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"Digimon Universe: Appli Monsters" rappresenta l'ultimo capitolo della lunga saga del franchise Digimon.

La storia non riprende le serie precedenti, collocandosi su un piano autonomo: siamo nel presente, nel nostro mondo, e le app le fanno da padrone. Un giorno Haru Shinkai, il protagonista, a seguito di un evento inaspettato sceglierà di "diventare un protagonista" ed inizierà la sua avventura con il suo appmon, Gatchmon.

Partiamo dal fatto che lo spunto di base mi sembra molto interessante ed originale: sfruttare le applicazioni di smartphone e tablet come strumenti di genesi dei Digimon. I Digimon non sono più mostriciattoli che vivono in un mondo digitale più o meno separato dal nostro, ma prodotti del nostro continuo utilizzo della tecnologia, grazie alla quale interagiscono quotidianamente con noi stessi.
Tramite una serie di sviluppi e colpi di scena si dipanerà una ragionamento su rischi e benefici della tecnologia che trovo assai maturo per un prodotto del genere (oltre che sostanzialmente condivisibile).

Credo che i disegni dei personaggi umani non siano mai stati eccezionali in nessuna serie dei Digimon, ma forse fino ad un certo punto sono stati più particolari; quel senso di particolarità mi pare che in questa serie si perda, a vantaggio di uno stile un po' troppo moderno e di dubbio gusto nell'accostamento dei colori.
Trovo inoltre anche un peggioramento nella qualità dei Digimon (rectius Appmon), che mi sembra un problema più serio.

Vi è da dire che un'anime incentrata sulla ricerca delle diverse Appmon si presentava a fortissimo rischio di ripetitività: questo rischio è stato abilmente scongiurato e di questo bisogna essere grati agli autori e fargliene menzione d'onore.

Un'altra menzione speciale va alle musiche: le opening sono fantastiche, le ending sono buone e le musiche di accompagnamento mi sembrano tutte ben riuscite.

Detto tutto questo, resta il fatto che siamo lontani dai fasti delle prime due serie (che secondo me hanno rappresentato l'età d'oro dei Digimon), ma c'è un netto miglioramento rispetto alla sesta e quinta serie. Dovessi fare una mia classifica (molto personale, ovviamente: considerate che io ho odiato la terza serie, amata dai fan), lo metterei dopo la prima e la seconda stagione, leggermente dietro la quarta, che pure non era eccezionale ma assai godibile (so che siamo in pochi a pensarlo).
Apprezzo anche il coraggio nello sperimentare (caratteristica sempre presente nel franchise, ma in questo caso ancora più marcata), abbandonando tutto il complesso sistema di Digiworld, digivice e digievoluzioni. Un azzardo non facile, ma complessivamente riuscito.