Recensione
Sayonara Zetsubou Sensei
6.0/10
Certo che la classe scolastica in cui insegna il protagonista è piena di casi umani: a cominciare dal professore stesso, passando per tutti gli alunni, non ce n'è uno che sia normale. Non è sempre semplice seguire le improvvise accelerazioni mentali (incontrollate) di un insegnate che, probabilmente, soffre di un disturbo depressivo bipolare. E neanche leggere i continui riquadri scritti che compaiono sullo schermo (non so come si possano chiamare tecnicamente, ammesso che abbiano un nome proprio), che, talvolta, sembrano buttati lì a casaccio (ed io che metto in pausa per leggerli!). Caratteristica, questa, che mi irrita non poco, poiché rende frammentata la visione - tra l'altro presente anche in altri lavori, come ad esempio "Bakemonogatari".
In effetti gli episodi nascono attorno a un'idea, un concetto, una massima, che traggono origine dal costrutto mentale del nostro professore, il tutto condito da un tipo di umorismo che francamente mi pare un po' troppo giapponese per essere ben compreso da un non-nipponico. Divertente sì, ma con un certo impegno da parte dello spettatore.
Tecnicamente parlando, mi è piaciuto il tratto grafico originale, anche se le animazioni sono ridotte al minimo, con una staticità delle immagini non sempre, a mio parere, giustificata.
In conclusione, più luci che ombre in quest'opera. Ma, visto che qualche risata me l'ha strappata, assegno una sufficienza.
In effetti gli episodi nascono attorno a un'idea, un concetto, una massima, che traggono origine dal costrutto mentale del nostro professore, il tutto condito da un tipo di umorismo che francamente mi pare un po' troppo giapponese per essere ben compreso da un non-nipponico. Divertente sì, ma con un certo impegno da parte dello spettatore.
Tecnicamente parlando, mi è piaciuto il tratto grafico originale, anche se le animazioni sono ridotte al minimo, con una staticità delle immagini non sempre, a mio parere, giustificata.
In conclusione, più luci che ombre in quest'opera. Ma, visto che qualche risata me l'ha strappata, assegno una sufficienza.