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Ken Wakui è conosciuto soprattutto per serie che parlano di delinquenti e yakuza questo perché l’autore bazzicava certi ambienti ed era specializzato se ricordo bene nella gestione del mercato della prostituzione.
La sua prima opera è un seinen in trentotto volumi intitolato Shinjuku Swan, che conoscerà anche il passaggio in film, a cui seguiranno opere meno fortunate conclusesi in ana manciata di volumi ciascuna.
Il vero successo arriva con una opera sui teppisti, ma per un pubblico più giovane: si tratta infatti di uno shonen dal titolo Tokyo Revengers. Fino a quel momento i suoi manga vengono tutti pubblicati dalla Kodansha, ma ora che ha avuto un manga di enorme successo con tanto di serie anime plurilodata decide di passare alla concorrenza: chi infatti non desidera essere edito su Shonen Jump, la più mitica rivista di fumetti del Giappone e forse del mondo intero?
Nasce così un battle shonen ambientato come al solito nel mondo della mala.
Se in Tokyo revengers i protagonisti erano ragazzini che davano botte che neanche gli adulti, andavano in moto e si divertivano, in Astro Royale i protagonisti sembrano ancora più giovani e dopo un inizio (ir)realistico che parlava di sti yakuza bambini che fanno del bene alla comunità si trasforma in un manga d’azione, un po’ drammatico in cui dei bambini mafiosi ottengono da una pioggia di meteore poteri eccezionali.
Inizia la lotta fra fratelli yakuza. Fra buoni e cattivi: tutti dotati di nuovi poteri.
I 50 episodi della serie si fanno in genere leggere… ma non mi sono mai trovato a dire: che meraviglia!
Era un compitino regolare senza mai quello sprazzo di genialità, con disegni nella norma e in cui la fama dell’autore non bastata per creare un fan base.
Credo che in fondo il motivo per cui era ambientato nel mondo della mala era infatti attirare gli orfani di Tokyo Revengers ma che l’esperimento è andato male: il manga che Wakui aveva pubblicato per la Kodansha aveva un pur se debole aria di possibilità e di realismo, Astro royale invece era tutto basato sul soprannaturale e sulle botte e poteva essere ambientato in qualunque ambiente che queste sarebbero state quelle che lo caratterizzavano.
Quindi do come voto sei e non lo consiglio: si fa leggere ma senza lasciare niente per cui valga la pena ricordarlo.