Recensione
InuYasha
9.0/10
Storia fantastica che si svolge a cavallo fra l'epoca moderna e il Giappone feudale, Inuyasha è un manga di combattimenti e avventure pensato per un pubblico molto giovane (dagli otto anni in su), ma in grado, grazie alla curiosa ambientazione e ad alcuni spaccati dei personaggi, di affascinare anche fasce d'età più mature, tanto da annoverare parecchi fans anche fra gli over-30 (come la sottoscritta).
Disegno semplice, battute in genere scarne ed immediate, la serie si propone soprattutto come ludico-ricreativa, senza grandi altre finalità se non quella di un divertimento "leggero", volto a far rivivere molte leggende del folklore Giapponese.
Nonostante sia falsato da un'eccessiva lunghezza, che finisce per farlo apparire ripetitivo e per portare anche personaggi nati con un certo spessore al limite dello stereotipo, la saga, ad una lettura più attenta, propone miriadi di spunti di riflessione profondi, spesso volutamente solo accennati: starà poi al lettore (compatibilmente con la sua sensibilità e la sua età) decidere se volersi soffermare a riflettere, o se sorvolare sulle grandi questioni per limitarsi a gustare le singole avventure.
Personalmente ho sempre trovato tutti questi spunti delicati nascosti fra le righe molto più interessanti della trama in sé: l'accettazione di sé, la difficoltà ad intessere legami sinceri, l'anelito alla libertà, la vita e l'adolescenza come viaggio, la salvezza dell'anima in questo Mondo e nell'Aldilà, la vera capacità di tendere la mano al prossimo, il bianco e il nero in lotta nell'anima di ciascuno di noi.
La cosa che ho più apprezzato è proprio che per la maggior parte degli interrogativi che emergono, velati, dalla storia, non vengono fornite risposte preconfezionate: l'unica proposta che l'autrice si permette di fare insistentemente, è quella di credere nell'amicizia. Risposta adatta e gradita ai più piccoli. Per tutto il resto, e per noi "grandi", sta alla sensibilità di ognuno scovare le risposte, sempre ammesso che esistano.
Disegno semplice, battute in genere scarne ed immediate, la serie si propone soprattutto come ludico-ricreativa, senza grandi altre finalità se non quella di un divertimento "leggero", volto a far rivivere molte leggende del folklore Giapponese.
Nonostante sia falsato da un'eccessiva lunghezza, che finisce per farlo apparire ripetitivo e per portare anche personaggi nati con un certo spessore al limite dello stereotipo, la saga, ad una lettura più attenta, propone miriadi di spunti di riflessione profondi, spesso volutamente solo accennati: starà poi al lettore (compatibilmente con la sua sensibilità e la sua età) decidere se volersi soffermare a riflettere, o se sorvolare sulle grandi questioni per limitarsi a gustare le singole avventure.
Personalmente ho sempre trovato tutti questi spunti delicati nascosti fra le righe molto più interessanti della trama in sé: l'accettazione di sé, la difficoltà ad intessere legami sinceri, l'anelito alla libertà, la vita e l'adolescenza come viaggio, la salvezza dell'anima in questo Mondo e nell'Aldilà, la vera capacità di tendere la mano al prossimo, il bianco e il nero in lotta nell'anima di ciascuno di noi.
La cosa che ho più apprezzato è proprio che per la maggior parte degli interrogativi che emergono, velati, dalla storia, non vengono fornite risposte preconfezionate: l'unica proposta che l'autrice si permette di fare insistentemente, è quella di credere nell'amicizia. Risposta adatta e gradita ai più piccoli. Per tutto il resto, e per noi "grandi", sta alla sensibilità di ognuno scovare le risposte, sempre ammesso che esistano.