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9.0/10
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"Perché disegni?"

Questa è probabilmente una domanda che ha tormentato Tatsuki Fujimoto fin dall'inizio della sua carriera, o forse fin dalla prima volta che ha preso in mano una penna, e "Look Back" è la sua sentita e personale risposta. Tutta l'opera è caratterizzata da forti elementi semi-autobiografici e riferimenti alle reali esperienze vissute dall'autore, a partire dai nomi delle protagoniste, Fujino e Kyoumoto, che immediatamente suggeriscono come ciascuna contenga una parte di Fujimoto stesso, che qui si mette a nudo e comunica con sincerità che cosa sia per lui quel miscuglio di entusiasmo e difficoltà, frustrazione e soddisfazione, lavoro e passione che chiamiamo arte.

Trattandosi di un'opera breve, la narrazione è estremamente concentrata: tutta l'attenzione è focalizzata sulle protagoniste e il loro rapporto con il disegno. Si parte conoscendo Fujino, studentessa di quarta elementare che contribuisce assiduamente al giornale della scuola con piccoli inserti manga 4-koma umoristici. Il suo orgoglio inizia però a vacillare quando una certa Kyoumoto, iscritta nella stessa scuola ma che vive come hikikomori, dimostra di possedere un talento artistico superiore al suo, e il destino le porterà a stringere un forte legame e a disegnare manga insieme. Sono piuttosto evidenti, già in questa breve parte introduttiva, gli elementi per i quali Fujimoto ha attinto direttamente dal suo vissuto, e la situazione di Fujino è molto probabilmente qualcosa che ha provato in prima persona. Ancora più sentite, tuttavia, sono le numerose immagini delle protagoniste piegate sulla scrivania o sul pavimento a disegnare, disegnare, disegnare, spesso raffigurate di schiena o profilo, con la stanza attorno a loro che cambia e diventa sempre più disordinata, ma loro che rimangono statiche e concentrate, eccetto poi crollare dalla stanchezza. Il film adatta queste sequenze sotto forma di montaggi, aggiungendo piccoli particolari senza spezzare il ritmo e accompagnandole con splendide tracce musicali, facendo sentire allo spettatore sia la fatica che provano sia, principalmente, la contagiosa vitalità con cui approcciano la loro passione.

La storia segue le loro vite fino a diversi anni dopo la fine delle superiori, dando luogo a numerosi cambiamenti e sorprese lungo il loro percorso di aspiranti mangaka, tra successi, difficoltà e scelte importanti sicuramente molto familiari all'autore. I dialoghi rimangono per tutta la durata assai contenuti, affidando il più possibile alle immagini il compito di veicolare messaggi ed emozioni: sguardi, inquadrature e scenari sono spesso protagonisti, con una buona ricercatezza da parte di Fujimoto e trasposti nel film dall'ottima regia di Kiyotaka Oshiyama, che dimostra di avere grande comprensione e rispetto dello stile dell'autore. La scena nella parte iniziale in cui Fujino corre sotto la pioggia è uno dei tanti esempi: senza una sola parola comunica tutta la sorpresa che velocemente si trasforma in una rinnovata ragione di vita, intoccabile dalla pioggia che la protagonista non sembra quasi notare, al punto di mettersi subito a disegnare senza asciugarsi.

Questo approccio raggiunge il suo apice nella seconda parte del film, in cui i toni diventano decisamente più cupi e il regista decide saggiamente di affiancarli a lunghi silenzi. È in questa parte conclusiva che Fujimoto pone davvero alla protagonista la domanda centrale, che assume la sua massima importanza nel momento in cui le proprie convinzioni iniziano a vacillare. E la sua risposta è difficile, impossibile da spiegare a parole. Per questo l'autore dà vita a una sequenza che sembra sfidare ragione e realtà, lasciando il suo significato all'interpretazione di chi legge o, in questo caso, guarda, in modo da permetterci, arrivati a questo punto ed essendo entrati nella storia, di sentire la risposta dentro di noi, quella che Fujimoto probabilmente porta con sé ogni volta che si siede alla scrivania e disegna diavoli e motoseghe.

Non sono tanti i manga, in particolare one-shot, che possono vantare un adattamento di livello così alto. Oltre alla già citata regia di Oshiyama che ha il pieno controllo di ogni inquadratura, lo stile non sempre pulito non solo è fedele al tratto di Fujimoto, ma è anche molto azzeccato tematicamente, le animazioni sono spesso creative ed espressive, e la meravigliosa colonna sonora di Haruka Nakamura eleva ogni momento ed è in grado di portare alle lacrime; in particolare, la canzone finale, "Light Song", è una delle più belle ending di un film anime che abbia avuto il piacere di ascoltare.

"Look Back" è un inno all'arte e alla creazione, figlio dell'immensa passione di un autore e della sua profonda riflessione su ciò che lo spinge a continuare a disegnare.