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Premetto che questo manga potrebbe essere consigliato (e io, in realtà, lo consiglierei anche) solo ed esclusivamente a chi ha già letto il primo «Bloody Monday».

Quando ho acquistato «Bloody Monday», giovane e spensierato, ho scelto di farmi una full immersion di lettura che mi tenesse una vita incollato ai suoi albi, motivo per cui comprai tutte le tre stagioni insieme, ancora fresco della poca esperienza e di quella gran voglia di divorarmi un'avventura tutta d'un fiato. Perché vi dico questo? Perché, per farla breve, proprio come nel caso del primo «Bloody Monday», questo qui è un fumetto che consiglio principalmente ai lettori meno stagionati e/o che si siano innamorati della prima stagione. Salti di qualità, ve lo dico per inciso, qui non ce ne sono, partite da questa premessa. C'è solo la continuazione di una storia iniziata undici volumi prima, apprezzabile, per carità, ma non è certo un cimelio.

In questa seconda stagione di «Bloody Monday», vedremo i protagonisti della prima serie affrontare un nuovo nemico, un gruppo terroristico noto come "Il Franco Cacciatore", i cui membri sono tutti individui che si fanno chiamare col nome di personaggi presi dalle favole (per esempio: Re Artù, Bestia, Peter Pan, eccetera). Perché ve lo dico? Perché le novità, in sostanza, finiscono qua. L'unico vero salto di qualità, rispetto alla stagione precedente, è un miglioramento nel disegno e una maggior chiarezza nella gestione degli eventi, che qui si sviluppano con meno caos di sottofondo; il che permette all'autore - specie in virtù del salto temporale di due anni - di approfondire lo stesso protagonista, Fujimaru Takagi, ora diciottenne e pronto a salvare il mondo. Come ho più o meno anticipato, l'interesse del lettore dovrebbe risiedere principalmente nella storia e nei personaggi che andremo a ritrovare, perché, per il resto, il lavoro svolto dal primo «Bloody Monday» è decisamente più riuscito di questa seconda stagione, complice anche il fatto che tutte le sue caratteristiche, prima, fossero abbastanza una novità.

La storia ci mette un po' a decollare e talvolta si ha l'impressione che l'autore voglia un po' allungare il brodo (nonostante «Pandora's Box» sia composta da tre volumi in meno del primo «Bloody Monday»), il che diventa abbastanza evidente quando ci sono riferimenti alla prima stagione oltremodo forzati; specialmente nel personaggio di Maya Orihara, che qui appare praticamente solo per mettere in mostra due meloni di fanservice e girare mezza nuda per strada, giocando a fare la temibile terrorista che non è, rallentando la narrazione in maniera inversamente proporzionale al moto rotatorio dei miei... neuroni. Tutto questo, ahimé, ti fa capire che la storia si poteva sicuramente riassumere [e migliorare] con due volumi in meno, ma ti fa anche notare l'esagerazione all'interno di certi dialoghi - di questa stagione, ma anche della precedente - che sembra(va)no celare un mondo e in realtà nascondono forse due c@gate.

Tutto sommato, come già detto, niente di speciale, e infatti questa seconda stagione l'ho penalizzata ai voti; tuttavia il buon Ryō Ryūmon, oltre a scrivere una storia semidecente, si è letteralmente salvato in corner col finale, che è riuscito a far cadere dalla sedia un ragazzino di sedici anni con un colpo di scena che mai avrei previsto, quando lo lessi. Oltre al fatto che ha deciso di concludere il tutto con una quarta stagione di - grazie a Dio - solo quattro volumi. Per concludere... Vi è piaciuta la prima stagione di «Bloody Monday»? Ecco, ci arrivate voi a capire se acquistarlo o meno.