Recensione
Phantom in the Twilight
4.0/10
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Ton e Shinyao sono migliori amiche, si sono incoraggiate e supportate, tanto da affrontare assieme il loro viaggio di studio all’estero, a Londra. Dopo una rapina sconcertante delle loro valigie, Ton userà un potere (?) della bisnonna (lunga memoria nella sua famiglia!) per uscire da un guaio e incontrerà tre belloni, uno per ogni gusto di femmina, uno tenebroso e poco chiacchierone, uno disponibile e laconico e un altro aperto, fisicamente prestante e simpatico, rispettivamente il celebre Vlad Dracula (ah ah ah), Luke il lupo mannaro e Toryu, un’arma vivente nata dal folklore nipponico. La sua povera amica cadrà vittima di rapimento in rapimento e andrà, naturalmente, salvata, mentre tra i belloni che mostrano i muscoli (e il kung fu) e i poteri della bisnonna che rinascono in lei, l’anime diventerà tragicamente comico.
Ho seguito quest’anime con lo scopo di ‘trollarlo’ dall’inizio alla fine. Se nel primo episodio credevo e speravo che mi avrebbe convinta, pur essendo un bishonen, ho scoperto quanto un’opera del genere possa diventare scadente. Io con i bishonen ho un cattivo rapporto, ma questo “pareva” in qualche modo aver sconfitto le mie riserve.
Adesso analizziamo per argomento le critiche principali al “capolavoro”, cercando di non ‘spoilerarlo’ troppo (caso mai aveste voglia di farvi del male o magari vorreste farvi quattro grasse risate e non sapeste cosa guardare).
Le orme della bisnonna
Orbene, chi ha memoria dei bisnonni? A meno che non si tratti di una famiglia che ha tanto di albero genealogico o motivi famigliari importanti per tramandare le informazioni in un tempo così lungo, direi che è quasi impossibile risalire all’ava (tanto più che forse neanche ha potuto generare, la poveraccia, ma in quest’anime tutto è possibile). Pare ci sia un filo invisibile e diritto tra la protagonista e la bisnonna, come se papà, mamma, nonna, parenti altri non esistessero e in famiglia non fosse passata la leggenda dell’ava, di cui lei ha pure l’anello!
Altro che trama nascosta, è tutto un espediente alla luce del sole per far fare a Ton un power-up eccezionale e buttarla in una situazione in cui ci sono già tre bellocci non umani. La situazione poi si fa orrida, se si considera che tra i tre c’era uno di loro che aveva avuto un trasporto affettivo per la bisnonna (e la cosa salta fuori in modo ridicolo).
Ton eredita pure uno studio di documenti che consulta come fosse nulla, anche se sono di cent’anni prima e in una lingua che non è la sua madre. Questa ragazza è un genio! Dichiara di aver capito molto sul mondo invisibile delle “ombre”, ma noi spettatori siamo poveri tapini e non ci verrà mai detto nulla, la vedremo in azione qua e là, usando poteri di cui capiremo l’uso dagli effetti.
Eredita pure un ruolo di manager e nessuno la istruisce su cosa e come fare, finendo in situazioni folli, come quella in cui vogliono propinare un loro conoscente a una creatura davvero mortale. Lui non se la prende e la creatura stessa la prende con filosofia.
I poteri stessi che si risvegliano, a parte provocarle curiosi cambi di capelli, hanno un uso intuitivo, se si riesce ad usarli senza fatica né sforzo al primo colpo. È tutto ridicolmente facile. Gli effetti collaterali del loro uso, poi, “devastanti” la prima volta, poi non ci sono più.
Non uno, non due, ma tre! No, quattro!
Ogni bishonen che si rispetti deve offrire una scelta al pubblico femminile, così ecco tre maschietti, uno alto e tenebroso (Vlad), uno silenzioso e gentile (Toryu) e l’altro vivace e muscolato (Luke).
Vorrei dire che come trama ha fallito ma come bishonen ha fatto colpo, in realtà non posso.
A parte scene patetiche di lei allettata con loro a farle visita e “insidiarla”, non c’è mai un momento vero di “scelta” per la protagonista. Nessuno fa davvero breccia, a meno che non lo faccia da amico (come lei dichiara candidamente che sono). Nessuno litiga per lei (sono tutti buoni amici da cent’anni! E tutti scapoli in attesa del suo arrivo!).
La stessa scelta non fa nulla di più degli altri per farsi amare, anzi è incredibile che in un certo episodio, di punto in bianco, cominciano a parlare dell’ava e dei sentimenti di lui. Ventilano la possibilità che lui abbia un debole pure per Ton e, quando si dichiara, lo fa in un momento della battaglia sbagliato e assurdo, forse perché in primis non è mai stato creato il momento adeguato, sprecando tempo su tempo.
Personaggino felice e innocente è il nostro Wayne, messo lì per ‘pucciosità’ ma pure per utilità! A parte essere carinissimo, è un ottimo deus ex machina e metà della trama, senza la sua presenza, non può procedere. Non gli hanno affidato alcun ruolo sentimentale, ma come tappabuco salva situazione è più che ottimo!
Il background di questi personaggi è quasi inesistente, citato alla velocità della luce e mai approfondito. Ton è la protagonista indiscussa insieme all’amica, ma del loro passato non emerge nulla.
Le informazioni emergono a (pochi) spizzichi e bocconi da dialoghi pilotati e accompagnati tra personaggi che pare recitino una paginetta tra botta e risposta.
Love is in the Air… L’amica e il lupetto ribelle
Se devo spezzare una lancia per quest’opera, devo dire che è stata originale nel trattare il tema dell’amicizia che “vince” sull’amore.
Il rapporto di “sorellanza” tra Ton e Shinyao diventa pesante, tedioso e indigeribile. Ton pensa sempre a salvare l’amica, ma lo fa con lo spirito del “tanto è al sicuro” (se è con Chris) e “va assolutamente salvata”, se c’è lo zampino dei cattivi. Per colpa del tiramolla amica-amica si perde tempo e non si riescono ad inserire buone occasioni romantiche. Tutto corre troppo veloce, anche se la relazione d’affetto è uno a uno, come quella di Shinyao e Chris.
Chris è il fratello di Luke, un ribelle che “salva” Shinyao (mai stupita del mondo delle ombre con cui si trova a interfacciarsi) e comincia una curiosa sindrome di Stoccolma che scivola in un amorino all’acqua di rose senza dichiarazioni chiare, ma con commenti di supporto e partecipazione di chi li conosce. Non è una storia d’amore credibile, ma così artificiale e costruita che nemmeno ha un finale “completo”. Chris, poi, è quel personaggino detestabile che non si lascia definire, perché ribelle ad oltranza, attaccabrighe e laconico fino alla morte. In un universo parallelo avrebbe i suoi buoni pregi, ma qui è solo quell’elemento di comodo (tanto, dicono, con lui la ragazza è al sicuro e pure lui è al sicuro, perché ha un motivo per vivere... e se lo ammazzano lo stesso?) e di disturbo allo stesso tempo. Gli stessi punti di distacco tra Luke e Chris vengono citati rapidissimamente, per cadere nel dimenticatoio.
Gli stessi poteri d’amica sono ridicoli, perché non si sa da dove vengano. Forse sono tutti parenti dell’ava e chiusa bottega, come vuole suggerirci saggiamente quest’anime. Lo sviluppo del suo potenziale con tanto di lunghe mani nere di fumo e ali nerissime come l’abito fa ridere i polli, perché non ha un minimo di pathos o di spiegazione quantomeno logica (secondo l’ambiente delle ombre). È tutto un espediente, originale sì, ma mal trattato, per dare corpo a un anime altrimenti caratterizzato da una lei e tre maschietti.
Non chiedete i cari vecchi villain
Quest’anime fa lo sforzo di creare non uno, non due, ma tre antagonisti. Per dodici episodi è molto, ma purtroppo si creano dinamiche curiose e divertenti che non starò a ‘spoilerare’. Mi limiterò ad accennare.
Van Helsing è una barzelletta vivente, a cominciare dalle curiose sopracciglia. Si presenta, chiacchiera in un dialogo informativo pilotatissimo, fa il diavolo a quattro, ha una resistenza disumana e doti fisiche invidiabili (ma è umano!), ma can che abbaia non morde. Vero? Lo scoprirete voi, se vorrete.
Backup, o supporto, è un protagonista il cui nome mai appare ma è un gran rompiscatole. È un cattivo smanettone, che s’intende di tecnologia e sviluppo del virtuale. È talmente originale che è una mosca bianca, e malgrado il suo ruolo un po’ gramo (la sua morte poi...), si rende utile davvero allo sviluppo della trama, valorizzando l’elemento tecnologico che trova un posto tutto sommato non così tanto sbagliato in un anime volto al soprannaturale.
Ultimo cattivo dalla dieta assai originale è Haysin, l’unico che pretende di avere l’autentica aura del cattivo. Ha poteri sovrannaturali ed è quello meglio caratterizzato, con un background segnato meglio. Purtroppo chiacchiera troppo in quest’anime, e per quanto, nella classifica dei tre cattivi, faccia la parte del leone, fa una fine tristemente patetica.
Piovono polpette, ops, critiche, anche sul finale
Critiche di natura generale si legano all’economia di tempo della trama, come il fatto che i personaggi non si cambiano mai d’abito o che nessuno s’insospettisce del loro aspetto sempre identico, anche se alcuni di loro sono camerieri da una vita in un locale ben in vista.
I personaggi, poi, quattro gatti in una situazione più grande di loro, paiono pure troppi per questo anime! Col risultato che vengono davvero mal gestiti e hanno un pessimo tempismo per aprirsi, al punto che lo fanno pure male nella battaglia finale.
Dopo i primi sfoltimenti, finisce con il creare l’occasione dello scontro tra Shinyao e Ton, mentre i maschietti (alcuni a petto nudo, ma va’!) trovano un avversario sufficientemente capace di tenerli occupati quel poco che basta da garantire a Ton il palcoscenico. I cattivi ripiegano, ciascuno a modo suo, c’è chi ce la fa, chi no, collezionando una sconfitta quantomeno tapina della serie “te la sei cercata ad usare l’arma che hai usato”.
E finalmente le due amiche si scontrano, ma no, non possono, Shinyao va comunque salvata, pure se tenta di farli a fette. E l’espediente gentile per fermarla c’è, ci pensa Vlad, caro, mentre lascia a Ton la parte della ‘ramba’ della situazione, giusto come un contentino. Tanto rumore per nulla. E tutto quel parlare di guerra e catastrofi si risolve con quattro gatti che si accapigliano.
E se non bastasse questo finale di una disarmante chiarezza, la chiusa finale è pure peggio. L’attesa sarebbe diversa, ma quello che attende lo spettatore è un colpo a sorpresa inutile e di una piattezza disarmante, sia dal lato romance che da quello più soprannaturale. Sembra di guardare un episodio di “Casa Vianello”, in cui durante il giorno succede di tutto e la sera, prima di andare a dormire, la straordinaria Sandra dichiara: “Che barba, che noia! Qui non succede mai niente. Sempre te, te e io... Boh, allora, buonanotte!”
Musiche e grafica
Molto belli i fondali di una Londra misteriosa con il suo fiume e le sue ombre. Il chara design ha momenti di grande ispirazione nelle protagoniste femminili, ma nei maschietti è alquanto altalenante. I capelli di Chris fanno piangere, sembrano una parrucca. Le musiche sono gradevoli ma non memorabili.
L’opening è orecchiabile, con un bel gioco di trama nascosta e personaggi. A vederla, pareva più interessante e di azione rispetto a quello che è.
L’ending è lamentosa ma orecchiabile, se non fosse che ripropone l’amicizia forte forte tra le due protagoniste in una maniera così “dolciosa” da stomacarsi.
Conclusione
Concludendo, sono partita sperando fosse un bishonen quantomeno tollerabile, ma, a parte gli elementi di novità legati all’uso della tecnologia e al valore preminente dato all’amicizia piuttosto che all’amore, con il coraggioso inserimento di tre antagonisti, si è rivelato un ottimo anime da ‘trollare’.
In fin dei conti, tra una trama improbabile che non voleva decollare, ma andava spedita dove voleva, personaggi piatti, uno sviluppo opinabile e un finale debole come tutto il resto, non si salva proprio nulla.
Ton e Shinyao sono migliori amiche, si sono incoraggiate e supportate, tanto da affrontare assieme il loro viaggio di studio all’estero, a Londra. Dopo una rapina sconcertante delle loro valigie, Ton userà un potere (?) della bisnonna (lunga memoria nella sua famiglia!) per uscire da un guaio e incontrerà tre belloni, uno per ogni gusto di femmina, uno tenebroso e poco chiacchierone, uno disponibile e laconico e un altro aperto, fisicamente prestante e simpatico, rispettivamente il celebre Vlad Dracula (ah ah ah), Luke il lupo mannaro e Toryu, un’arma vivente nata dal folklore nipponico. La sua povera amica cadrà vittima di rapimento in rapimento e andrà, naturalmente, salvata, mentre tra i belloni che mostrano i muscoli (e il kung fu) e i poteri della bisnonna che rinascono in lei, l’anime diventerà tragicamente comico.
Ho seguito quest’anime con lo scopo di ‘trollarlo’ dall’inizio alla fine. Se nel primo episodio credevo e speravo che mi avrebbe convinta, pur essendo un bishonen, ho scoperto quanto un’opera del genere possa diventare scadente. Io con i bishonen ho un cattivo rapporto, ma questo “pareva” in qualche modo aver sconfitto le mie riserve.
Adesso analizziamo per argomento le critiche principali al “capolavoro”, cercando di non ‘spoilerarlo’ troppo (caso mai aveste voglia di farvi del male o magari vorreste farvi quattro grasse risate e non sapeste cosa guardare).
Le orme della bisnonna
Orbene, chi ha memoria dei bisnonni? A meno che non si tratti di una famiglia che ha tanto di albero genealogico o motivi famigliari importanti per tramandare le informazioni in un tempo così lungo, direi che è quasi impossibile risalire all’ava (tanto più che forse neanche ha potuto generare, la poveraccia, ma in quest’anime tutto è possibile). Pare ci sia un filo invisibile e diritto tra la protagonista e la bisnonna, come se papà, mamma, nonna, parenti altri non esistessero e in famiglia non fosse passata la leggenda dell’ava, di cui lei ha pure l’anello!
Altro che trama nascosta, è tutto un espediente alla luce del sole per far fare a Ton un power-up eccezionale e buttarla in una situazione in cui ci sono già tre bellocci non umani. La situazione poi si fa orrida, se si considera che tra i tre c’era uno di loro che aveva avuto un trasporto affettivo per la bisnonna (e la cosa salta fuori in modo ridicolo).
Ton eredita pure uno studio di documenti che consulta come fosse nulla, anche se sono di cent’anni prima e in una lingua che non è la sua madre. Questa ragazza è un genio! Dichiara di aver capito molto sul mondo invisibile delle “ombre”, ma noi spettatori siamo poveri tapini e non ci verrà mai detto nulla, la vedremo in azione qua e là, usando poteri di cui capiremo l’uso dagli effetti.
Eredita pure un ruolo di manager e nessuno la istruisce su cosa e come fare, finendo in situazioni folli, come quella in cui vogliono propinare un loro conoscente a una creatura davvero mortale. Lui non se la prende e la creatura stessa la prende con filosofia.
I poteri stessi che si risvegliano, a parte provocarle curiosi cambi di capelli, hanno un uso intuitivo, se si riesce ad usarli senza fatica né sforzo al primo colpo. È tutto ridicolmente facile. Gli effetti collaterali del loro uso, poi, “devastanti” la prima volta, poi non ci sono più.
Non uno, non due, ma tre! No, quattro!
Ogni bishonen che si rispetti deve offrire una scelta al pubblico femminile, così ecco tre maschietti, uno alto e tenebroso (Vlad), uno silenzioso e gentile (Toryu) e l’altro vivace e muscolato (Luke).
Vorrei dire che come trama ha fallito ma come bishonen ha fatto colpo, in realtà non posso.
A parte scene patetiche di lei allettata con loro a farle visita e “insidiarla”, non c’è mai un momento vero di “scelta” per la protagonista. Nessuno fa davvero breccia, a meno che non lo faccia da amico (come lei dichiara candidamente che sono). Nessuno litiga per lei (sono tutti buoni amici da cent’anni! E tutti scapoli in attesa del suo arrivo!).
La stessa scelta non fa nulla di più degli altri per farsi amare, anzi è incredibile che in un certo episodio, di punto in bianco, cominciano a parlare dell’ava e dei sentimenti di lui. Ventilano la possibilità che lui abbia un debole pure per Ton e, quando si dichiara, lo fa in un momento della battaglia sbagliato e assurdo, forse perché in primis non è mai stato creato il momento adeguato, sprecando tempo su tempo.
Personaggino felice e innocente è il nostro Wayne, messo lì per ‘pucciosità’ ma pure per utilità! A parte essere carinissimo, è un ottimo deus ex machina e metà della trama, senza la sua presenza, non può procedere. Non gli hanno affidato alcun ruolo sentimentale, ma come tappabuco salva situazione è più che ottimo!
Il background di questi personaggi è quasi inesistente, citato alla velocità della luce e mai approfondito. Ton è la protagonista indiscussa insieme all’amica, ma del loro passato non emerge nulla.
Le informazioni emergono a (pochi) spizzichi e bocconi da dialoghi pilotati e accompagnati tra personaggi che pare recitino una paginetta tra botta e risposta.
Love is in the Air… L’amica e il lupetto ribelle
Se devo spezzare una lancia per quest’opera, devo dire che è stata originale nel trattare il tema dell’amicizia che “vince” sull’amore.
Il rapporto di “sorellanza” tra Ton e Shinyao diventa pesante, tedioso e indigeribile. Ton pensa sempre a salvare l’amica, ma lo fa con lo spirito del “tanto è al sicuro” (se è con Chris) e “va assolutamente salvata”, se c’è lo zampino dei cattivi. Per colpa del tiramolla amica-amica si perde tempo e non si riescono ad inserire buone occasioni romantiche. Tutto corre troppo veloce, anche se la relazione d’affetto è uno a uno, come quella di Shinyao e Chris.
Chris è il fratello di Luke, un ribelle che “salva” Shinyao (mai stupita del mondo delle ombre con cui si trova a interfacciarsi) e comincia una curiosa sindrome di Stoccolma che scivola in un amorino all’acqua di rose senza dichiarazioni chiare, ma con commenti di supporto e partecipazione di chi li conosce. Non è una storia d’amore credibile, ma così artificiale e costruita che nemmeno ha un finale “completo”. Chris, poi, è quel personaggino detestabile che non si lascia definire, perché ribelle ad oltranza, attaccabrighe e laconico fino alla morte. In un universo parallelo avrebbe i suoi buoni pregi, ma qui è solo quell’elemento di comodo (tanto, dicono, con lui la ragazza è al sicuro e pure lui è al sicuro, perché ha un motivo per vivere... e se lo ammazzano lo stesso?) e di disturbo allo stesso tempo. Gli stessi punti di distacco tra Luke e Chris vengono citati rapidissimamente, per cadere nel dimenticatoio.
Gli stessi poteri d’amica sono ridicoli, perché non si sa da dove vengano. Forse sono tutti parenti dell’ava e chiusa bottega, come vuole suggerirci saggiamente quest’anime. Lo sviluppo del suo potenziale con tanto di lunghe mani nere di fumo e ali nerissime come l’abito fa ridere i polli, perché non ha un minimo di pathos o di spiegazione quantomeno logica (secondo l’ambiente delle ombre). È tutto un espediente, originale sì, ma mal trattato, per dare corpo a un anime altrimenti caratterizzato da una lei e tre maschietti.
Non chiedete i cari vecchi villain
Quest’anime fa lo sforzo di creare non uno, non due, ma tre antagonisti. Per dodici episodi è molto, ma purtroppo si creano dinamiche curiose e divertenti che non starò a ‘spoilerare’. Mi limiterò ad accennare.
Van Helsing è una barzelletta vivente, a cominciare dalle curiose sopracciglia. Si presenta, chiacchiera in un dialogo informativo pilotatissimo, fa il diavolo a quattro, ha una resistenza disumana e doti fisiche invidiabili (ma è umano!), ma can che abbaia non morde. Vero? Lo scoprirete voi, se vorrete.
Backup, o supporto, è un protagonista il cui nome mai appare ma è un gran rompiscatole. È un cattivo smanettone, che s’intende di tecnologia e sviluppo del virtuale. È talmente originale che è una mosca bianca, e malgrado il suo ruolo un po’ gramo (la sua morte poi...), si rende utile davvero allo sviluppo della trama, valorizzando l’elemento tecnologico che trova un posto tutto sommato non così tanto sbagliato in un anime volto al soprannaturale.
Ultimo cattivo dalla dieta assai originale è Haysin, l’unico che pretende di avere l’autentica aura del cattivo. Ha poteri sovrannaturali ed è quello meglio caratterizzato, con un background segnato meglio. Purtroppo chiacchiera troppo in quest’anime, e per quanto, nella classifica dei tre cattivi, faccia la parte del leone, fa una fine tristemente patetica.
Piovono polpette, ops, critiche, anche sul finale
Critiche di natura generale si legano all’economia di tempo della trama, come il fatto che i personaggi non si cambiano mai d’abito o che nessuno s’insospettisce del loro aspetto sempre identico, anche se alcuni di loro sono camerieri da una vita in un locale ben in vista.
I personaggi, poi, quattro gatti in una situazione più grande di loro, paiono pure troppi per questo anime! Col risultato che vengono davvero mal gestiti e hanno un pessimo tempismo per aprirsi, al punto che lo fanno pure male nella battaglia finale.
Dopo i primi sfoltimenti, finisce con il creare l’occasione dello scontro tra Shinyao e Ton, mentre i maschietti (alcuni a petto nudo, ma va’!) trovano un avversario sufficientemente capace di tenerli occupati quel poco che basta da garantire a Ton il palcoscenico. I cattivi ripiegano, ciascuno a modo suo, c’è chi ce la fa, chi no, collezionando una sconfitta quantomeno tapina della serie “te la sei cercata ad usare l’arma che hai usato”.
E finalmente le due amiche si scontrano, ma no, non possono, Shinyao va comunque salvata, pure se tenta di farli a fette. E l’espediente gentile per fermarla c’è, ci pensa Vlad, caro, mentre lascia a Ton la parte della ‘ramba’ della situazione, giusto come un contentino. Tanto rumore per nulla. E tutto quel parlare di guerra e catastrofi si risolve con quattro gatti che si accapigliano.
E se non bastasse questo finale di una disarmante chiarezza, la chiusa finale è pure peggio. L’attesa sarebbe diversa, ma quello che attende lo spettatore è un colpo a sorpresa inutile e di una piattezza disarmante, sia dal lato romance che da quello più soprannaturale. Sembra di guardare un episodio di “Casa Vianello”, in cui durante il giorno succede di tutto e la sera, prima di andare a dormire, la straordinaria Sandra dichiara: “Che barba, che noia! Qui non succede mai niente. Sempre te, te e io... Boh, allora, buonanotte!”
Musiche e grafica
Molto belli i fondali di una Londra misteriosa con il suo fiume e le sue ombre. Il chara design ha momenti di grande ispirazione nelle protagoniste femminili, ma nei maschietti è alquanto altalenante. I capelli di Chris fanno piangere, sembrano una parrucca. Le musiche sono gradevoli ma non memorabili.
L’opening è orecchiabile, con un bel gioco di trama nascosta e personaggi. A vederla, pareva più interessante e di azione rispetto a quello che è.
L’ending è lamentosa ma orecchiabile, se non fosse che ripropone l’amicizia forte forte tra le due protagoniste in una maniera così “dolciosa” da stomacarsi.
Conclusione
Concludendo, sono partita sperando fosse un bishonen quantomeno tollerabile, ma, a parte gli elementi di novità legati all’uso della tecnologia e al valore preminente dato all’amicizia piuttosto che all’amore, con il coraggioso inserimento di tre antagonisti, si è rivelato un ottimo anime da ‘trollare’.
In fin dei conti, tra una trama improbabile che non voleva decollare, ma andava spedita dove voleva, personaggi piatti, uno sviluppo opinabile e un finale debole come tutto il resto, non si salva proprio nulla.