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Dopo aver letto quest’opera nel curatissimo formato omnibus mi sento di dire che a tutti i lettori di manga farebbe bene avvicinarvisi. Lo consiglierei soprattutto a tutti quelli che tendono a distanziarsi da autori più “vecchia scuola”, come lo stesso Go Nagai, a causa dei disegni “brutti”, “strani”, “sgraziati”, eccetera. Dico questo perchè la Divina Commedia di Go Nagai abbatte questi stereotipi dimostrando che, se i disegni dei manga negli anni 60’ e 70’ si presentavano in tal modo non era per mancanza di capacità artistica degli autori, ma solo perchè quello era lo stile in uso. E’ lo stesso Go Nagai dei robottoni, di Devilman, degli anni ’70 in generale, che negli anni ’90 decide di costruire questa versione a fumetti dell’opera letteraria che più l’ha ispirato nella sua carriera. E nella sua Divina Commedia la prima cosa ad attirare l’attenzione non è la trama, quella è nota da 700 (699 a voler essere puntigliosi) anni, ma proprio i disegni. I disegni sono perfetti. Non in senso assoluto, ma quando affiancati all’opera, sembrano essere la forma delle parole di Dante.
Premetto che non si tratta solo di rappresentazioni totalmente attribuibili a Nagai, la sua ispirazione nel rappresentare le scene più importanti del viaggio dantesco sono i dipinti del pittore francese Gustave Dorè (come riportato in introduzione al volume), ad esempio nella scena dell’arrivo di Caronte sul fiume Acheronte, la quale è una diretta riproduzione del dipinto. Tuttavia è ugualmente notevole l’operato di Nagai, sì per la volontà di inserire simili raffigurazioni all’interno di un fumetto, ma soprattutto per l’incredibile capacità di far emergere prevalente il proprio tratto in ogni disegno (sfido chiunque a non sovrapporre il viso del dottor inferno/dottor Hell proprio al sopra citato Caronte in occasione della sua comparsa). Questo combinando in modo estremamente naturale i visi e le espressioni grotteschi, a tratti deformati, molto “nagaiani”, attribuiti ai personaggi, ai bellissimi corpi rappresentati secondo i canoni classici (nel senso europeo del termine).
Ed è nell’introduzione e nell’Inferno che in assoluto Nagai da il massimo, trasmettendo precisamente al lettore tutto l’orrore delle fantasiose, ma terribili pene inflitte a ogni singolo gruppo di dannati, oltre all’oppressione, al malessere, alla paura derivanti dall’ambiente infernale. E’ qui che più si ammira l’incredibile precisione nel riprodurre l’opera originale, senza mai concedersi libertà, dimostrando costantemente una notevole conoscenza di quest’ultima. Proprio a questo proposito ritengo importante considerare che questo manga è stato prodotto nel 1994, quando il concetto moderno di Internet stava appena nascendo e il massimo che un computer poteva offrire era Windows 3.1. Per cui, il solo fatto di documentarsi a tal punto sulla Divina Commedia e soprattutto sull’arte figurativa ad essa dedicata in Italia e in Europa al fine di produrre un manga merita il rispetto di ogni lettore che intenda approcciarvisi.
Bellissimi sono anche gli incontri con i personaggi e i mostri più iconici dell’opera originale, le tre fiere all’esterno dell’inferno, Paolo e Francesca, il Cerbero, il conte Ugolino e tanti altri, ognuno ben raccontato, brevemente, ma con grande attenzione. Unica scelta strana di tutto il fumetto è l’attribuzione di Virgilio al Purgatorio invece che al Limbo dei non battezzati. Considerando però che in primis il manga è destinato al pubblico giapponese per cui la Divina Commedia non è sicuramente un’opera familiare, probabilmente la volontà era di evitare perplessità su come potesse Virgilio, appartenente all’Inferno, guidare Dante anche attraverso il Purgatorio, ufficialmente a lui precluso. Ma a conti fatti è un dettaglio poco rilevante e non inficia minimamente la qualità della lettura.
E’ invece molto evidente la predilezione di Nagai proprio per l’Inferno, sia per la lunghezza di questo capitolo rispetto agli altri due (soprattutto rispetto al Paradiso), sia per sbrigatività nel proporre l’incontro con Beatrice e ancora maggiore nel attraversare i sette cieli. Paragonando i 100 canti a un grattacielo si ha l’impressione di passare dal piano terra al 1°piano con un lunghissimo falsopiano, poi di salire al 34esimo con una tranquilla rampa di scale, in cima alla quale una scala mobile ti porta verso il 67esimo e infine su verso la cima volando in ascensore fino al 100esimo.
Questa struttura spiazza, ma pensandoci bene anche Dante risulta sempre più spiazzato e incapace di spiegarsi avvicinandosi a Dio nel corso dell’opera, dunque se veramente le rappresentazioni di Nagai sono la forma delle parole di Dante, dove non ci sono parole non possono esserci nemmeno disegni (nonostante questo ritengo che una delle tavole più belle dell’intero fumetto sia proprio la rappresentazione del terzo cielo del paradiso, il cielo di venere dell’amore puro).
In conclusione ritengo che il voto giusto sia 8, perché se stilisticamente è un capolavoro da 10, la storia altro non è che un perfetto riassunto della originale Commedia a cui risulta impossibile assegnare una valutazione diversa da 6.