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“I Cavalieri dello Zodiaco” sono una delle serie più famose dei primi anni ’90 e, probabilmente, una delle storie più originali create.

La trama è piuttosto semplice, narra delle vicende dei Cavalieri di Atena, ragazzi cresciuti con lo scopo di conquistare le armature della dea per proteggerla e difenderla dai suoi molteplici nemici, dopo un avvio lento con una trama e degli scontri non molto avvincenti, volti perlopiù a presentare i vari protagonisti della storia e le trame che andranno poi a svilupparsi nelle varie saghe.
Caratteristica di questa serie è, appunto, la suddivisione in saghe, successioni di puntate narranti un’unica vicenda e caratterizzate, ognuna, da un ben preciso nemico da sconfiggere per salvare la dea Atena reincarnatasi nelle spoglie di Lady Isabel.
La saga più ispirata e meglio riuscita di tutte è senz’altro quella dei Cavalieri d’oro, nella quale i cinque personaggi principali, Pegasus, Andromeda, Sirio, Crystal e Phoenix devono risalire le dodici case dello zodiaco per raggiungere il Gran Sacerdote, per sventare il suo tentativo di uccidere Lady Isabel.
Seguono altre due saghe, quella di Asgard e quella di Nettuno, in cui il succo è, essenzialmente, lo stesso: salvare Lady Isabel e l’umanità intera.

Sebbene la trama possa effettivamente sembrare piuttosto scarna e banale, in realtà essa passa spesso in secondo piano grazie all’originalità e alla maestria con cui il maestro Kurumada (autore del manga da cui deriva la serie) ha ideato l’intero universo e i tanti cavalieri che lo compongono, ciascuno con la sua armatura e i suoi poteri inconfondibili. Soprattutto nella saga delle dodici case, ma anche nelle altre due, i personaggi che compaiono hanno tutti un loro spessore e una loro particolarità che li rende interessanti e accattivanti. Il limite di ciò, però, è che alcuni di essi non riescono a spiccare tra gli altri, rimanendo relegati in ruoli talvolta poco importanti e senza la possibilità di mostrare appieno le proprie potenzialità.

Per quanto riguarda le animazioni, bisogna partire dal presupposto che questo anime fu realizzato alla fine degli anni ’80, dunque è naturale trovarsi davanti a una grafica non eccelsa e disegni spesso ripetitivi, sebbene anche a quel tempo sarebbe certamente stato possibile fare di meglio.

Un discorso a parte va fatto invece per il doppiaggio e per l’adattamento della serie in italiano.
Innanzitutto, la prima cosa che lascia veramente perplessi sono i nomi che sono stati scelti per i cavalieri, nomi che non possono essere definiti in altro modo, se non senza senso. Mentre nel manga, infatti, ciascuno aveva il proprio nome e quello della propria armatura, in Italia questi sono stati fusi insieme. Così, Seiya, il possessore dell’armatura di Pegasus, è diventato semplicemente Pegasus, e così pure Andromeda, Phoenix e quasi tutti i cavalieri avversari. Una scelta simile risulta a dir poco assurda e insensata, data l’insensatezza del fatto che una persona, alla nascita, dovrebbe già ricevere il nome di un’armatura che nemmeno sapesse di dover ricevere.
Al di là dei nomi scelti, però, il doppiaggio è assolutamente ottimo, con dialoghi ben resi e, talvolta, anche migliori di quelli originali, sebbene anche qui si noti un’eccessiva ripetitività delle battute e delle scene.

Per finire, è necessario soffermarsi sui duelli tra i cavalieri, colonna portante della serie.
Questi seguono quasi sempre lo schema classico degli anime, specie di quelli dell’epoca, con il buono che sta per soccombere, ma che riesce a trovare in sé la forza per riprendersi e ribaltare le sorti dell’incontro, sopraffacendo il nemico più forte di lui con la sola volontà. Molti di essi, purtroppo, sono piuttosto banali, ma vengono comunque tenuti su dalla pregevole caratterizzazione dei singoli cavalieri, tanto che, sebbene tutti abbiano la stessa struttura, ognuno riesce ad essere memorabile e diverso dagli altri.

In sintesi, valutando l’opera nella sua interezza, questo anime è sicuramente meritevole di essere visto, anche solo per la notevole importanza che esso riveste nella storia del genere e dell’animazione in generale, cercando di chiudere un occhio su quei difetti dipendenti soltanto dal periodo in cui essa è stata realizzata.