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5.0/10
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Akaboshi è una di quelle serie che poteva rimanere benissimo in Giappone, senza nessuna trasposizione ufficiale in lingua nostrana. Ma partiamo dall'inizio.

Cina, anno 1112: il governo non riesce a controllare a pieno tutto il suo enorme territorio, il quale è costantemente sotto il pugno di ferro di ladri e di signorotti locali dalla mascella facile. Solo un gruppo di 108 eroi/banditi può riuscire a dare uno scossone a tutto il paese e instaurare quella sorta di rivoluzione che scacci via i biechi e corrotti giochi di potere del Celeste Impero che male fanno al popolo tutto.

Una sorta di epopea cavalleresca in salsa cinese. Per di più ispirata al romanzo storico cinese "i Briganti" del 15° secolo, già trasposto più e più volte sia in altri fumetti che in serie tv.

Ma Akaboshi è un caso a parte.
La sua pubblicazione in terra nipponica, sulle pagine del tanto beatificato Jump, è stata abbastanza travagliata: dopo un inizio abbastanza coinvolgente, il grado di entusiasmo è scemato pian piano, capitolo dopo capitolo, decretando la discesa senza freni dell'opera nelle classifiche di gradimento della rivista e quindi l'inevitabile cancellazione per scarso successo.
Sì, Akaboshi è nient'altro che un'opera monca, con un finale altamente sbrigativo e deludente, rimpolpato con un pastrocchio di personaggi inespressi e potenzialmente interessanti.
Chissà, forse è proprio l'autore che non riesce a sfondare definitivamente. Il tratto intrigante c'è, è la sceneggiatura che non ingrana mai. E le cancellazioni premature di molte sue opere ne sono la prova.

Tre volumi che, nel complesso, sono abbastanza scialbi e che non fanno altro che intasare ulteriormente un parco titoli italiano che rischia costantemente il collasso, rischiando di passare inosservato e di deludere gli ignari e inconsapevoli acquirenti occasionali.
Consiglio altamente di lasciare il prodotto sullo scaffale, sia per ciò che l'opera (non) rappresenta, sia per l'elevato costo che una sovracopertina non potrà mai giustificare.