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8.5/10
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“Ogni realtà è un inganno” (L Pirandello)

"Forgotten" (titolo originale "Gi-eok-ui bam"), lungometraggio di produzione coreana di fine 2017 diretto da Jang Hang-Jun, è un film che ha un grande pregio: stupire lo spettatore in modo continuo, riuscendo a tenere viva l'attenzione mixando generi e piani narrativi ispirandosi egregiamente all'aforisma citato in premessa.
Non posso sostenere che sia un capolavoro assoluto: ammetto che alcuni espedienti narrativi che servono a creare la suspense e lo stupore a me sono sembrati un po' forzati ma nel risultato complessivo riescono a creare un film avvincente che riesce a unire lo stile tipico occidentale in tema di film drammatici e thriller con sfumature psicologiche, horror fino a giungere ad un finale cupo, pessimista con lo stile tipicamente orientale in cui predomina l'introspezione e le considerazioni sull'esistenza con rimorsi, rimpianti, desiderio di vendetta e questioni irrisolte.

Come ho anticipato, la trama ha il grande pregio di nascondere sempre la verità, depistando l'attenzione dello spettatore con i plot twist, in un crescendo di rivelazioni ben distribuite fino al finale amaro e chiaro. I due attori protagonisti Kim Mu-yeol e Kang Ha-neul, sono già noti per alcuni ruoli televisivi ma in questo film riescono a dimostrare la loro bravura con un'interpretazione "pirandelliana" che fa assurgere la simulazione e la "maschera" come paradigma della realtà con il corollario che forse nulla è come sembra.

Il tema della vendetta che come si vedrà dal finale è il leit motiv del film non rappresenta certamente una novità nel panorama cinematografico, ma lo si intuirà solo nel finale in un crescendo di rivelazioni che potranno destabilizzare lo spettatore, anche anticipate e senza un apparente senso come la scena della matita puntata contro l'occhio del fratello: un piccolo capolavoro di stampo latamente hitchcockiano in cui pur non essendoci nulla di splatter o cruento resta comunque un fulgido esempio di violenza disturbante e destabilizzante a dimostrazione di una regia e fotografia sapienti capaci di creare situazioni di tensione senza eguali.

"Quando la disperazione fa comunque compiere la scelta sbagliata"

Che i personaggi siano motivati ad agire in base ad uno stato di necessità oppure al desiderio di conoscere la verità a tutti i costi, il finale di "Forgotten" lascerà lo spettatore non solo con la soluzione del thriller ma anche con una minima morale in una weltanschauung molto cupa e pessimista.
L'epilogo tragico costituisce la chiosa finale ad una vicenda che acquisisce i suoi connotati di umanità. Non c'è un vincitore ma due perdenti che concludono le loro sofferenze perché scoprono che la realtà che hanno voluto vivere è stata una forma di autoinganno e che una volta realizzato quale fosse la verità non sono stati in grado di reggerne il peso e il dolore.

"Forgotten" è un bel film che parte in modo lento e compassato ma che poi si ravviva con momenti anche horror e di azione, con continui colpi di scena con il finale che per me rappresenta il tocco di classe del lungometraggio, rendendolo in un certo senso anche poetico.
Credo che il limite del film (che poi e anche il suo pregio) sia quello di risultare un po’ poco lineare. Lo spettatore si trova di fronte a continui cambi di ritmo, di colpi di scena, di generi e di prospettiva. Quella prospettiva misleading che però fa immedesimare lo spettatore nei personaggi, in una sorta di visione "soggettiva" che li pone nello stesso stato di "inganno" dei due protagonisti. Consigliato per chi ama il genere thriller psicologico e per chi si volesse immergere in un'opera che fornisce un piccolo spaccato della Corea del Sud di fine anni '90.