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L’edizione in mio possesso è quella pubblicata dalla Star Comics dal 2000 al 2002 in 28 volumi. Ciò che mi spinse all’acquisto fu il ricordo, abbastanza fresco all’epoca, del cartone animato che aveva segnato, insieme ad altre opere giapponesi, la mia infanzia.
I miei entusiasmi tuttavia vennero ben presto placati e anche oggi, rileggendolo, noto tutta una serie di cose che fanno nel complesso un manga piuttosto mediocre.
Partiamo dalla resa grafica. Non sono un esperto del disegno quindi le mie considerazioni sono prettamente di carattere estetico e soggettive. Il tratto di Kurumada nella resa dei personaggi mi sembra piuttosto semplice, infatti hanno tutti gli stessi tratti somatici e l’unica cosa che li contraddistingue è la capigliatura. Probabilmente è un modo per velocizzare una pubblicazione settimanale, ma di certo non è entusiasmante. Molta cura nel dettaglio viene dato alle armature e in diverse occasioni agli sfondi e ammetto che la prima cosa che andavo a vedere appena comprato il nuovo volume erano proprio le pagine finali dove vengono spiegate e illustrate le diverse armature. In definitiva è un disegno che, sebbene sia abbastanza riconoscibile come tipico di Kurumada, non esalta e rimane piuttosto anonimo.
Per quanto riguarda la caratterizzazione dei personaggi siamo anche qui nella mediocrità. Nel senso che i personaggi sono fondamentalmente tutti uguali: ogni guerriero (che sia di Atena, Nettuno o Ade) è dedito alla sua causa tanto da combattere fino alla morte. Tale dedizione risulta a volte ridicola, come nell’arco narrativo del santuario dove i Gold Saint hanno intuito che il Gran Sacerdote potrebbe essere un impostore ma comunque continuano a combattere al suo fianco rischiando di uccidere Atena stessa. Gli stessi protagonisti, i cinque Bronze Saint, sono caratterialmente immobili visto che non hanno nessuna evoluzione fra il primo e l’ultimo volume. Gli unici personaggi che hanno leggermente più sfaccettati sono Ikki e Canon, ma si tratta davvero di poca cosa. Nonostante l’ottusa dedizione renda i personaggi tutti uguali c’è effettivamente un momento in cui risulta utile ai fini dell’intrattenimento, ovvero durante i combattimenti. Questi infatti sono piuttosto statici; Kurumada non disegna scene di lotta ma mostra i contendenti fronteggiarsi sparando ognuno i propri colpi migliori. E la vittoria avviene proprio perché le convinzioni e la dedizione di uno prevalgono sull’altro, ponendo lo scontro più sul piano psicologico che su quello fisico, tanto che gli scontri sono in realtà pieni di dialoghi. Ed è forse proprio questo elemento che più mi ha divertito nel manga di Kurumada, anche perché i dialoghi non sono mai troppo banali.
Per quanto riguarda la struttura narrativa, anche qui Kurumada non eccelle per originalità stabilendo uno schema molto da videogioco. La serie è divisa in tre archi narrativi e tutti si svolgono intorno allo stesso canovaccio in cui i Bronze Saint devono compiere una corsa contro il tempo per salvare Atena sconfiggendo un nemico diverso per ogni tappa che percorrono. Se la saga di Nettuno risulta una copia, per svolgimento e colpo di scena finale, alla saga del Santuario, l’ultimo arco narrativo, quello di Ade, ha una struttura leggermente più complessa. Infatti qui viene dato maggiore spazio ad Atena e ai Gold Saint che in alcune parti rubano proprio la scena ai classici protagonisti; inoltre ,proprio perché la struttura narrativa non segue lo stesso canovaccio, lo sviluppo della storia ha un ritmo maggiore e più divertente.

In definitiva Saint Seiya è un manga mediocre che si lascia leggere tranquillamente, e che in alcuni punti riesce a divertire e ad appassionare. Secondo me è invecchiato male, nel senso che non so quanto un ragazzo di 13/14 anni possa davvero apprezzarlo, oppure sono io ad essere invecchiato e non riesco più a guardarlo con gli stessi occhi di quando ero un ragazzino.