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Lui, Shōya Ishida, è il fighetto della classe. Lei, Shōko Nishimiya, è troppo gentile e graziosa per essere vera. A parole mai si potrebbe accettare che una ragazzina così buona, appena arrivata nella nuova classe, possa essere discriminata per il fatto di essere sorda. Invece, proprio come nella realtà, succede. Shōya ci appare subito come il primo responsabile, ed effettivamente i suoi maltrattamenti sono senza cuore. Ma gli autori ci presentano anche altri responsabili e, a mio avviso, fin da subito viene chiarito che essi si trovano anche dietro la cattedra (ma è un'impressione con la quale non tutti saranno d'accordo). Quali saranno le conseguenze di questi avvenimenti negli anni successivi? Ci saranno, e non saranno poche.

Il punto è che in queste due ore non si parla di bulli e di vittime, di responsabili e di estranei ai fatti. C'è posto per ogni sfumatura umana e il messaggio sembra chiaro: tutti siamo stati sia Shōya sia Shōko, in qualche momento della nostra vita, magari anche solo per un secondo. E probabilmente abbiamo incarnato anche gli altri personaggi, nei loro lati negativi e in quelli positivi, nell'errore e nel rimedio, nella sofferenza e nella felicità. Per questo motivo c'è un che di spiazzante. Credevo di trovare un proclama contro il bullismo in quest'opera, e c'è, ma rimane a fare da sfondo. Nello stesso modo in cui appare ovvio che il bullismo sia sbagliato, la condanna delle azioni ingiuste resta un contorno. Invece le azioni vengono scomposte e contestualizzate, i confini si fanno meno netti, i ruoli diventano meno chiari. E lo scopo non è giustificare ciò che rimane ingiustificabile, ma spiegare ciò che è quotidiano. Trovo che vi sia della didattica in questo film d'animazione, quella del tipo migliore: lasciare che sia lo spettatore ad analizzare i fatti, immedesimandosi, per poi giungere alla propria personale soluzione. L'operazione è rischiosa, perché qualcuno potrebbe giungere a conclusioni troppo distanti da quelle dei messaggi che il film vuole proporre. Ma credo che il punto di forza maggiore stia proprio qui: trattare gli adolescenti come individui capaci di decidere il proprio futuro, dando loro fiducia, parlando con loro di temi quali la discriminazione, la vita, le relazioni, invece di considerarli un insieme di generazioni perdute. Di sicuro il lavoro è dedicato anche agli adulti, ma non posso fare a meno di convincermi che il target specifico siano proprio i ragazzi, anche i più piccoli. Perché anche a undici anni si presentano continue occasioni di decidere per il proprio futuro. Tutti lo abbiamo fatto, quindi perché un undicenne o un diciottenne non dovrebbe essere ritenuto capace? Perché non dovrebbe essere aiutato?

L'aiuto è un tema molto importante, a mio avviso. In questa animazione, a parte blandi interventi, gli adolescenti si aiutano da soli. Se questo da una parte mette in luce ciò che dicevo prima (evidenziando la capacità decisionale dei ragazzi e trattando i temi dell'adolescenza come veri e propri temi di vita vissuta, non meno importanti, veri, profondi e problematici di quelli dell'età adulta), dall'altra sottolinea l'enormità di mancanze che il mondo manifesta nei confronti dei giovani: tra loro stessi, da parte dei genitori, della società e degli insegnanti (e in Giappone è un dettaglio di non poco conto). L'unico spiraglio di più profonda umanità - oltre ai protagonisti principali - ci giunge da un personaggio anziano, e c'è di sicuro un motivo.

I personaggi sono tra loro molto diversi, e quelli in primo piano sono ben caratterizzati. In particolare modo la crescita e la caratterizzazione del protagonista maschile sono entusiasmanti. La protagonista femminile potrebbe apparire a tratti passiva, ma credo che un altro dei punti forti risieda proprio in questa apparenza. Si potrebbe essere condotti a credere che la ripetizione di certi comportamenti manifesti una forma di passività, ma in determinati casi rimanere fermi nella propria posizione significa continuare a fare una scelta coraggiosa e lungimirante.
Dal punto di vista tecnico niente da eccepire. Le animazioni sono di grande qualità. In particolare ho apprezzato l'espressività e le espressioni dei personaggi e il modo in cui sono state visivamente tradotte le insicurezze di Shōya Ishida.

Il voto 10 deriva da tutte queste osservazioni, ma soprattutto dalla prospettiva ampia e coraggiosa che è stata data alla storia. Ha accettato il prezzo di sembrare quasi incompiuta, ma in cambio risulta inclusiva e disarmante. Alla fine, comunque, c'è una scena molto chiara - e da brividi - che dovrebbe chiarire tutti i dubbi su quale sia il tema centrale. Solo quella scena varrebbe ore e ore di visione.