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9.0/10
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"Mononoke" è lo spin-off di "Ayakashi: Japanese Classic Horror" nel cui terzo e ultimo arco narrativo appare il Kusuriuri, sulla cui figura e attività verterà tutta la serie. La serie consta di cinque archi narrativi in cui il Kusuriuri affronta ed esorcizza i mononoke, ovvero ayakashi che, nutrendosi dei sentimenti negativi umani come l'odio o la vendetta, si trasformano in mononoke (mostri) che portano sventura e morte.

Personaggio principale e fisso della serie è il Kusuriuri, il farmacista nonché venditore ambulante di medicine e intrugli nonché esorcista, la cui figura è totalmente avvolta nel mistero e attrae per il suo fascino freddo e deciso. Trattandosi di una serie ad archi autoconclusivi, tutti gli altri personaggi cambiano di volta in volta, tranne Kayo già vista in "Ayakashi J.C.H". Mi limiterò dunque ad esaminare il protagonista cercando di portare un po' di luce, svelando qualche retroscena, nel fitto mistero che lo avvolge.

Chi è dunque il Kusuriuri o piuttosto cos'è innanzitutto? Quasi tutte le sue storie sono ambientate nel periodo Edo (1603-1868), mentre l'ultima è ambientata nel 1920 circa (periodo Taisho). La prima deduzione è che non è umano. Dal suo aspetto, le orecchie a punta, le unghie, il profilo volpino del viso, ma soprattutto dal trucco del viso (la linea rossa sul naso) si deduce che è una kitsune, uno spirito volpe. Secondo la tradizione, le kitsune assumono aspetto di donna, mentre il Kusuriuri è un maschio; forse perché solo i samurai, e solo i maschi potevano aspirare al ruolo di samurai, potevano portare la katana.
Il Kusuriuri percepisce la presenza dei mononoke grazie alla sua katana che lo guida nei luoghi infestati (egli stesso lo spiega a Kayo nell'arco dell'Umibozu). Arriva nei luoghi infestati spacciandosi per farmacista e venditore di medicine (la sua figura ricorda quella dei ciarlatani europei del XVII secolo che giravano le piazze a bordo di eleganti carrozze vendendo intrugli ed elisir di lunga vita e altra roba spacciata per curativa; nel primo arco del Bakeneko egli stesso offre delle tartarughe come afrodisiaco nonché come ottimo rimedio contro l'impotenza maschile). Compito suo è quello di condurre una sorta di indagine che sveli la Forma (il tipo di mononoke), la Verità (l'origine dell'odio che ha generato il mononoke) e la Ragione (l'evento che scatena la furia omicida del mononoke); grazie ad esse potrà sfoderare la katana ed esorcizzare il mononoke. Ogni volta che viene sfoderata la katana, il Kusuriuri assume un secondo aspetto dai capelli lunghi e bianchi e l'abito dorato (e qua si ritorna al concetto che il Kusuriuri è una kitsune che, secondo la tradizione, se bianca ha il potere di scacciare il male e di fungere da spirito guardiano; diventa dorata quando acquista tanto potere spirituale).
Sempre nell'arco dell'Umibozu, Kayo chiede al Kusuriuri quando avrà termine il suo compito di esorcista e per tutta risposta la kitsune le spiega che i Kami sono otto milioni, ossia sono infiniti, dunque qualsiasi spirito può trasformarsi in mononoke se contaminato dai sentimenti umani quali l'odio, l'invidia, il rancore e la vendetta. A un certo punto appare un umizatou che chiede a tutti i presenti qual è la cosa di cui hanno più paura; anche il Kusuriuri è tenuto a rispondere ed egli spiega che teme l'avvento di un mondo senza Forma, Verità e Ragione, senza le quali egli non ha più motivo d'essere e dunque di esistere. Considerando il fatto che credere agli youkai o ayakashi, agli oni (demoni) o alle kitsune, così come ad altre creature della mitologia nipponica, equivale a superstizione e a idolatria, questa paura può essere considerata come la paura fondata di giungere a un mondo ateo, materialista, dove si rifiuta non solo la religione ma il concetto stesso del soprannaturale e dell'esistenza di Dio stesso. Dunque è questa la paura che il Kusuriuri teme, ossia un mondo che rifiuta alcuni valori importanti come le tradizioni, il passato oltre all'accettazione del divino e di una vita post mortem.

In entrambi gli archi del Bakeneko si pone l'accento sulla condizione femminile nella società giapponese. Nel primo abbiamo un autentico caso di femminicidio e un caso di una ragazza costretta a un matrimonio di convenienza; nel secondo invece c'è il caso più emblematico di una donna discriminata nel mondo maschilista del lavoro nonché il caso di una ragazza che, pur di sfuggire alla povertà e all'anonimato del modesto lavoro di cameriera, è disposta a scendere a certi compromessi pur di raggiungere la notorietà e l'agiatezza economica.

Cinque archi narrativi per altrettante figure mitologiche: gli Zashiki-Warashi generati dai figli delle prostitute costrette ad abortire (ndr. ennesimo esempio della condizione femminile); l'Umibozu dove un sacrificio umano genera un mare di ayakashi (vedasi anche la cerimonia del mare in "Nagi no Asukara") e un mostro marino creduto la reincarnazione dello spirito di un monaco disperato; il Noppera-Bo ossia il senza-volto, ove il Kusuriuri rischierà di perdere la propria identità, recuperata grazie all'accettazione della realtà come "volto" della propria persona; il Nue, un animale che cambia forma a seconda da dove lo si guarda e dove lo spettatore assiste al Genjiko, ossia il gioco dell'incenso dove si deve indovinare il capitolo relativo al Genji Monogatari Sennenki; infine il Bakeneko, ove lo spirito del gatto dimostra attaccamento al proprio padrone defunto.

Il comparto grafico di "Mononoke" è un qualcosa di unico e di forte fascino. La si può tranquillamente definire un'opera sperimentale. Ogni arco narrativo, oltre a coprire due/tre puntate, sembra essere suddiviso in vari atti proprio come un'opera teatrale. Se lo si guarda attentamente, richiama il teatro Kabuki. Innanzitutto l'aprirsi e il chiudersi delle porte scorrevoli a mo' di sipario. In secondo luogo, ogni scena ha l'ampiezza di un grandangolo che permette di avere una visione di insieme di tutti gli elementi, animati e non; ogni scena è stupendamente incorniciata alle pareti, ma anche al pavimento e al soffitto, da pannelli dai colori sgargianti e da dipinti dai soggetti più disparati (si va da figure di madri con bambini e figure di donne con uomini nell'arco dello Zashiki-Warashi a figure di animali vari come i pesci rossi nell'Umibozu o i tanti polpi giganti nel primo arco del Bakeneko). Le scene splatter sono stilizzate alle pareti e sul pavimento con strisce irregolari rosse che richiamano il sangue (vedi l'arco del Nue o quello del Noppera-Bo); scopo dell'anime non è mostrare il fatto cruento in sé, sebbene sia un horror, ma trasfigurare il tutto in un clima surreale e teatrale.
Riguardo le animazioni, a volte si ha la netta sensazione di vederle al rotoscopio. Diverse scene sono lente, ma ciò serve a enfatizzare meglio ogni minimo dettaglio di cui si nota subito una cura maniacale e certosina (vedasi la pioggia all'inizio dell'arco dello Zashiki-Warashi o i fiocchi di neve nel Nue). Insomma, un lavoro magistrale soprattutto se comparato alla stragrande maggioranza delle altre produzioni animate.

Il mio voto è veramente alto poiché considero questa produzione veramente unica sia nel genere, con particolare attenzione ai miti e alle creature mitologiche, sia nel comparto tecnico che miscela sapientemente la cura maniacale per i dettagli con uno stile antico che riporta lo spettatore indietro nel tempo. Per chi ama la mitologia, la religione, la cultura, le tradizioni e la storia giapponese, questo è un autentico paradiso dove lo spettatore può approfondire la propria conoscenza e soddisfare ogni curiosità dopo la visione di ogni episodio. Se esiste ancora qualcuno che non lo ha visto, ritengo la visione di questo capolavoro assolutamente d'obbligo per potersi veramente definire fan dell'animazione giapponese nonché amante della cultura nipponica.