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Mamma mia, devo essere davvero un pazzo ad aver buttato tre ore e mezza di vita a guardare quest'obbrobrio. E pensare che lo stavo abbandonando in seguito al secondo noiosissimo episodio che, però, dopo avermi fatto detestare i sorrisi, il buon umore, le foto ricordo e il tono da pubblicità della Mulino Bianco di praticamente tutto il cast dei personaggi, assolutamente fuori luogo considerato ciò che stavano vivendo, termina in modo maledettamente sorprendente e interessante. Purtroppo.

Purtroppo perché, se non fosse terminato in quel modo, non avrei perso il tempo dei restanti otto orrendi episodi, in cui non fanno che comparire personaggi ancor più odiosi dei protagonisti (Daniel... uccidetelo!) e delinearsi situazioni improbabili (Shan City? Ma che cavolo c'entra una roba del genere?).

I personaggi sono tutti tra l'odioso, l'improbabile e l'inutile. Il fratellino Go non fa altro che dare sui nervi dall'inizio alla fine, con le sue continue espressioni in inglese e una voce davvero sgradevole (non so se il doppiatore si sforzi di imitare quello giapponese, perché non l'ho ascoltato in originale, ma è davvero snervante). La mamma, salvo rare eccezioni, sembra che viva la situazione come se fosse un'allegra scampagnata in famiglia. E poi c'è lui... Kite, uno youtuber estone con cui, guarda un po', Go era in contatto su Internet, e che, guarda un po', per puro caso atterra con un paracadute proprio in mezzo ai "nostri eroi", tra le montagne del Giappone... e poi ricompare in un corazzato dell'esercito in mezzo all'oceano, sempre per puro caso, a trarre in salvo i "nostri eroi".

Empatizzare con personaggi del genere è praticamente impossibile, così come è impossibile venire in qualche modo turbati anche dalle scene più cruente di quest'opera, in quanto l'atmosfera dominante non è affatto angosciante e pesante come ci si aspetterebbe da un "disaster anime", e non fa assolutamente respirare la tragedia, di cui a volte quasi si tende a dimenticarsi. Sembra impossibile, dato il soggetto, ma quest'opera è completamente priva di qualunque pathos, quando è proprio sul pathos che una storia del genere dovrebbe reggersi.

Tutto risulta semplicemente forzato al limite del ridicolo, e l'unico motivo d'interesse, ovvero lo sprofondamento del Giappone, non è trattato con sufficiente cura, restando quasi solo un sottofondo alle vicende di personaggi scialbi e insignificanti, di cui vengono eccessivamente approfonditi i pensieri e i sentimenti, che sono però di una banalità ben poco interessante. Il tutto tende a farsi melenso ed è pervaso da un fastidioso buonismo, enfatizzato dalla sdolcinata ed estremamente ripetitiva colonna sonora, che più di ricordare l'OST di un anime ricorda tanto un brano royalty-free per YouTube.

Ma la vera bruttezza di questo cartone animato (perché davvero di un anime giapponese ha troppo poco) sta nei disegni e nelle animazioni, probabilmente quanto di più orrendo abbia mai visto. Il character design è osceno, così come il tratto del disegno e la colorazione dei personaggi, abbagliata e sbiadita. A dominare la scena, poi, l'onnipresenza di un'evidente e invadente CGI, che non manca mai di generare un ripugnante effetto videogioco, in complicità con animazioni a dir poco scadenti, innaturali e scattose.

Se è questa l'innovazione che Netflix ha intenzione di portare nel mondo dell'animazione giapponese, non se ne sentiva veramente il bisogno. Siamo al cospetto infatti di un anime a metà, in cui la componente occidentale (e della peggior specie) è chiaramente presente, non solo dal punto di vista tecnico ma anche nel modo di raccontare la storia e nei continui riferimenti linguistici e culturali al mondo anglofono.

Faccio davvero una fatica immane a salvare qualcosa di questo prodotto, se non l'idea di fondo, che però non appartiene al prodotto stesso, bensì al romanzo da cui è tratto. Quindi no, non c'è assolutamente niente da salvare qui. Non guardatelo.