Recensione
Honey Lemon Soda
4.0/10
Mi sono approcciato a questo anime molto speranzoso.
Avevo letto che il manga era molto longevo, 27 volumi e ancora in prosecuzione, e che trattava di tematiche forti come bullismo e genitori iper protettivi.
Insomma avevo tutte le migliori intenzioni e dopo la prima puntata la mia impressione è stata abbastanza positiva: sigla orecchiabile, character design non eccezionale ma in qualche modo insolito, protagonista introversa e con un passato di emarginazione alle spalle, pronta per suscitare voglia di protezione. Mi ha ricordato in qualche modo Kimi ni Todoke. I toni erano molto più pesanti ma ho pensato fosse la classica esagerazione iniziale introduttiva per creare empatia in preparazione del percorso di redenzione.
Grosso errore di valutazione.
Non si trattava di un’introduzione appositamente esagerata per creare empatia… si trattava dell’essenza di tutto l’anime, del liet motiv di ogni singola puntata di questa serie, dalla prima all’ultima.
Ognuna delle 12 puntate è infatti così: greve e avvilente. Causa di questo è principalmente la protagonista, Uka Ishimori, che è uno dei personaggi più lagnosi, vittimisti, autocommiseranti che mi sia mai capitato di conoscere. Un autentico caso umano.
Con Uka, Honey Lemon Soda mette a dura prova la nostra pazienza: una ragazzina indifesa kawaii, che di primo acchito provoca sentimenti di protezione, quanto può essere deprimente, autosabotante, pessimista, intrinsecamente inetta prima di risultare insopportabile?
Non lo so, ma di sicuro Uka riesce a oltrepassare quel limite.
Passa tutto il tempo a piangere e buttarsi giù, non fa praticamente altro nel corso della sua giornata. Ha una considerazione di sè che a scendere non si ferma nemmeno allo zero assoluto, va oltre. Praticamente ogni volta che trova il coraggio di aprire bocca, grida, con le lacrime agli occhi. Persino le cose belle vengono da lei vissute male, con senso di colpa o vengono interpretate in termini insensatamente pessimistici. Tutto amplificato da una logorante colonna sonora depressiva.
Oltre all’estenuante negatività, questo personaggio è caratterizzato anche da ridicolaggini assurde, cartoonesche, del tipo che lei non ha mai preso in mano una palla da basket ma al primo tentativo fa un canestro da tre perchè pur non avendo mai fatto sport, ha tante volte fantasticato di fare sport. O che vince le gare di atletica nonostante lei per anni non avesse in pratica fatto moto visto che, a parte la scuola, passava tutte le sue giornate segregata in casa da genitori iperprotettivi.
Di contro Miura-kun, il principe giallo, è un personaggio irreale: un ragazzo bellissimo, schivo e mezzo teppista, dal passato tenebroso mai spiegato, apparentemente non interessato a nessuno, continuamente attorniato da ragazze che lo vogliono e gli chiedono di uscire o da ragazzi che si impicciano dei fatti suoi. E’ raffigurato continuamente li, che guarda noncurante il cellulare, in mezzo a una cerchia di gente che gli parla e cerca di attrarre la sua attenzione, e che lui schifa e non degna nè di uno sguardo nè di una parola. A una certa direi che queste persone si dovrebbero pure stufare e allontanarsi da lui ma no, sono sempre li. Fanno parte della sua iconografia.
Ovviamente uno così irraggiungibile cosa fa? Si interessa a prima vista a una ragazza comune e insignificante come Uka, senza alcuna spiegazione, e ne diventa il protettore.
Ogni interazione tra Miura-kun e Uka è esagerata e macchiettistica: lui si materializza improvvisamente ogni volta che Uka ha bisogno, certe volte pare quasi che voli o si teletrasporti, ha una forza sovrumana che gli permette di sgominare da solo numerosi bulli insieme.
Sua caratteristica peculiare è che non ha il senso della privacy: frasi che andrebbero dette in privato lui le spara a Uka in pubblico davanti a tremila persone: la tv lo intervista e lui se ne esce con “a Ishimori ci penso io”, così, dal nulla. O, non ricordo in quale occasione, sempre davanti a tutta la scuola “Veglierò su di te, per sempre”.
Oppure gli chiedono di fare il discorso di apertura del quadrimestre (perchè mai chiederlo a lui, poi? Persone più inadatte ne abbiamo?) e anche li un’altra frase di quelle che andrebbero sussurrate in intimità e che invece urla al microfono in aula magna. A tu per tu invece tratta Uka come se fosse una minorata mentale, la salva ma guardandola ogni volta dall’alto in basso con sguardo severo e dandole lezioni di vita, che lei accoglie con occhi sgranati come rivelazioni del suo Dio. Pare un mental coach ingaggiato dalla famiglia per farle riacquistare autostima.
Ah, nelle loro interazioni c’è spesso di mezzo qualche lemon soda, che compare nei momenti più inaspettati: a chi andrà in faccia stavolta?
Se i due protagonisti sono delle caricature viventi, la fauna umana attorno a loro non è da meno.
Honey Lemon Soda ci trasporta infatti in un universo parallelo in cui è normale che una ragazza venga bullizzata ad ogni angolo da chiunque la capiti a tiro; in cui un ragazzo popolare viene quotidianamente e continuamente avvicinato ovunque vada (a scuola, per la strada, in spiaggia, nei locali) da gente a caso sconosciuta che gli chiede pubblicamente, davanti a tutti, dettagli della sua vita privata (con chi sta, con chi si è lasciato, perchè, come); in cui nessuna persona ha il buon gusto e il contegno di tenere per se pensieri ingiuriosi o impertinenti; in cui Uka ovunque vada intercetti di continuo per caso gente che spettegola specificatamente di lei o del ragazzo che le piace.
Penso sia uno degli anime con i dialoghi più improbabili mai sentiti.
Sa tutto di così forzato e irreale che l’unica cosa che avrebbe potuto salvare sta roba sarebbe stato se fosse venuto fuori che Uka aveva avuto un incidente e tutto ciò che vedevamo era un ingenuo sogno di questa povera creatura.
Tecnicamente discreto: i disegni sono abbastanza buoni, le animazioni non semre fluide e a volte fanno un effetto Picasso. OST come detto troppo pesantona. Sigle carine.
Onestamente verso la fine sono andato avanti per la comicità involontaria, fingendo si trattasse di una parodia di un romance. In questa chiave devo dire che faceva anche ridere.
Ma insomma, stiamo pur sempre parlando di uno dei peggiori romance che abbia visto negli ultimi anni.
Avevo letto che il manga era molto longevo, 27 volumi e ancora in prosecuzione, e che trattava di tematiche forti come bullismo e genitori iper protettivi.
Insomma avevo tutte le migliori intenzioni e dopo la prima puntata la mia impressione è stata abbastanza positiva: sigla orecchiabile, character design non eccezionale ma in qualche modo insolito, protagonista introversa e con un passato di emarginazione alle spalle, pronta per suscitare voglia di protezione. Mi ha ricordato in qualche modo Kimi ni Todoke. I toni erano molto più pesanti ma ho pensato fosse la classica esagerazione iniziale introduttiva per creare empatia in preparazione del percorso di redenzione.
Grosso errore di valutazione.
Non si trattava di un’introduzione appositamente esagerata per creare empatia… si trattava dell’essenza di tutto l’anime, del liet motiv di ogni singola puntata di questa serie, dalla prima all’ultima.
Ognuna delle 12 puntate è infatti così: greve e avvilente. Causa di questo è principalmente la protagonista, Uka Ishimori, che è uno dei personaggi più lagnosi, vittimisti, autocommiseranti che mi sia mai capitato di conoscere. Un autentico caso umano.
Con Uka, Honey Lemon Soda mette a dura prova la nostra pazienza: una ragazzina indifesa kawaii, che di primo acchito provoca sentimenti di protezione, quanto può essere deprimente, autosabotante, pessimista, intrinsecamente inetta prima di risultare insopportabile?
Non lo so, ma di sicuro Uka riesce a oltrepassare quel limite.
Passa tutto il tempo a piangere e buttarsi giù, non fa praticamente altro nel corso della sua giornata. Ha una considerazione di sè che a scendere non si ferma nemmeno allo zero assoluto, va oltre. Praticamente ogni volta che trova il coraggio di aprire bocca, grida, con le lacrime agli occhi. Persino le cose belle vengono da lei vissute male, con senso di colpa o vengono interpretate in termini insensatamente pessimistici. Tutto amplificato da una logorante colonna sonora depressiva.
Oltre all’estenuante negatività, questo personaggio è caratterizzato anche da ridicolaggini assurde, cartoonesche, del tipo che lei non ha mai preso in mano una palla da basket ma al primo tentativo fa un canestro da tre perchè pur non avendo mai fatto sport, ha tante volte fantasticato di fare sport. O che vince le gare di atletica nonostante lei per anni non avesse in pratica fatto moto visto che, a parte la scuola, passava tutte le sue giornate segregata in casa da genitori iperprotettivi.
Di contro Miura-kun, il principe giallo, è un personaggio irreale: un ragazzo bellissimo, schivo e mezzo teppista, dal passato tenebroso mai spiegato, apparentemente non interessato a nessuno, continuamente attorniato da ragazze che lo vogliono e gli chiedono di uscire o da ragazzi che si impicciano dei fatti suoi. E’ raffigurato continuamente li, che guarda noncurante il cellulare, in mezzo a una cerchia di gente che gli parla e cerca di attrarre la sua attenzione, e che lui schifa e non degna nè di uno sguardo nè di una parola. A una certa direi che queste persone si dovrebbero pure stufare e allontanarsi da lui ma no, sono sempre li. Fanno parte della sua iconografia.
Ovviamente uno così irraggiungibile cosa fa? Si interessa a prima vista a una ragazza comune e insignificante come Uka, senza alcuna spiegazione, e ne diventa il protettore.
Ogni interazione tra Miura-kun e Uka è esagerata e macchiettistica: lui si materializza improvvisamente ogni volta che Uka ha bisogno, certe volte pare quasi che voli o si teletrasporti, ha una forza sovrumana che gli permette di sgominare da solo numerosi bulli insieme.
Sua caratteristica peculiare è che non ha il senso della privacy: frasi che andrebbero dette in privato lui le spara a Uka in pubblico davanti a tremila persone: la tv lo intervista e lui se ne esce con “a Ishimori ci penso io”, così, dal nulla. O, non ricordo in quale occasione, sempre davanti a tutta la scuola “Veglierò su di te, per sempre”.
Oppure gli chiedono di fare il discorso di apertura del quadrimestre (perchè mai chiederlo a lui, poi? Persone più inadatte ne abbiamo?) e anche li un’altra frase di quelle che andrebbero sussurrate in intimità e che invece urla al microfono in aula magna. A tu per tu invece tratta Uka come se fosse una minorata mentale, la salva ma guardandola ogni volta dall’alto in basso con sguardo severo e dandole lezioni di vita, che lei accoglie con occhi sgranati come rivelazioni del suo Dio. Pare un mental coach ingaggiato dalla famiglia per farle riacquistare autostima.
Ah, nelle loro interazioni c’è spesso di mezzo qualche lemon soda, che compare nei momenti più inaspettati: a chi andrà in faccia stavolta?
Se i due protagonisti sono delle caricature viventi, la fauna umana attorno a loro non è da meno.
Honey Lemon Soda ci trasporta infatti in un universo parallelo in cui è normale che una ragazza venga bullizzata ad ogni angolo da chiunque la capiti a tiro; in cui un ragazzo popolare viene quotidianamente e continuamente avvicinato ovunque vada (a scuola, per la strada, in spiaggia, nei locali) da gente a caso sconosciuta che gli chiede pubblicamente, davanti a tutti, dettagli della sua vita privata (con chi sta, con chi si è lasciato, perchè, come); in cui nessuna persona ha il buon gusto e il contegno di tenere per se pensieri ingiuriosi o impertinenti; in cui Uka ovunque vada intercetti di continuo per caso gente che spettegola specificatamente di lei o del ragazzo che le piace.
Penso sia uno degli anime con i dialoghi più improbabili mai sentiti.
Sa tutto di così forzato e irreale che l’unica cosa che avrebbe potuto salvare sta roba sarebbe stato se fosse venuto fuori che Uka aveva avuto un incidente e tutto ciò che vedevamo era un ingenuo sogno di questa povera creatura.
Tecnicamente discreto: i disegni sono abbastanza buoni, le animazioni non semre fluide e a volte fanno un effetto Picasso. OST come detto troppo pesantona. Sigle carine.
Onestamente verso la fine sono andato avanti per la comicità involontaria, fingendo si trattasse di una parodia di un romance. In questa chiave devo dire che faceva anche ridere.
Ma insomma, stiamo pur sempre parlando di uno dei peggiori romance che abbia visto negli ultimi anni.
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