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Jiro Taniguchi, Uno Zoo d'Inverno,
Rizzoli/Lizard 2010 (231 pp., 17,00 €)

In questo volume autoconclusivo, il noto e amato mangaka Jiro Taniguchi racconta, tramite le vicende del giovane Hideo Hamaguchi, il lungo e arduo percorso che lo ha innalzato sull'Olimpo dei mangaka più ammirati e apprezzati in Occidente.

Il racconto segue la vita e le vicende del giovane Hideo Hamaguchi, un impiegato tessile nella Kyoto del 1966. Hamaguchi è un ragazzo come tanti, con il proprio sogno nel cassetto, il proprio bagaglio di aspirazioni e delusioni, le proprie aspettative riguardo un futuro sempre più minaccioso. Ma, al contempo, Hamaguchi è diverso dagli altri ragazzi: ai colleghi, che tanto lo vorrebbero nella loro squadra di baseball, preferisce lo zoo cittadino, dove immancabilmente si reca a ritrarre gli animali. Lo zoo sembra essere il luogo dove il ragazzo si sente più a suo agio, il luogo dove riesce a sentirsi in pace con se stesso, senza correre il pericolo di essere infastidito da alcuno. La sua grande passione per il disegno e la sua volontà di fare il designer non vengono però ascoltate e Hamaguchi, oppresso da un sistema che gli impedisce di spiegare le ali, deciderà di licenziarsi e di partire alla volta di Tokyo. Qui entrerà in contatto con una piccola comitiva di mangaka, capitanata dal maestro Kondo, il quale assumerà il giovane Hamaguchi come suo assistente. A Tokyo, l’impacciato e timido Hamaguchi farà la conoscenza di molte persone, trovandosi a fare i conti con una realtà del tutto diversa da quella “circoscritta” di Kyoto. Avrà modo di provare nuove esperienze, sinora solo immaginate e di conoscere per la prima volta il corpo femminile e le donne. L’atmosfera di Tokyo gli farà vivere anche l’amore nella sua forma più pura e delicata, incarnato nella figura della fragile Fukiko, giovane donna dalla salute molto cagionevole.

Uno Zoo d’Inverno è la storia di una vita, una vita vissuta all’inseguimento dei propri sogni, i quali cercano di venire spenti dagli eventi della vita, come è accaduto al fratello del protagonista, che solo ora comprende che cosa significhi vivere liberi. Ma è anche una storia di tanto lavoro e sacrificio, valori impersonati perlopiù dalle figure del maestro Kondo e dei suoi assistenti. È una storia di delusioni e fallimenti, testimoniati dalle figure di Kikuchi e dell’artista Tomo, che rappresentano a tutti gli effetti degli scarti, degli emarginati dalla società. Infine è una storia d’amore raffinata e intima, che vede il sentimento di Hamaguchi e Fukiko superare ogni altro ostacolo.

Ancora una volta il maestro Jiro Taniguchi dimostra di saper rappresentare abilmente gli stati d'animo, le emozioni, le paure, i sogni più intrinseci dell'essere umano. Il suo stile realistico, intimo, semplice quanto complesso - dettato da una cura dei dettagli maniacale - si coniuga perfettamente con la storia che ha voluto comunicarci ed i temi di cui ci ha resi partecipi. Il disegno rispecchia eccellentemente il senso di insicurezza e timidezza del protagonista verso il mondo, con tavole ricche di espressioni spente, meste, amare; come rispecchia la spensieratezza, la magia, la follia, la voglia d’evasione della comitiva del maestro Kondo. Ma il disegno è caratterizzato anche dalle numerose tavole rappresentanti gli sfondi, che sono uno dei cavalli di battaglia dell’autore nipponico. Si possono così ammirare delle curatissime rappresentazioni delle città di Kyoto, Tokyo e dei loro quartieri, degli zoo e dei parchi, ma anche rappresentazioni mirabili d’interni come lo studio del mangaka Kondo e i vari locali del quartiere di Shinjuku, dove avvengono i momenti di follia del protagonista.

Uno Zoo d’Inverno è indubbiamente un’opera che sa attirare l’attenzione del lettore che si presta a letture di livello decisamente più alto e impegnativo. Rizzoli/Lizzard, nel complesso, ha realizzato un’edizione di buona fattura, anche se è doveroso dire che la carta utilizzata possiede un notevole grado di trasparenza, che si avverte molto la mancanza di redazionali contenenti le postille dell’autore e che, infine, sono stati commessi degli errori di ortografia che interessano i primi capitoli dell’opera. Ma, nonostante i piccoli difetti, l’ultima fatica di Taniguchi approdata in Italia merita veramente di essere letta più e più volte, poiché ogni volta ti insegna qualcosa di nuovo e i messaggi che Taniguchi veicola attraverso il racconto non sono mai scontati. Incantevole.