Recensione
The Legend of Mother Sarah
8.5/10
“The legend of mother Sarah” è uno di quei titoli che, pur essendo scritto da un mostro sacro nel campo dell’animazione, accostato per lo più a opere che sono sulle bocche di tutti, ha ricevuto meno attenzioni di quante ne meriterebbe.
Scritto da Katsuhiro Otomo (Akira, Roujin z, Steamboy) e disegnato da Takumi Nagayasu, il manga è stato iniziato nel 1990 e completato, in sette volumi, nel 2004, in tre possibili edizioni.
La trama ha per protagonista un mondo post apocalittico descritto come desolante e portato allo stremo, nello stesso stile cupo con cui Otomo ci ha abituato coi suoi più celebri lavori. In un imprecisato futuro, a causa di una guerra nucleare che ha reso inospitale il pianeta, gli abitanti della terra si sono trasferiti in stazioni orbitanti per sette anni. Il governo si divide in due fazioni: da una parte ci sono gli Epoch, i progressisti che -seguendo la folle idea di uno scienziato- vorrebbero causare un’ulteriore esplosione atomica per spostare l’asse terrestre e rendere nuovamente la terra abitabile; dall’altra ci sono i mother Earth (M.E.) che, seguendo una linea più pacifista, intendono risanare il pianeta, senza provocare ulteriori danni. Quando la bomba viene sganciata, iniziano le prime rivolte e gli atti terroristici tra le fazioni. Molti coloni fuggono dalle stazioni orbitanti e vanno sulla Terra, nonostante non siano passati i tre anni necessari perché sia di nuovo vivibile. Tra i tanti, vi è Sarah, una donna che costretta a separarsi dal marito e dai suoi tre figli, parte alla loro ricerca tra villaggi e città. Il tutto in uno scenario di continue rappresaglie tra i M.E. e gli epoche, in cui al clima di tensione provocato dalla loro guerra, si somma la precaria condizione di vita del pianeta.
Quasi tutti abbiamo sicuramente letto o visto uno o più titoli ambientati in un mondo post apocalittico, prossimo al collasso. Tuttavia, ciò che rende peculiare questo manga, è proprio la protagonista Sarah, vittima di soprusi, violenze e sofferenza, che tuttavia non è una donna che ha bisogno di essere salvata. Sarah rappresenta il prototipo di donna vissuta che, tramite rabbia e sensi di colpa, inizierà un viaggio erto di pericoli, pur di portare a termine la propria missione.
Partiamo, quindi, innanzitutto dai personaggi: Sarah si fa portatrice di valori umani ed etici, che si contrappongono a quelli che incontra nelle città in cui viaggia: coraggio, amore, famiglia. Valori che, tuttavia, non implicano l’essere fragile. Sarah è una donna si agguerrita e generosa, tuttavia non esita a mettere in mostra anche violenza fisica, quando la situazione lo richiede (in un volume, addirittura, fa strage di alcuni soldati, pur di sopravvivere). Se queste premesse dovrebbero dipingerla come una donna morale e idealizzata, attraverso i suoi brevi flashback, scopriamo che non è nemmeno questo… anzi, appare come una donna che si ritrova persino a sacrificare delle vite, per fuggire alla guerra e ai soldati. Gesti che la accompagneranno per tutta la vita, che la porteranno ad autoinfliggersi una mutilazione orribile e che alimenteranno proprio il suo desiderio di poter rivedere ancora una volta i suoi figli.
Il coraggio di Sarah si contrappone all’ottusità degli altri personaggi. Gli epoche rappresentano una corrente di fanatici che fa ricorso alla tecnologia e alle armi per dominare la natura e garantire la supremazia umana; I M. E. difendono posizioni pacifiste, ma estremiste che raggiungono il fanatismo, nel loro tentativo di salvaguardare l’ambiente. Entrambe le fazioni sono così prese da una guerra fatta in nome di antichi rancori, da non adoperarsi neanche per un tentativo di ricostruire la società.
Tra l’ottusità dei personaggi secondari, e quella più razionale e forte di Sarah, vi è l’unico personaggio che fa quasi da siparietto comico, Tsè Tsè, uno strabico commerciante di colore che accompagna la donna nella sua sfrenata e folle ricerca. Tsè tsè ha il ruolo di controbilanciare la forte presenza scenica della protagonista, con atteggiamenti goffi e quasi divertenti, e che vive la giornata senza uno scopo, senza scegliere uno schieramento, come ad indicare quanto ciò sia facilmente possibile.
Oltre Tsè Tsè, anche gli altri personaggi su cui ci si focalizza nella seconda metà del manga indicano quanto il singolo possa distaccarsi dal pensiero comune, scegliendo da sé la propria strada: da Harato, il maggiore dei figli di Sarah, che per sensi di colpa simili a quelli della madre dà anima e corpo nella guerra dei ribelli; fino a Bard, marito di Sarah, che si dice disposto a donare persino il proprio corpo per poter risanare la terra in modo pacifico, senza adottare la tecnica della rappresaglia. Qualcuno potrebbe dire che i personaggi sono delineati con noncuranza, perché non si sonda particolarmente il passato di ognuno. Io l’ho trovata una scelta sensata, e anzi un punto di forza: l’autore si focalizza sul presente equilibrio tra le forze politiche in gioco.
Ma oltre ai personaggi, ciò che rende veramente particolare la storia, è lo scenario.
Il manga, sostanzialmente, si divide in due metà. Se gli ultimi quattro volumi sono una strada a senso unico, in cui Sarah impegna le sue forze nella sua ricerca, i primi tre sono più che altro storie autoconclusive, ambientate in tre villaggi diversi, in cui emergono aspetti delle condizioni che i terrestri devono fronteggiare: la scarsità di cibo, le contaminazioni e il rapporto con il potere (che nel terzo volume acquisisce una forma religiosa).
I più forti, a livello emotivo, sono secondo me il secondo ed il terzo volume: nel secondo, oltre a scoprire il passato di Sarah e l’automutilazione del seno che si è inflitta per senso di colpa, scopriamo una città di bambini tiranneggiati da una donna despota che li controlla, ordinando loro qualsiasi gesto immorale possibile, come lo stupro ai danni della stessa Sarah. Nel terzo volume, invece, il pericolo è rappresentato da Telesia, una religiosa che gestisce una comunità di orfani, e che costringe alla prostituzione le ragazze più belle per garantirsi i favori dei militari.
Tutto ciò che viene rappresentato nei sette volumi, è lo specchio di un mondo in rovina e in decadenza. L’uomo mostra la sua cupidigia più folle, approfittando delle situazioni a sfavore di altri. A rendere ancora più perfetto il contesto, sono i disegni precisi e puliti di Nagasayu.
In conclusione, ritengo “the legend of mother Sarah” un titolo assolutamente da promuovere e da consigliare, per i motivi sopracitati.
Scritto da Katsuhiro Otomo (Akira, Roujin z, Steamboy) e disegnato da Takumi Nagayasu, il manga è stato iniziato nel 1990 e completato, in sette volumi, nel 2004, in tre possibili edizioni.
La trama ha per protagonista un mondo post apocalittico descritto come desolante e portato allo stremo, nello stesso stile cupo con cui Otomo ci ha abituato coi suoi più celebri lavori. In un imprecisato futuro, a causa di una guerra nucleare che ha reso inospitale il pianeta, gli abitanti della terra si sono trasferiti in stazioni orbitanti per sette anni. Il governo si divide in due fazioni: da una parte ci sono gli Epoch, i progressisti che -seguendo la folle idea di uno scienziato- vorrebbero causare un’ulteriore esplosione atomica per spostare l’asse terrestre e rendere nuovamente la terra abitabile; dall’altra ci sono i mother Earth (M.E.) che, seguendo una linea più pacifista, intendono risanare il pianeta, senza provocare ulteriori danni. Quando la bomba viene sganciata, iniziano le prime rivolte e gli atti terroristici tra le fazioni. Molti coloni fuggono dalle stazioni orbitanti e vanno sulla Terra, nonostante non siano passati i tre anni necessari perché sia di nuovo vivibile. Tra i tanti, vi è Sarah, una donna che costretta a separarsi dal marito e dai suoi tre figli, parte alla loro ricerca tra villaggi e città. Il tutto in uno scenario di continue rappresaglie tra i M.E. e gli epoche, in cui al clima di tensione provocato dalla loro guerra, si somma la precaria condizione di vita del pianeta.
Quasi tutti abbiamo sicuramente letto o visto uno o più titoli ambientati in un mondo post apocalittico, prossimo al collasso. Tuttavia, ciò che rende peculiare questo manga, è proprio la protagonista Sarah, vittima di soprusi, violenze e sofferenza, che tuttavia non è una donna che ha bisogno di essere salvata. Sarah rappresenta il prototipo di donna vissuta che, tramite rabbia e sensi di colpa, inizierà un viaggio erto di pericoli, pur di portare a termine la propria missione.
Partiamo, quindi, innanzitutto dai personaggi: Sarah si fa portatrice di valori umani ed etici, che si contrappongono a quelli che incontra nelle città in cui viaggia: coraggio, amore, famiglia. Valori che, tuttavia, non implicano l’essere fragile. Sarah è una donna si agguerrita e generosa, tuttavia non esita a mettere in mostra anche violenza fisica, quando la situazione lo richiede (in un volume, addirittura, fa strage di alcuni soldati, pur di sopravvivere). Se queste premesse dovrebbero dipingerla come una donna morale e idealizzata, attraverso i suoi brevi flashback, scopriamo che non è nemmeno questo… anzi, appare come una donna che si ritrova persino a sacrificare delle vite, per fuggire alla guerra e ai soldati. Gesti che la accompagneranno per tutta la vita, che la porteranno ad autoinfliggersi una mutilazione orribile e che alimenteranno proprio il suo desiderio di poter rivedere ancora una volta i suoi figli.
Il coraggio di Sarah si contrappone all’ottusità degli altri personaggi. Gli epoche rappresentano una corrente di fanatici che fa ricorso alla tecnologia e alle armi per dominare la natura e garantire la supremazia umana; I M. E. difendono posizioni pacifiste, ma estremiste che raggiungono il fanatismo, nel loro tentativo di salvaguardare l’ambiente. Entrambe le fazioni sono così prese da una guerra fatta in nome di antichi rancori, da non adoperarsi neanche per un tentativo di ricostruire la società.
Tra l’ottusità dei personaggi secondari, e quella più razionale e forte di Sarah, vi è l’unico personaggio che fa quasi da siparietto comico, Tsè Tsè, uno strabico commerciante di colore che accompagna la donna nella sua sfrenata e folle ricerca. Tsè tsè ha il ruolo di controbilanciare la forte presenza scenica della protagonista, con atteggiamenti goffi e quasi divertenti, e che vive la giornata senza uno scopo, senza scegliere uno schieramento, come ad indicare quanto ciò sia facilmente possibile.
Oltre Tsè Tsè, anche gli altri personaggi su cui ci si focalizza nella seconda metà del manga indicano quanto il singolo possa distaccarsi dal pensiero comune, scegliendo da sé la propria strada: da Harato, il maggiore dei figli di Sarah, che per sensi di colpa simili a quelli della madre dà anima e corpo nella guerra dei ribelli; fino a Bard, marito di Sarah, che si dice disposto a donare persino il proprio corpo per poter risanare la terra in modo pacifico, senza adottare la tecnica della rappresaglia. Qualcuno potrebbe dire che i personaggi sono delineati con noncuranza, perché non si sonda particolarmente il passato di ognuno. Io l’ho trovata una scelta sensata, e anzi un punto di forza: l’autore si focalizza sul presente equilibrio tra le forze politiche in gioco.
Ma oltre ai personaggi, ciò che rende veramente particolare la storia, è lo scenario.
Il manga, sostanzialmente, si divide in due metà. Se gli ultimi quattro volumi sono una strada a senso unico, in cui Sarah impegna le sue forze nella sua ricerca, i primi tre sono più che altro storie autoconclusive, ambientate in tre villaggi diversi, in cui emergono aspetti delle condizioni che i terrestri devono fronteggiare: la scarsità di cibo, le contaminazioni e il rapporto con il potere (che nel terzo volume acquisisce una forma religiosa).
I più forti, a livello emotivo, sono secondo me il secondo ed il terzo volume: nel secondo, oltre a scoprire il passato di Sarah e l’automutilazione del seno che si è inflitta per senso di colpa, scopriamo una città di bambini tiranneggiati da una donna despota che li controlla, ordinando loro qualsiasi gesto immorale possibile, come lo stupro ai danni della stessa Sarah. Nel terzo volume, invece, il pericolo è rappresentato da Telesia, una religiosa che gestisce una comunità di orfani, e che costringe alla prostituzione le ragazze più belle per garantirsi i favori dei militari.
Tutto ciò che viene rappresentato nei sette volumi, è lo specchio di un mondo in rovina e in decadenza. L’uomo mostra la sua cupidigia più folle, approfittando delle situazioni a sfavore di altri. A rendere ancora più perfetto il contesto, sono i disegni precisi e puliti di Nagasayu.
In conclusione, ritengo “the legend of mother Sarah” un titolo assolutamente da promuovere e da consigliare, per i motivi sopracitati.