Recensione
Hot Detective Tsubaki
9.0/10
Hot Detective Tsubaki è decisamente ben riuscito.
Quindi: partiamo dai difetti.
I disegni (dopo 5 uscite) continuano a non convincermi al 100%, ma è una questione squisitamente di gusti personali.
Il tratto è molto curato e ben definito, risulta tuttavia diverso dai miei canoni. E' grosso, rotondo pesante. Possiamo facilmente contrapporlo alla plasticità vinilica e digitale di Shouji Satou (Highschool of the dead e Triage X). Tanto questo risulta volto a una tensione agile e flessuosa; quanto nel caso di Kawashita Kanji i segni sono dediti alla rotondità, alla morbidezza (a tratti addirittura da risultare flaccidi). Se Kawashita Kanji avesse un antico maestro occidentale, lo dovremmo cercare nelle tavole del Masaccio e nei suoi Cristi paffuti. Queste testone tonde e pesanti, che ricordano i neonati; questi corpi che paiono affatica sollevarsi da terra, tanto di terra e passione son' fatti...
E qui arriviamo alle storie e alle tematiche...
Le storie sono tutte ben costruite e toccano tematiche ricercate, ma mai manieristiche (beh, un po'...ma ci piacciono anche per questo!), senza sfociare mai in voli pindarici. Mi dispiace per i fan dei "voli", ma l'aura di misero che germina tra le tavole e i futon è sempre viscerale (la terra). Parte sempre dalla bocca dello stomaco e, il più delle volte, scende strizzando l'intestino in una colica per sfociare in uno spasmo risolutivo. A questo punto, ci troviamo di fronte a una verità brutale e miserabile; raramente miserevole. Un truogolo di lombrichi umani, contingentemente ciechi, dediti a uno strazio chiamato vita. La cattiveria risulta così qualcosa di irrimediabilmente umano, che i protagonisti provano a arginare con splendidi mottetti di senso comune.
Chi li proferisce spesso è la co-protagonista Tsubaki. La misteriosa eppur frivola investigatrice, scaltra come Kitsune e saggia come un vecchio. Lei sa che per rimanere buoni non bisogna voler sapere troppo. Forse per questo lo fa di lavoro...sapere troppo...O forse è per questo che lo sa. Lo sa, a differenza dello scontroso e ingenuo maestro di Shunga (il vero protagonista), che finisce per incarnare una contraddizione tutta interiore. A differenza della sua vicina Tsubaki: un'eterna antinomia di maniere che tiene saldo e nascosto il filo che lega gli eventi.
A pensarci bene... A tratti ci pare troppo scaltra, troppo saggia.
Nel complesso l'opera è una versione leggera e piacevole (sicuramente meno sconcertante) dei racconti di Edogawa Rampo disegnati da Suehiro Maruo. Più morbido, meno psicotico e decisamente sensuale. Perché finora vi ho parlato del bel Thanathos che anima questa magica serie...
Lascio a voi, il piacere di sfogliarne procaci l'Eros (e c'è n'è).
Quindi: partiamo dai difetti.
I disegni (dopo 5 uscite) continuano a non convincermi al 100%, ma è una questione squisitamente di gusti personali.
Il tratto è molto curato e ben definito, risulta tuttavia diverso dai miei canoni. E' grosso, rotondo pesante. Possiamo facilmente contrapporlo alla plasticità vinilica e digitale di Shouji Satou (Highschool of the dead e Triage X). Tanto questo risulta volto a una tensione agile e flessuosa; quanto nel caso di Kawashita Kanji i segni sono dediti alla rotondità, alla morbidezza (a tratti addirittura da risultare flaccidi). Se Kawashita Kanji avesse un antico maestro occidentale, lo dovremmo cercare nelle tavole del Masaccio e nei suoi Cristi paffuti. Queste testone tonde e pesanti, che ricordano i neonati; questi corpi che paiono affatica sollevarsi da terra, tanto di terra e passione son' fatti...
E qui arriviamo alle storie e alle tematiche...
Le storie sono tutte ben costruite e toccano tematiche ricercate, ma mai manieristiche (beh, un po'...ma ci piacciono anche per questo!), senza sfociare mai in voli pindarici. Mi dispiace per i fan dei "voli", ma l'aura di misero che germina tra le tavole e i futon è sempre viscerale (la terra). Parte sempre dalla bocca dello stomaco e, il più delle volte, scende strizzando l'intestino in una colica per sfociare in uno spasmo risolutivo. A questo punto, ci troviamo di fronte a una verità brutale e miserabile; raramente miserevole. Un truogolo di lombrichi umani, contingentemente ciechi, dediti a uno strazio chiamato vita. La cattiveria risulta così qualcosa di irrimediabilmente umano, che i protagonisti provano a arginare con splendidi mottetti di senso comune.
Chi li proferisce spesso è la co-protagonista Tsubaki. La misteriosa eppur frivola investigatrice, scaltra come Kitsune e saggia come un vecchio. Lei sa che per rimanere buoni non bisogna voler sapere troppo. Forse per questo lo fa di lavoro...sapere troppo...O forse è per questo che lo sa. Lo sa, a differenza dello scontroso e ingenuo maestro di Shunga (il vero protagonista), che finisce per incarnare una contraddizione tutta interiore. A differenza della sua vicina Tsubaki: un'eterna antinomia di maniere che tiene saldo e nascosto il filo che lega gli eventi.
A pensarci bene... A tratti ci pare troppo scaltra, troppo saggia.
Nel complesso l'opera è una versione leggera e piacevole (sicuramente meno sconcertante) dei racconti di Edogawa Rampo disegnati da Suehiro Maruo. Più morbido, meno psicotico e decisamente sensuale. Perché finora vi ho parlato del bel Thanathos che anima questa magica serie...
Lascio a voi, il piacere di sfogliarne procaci l'Eros (e c'è n'è).