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8.5/10
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La terza serie del brand “Psycho-Pass” segue la scia tracciata dalla precedente trilogia “Sinners of the System”. La sua particolarità è la durata doppia degli episodi, otto per quarantasei minuti l’uno. Se inizialmente ero stata scettica sulla lunghezza, credendo mi avrebbero annoiata episodi eccessivamente lunghi, dopo nemmeno mezz’ora del primo mi sono resa conto di quanto in realtà, per una storia simile, la lunghezza doppia sia congeniale. Va inoltre detto che, per quanto non obbligatoria, la visione dei tre film del 2019 è consigliata per capire alcune piccole cose (e poi non sono male, quindi è tutto guadagnato).

Cerchiamo di andare con ordine senza però rivelare troppo.
I personaggi. Ormai abbiamo capito che “Psycho-Pass” è una serie quasi antologica, per cui ogni stagione abbiamo protagonisti differenti. Del vecchio cast infatti è rimasto poco, o così pare, mentre abbondano le facce nuove. I due nuovi ispettori della Prima Divisione sono Arata Shindō e Kei Michael Ignatov. Il primo un mentalista simpaticone raccomandato da Tsunemori, amico di lunga data del secondo che ha invece origini russe e ha un aspetto più serioso. Ad accompagnarli troviamo cinque esecutori, tra cui i vecchi Shō Hinakawa e Shion Karanomori. Personalmente mi sono affezionata molto ad alcuni personaggi nuovi, soprattutto quelli di Irie e Kei. In un modo o in un altro sembrano essere legati tutti da un passato comune, esecutori e ispettori a volte si scambiano i ruoli ed entrambi vengono direttamente e personalmente colpiti da quello che sembra essere l’antagonista della terza stagione, se di antagonisti si può parlare in “Psycho-Pass”. Ciò fa sì che tra la squadra si crei un bel legame, come si può vedere durante la festa di benvenuto o durante gli orari di servizio. Interessante inoltre come tutti in realtà non siano chi o come appaiono, e come agiscano più indipendente dal Sybil System rispetto al passato. Quest’ultimo infatti non ha più un ruolo centrale come le altre due stagioni, ma lascia spazio alla sensibilità degli investigatori e a un nuovo “sistema”. Arata e Kei ripetono spesso che il Sybil System non è tutto, non a caso il dominator ha un grilletto e non va in automatico. Visione che ci richiama alla memoria una certa Akane.

Vecchie conoscenze. La terza stagione è una frecciatina continua ai fan di vecchia data, che ritrovano discorsi o situazioni riguardanti la prima stagione. Ma non solo. Ho perso il conto delle volte che ho urlato di gioia nel vedermi comparire a sorpresa sullo schermo esecutori della vecchia Prima Divisione. Scene che a volte riconosco essere state puro fanservice, mentre altre sono fulcro della sotto-trama. Sì, perché dietro tutto quello che vediamo rimane un personaggio che appare rarissime volte, ma che intuiamo sapere tutto, e dio solo sa quale ruolo giocherà alla fine. Nell’ultimo episodio poi, proprio alla fine, lo spettatore non può che non essere emotivamente scosso: una scena dolce e nostalgica lascia amaramente spazio a una, dopo i titoli di coda, devastante. Il tutto accompagnato da una soundtrack calzante, a tratti emozionante e bellissima. Tuttavia non mancano momenti in cui, a mio avviso, la musica è fin troppo invadente, quasi fastidiosa, quando già la scena è piena di azione.

Finale. Se la mia recensione è sembrata più confusionaria del dovuto, lo si deve a tre fattori: non sono brava a spiegarmi in maniera ordinata; non volendo fare troppi spoiler, ho preferito censurare il novanta percento degli avvenimenti; la serie non si conclude con l’ottavo episodio.
Detesto le cose senza fine, ma sono fiduciosa nel film in uscita tra qualche settimana e nella possibilità di un’altra stagione in tempi ragionevoli (e non quattro anni come dalla seconda alla terza). Ho comunque dato un voto alto, perché reputo questa stagione più interessante delle altre. L’ho detto. Le varie tematiche che saltano fuori e i problemi legati al passato dei protagonisti mi hanno affascinato fin dai primi minuti. Temi come la religione, l’immigrazione e la politica (uno dipendente dall’altro) sono veri più che mai, avvicinando l’universo di “Psycho-Pass” ambientato nel lontano 2100 e qualcosa ai giorni nostri. La svolta sociale e fanta-politica di questa serie la rende per me migliore rispetto alle altre che, pur impegnate a livello morale, rimanevano legate al Sybil System e a un mondo ancora molto ancorato alla fantascienza.

Dunque, ho finito per scrivere molto più del previsto, considerando il fatto che non ho detto nulla. Il mio voto potrebbe sembrare troppo alto ad alcuni, ma non so essere cattiva, se mi mettono un personaggio come Kei Ignatov. Ho pianto, riso, gridato, mi sono arrabbiata e sono stata ingannata ripetute volte. Una montagna russa di emozioni e colpi di scena. Insomma, una serie che sa intrattenere e che tratta casi seri in maniera quasi impeccabile. Certo, dei difetti deve pur averli: alcune scene d’azione non sono poi granché e delle volte si ha la sensazione che tutto questo mistero sui “nemici” potrebbe portare a un grande buco nell’acqua. Alcuni avvenimenti poi, in un primo momento, paio interessanti solo per via del diretto coinvolgimento di uno specifico personaggio. “Psycho-Pass 3” è un anime incompleto ma che proprio per questo ti permette di pensare e ragionare su molte cose, dai casi ancora irrisolti della Prima Divisione, a cosa stia succedendo ai nuovi e vecchi ispettori, fino alla questione dei migranti nel mondo in questo ultimo periodo. Concludo col dire che, qualora il film in uscita non concludesse la serie oppure non venisse annunciata una nuova stagione, il mio voto calerebbe, perché, come sopracitato, detesto le cose senza un finale.