Recensione
Sword Art Online
6.0/10
Recensione di FinalHavok
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Allora, ragazzi, cercherò di essere il più breve e coinciso possibile.
Questo anime vanta(va) delle potenzialità molto alte, ma trattare tematiche attuali mascherate in maniera da renderle quasi futuristiche non è semplice. Purtroppo non basta questo per elevare un’opera a un livello superiore, alla media inteso. La dimostrazione empirica di tale frase è l’esistenza di “Sword Art Online”, un’idea promettente sfruttata male. Stiamo parlando di tematiche complesse: la realtà virtuale, il suo impatto sulla vita, la creazione di un nostro alter-ego perennemente influenzato dall’online anche quando è offline, la percezione della realtà deviata e mutevole nel tempo ecc.
Con tutti questi assiomi da sviscerare e da (di)mostrare nelle varie sfaccettature possibili, grazie al medium dell’anime, cosa si è riuscito a tirare fuori? Veramente troppo poco: quello che ne esce è purtroppo deludente e insoddisfacente, seppur, in parte, gradevole.
Kazuto Kirigaya, alias Kirito all’interno della realtà virtuale, è il protagonista fortissimo e dotato di un innato sesto senso filantropico che lo spinge ad aiutare sempre gli altri a risolvere i loro problemi, nonostante lui sia un player “solitario”. Un personaggio contradditorio già dalla nascita: come Tomoya di “Clannad” anche lui probabilmente cerca di sfuggire dai suoi dilemmi personali, rifugiandosi in quelli degli altri. Un personaggio inizialmente avvolto da un fascino tenebroso oscuro che contraddistingue numerosi protagonisti di anime dello stesso genere, però del quale, purtroppo, non avremo mai un vero e proprio background del passato. Il nostro Kirito rimane così tanto affascinante quanto vuoto. Lasciare al caso un tassello così importante della trama, paragonabile quasi a una colonna portante di un edificio, è un vero e proprio azzardo, per me finito male. Possiamo solo immaginare il triste stato d’animo e la storia che contraddistinguevano Kirito in passato.
La trama ci mostra le sue gesta all’interno di questo mondo virtuale come se fosse effettivamente il perno su cui ruota tutta la vicenda, quando in realtà tale contesto non viene per nulla sviluppato in maniera intelligente. Si potrebbe asserire anche che tale ambiente sia solo un catalizzatore nel quale si svolgeranno le varie vicende che dovrebbero approfondire i vari personaggi, ma in realtà nemmeno ciò accade. Anche i meno disdicevoli verso tale affermazione potrebbero obiettare, dicendo che questa maniera di raccontare l’ambiente non sia altro che un meccanismo virtuale dell'intrigo, un qualcosa che per i personaggi ha un'importanza cruciale, attorno alla quale si crea enfasi e si svolge l'azione, ma che non possiede un vero significato per lo spettatore. Io sono del tutto convinto che con un contesto del genere si poteva fare molto di più di cosi: invece di sfruttare questi metodi (intelligenti), per sfuggire dalla responsabilità di mettersi in gioco mostrando il proprio pensiero su argomenti cosi intriganti e attuali, l’autore ha puntato tutto su stereotipi/cliché e spettacolarizzazione del medium che tutti ben conosciamo.
Attenzione: il seguente paragrafo contiene spoiler
Dopo i primi quattro-cinque episodi ho pensato di interrompere la visione e attribuirgli un voto assolutamente insufficiente, ma amici mi hanno convinto a continuare. Non so se sia un bene o un male che io abbia proseguito nella visione, ma vediamo di ricavare anche qualche punto forte da questo prodotto (seppur poco forte). Innanzitutto, per riuscire ad esprimermi al meglio in merito, dovrò fare qualche spoiler da qui in poi. L’omaggio nella parte finale dell’anime in cui Asuna è prigioniera e vittima del cattivissimo Sigurd rimanda tantissimo a “Berserk”, e solo per questo si prende un voto in più da parte mia (sono imparziale quando si parla di “Berserk”, la mia opera preferita). Oltre ciò ho adorato il ritorno in real life finale e lo scontro tra il protagonista e l’antagonista nel parcheggio innevato dell’ospedale dove risiedeva Asuna; Sigurd sicuramente non spicca come antagonista, ma la pazzia che lo pervade è affascinante. Ultimo punto forte, ma non ultimo per importanza: la qualità grafica e dell’animazione è davvero ottima!
Fine parte contenente spoiler
Sono bastate queste piccole cose per togliere l’enorme zavorra che stava facendo inabissare questa opera nelle profondità; avendo io specificato di dover essere “breve” e “coinciso”, non mi dilungherò oltre con questo scritto, rischiando di divenire inutilmente prolisso. Voto: 6-
Sintesi: in un’opera dedita al fanservice, le potenzialità colossali quasi del tutto sprecate tediano moltissimo chi, come me, è nato e cresciuto a pane e anime, e ormai completamente anestetizzato dagli standard ‘clichéttosi’ (passatemi il termine) giapponesi che finiscono per abbassare qualsiasi standard del medium, regia, sceneggiatura ecc., finendo per creare una standardizzazione a livello industriale anche di questi anime, che potevano essere molto di più di semplici prodotti commerciali.
Per quanto riguarda grafica, audio, opening ed ending niente da dire, sono di ottima qualità.
Questo anime vanta(va) delle potenzialità molto alte, ma trattare tematiche attuali mascherate in maniera da renderle quasi futuristiche non è semplice. Purtroppo non basta questo per elevare un’opera a un livello superiore, alla media inteso. La dimostrazione empirica di tale frase è l’esistenza di “Sword Art Online”, un’idea promettente sfruttata male. Stiamo parlando di tematiche complesse: la realtà virtuale, il suo impatto sulla vita, la creazione di un nostro alter-ego perennemente influenzato dall’online anche quando è offline, la percezione della realtà deviata e mutevole nel tempo ecc.
Con tutti questi assiomi da sviscerare e da (di)mostrare nelle varie sfaccettature possibili, grazie al medium dell’anime, cosa si è riuscito a tirare fuori? Veramente troppo poco: quello che ne esce è purtroppo deludente e insoddisfacente, seppur, in parte, gradevole.
Kazuto Kirigaya, alias Kirito all’interno della realtà virtuale, è il protagonista fortissimo e dotato di un innato sesto senso filantropico che lo spinge ad aiutare sempre gli altri a risolvere i loro problemi, nonostante lui sia un player “solitario”. Un personaggio contradditorio già dalla nascita: come Tomoya di “Clannad” anche lui probabilmente cerca di sfuggire dai suoi dilemmi personali, rifugiandosi in quelli degli altri. Un personaggio inizialmente avvolto da un fascino tenebroso oscuro che contraddistingue numerosi protagonisti di anime dello stesso genere, però del quale, purtroppo, non avremo mai un vero e proprio background del passato. Il nostro Kirito rimane così tanto affascinante quanto vuoto. Lasciare al caso un tassello così importante della trama, paragonabile quasi a una colonna portante di un edificio, è un vero e proprio azzardo, per me finito male. Possiamo solo immaginare il triste stato d’animo e la storia che contraddistinguevano Kirito in passato.
La trama ci mostra le sue gesta all’interno di questo mondo virtuale come se fosse effettivamente il perno su cui ruota tutta la vicenda, quando in realtà tale contesto non viene per nulla sviluppato in maniera intelligente. Si potrebbe asserire anche che tale ambiente sia solo un catalizzatore nel quale si svolgeranno le varie vicende che dovrebbero approfondire i vari personaggi, ma in realtà nemmeno ciò accade. Anche i meno disdicevoli verso tale affermazione potrebbero obiettare, dicendo che questa maniera di raccontare l’ambiente non sia altro che un meccanismo virtuale dell'intrigo, un qualcosa che per i personaggi ha un'importanza cruciale, attorno alla quale si crea enfasi e si svolge l'azione, ma che non possiede un vero significato per lo spettatore. Io sono del tutto convinto che con un contesto del genere si poteva fare molto di più di cosi: invece di sfruttare questi metodi (intelligenti), per sfuggire dalla responsabilità di mettersi in gioco mostrando il proprio pensiero su argomenti cosi intriganti e attuali, l’autore ha puntato tutto su stereotipi/cliché e spettacolarizzazione del medium che tutti ben conosciamo.
Attenzione: il seguente paragrafo contiene spoiler
Dopo i primi quattro-cinque episodi ho pensato di interrompere la visione e attribuirgli un voto assolutamente insufficiente, ma amici mi hanno convinto a continuare. Non so se sia un bene o un male che io abbia proseguito nella visione, ma vediamo di ricavare anche qualche punto forte da questo prodotto (seppur poco forte). Innanzitutto, per riuscire ad esprimermi al meglio in merito, dovrò fare qualche spoiler da qui in poi. L’omaggio nella parte finale dell’anime in cui Asuna è prigioniera e vittima del cattivissimo Sigurd rimanda tantissimo a “Berserk”, e solo per questo si prende un voto in più da parte mia (sono imparziale quando si parla di “Berserk”, la mia opera preferita). Oltre ciò ho adorato il ritorno in real life finale e lo scontro tra il protagonista e l’antagonista nel parcheggio innevato dell’ospedale dove risiedeva Asuna; Sigurd sicuramente non spicca come antagonista, ma la pazzia che lo pervade è affascinante. Ultimo punto forte, ma non ultimo per importanza: la qualità grafica e dell’animazione è davvero ottima!
Fine parte contenente spoiler
Sono bastate queste piccole cose per togliere l’enorme zavorra che stava facendo inabissare questa opera nelle profondità; avendo io specificato di dover essere “breve” e “coinciso”, non mi dilungherò oltre con questo scritto, rischiando di divenire inutilmente prolisso. Voto: 6-
Sintesi: in un’opera dedita al fanservice, le potenzialità colossali quasi del tutto sprecate tediano moltissimo chi, come me, è nato e cresciuto a pane e anime, e ormai completamente anestetizzato dagli standard ‘clichéttosi’ (passatemi il termine) giapponesi che finiscono per abbassare qualsiasi standard del medium, regia, sceneggiatura ecc., finendo per creare una standardizzazione a livello industriale anche di questi anime, che potevano essere molto di più di semplici prodotti commerciali.
Per quanto riguarda grafica, audio, opening ed ending niente da dire, sono di ottima qualità.