Recensione
Charlotte
5.0/10
Recensione di grandebonzo
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Da un lato l'autore di alcuni dei lavori più amati (e discussi) nello sterminato panorama delle visual novel giapponesi, dall'altro uno studio di animazione universalmente noto per l'elevata qualità delle sue produzioni: una miscela potenzialmente esplosiva, l'accoppiata Jun Maeda - P.A. Works, almeno sulla carta. Una collaborazione che, tra l'altro, aveva già dato proficui risultati nella trasposizione di una delle precedenti, e più famose, opere della Key visual, quell' "Angel Beats!" che, seppur vituperato da una parte della critica, aveva riscosso tra il pubblico generale apprezzamento.
Basteranno dunque nomi altisonanti e un glorioso passato a darci apodittica certezza di un novello capolavoro? La domanda è palesemente, e ahinoi tristemente, retorica.
Seguendo le orme tracciate fin dai tempi di "Air", anche in "Charlotte" è l'elemento magico a far da collante alla trama: Yuu Otosaka è uno studente delle superiori che, sfruttando la peculiare abilità di prendere possesso del corpo altrui per alcuni secondi (utile in particolar modo per imbrogliare durante le sessioni d'esame), è riuscito nell'impresa di costruir di sé l'immagine di alunno modello. Questo suo atteggiamento non passa inosservato, e il consiglio studentesco della Scuola Hoshinoumi, formato da liceali ugualmente dotati di poteri paranormali, lo mette alle corde, costringendolo, pena la pubblica gogna, ad entrare a farne parte. Trasferitosi con la petulante sorellina all'interno dell'istituto, dovrà d'ora in avanti, insieme alla scorbutica Nao e al 'supersonico' Jojiro, dar la caccia a coloro che, come lui, possiedono e utilizzano questi innati doni, ignari di come fantomatici ricercatori senza scrupoli siano in agguato allo scopo di sequestrarli e dissezionarli in nome della scienza.
Un incipit che, attorno a questi misteriosi e 'imperfetti' poteri, appare ben congegnato, ma che, con inaspettata celerità, si perde in un bicchier d'acqua: tralasciando commenti sui consueti, ma doverosi, episodi introduttivi e sugli oziosi filler dalla quantomeno dubbia utilità narrativa (appesantiti inoltre da un'interminabile teoria di personaggi senza alcun ruolo significativo all'interno della vicenda), dalla sesta puntata in poi si cambia bruscamente registro, abbandonando di fatto i toni leggeri (al limite del demenziale) fino a quel momento preponderanti.
Drammi psicologici, eventi soprannaturali, minacce terroristiche e turbolenti amori adolescenziali sono gli ingredienti che verranno disordinatamente gettati in un unico, ribollente calderone: una girandola di eventi sempre più serrati che non si tradurrà in una prelibata pietanza, quanto piuttosto, per usare il gergo di Bruno Barbieri, in un indigesto mappazzone. Una sceneggiatura nevrotica, con modalità descrittive a volte sorprendentemente (e insensatamente) crude, a volte cariche di scontato fanservice, che accelera il passo in modo scriteriato, perdendo totalmente di vista quella minima introspezione psicologica - fulcro delle opere precedenti di Maeda, come "Clannad" e "Kanon", che godevano di una suddivisione in archi lenta e cadenzata - necessaria a creare empatia con gli attori di questa storia, in più di un'occasione tenuta a galla da azzardati (se non ridicoli) colpi di scena. Oltretutto, per chi si è fatto le ossa con altre opere della Key, il sentore di come si evolveranno i fatti è piuttosto distinto, e non sarà certo smentito da un finale tanto assurdo nella sua essenza, quanto prevedibile nella risoluzione. Se infatti in "Angel Beats!" il commovente (seppur forzato) epilogo riusciva a far cadere copiose lacrime agli spettatori più sensibili, "Charlotte" manca totalmente il bersaglio: eventi improvvisi e ingiustificati, repentini cambi di personalità e la marginalità riservata ad alcuni personaggi apparentemente importanti fanno sì che, più che bagnare il fazzoletto, si arrivi alla fine tirando un sospiro di sollievo.
Sul versante tecnico, lo studio di Kenji Horikawa si dimostra all'altezza delle aspettative, deliziandoci, soprattutto nei primi episodi, con un assai curato character design, animazioni fluide e pregevoli effetti visivi. Alla lunga si percepisce un certo calo generale, tanto che globalmente l'anime appare meno rifinito rispetto a lavori precedenti ("Nagi no Asukara" o "Tari Tari", ad esempio, gli sono indubbiamente superiori), ma non ci si può certo lamentare di un prodotto ampiamente sopra la media.
Molto buono invece il comparto sonoro, realizzato come al solito dall'autore stesso della novel, che, con melodie adatte al contesto e un'azzeccata vena orchestrale, trova sempre la maniera di lasciare il segno, marchiando l'opera con il suo stile personale.
La discreta confezione non basta però a garantire a "Charlotte" la sufficienza: se già con "Angel Beats!" gli estimatori di Maeda avevano rischiato l'esaurimento pur di coprire tutti i plot hole dell'intreccio, questa volta la farraginosità della trama non trova scusanti, gettando oltretutto inquietanti ombre sul passato artistico di questo autore, spesso perdonato per l'affetto verso personaggi e storie che hanno saputo far breccia nel cuore del pubblico. Quei medesimi personaggi e quelle medesime storie che stavolta vengono affossati da un'inconsistenza narrativa che nemmeno mezzucci di bassa lega e palesi ruffianate possono salvare, rendendo, al contrario, detestabili i protagonisti e patetico il dramma.
Basteranno dunque nomi altisonanti e un glorioso passato a darci apodittica certezza di un novello capolavoro? La domanda è palesemente, e ahinoi tristemente, retorica.
Seguendo le orme tracciate fin dai tempi di "Air", anche in "Charlotte" è l'elemento magico a far da collante alla trama: Yuu Otosaka è uno studente delle superiori che, sfruttando la peculiare abilità di prendere possesso del corpo altrui per alcuni secondi (utile in particolar modo per imbrogliare durante le sessioni d'esame), è riuscito nell'impresa di costruir di sé l'immagine di alunno modello. Questo suo atteggiamento non passa inosservato, e il consiglio studentesco della Scuola Hoshinoumi, formato da liceali ugualmente dotati di poteri paranormali, lo mette alle corde, costringendolo, pena la pubblica gogna, ad entrare a farne parte. Trasferitosi con la petulante sorellina all'interno dell'istituto, dovrà d'ora in avanti, insieme alla scorbutica Nao e al 'supersonico' Jojiro, dar la caccia a coloro che, come lui, possiedono e utilizzano questi innati doni, ignari di come fantomatici ricercatori senza scrupoli siano in agguato allo scopo di sequestrarli e dissezionarli in nome della scienza.
Un incipit che, attorno a questi misteriosi e 'imperfetti' poteri, appare ben congegnato, ma che, con inaspettata celerità, si perde in un bicchier d'acqua: tralasciando commenti sui consueti, ma doverosi, episodi introduttivi e sugli oziosi filler dalla quantomeno dubbia utilità narrativa (appesantiti inoltre da un'interminabile teoria di personaggi senza alcun ruolo significativo all'interno della vicenda), dalla sesta puntata in poi si cambia bruscamente registro, abbandonando di fatto i toni leggeri (al limite del demenziale) fino a quel momento preponderanti.
Drammi psicologici, eventi soprannaturali, minacce terroristiche e turbolenti amori adolescenziali sono gli ingredienti che verranno disordinatamente gettati in un unico, ribollente calderone: una girandola di eventi sempre più serrati che non si tradurrà in una prelibata pietanza, quanto piuttosto, per usare il gergo di Bruno Barbieri, in un indigesto mappazzone. Una sceneggiatura nevrotica, con modalità descrittive a volte sorprendentemente (e insensatamente) crude, a volte cariche di scontato fanservice, che accelera il passo in modo scriteriato, perdendo totalmente di vista quella minima introspezione psicologica - fulcro delle opere precedenti di Maeda, come "Clannad" e "Kanon", che godevano di una suddivisione in archi lenta e cadenzata - necessaria a creare empatia con gli attori di questa storia, in più di un'occasione tenuta a galla da azzardati (se non ridicoli) colpi di scena. Oltretutto, per chi si è fatto le ossa con altre opere della Key, il sentore di come si evolveranno i fatti è piuttosto distinto, e non sarà certo smentito da un finale tanto assurdo nella sua essenza, quanto prevedibile nella risoluzione. Se infatti in "Angel Beats!" il commovente (seppur forzato) epilogo riusciva a far cadere copiose lacrime agli spettatori più sensibili, "Charlotte" manca totalmente il bersaglio: eventi improvvisi e ingiustificati, repentini cambi di personalità e la marginalità riservata ad alcuni personaggi apparentemente importanti fanno sì che, più che bagnare il fazzoletto, si arrivi alla fine tirando un sospiro di sollievo.
Sul versante tecnico, lo studio di Kenji Horikawa si dimostra all'altezza delle aspettative, deliziandoci, soprattutto nei primi episodi, con un assai curato character design, animazioni fluide e pregevoli effetti visivi. Alla lunga si percepisce un certo calo generale, tanto che globalmente l'anime appare meno rifinito rispetto a lavori precedenti ("Nagi no Asukara" o "Tari Tari", ad esempio, gli sono indubbiamente superiori), ma non ci si può certo lamentare di un prodotto ampiamente sopra la media.
Molto buono invece il comparto sonoro, realizzato come al solito dall'autore stesso della novel, che, con melodie adatte al contesto e un'azzeccata vena orchestrale, trova sempre la maniera di lasciare il segno, marchiando l'opera con il suo stile personale.
La discreta confezione non basta però a garantire a "Charlotte" la sufficienza: se già con "Angel Beats!" gli estimatori di Maeda avevano rischiato l'esaurimento pur di coprire tutti i plot hole dell'intreccio, questa volta la farraginosità della trama non trova scusanti, gettando oltretutto inquietanti ombre sul passato artistico di questo autore, spesso perdonato per l'affetto verso personaggi e storie che hanno saputo far breccia nel cuore del pubblico. Quei medesimi personaggi e quelle medesime storie che stavolta vengono affossati da un'inconsistenza narrativa che nemmeno mezzucci di bassa lega e palesi ruffianate possono salvare, rendendo, al contrario, detestabili i protagonisti e patetico il dramma.