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L'amore tra fratellastri non consanguinei sembra essere una delle "tante" ossessioni del panorama dei manga, light novel e degli anime nipponici. Probabilmente, sono portato a ritenere che sia una conseguenza della pletora di separazioni/divorzi che affligge la società giapponese e anche per le solite nefaste tragedie che possono colpirle le famiglie (decesso i uno dei genitori con conseguente trauma della prole), eventi che portano alla formazione di nuovi nuclei familiari (sui quali si potrebbe a sua volta discutere) che "ereditano" il fardello del passato: i figli.

"Days with my stepsister" è l'ennesima produzione animata sul tema della nuova vita che un ragazzo (Yuta) e una ragazza (Saki), studenti delle superiori e guardacaso della stessa scuola, si ritrovano a dover forzosamente vivere a causa della scelta dei rispettivi genitori con i quali convivono di formare una nuova famiglia.

As usual, mentre i figli si affacciano timidamente al mondo della comprensione dei propri sentimenti con tutti gli stress, equivoci, problemi interazionali, intuizione ed affermazione del proprio ego, i genitori sembrano in un certo senso più adolescenti dei propri figli: molto carini e sensibili verso i figli acquisiti, preoccupati che questi possano socializzare e iniziare a comportarsi come "sibilings", essere accettati come genitore dal figlio del partner, iniziare ad entrare in confidenza con loro e iniziare a vivere come una famiglia "originale" senza forzature.

In "Days with my stepsister" questo contrasto di mood tra genitori e figli è accentuato da due aspetti: il primo è rappresentato dal solito e tipico formalismo esasperato e manieristico della cultura giapponese, il secondo dal carattere piuttosto spento, poco vivace dei due protagonisti della serie al limite della inespressività e dell'amorfismo, così esagerato che, in uno con il peculiare stile registico della serie, fa apparire la serie animata eccessivamente lenta e noiosa e così lontana dai soliti anime che si basano su coppie di personaggi molto standard, spesso uno imbranato e uno estroverso, uno popolare e uno sfigato, ecc. ossia i soliti cliché del genere delle rom-com scolastiche.

"In un mondo pieno di frenesia [...], sono rimasti in pochi quelli che hanno la voglia di ascoltare il rumore di una piuma che cade". (Fabrizio Caramagna)

Utilizzo una provocazione per spiegare il mio punto di vista su questa serie. Al netto di alcuni difetti, che per me non sono legati alla lentezza della trama e della regia, ma alla scelta del contesto e della sua credibilità (i protagonisti sono due liceali, ma si comportano e hanno una vitalità simile a quella di 2 anziani), "Days with my stepsister" sembra l'elegia del puro "slice of life" in cui più che i dialoghi sono le descrizioni minuziose delle attività di tutti i giorni, i singoli gesti, la comunicazione non verbale, i prolungati silenzi a caratterizzare la narrazione delle situazioni che i due protagonisti vivono in un crescendo "naturale" e realistico del pathos, rendendo la serie molto simile per scelta registica ad un film o ad un live action piuttosto che a una serie animata.

“Tutto ciò che è squisito matura lentamente.” (A. Schopenhauer)

Lo spiccato realismo del ritmo di "Days with my stepsister" (per i detrattori: "lentezza"), porta la serie a non poter essere classificata come una classica rom-com scolastica cui siamo abituati a vedere. Per come si sviluppa la serie, non tanto nella trama ma quanto nel come viene narrata, sembra un anime drammatico seinen e non una commedia con le solite venature ecchi, demenziali e molto caricaturali, giusto per stuzzicare i soliti pruriti di un certo target di pubblico.
Il mio appunto non vuol essere assolutamente critico o censorio: anche io vedo tale tipologia di opere e non me ne pento o vergogno.
L'unico rammarico è che nell'ultimo decennio di anime del genere ne sono usciti molti, troppi. Così tanti che alla fine la loro visione sembra un deja-vu continuo, una sorta "copia di mille riassunti" (Bersani vorrà perdonare la citazione della celeberrima "Giudizi universali") di quanto già visto e sentito.

"Days with my stepsister" non rientra nel solito canovaccio e tale circostanza può lasciar "spiazzati". È un anime che al netto dei soliti adulti più adolescenti dei figli, è "serio" e "misurato", molto orientale come certi film che mi è capitato di vedere, in cui si deve "leggere e ascoltare anche l'aria".
Si percepisce una discreta tridimensionalità oltre l'apparenza delle azioni e dei dialoghi e la visione richiede allo spettatore un certo impegno per comprendere ciò che sta osservando ed ascoltando. I sentimenti reciproci tra Yuta e Saki nascono e maturano lentamente, in modo credible e realistico, direttamente proporzionale al cammino che intraprendono per conoscersi come fratello e sorella e al loro modo di scoprirsi man mano che dialogano e si frequentano. C'è anche un accenno al loro passato di quando erano bambini e al destino che li avrebbe già fatti incontrare e maturare una certa simpatia, ovviamente disinteressata e ingenua.

Il tema dell'incesto (in senso fisico ed emotivo) è solo sfiorato e assume piuttosto il ruolo di limite "morale" per entrambi per arginare i loro sentimenti e far alimentare i loro sensi di colpa, in particolar modo verso i propri genitori e la loro felicità. A parte una scena nei primi episodi, comunque continente e ritengo anche molto bella e significativa, non ci sono scene in cui la trama degeneri in scemenze ecchi, data l'avvenenza discreta e realistica di Saki. Di per sé l'incesto è sempre una questione molto "slippery", ma in questa serie anche coloro che l'aborrono non potranno lamentarsi, in quanto la questione resta molto latente e a livello potenziale.

Piuttosto l'incesto è solo la causa scatenante del vero tema sotteso e preponderante alla serie: l'essere se stessi, vivere i propri sentimenti al di là dei limiti e convenzioni sociali e capire cosa realmente si desidera fare nella propria esistenza, nel c.d. "coming of age". Tale aspetto emerge chiaramente nella seconda parte della serie e soprattutto nel finale, assumendo il ruolo della causa scatenante della crescita dei due personaggi, senza falsi moralismi e pregiudizi.

Se la regia, con i suoi espedienti narrativi (tra tanti: utilizzare per i ricordi la visualizzazione simil filmato super 8mm o VHS alterati dal tempo in formato diverso dal classico 16:9), l'ho ho percepita pregevole ed interessante, anche il comparto tecnico è curato con un chara-design cui si da particolare risalto all'espressività dei visi e degli sguardi (molte inquadrature indugiano sulla c.d. comunicazione non verbale, sulla postura, sui movimenti degli arti, ecc.) aggiunge valore all'esperienza visiva. La lamentata lentezza della serie e la cura dei particolari dona a "Days with my stepsister" un'atmosfera vagamente malinconica, serena e tanto realistica.

A mio avviso il principale limite è rappresentato dall'aver costruito i protagonisti come due ragazzi liceali che si comportano come due adulti. Il contrasto stride maggiormente nel confronto con i 2 genitori, ma credo che tale limite sia comune a tante altre produzioni dove i ragazzi sembrano molto più grandi vista la cronica assenza dei genitori dalla loro vita.
La maturità ostentata dai ragazzi può far insorgere nello spettatore una certa artificiosità e pretenziosità che unita al ritmo estremamente lento, ad una trama meramente slice of life una forte sensazione di noia e surrealtà.

"La fretta raggiunge le cose, ma finisce per perdere la loro essenza" (F. Caramagna) e "Days with my stepsister" riesce a mio avviso a trasmettere le sensazioni, i dubbi, i sentimenti e le paranoie dei pensieri dei due protagonisti in un piccolo affresco dell'intimità di due ragazzi alla scoperta di se stessi.