la brevità delle loro storie questa potrebbe non essere altro che una semplice suggestione, però è difficile non restare impressionati di fronte alla tenacia di alcuni di loro, in special modo del capitano Akhab.

Quest'ultima parola però, "capitano", ci mostra anche il limite più grande del volume: la tendenza a rendere fin troppo omogenei, dal punto di vista grafico, i personaggi, perlomeno quelli maschili. Se infatti è vero che questo ha un senso, dal momento che in mare ci si aspetta perlopiù marinai, dall'altro rischia di gettare in un'eccessiva confusione il lettore (o perlomeno lo farebbe se i racconti non fossero separati e conclusi in loro stessi). Ad esempio i volti di questi suddetti "capitani" sono più o meno tutti uguali, barba compresa (eccezion fatta per Akhab, ma questo dipende forse più dalle contingenze particolari in cui si viene a trovare il personaggio): anche quello che dovrebbe essere un biologo nel "mare verde" dell'Amazzonia, con quel suo viso barbuto non può non ricordare i marinai incontrati poco prima nei racconti precedenti. A parte questo, che resta comunque un limite molto soggettivo, non posso che consigliare questo volume, vista anche l'ottima edizione J-Pop in grande formato.