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Un film che nel suo insieme definirei senza infamia e senza lode. Reinterpreta nel tipico stile Ghibli il genere majokko, ovvero i manga e gli anime dove la protagonista è una bambina dai poteri magici, e ha con sé un piccolo animale parlante come mascotte.

Sul piano grafico è leggermente inferiore rispetto a diversi altri film dello stesso studio, ma rimane comunque ad un buon livello, soprattutto per quanto riguarda i bellissimi sfondi con tinte pastello, tipici dell'animazione giapponese di quegli anni.
Kiki ha un aspetto molto simile a Satsuki dal film "Il mio vicino Totoro", dunque Miyazaki è uno di quegli autori giapponesi che riciclano un pochino il design dei propri personaggi. Tutto sommato ci sta: nel mondo degli anime e dei manga viene creato un numero spropositato di personaggi, e non sempre è facile disegnarne di completamente nuovi.
Le musiche non sono affatto sgradevoli, ma nemmeno particolarmente memorabili.

Per quanto riguarda i contenuti, il succo sta chiaramente nella crescita interiore della maghetta protagonista. Nulla di originale, dato che moltissimi titoli giapponesi sono basati sul percorso di maturazione dei suoi personaggi. Tuttavia, un aspetto molto grazioso e gradito è il parallelo fra pittura e magia che il film opera.
Sono molto simpatici alcuni riferimenti storici, come ad esempio la tragedia del dirigibile Zeppelin.
L'ambientazione ricorda la Svezia. In qualche modo è anche ritratta l'inventiva e creatività tipica del popolo svedese, e anche questo è un aspetto molto simpatico.

Ma per il resto l'ho trovato un lungometraggio abbastanza noiosetto, e con una conclusione non particolarmente significativa. Potrebbe essere divertente guardarlo per spettatori più giovani di me, ma credo che talvolta anche i più giovani potrebbero annoiarsi. Uno dei titoli Ghibli che ho apprezzato di meno, onestamente.