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6.0/10
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Tra gli anni '90 e 2000 ci sono state un numero di guerre pari a quello dei cinquant'anni precedenti e, a differenza del passato, la loro copertura mediatica è stata enorme. Era quindi inevitabile che anche la cinematografia commerciale si interessasse all'argomento, con film quali "Three Kings", "Blood Diamond", "Lord of War". Sull'onda di questo interesse crescente per tematiche quali terrorismo, armi, mercenari, strategie militari e spionaggio, anche il mondo degli anime vede il moltiplicarsi di serie che sviluppano tali argomenti in chiave moderna.
Tra i tanti, voglio citare qui "Noir", "Black Lagoon", "Phantom: Requiem for the Phantom" e appunto "Jormungand". Questi anime sono molto simili tra loro: ci sono gruppi di combattenti organizzati, ambientazioni paramilitari, armi, violenza, protagonisti discutibili e/o dal passato oscuro.

N.B. Questa recensione considera "Jormungand" e "Jormungand: Perfect Order" come un'unica serie, e il voto è condiviso.

In particolare, in "Jormungand" seguiamo le vicende di un team di personaggi al soldo di una famiglia di trafficanti d'armi, impegnati a competere su un mercato dove gli affari si chiudono con una stretta di mano o con un proiettile in fronte, mentre sullo sfondo si sviluppa un progetto chiamato Jormungand. Il fulcro della narrazione ruota attorno al rapporto tra la ricca Koko Hekmatyar (a capo del gruppo) e la sua giovane guardia del corpo Jonah (un ex bambino soldato), incentrando sui loro dialoghi le spiegazioni e le giustificazioni di un mondo dove il fine ultimo di ottenere la pace non può che passare attraverso il compromesso dei conflitti armati e del sacrificio di molti.
La serie alterna quindi momenti di azione ad altri più riflessivi, col pregio di offrire uno spaccato realistico e mai pretenzioso di una realtà sommersa, che è parte integrante del sistema.

I difetti però sono molti, a cominciare dai personaggi di contorno, che, per quanto a volte ben caratterizzati, spesso fungono da macchiette, sforando in una comicità che vorrebbe stemperare i toni, mentre risulta del tutto fuori luogo. Si tenta probabilmente di emulare una produzione come "Black Lagoon", dove i momenti scanzonati sono nel DNA dei protagonisti, ma in "Jormungand" le risate sono forzate e l'ironia spesso infelice.
La trama è poi costituita da archi di uno o due episodi dalle ambientazioni a volte troppo distanti tra loro. Si alternano senza soluzione di continuità: battaglie campali, inseguimenti e conflitti a fuoco metropolitani, intrecci politico-spionistici, flashback di approfondimento. Questo, anziché rendere la serie longeva, la appesantisce, e alla lunga può far perdere l'interesse dello spettatore.

La grafica ha un carattere altalenante, con grande cura nel dettaglio delle armi, dei conflitti a fuoco e delle dinamiche fisiche dei personaggi, ma con l'innesto di elementi "deformed" e caricaturali che sono quasi spiazzanti.
La musica c'è, ma non caratterizza mai la narrazione, e personalmente, se non avessi scoperto che esiste la colonna sonora, avrei detto che non ci fosse proprio. La sigla iniziale "Borderland" fa malamente il verso a quella di "Black Lagoon", mentre quella finale "Ambivalentidea" di Nagi Yanagi è invece bella.

Di solito si dice "prendersi troppo sul serio". Nel caso di "Jormungand" è vero l'opposto, manca il coraggio di andare fino in fondo.

Voto: 6