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Kunihiko Ikuhara è senz'altro uno dei più talentuosi registi del panorama dell'animazione giapponese. Dopo aver diretto perle come “La rivoluzione di Utena” e “Mawaru Penguindrum”, era lecito aspettarsi che la sua successiva opera sarebbe stata attesa con impazienza da tutti i cultori dell'animazione giapponese di qualità. Tuttavia, con grande rammarico, bisogna constatare che sfortunatamente qualcosa è andato storto, e questo “Yuri Kuma Arashi” non è affatto al livello delle precedenti produzioni del regista.

Ora, prima di iniziare la disamina dell'opera, credo sia meglio fare una piccola premessa: Ikuhara è uno di quegli artisti che fanno larghissimo uso del simbolismo (visivo e non), e questo, oltre a dare al suo stile un aspetto alquanto complesso e più difficilmente accessibile, porta naturalmente lo spettatore a cercare il significato intrinseco di ogni possibile metafora o sfumatura.
Questo può essere senza dubbio positivo, specialmente se si amano le opere ricercate, ma può rappresentare un problema se le cose non vengono fatte nella maniera più appropriata (come spiegherò in seguito). Ma ora è meglio parlare dell'ambientazione.

Nel mondo di “Yuri Kuma Arashi” esistono due specie senzienti: gli esseri umani e gli orsi (in realtà all'apparenza teneri orsacchiotti o individui ibridi dal corpo umano con appendici e orecchie da orso). Questi ultimi sono diventati un pericolo per l'umanità in seguito a un determinato evento, e si sono messi a “mangiare le persone”. A causa di ciò, fra il mondo degli uomini e il mondo degli orsi è stato costruito un muro, il muro dell'estinzione, per tenere separate le due specie.
La quasi totalità dell'opera è ambientata nella scuola, o nei pressi della stessa, frequentata dalla protagonista Tsubaki Kureha (apparentemente una scuola totalmente femminile, o addirittura un mondo totalmente femminile). Attorno alla protagonista inizieranno a muoversi degli eventi, la misteriosa “tempesta invisibile”, dove agiranno sia esseri umani sia orsi che hanno acquisito la forma umana dopo aver superato il muro dell'estinzione.

Come già visto in altre opere di Ikuhara, in quest'anime verranno dati spazi ad atti più o meno espliciti di omosessualità femminile. E, come visto in altre opere di Ikuhara, il regista utilizzerà l'omosessualità femminile per parlare marginalmente dell'omosessualità femminile. So che può sembrare una contraddizione, ma la forte presenza di elementi di forma fallica la dice abbastanza lunga, e di conseguenza le tematiche amoroso/relazionali trattate risultano abbastanza universali. Ma queste sono trivialità, il vero problema è la quantità: se da un lato Ikuhara ha sempre utilizzato tale elemento, va purtroppo ammesso che in questo caso c'è stato un vero e proprio abuso. Ciò è ampiamente riscontrabile nei primi episodi, dove si assiste anche a eccessi che sarebbero più consoni all'ennesimo ecchi-fotocopia di stagione con lo 0% di fantasia. Purtroppo, l'unico motivo che posso ritenere valido per giustificare tali scelte è quello di tentare di attirare una certa parte di pubblico alla propria opera, ovvero un fine prettamente commerciale. E questo spiega anche il ridimensionamento di tale compagine dopo le prime battute.

Nonostante questo, l'opera presenta una certa continuità con i temi cari a Ikuhara. Per esempio viene trattata l'emarginazione, cosa già vista in “Mawaru Penguindrum”; oppure viene trattata la tematica della crescita e della maturazione interiore, elemento già visto in “Utena”. Il problema è il modo in cui vengono trattati: in “Mawaru Penguindrum” veniva fatta, in modo simbolico, una finissima disamina della società giapponese e della modalità di emarginazione in tale società. Questo rendeva l'opera di difficile comprensione per i non giapponesi o i non affini alla cultura orientale (anche per via dei riferimenti storici come quelli alla setta dell'Aum Shinrikyo e del famoso attentato alla metropolitana di Tokyo), tuttavia il contesto estremamente preciso permetteva di trattare tali tematiche in modo brillante. Purtroppo in “Yuri Kuma Arashi” non vi è che una minima frazione di tale perizia, e il forte simbolismo dell'opera va a sostenere delle tematiche trattate in maniera alquanto superficiale, risultando fin troppo spesso fine a sé stesso.
Discorso simile si potrebbe fare per gli elementi di affinità con “Utena” (ve ne sono più di quanti ne immaginiate, come per esempio la struttura scolastica al centro degli avvenimenti), presenti anche con vaghi riferimenti a personaggi di tale opera (che però risultano abbastanza scialbi).

Se “Yuri Kuma Arashi” non è originale nelle tematiche, tenta almeno di esserlo nell'impremeditazione delle stesse e nelle sfumature utilizzate. Come ho già accennato, Orsi e Umani sono due razze inconciliabili e in aperta lotta fra di loro, e questo è il primo elemento dove si possono riscontrare riferimenti a tematiche più complesse. Gli umani sono individui caratterizzati da una forte coesione sociale e da un conformismo pressoché totale (qui sta il riferimento alla società giapponese), mentre gli orsi sono creature estremamente istintive, volubili e spinte dalle proprie passioni (per voler semplificare sino a sfiorare il limite della banalizzazione, si può dire che sono “individui eccentrici”). Una sorta di “apollineo” e “dionisiaco”, per dirla in termini nietzschiani.
E, proprio come tali termini, il messaggio dell'autore è che convergenza e convivenza di tali componenti porterebbe a un miglioramento da ambo le parti.
Questo viaggia in parallelo a una disamina dell'elemento “amore” in virtù di tali aspetti, che possono essere visti come facce opposte della stessa medaglia: gli umani razionalizzano e, se necessario, rinnegano in ottica della stabilità e del bene comune, mentre gli orsi tendono a idealizzare e a vivere le emozioni appieno, con il rischio di divenire schiavi delle proprie pulsioni e consumare l'oggetto della propria passione, “divorandolo”. Attraverso questi opposti, si assisterà a una trattazione della tematica amorosa perennemente in bilico fra le due posizioni estreme, che rischiano di portare inesorabilmente a una condizione arida per l'autentico e genuino sentimento.
E qui si inserisce la già accennata “tempesta invisibile”, che tende ad essere una sintesi di ciò che è caro al regista. Essa somma la crescita individuale, dove tale “tempesta” rappresenta uno degli ostacoli, e la possibile emarginazione, in quanto la tempesta viene subita, attraverso il “processo di esclusione”, da coloro che non si conformano alla società.
Sulla carta tutto ciò sembra essere interessante. Ma il problema è che, come ho già detto, l'approfondimento di tali posizioni lascia un po' a desiderare, tanto che Ikuhara si concede più volte il ricorso a degli “spiegoni” per far quadrare tutto (fra l'altro alcuni di essi inutili, in quanto le posizioni del regista sarebbero state comprensibili con un minimo sforzo d'acume: verrebbe quasi da dire che c'era una scarsa fiducia nelle capacità analitiche del possibile spettatore).
Purtroppo, oltre alla superficialità, assistiamo anche a una certa ridondanza degli elementi sopracitati, come se si tentasse di dare profondità attraverso la reiterazione. Il che, ovviamente, ha poco senso.
Quindi ci troviamo di fronte a un anime che propone e ripropone le solite tematiche care al regista, senza però andare oltre o dire di più di ciò che è già stato detto in passato (anzi... da questo punto di vista l'opera è alquanto trascurabile).

E ora veniamo alla struttura dell'opera, sicuramente la componente più interessante. Il fulcro della narrazione è sicuramente Tsubaki Kureha, ma Ikuhara ha deciso di non dipanare la sua storia in modo lineare, utilizzando diversi salti narrativi di natura temporale al fine di mettere le rivelazioni giuste al punto giusto. I flashback sono molto frequenti e, oltre al proverbiale utilizzo per approfondire i vari personaggi, servono anche a delineare i fatti precedenti alla storia per aumentarne la comprensione. Per questo una buona parte di essi è associata a Sumika, una grandissima amica della protagonista che, a causa di certi eventi, apparirà nell'opera prevalentemente tramite i rimandi al passato. Le varie storie viaggiano fondamentalmente in parallelo per tutta l'opera, con in aggiunta un'altra riguardante la madre di Kureha e il rapporto con il “muro dell'estinzione”.
Queste varie linee si intersecano con la storia principale, dove viene costruito il rapporto fra l'umana Kureha e le orse Ginko e Lulu, con diversi personaggi a corredo. Vi è anche un elemento vagamente “fiabesco”, correlato alla natura dell'ambientazione dell'opera e finalizzato a mostrare il fine ultimo delle decisioni intraprese dalle protagoniste.
Nonostante l'apparente complessità della struttura, va ammesso che la trama viene percepita in maniera abbastanza chiara e completa, permettendo allo spettatore di poterla recepire chiaramente.
Interessante l'episodio finale, decisamente il più intenso dell'intera opera, che in qualche modo ripaga lo spettatore per la fiducia data nonostante i primi episodi.

E ora, prima di tirare le somme, due parole sul comparto tecnico. Come di frequente nelle opere di Ikuhara, gli sfondi e le sezioni statiche sono di buon livello, anche perché spesso e volentieri accompagnano la spinta simbolistica del regista. Il character design invece è decisamente poco vario, e nemmeno le animazioni fanno gridare al miracolo (più per quantità che per qualità).
Le sigle non colpiscono, e il comparto audio si limita alla funzionalità.

A chi consigliare quest'opera? Agli estimatori di Ikuhara? Difficile, in quanto c'è il serio rischio di rimanere delusi dal divario con le sue opere precedenti. A coloro che vogliono approcciarsi al regista? Anche qui si pone un problema, visto che partire dall'opera qualitativamente inferiore è forse il modo peggiore per conoscerlo (ma, ovviamente, se si apprezza qualcosa di quest'opera, allora gli altri lavori del regista saranno una goduria).
“Yuri Kuma Arashi” è difficile da collocare, e ne consiglio la visione solo a chi nutre qualche interesse nelle tematiche trattate (ribadendo però che ci sono opere migliori) o a chi cerca qualcosa di diverso ma non troppo impegnato (questo grazie ai soli dodici episodi).

Purtroppo questa volta Ikuhara ci ha dato un'opera al di sotto delle sue aspettative. C'è da sperare che i suoi prossimi lavori mostrino un'ispirazione migliore.
Questo sì che sarebbe sexy.
Shaba-da-du.