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3.0/10
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Si suole affibbiare a titoli mediocri grandi nomi e ottime premesse, persino quando la bassezza narrativa è più evidente che mai e non ci si avvicina neanche lontanamente all'altezza di una grande opera come quella tirata in causa da Mitsuro Saiga. In tale occasione, parrebbe un'idiozia la vaga idea che, secondo i più, porterebbe "Kanuchi" a somigliare alla nota opera di Shakespeare. Le revisioni in chiave moderna di antichi scritti risultano, nella maggior parte dei casi, dei completi fallimenti o puro esibizionismo mirante alla mostra dell'arte grafica, che comunque in sé non basta allo scopo di poter definire un titolo meritevole. Ancor più spregevole è rendere un capolavoro di altri tempi uno scarno opuscolo di basse pretese, in aggiunta con la presunta convinzione di averne tratto qualcosa di meritevole e particolare.

Nonostante questo mal riuscito tentativo di rielaborazione, l'opera in questione sarebbe in grado di far pena anche nel ruolo di semplice creazione d'autore moderno, che ben poco s'interessa ai gioielli letterari. Il puro autoerotismo grafico non è degno di lode o meritevole di lettura, ma la cosa è soggettiva. Se siete in grado di apprezzare una narrazione confusionaria e alquanto patetica, solamente per gustare degli ottimi disegni con tratto candido e pulito, fatevi avanti: questa sarà il titolo adatto al vostro palato. Nessuno vi priverà di cotanto godimento. Personalmente non mi sento pronto per eresie di tal genere, che sovente sono definite magistrali. Il romanticismo tanto acclamato è pura illusione, infatti, non gli è neanche possibile vantarsi di una vicenda d'amore concepita in maniera quantomeno decente, poiché tale tematica non è affatto affrontata. Il genere fantasy è assai ampio e raramente vi si trova qualche elemento di originalità, e "Kanuchi" ne è la prova lampante. Espone un mondo patinato di finta eleganza e altrettanto scadente nei richiami atti a collocare l'episodio in un determinato periodo storico del Giappone.

Nel complesso, Saiga ha un'innata dote nello stroncare pesantemente le più grandi opere, per renderle in seguito adatte alle futilità odierne, quali apparenza e lusso. Bisogna necessariamente riconoscergli questo talento.