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Titolo: Magi: The Labyrinth of Magic
Autrice: Shinobu Ōhtaka

Mi scuso in anticipo per il wall of text, ma tant'è.

A mio avviso, ci sono battle shōnen e battle shōnen. Alcuni di essi sono solamente un miscuglio mal riuscito di opere già esistenti e che quindi non apportano nulla di nuovo al genere (e anzi, lo rendono stagnante), altri invece si pongono l'obiettivo di svecchiare completamente la formula ricostruendola da zero. Bene, a quest'ultima categoria appartiene Magi: The Labyrinth of Magic, che è a mio modestissimo avviso il punto più alto mai raggiunto dal battle shōnen (e forse esagero, ma azzarderei dire anche dallo shōnen in generale). "E perché?", vi starete chiedendo. Il motivo è presto detto, ma un'opera del genere va analizzata in maniera estremamente minuziosa, per cui suddividerò l'analisi in tre parti fondamentali: "storia", "personaggi" e "tematiche" (ovviamente non farò spoiler).

Storia: molto banalmente potrei limitarmi ad affermare che Magi sia una semplice riproposizione in salsa giapponese delle novelle arabe contenute all'interno delle Mille e una Notte. Tuttavia, affermare ciò sarebbe la cosa più sbagliata e terribilmente superficiale che si possa fare: se è vero che l'autrice si è palesemente ispirata alla famosa raccolta di novelle (prova ne sono le ambientazioni arabeggianti, i nomi di alcuni personaggi (ad esempio abbiamo Aladdin, Alibaba e Sindbad) e il loro ruolo all'interno della storia), l'obiettivo di Magi è raccontare altro. Il suo obiettivo è quello di raccontare la storia di un mondo perennemente in guerra e di raccontare soprattutto l'odio verso quest'ultima (non esagero se dico che l'odio per la guerra è palpabile in ogni vignetta e in ogni tavola). La sceneggiatura imbastita dalla Ōhtaka è di una maniacalità impressionante: in 37 volumi di narrazione non si avvertono mai incongruenze o errori, poiché la storia è frutto di un approfondito studio da parte dell'autrice avvenuto ancor prima di iniziare la serializzazione (nel corso della storia infatti vi sono anche numerosi foreshadowing che a una seconda lettura vi faranno letteralmente venire i brividi). Non parlo neanche del world-building, perché quello rasenta seriamente la perfezione: la Ōhtaka è riuscita a creare un mondo vivo completamente da zero, con paesi ispirati a nazioni realmente esistenti ognuno con le proprie culture e tradizioni. Peccato per una brusca accelerata avvenuta durante le fasi finali (l'autrice fu costretta a chiudere velocemente l'opera per via delle vendite non proprio stellari), ma a mio avviso non è una cosa che intacca la grandezza dell'opera nel complesso.

Personaggi: la perfezione assoluta. Il miglior cast di personaggi che abbia mai visto in un prodotto su carta, e anche uno dei miei cast preferiti in generale. Ogni personaggio è messo sullo stesso piano, e ognuno ha la sua rilevanza all'interno della storia. Aladdin, difatti, è il protagonista solamente sulla carta: ogni personaggio è il protagonista di Magi, a modo suo. Provate a togliere anche un solo personaggio dalla storia e vi renderete conto di quanto la Ōhtaka sia stata eccezionale nell'incastrare ogni personaggio al punto giusto. Ovviamente non basta solamente dare importanza a tutti i personaggi per creare un buon cast, ma l'autrice è stata capace di fare questo e anche di più. I personaggi di Magi sono indimenticabili, poiché una volta entrati a contatto con loro è praticamente impossibile dimenticarsene. Abbiamo Aladdin, che parte dall'essere un semplice bambino (anche abbastanza scemo in realtà, come da tradizione per i battle shōnen) fino ad arrivare ad accrescere la sua visione del mondo grazie ai numerosi viaggi che ha compiuto; abbiamo Alibaba, la cui backstory con Kashim è probabilmente una delle più belle che abbia mai letto; abbiamo Morgiana, una schiava che dopo essere stata liberata inizierà a provare un fortissimo senso di gratitudine nei confronti dei suoi salvatori; e infine abbiamo Sindbad, personaggio sul quale non mi esprimo perché altrimenti farei spoiler pesantissimi, ma sappiate che è probabilmente il personaggio migliore dell'opera. Infine, la cosa che più ho amato dei personaggi di Magi è la loro coerenza: il motto dell'opera è sostanzialmente "Agire in maniera coerente con i propri pensieri", e beh, è letteralmente quello che fa qualsiasi personaggio dell'opera : )

Tematiche: l'opera (PER FORTUNA) tratta molte tematiche quasi del tutto estranee ai battle shōnen più comuni. Intendiamoci: il tema dell'amicizia viene trattato anche qui (ed è presente anche in maniera abbastanza preponderante), ma a mio parere le tematiche che hanno reso straordinaria quest'opera sono ben altre. Vengono trattate infatti tematiche come la schiavitù, la politica, l'economia, il commercio e il destino, che andranno poi a sfociare ben presto nell'iconografia religiosa per spiegarci l'insensatezza del razzismo e per farci capire che l'uomo è un essere imperfetto, che in base alle sue azioni può migliorare (e quindi migliorare il suo status, ma non raggiungere la perfezione) o peggiorare. Bellissimo inoltre come la Ōhtaka, durante l'opera, fornisca continuamente al lettore nuovi interrogativi: "È meglio una monarchia o una repubblica?", "Dobbiamo per forza affidarci a un re oppure possiamo anche cavarcela da soli?", "Perché bisogna morire?" e tantissime altre. La Ōhtaka vi fornirà le sue risposte durante il corso della storia, ma poi spetterà a voi dare una vostra risposta personale. Difatti Magi è proprio questo: un invito a ragionare e ad avere una propria opinione senza farsi influenzare dai giudizi degli altri.

Well, mi scuso di nuovo per il wall of text, ma per un'opera simile era doveroso. Spero di aver interessato almeno qualcuno :^