Recensione
Asura
8.5/10
"Asura" è una serie Netlix con la regia di Hirokazu Kore'eda (Vincitore della Palma d’oro al Festival di Cannes con “Un affare di famiglia” del 2018) che si ispira al romanzo “Ashura no Gotoku” scritto da Kuniko Mukoda nel 1979.
Essendo suscettibile al fascino della cultura giapponese, non potevo sottrarmi alla visione di questa serie che regala una vera e propria immersione nella cultura nipponica, entrando nell’intimità di una famiglia di Tokyo dove i riti, gli usi e i costumi, tra tradizione e contemporaneità, fanno da sfondo alla quotidianità familiare.
La serie, ambientata a cavallo tra gli Anni ’70 e ’80, racconta la storia della famiglia Takezawa che viene sconvolta da una sconcertante scoperta: l’anziano capo famiglia ha una relazione extraconiugale da almeno 7 anni e la sua amante ha un figlio di 12 anni che lo chiama “papà”…
L’opera prende spunto da questa vicenda familiare e dalle dinamiche che ne scaturiscono per sondare il complesso mondo delle relazioni tra i componenti della famiglia, ma anche (e soprattutto) per esplorare l’universo femminile in un contesto storico e culturale caratterizzato da un modello di società patriarcale che imponeva alle donne, mogli e madri, il silenzio e il sacrificio per mantenere l’armonia familiare.
Le vere protagoniste sono infatti le quattro sorelle Takezawa, con visioni e stili di vita completamente diversi tra loro : Makiko, moglie e madre di famiglia; Tsunako, insegnante di ikebana, vedova e amante di un uomo sposato; Takiko, bibliotecaria single e repressa; Sakiko, cameriera in un ristorante, legata a un giovane pugile in cerca di successo.
La notizia del tradimento del loro anziano padre diventa occasione di incontro, di confronto e scontro tra le quattro sorelle, con un’inarrestabile effetto domino che porterà a galla i loro pensieri più intimi e segreti, le emozioni represse, le aspirazioni soffocate da un contesto culturale che impone innanzitutto il rispetto delle convenzioni sociali.
Il tradimento è un po' il "fil rouge" di tutta l’opera ed è un’esperienza con cui tutte le quatto protagoniste, in un modo o in un altro, subendola o mettendola in atto, si troveranno a misurarsi. Ognuna di loro si troverà costretta a fare i conti con sé stessa, ad affrontare i propri limiti o i propri fallimenti, a rimettere in discussione le priorità della vita, a rivalutare l’importanza delle relazioni familiari ed affettive e, soprattutto, a domandarsi se “Tirare avanti senza creare problemi rende davvero le donne felici”.
Legato al tema del tradimento è quello dell’ “incomunicabilità” fra uomo e donna, su cui i protagonisti si troveranno più volte a riflettere ed ad interrogarsi.
Le donne sono come gli “Asura” affermerà alla fine Takao, il marito di Makiko, osservando le quattro sorelle insieme.
"Asura" è il titolo della serie e si riferisce al nome di antiche entità della mitologia indiana, complesse ed ambigue, che oscillano tra il ruolo di divinità benefiche e virtuose e quello di demoni ostili e sprezzanti. Entità misteriose ed incomprensibili agli uomini, proprio come lo sono le donne di cui non riusciranno mai a comprenderne la natura fino in fondo.
In definitiva, la serie mi ha colpito per la capacità introspettiva e la particolare sensibilità nel tratteggiare il vissuto e i sentimenti umani, con realismo e senza cadere nel melodramma.
Con quel senso estetico tipicamente orientale, la serie riesce a bilanciare in maniera brillante e raffinata i momenti di pura commedia, a tratti divertente ed ironica, con i momenti più drammatici e toccanti, anche grazie all’eccellente performance delle attrici che interpretano le quattro sorelle.
Tuttavia, se vogliamo trovare un difetto, a mio avviso la ricerca di una rappresentazione più realistica possibile delle dinamiche familiari porta ad indugiare eccessivamente sulle scene di vita quotidiana (i pettegolezzi tra sorelle, gli scambi tra coniugi per gestire la casa e i figli, i preparativi di un pasto in famiglia) rendendo molto lento il ritmo del racconto e assumendo, a tratti, uno stile “soap-opera”.
Per quanto riguarda la componente musicale, ho particolarmente apprezzato l'opening, accattivante e di impatto sonoro e visivo.
Per concludere, nel complesso è una serie che non delude, che coinvolge ed emoziona, che riesce a toccare tutte le corde dell’animo umano, permettendo allo spettatore - a prescindere dal sesso, età e collocazione geografica - di entrare in empatia con i personaggi e di potersi, almeno in parte, riconoscere o immedesimare.
Essendo suscettibile al fascino della cultura giapponese, non potevo sottrarmi alla visione di questa serie che regala una vera e propria immersione nella cultura nipponica, entrando nell’intimità di una famiglia di Tokyo dove i riti, gli usi e i costumi, tra tradizione e contemporaneità, fanno da sfondo alla quotidianità familiare.
La serie, ambientata a cavallo tra gli Anni ’70 e ’80, racconta la storia della famiglia Takezawa che viene sconvolta da una sconcertante scoperta: l’anziano capo famiglia ha una relazione extraconiugale da almeno 7 anni e la sua amante ha un figlio di 12 anni che lo chiama “papà”…
L’opera prende spunto da questa vicenda familiare e dalle dinamiche che ne scaturiscono per sondare il complesso mondo delle relazioni tra i componenti della famiglia, ma anche (e soprattutto) per esplorare l’universo femminile in un contesto storico e culturale caratterizzato da un modello di società patriarcale che imponeva alle donne, mogli e madri, il silenzio e il sacrificio per mantenere l’armonia familiare.
Le vere protagoniste sono infatti le quattro sorelle Takezawa, con visioni e stili di vita completamente diversi tra loro : Makiko, moglie e madre di famiglia; Tsunako, insegnante di ikebana, vedova e amante di un uomo sposato; Takiko, bibliotecaria single e repressa; Sakiko, cameriera in un ristorante, legata a un giovane pugile in cerca di successo.
La notizia del tradimento del loro anziano padre diventa occasione di incontro, di confronto e scontro tra le quattro sorelle, con un’inarrestabile effetto domino che porterà a galla i loro pensieri più intimi e segreti, le emozioni represse, le aspirazioni soffocate da un contesto culturale che impone innanzitutto il rispetto delle convenzioni sociali.
Il tradimento è un po' il "fil rouge" di tutta l’opera ed è un’esperienza con cui tutte le quatto protagoniste, in un modo o in un altro, subendola o mettendola in atto, si troveranno a misurarsi. Ognuna di loro si troverà costretta a fare i conti con sé stessa, ad affrontare i propri limiti o i propri fallimenti, a rimettere in discussione le priorità della vita, a rivalutare l’importanza delle relazioni familiari ed affettive e, soprattutto, a domandarsi se “Tirare avanti senza creare problemi rende davvero le donne felici”.
Legato al tema del tradimento è quello dell’ “incomunicabilità” fra uomo e donna, su cui i protagonisti si troveranno più volte a riflettere ed ad interrogarsi.
Le donne sono come gli “Asura” affermerà alla fine Takao, il marito di Makiko, osservando le quattro sorelle insieme.
"Asura" è il titolo della serie e si riferisce al nome di antiche entità della mitologia indiana, complesse ed ambigue, che oscillano tra il ruolo di divinità benefiche e virtuose e quello di demoni ostili e sprezzanti. Entità misteriose ed incomprensibili agli uomini, proprio come lo sono le donne di cui non riusciranno mai a comprenderne la natura fino in fondo.
In definitiva, la serie mi ha colpito per la capacità introspettiva e la particolare sensibilità nel tratteggiare il vissuto e i sentimenti umani, con realismo e senza cadere nel melodramma.
Con quel senso estetico tipicamente orientale, la serie riesce a bilanciare in maniera brillante e raffinata i momenti di pura commedia, a tratti divertente ed ironica, con i momenti più drammatici e toccanti, anche grazie all’eccellente performance delle attrici che interpretano le quattro sorelle.
Tuttavia, se vogliamo trovare un difetto, a mio avviso la ricerca di una rappresentazione più realistica possibile delle dinamiche familiari porta ad indugiare eccessivamente sulle scene di vita quotidiana (i pettegolezzi tra sorelle, gli scambi tra coniugi per gestire la casa e i figli, i preparativi di un pasto in famiglia) rendendo molto lento il ritmo del racconto e assumendo, a tratti, uno stile “soap-opera”.
Per quanto riguarda la componente musicale, ho particolarmente apprezzato l'opening, accattivante e di impatto sonoro e visivo.
Per concludere, nel complesso è una serie che non delude, che coinvolge ed emoziona, che riesce a toccare tutte le corde dell’animo umano, permettendo allo spettatore - a prescindere dal sesso, età e collocazione geografica - di entrare in empatia con i personaggi e di potersi, almeno in parte, riconoscere o immedesimare.
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