Mimì e la nazionale di pallavolo
Come Shingo Tamai stava al calcio, Tommy Young stava al baseball e Naoto Date stava al wrestling, fra la fine degli anni '60 e l'inizio degli anni '70, in Giappone, Mimì (Kozue) Ayuhara stava alla pallavolo femminile. L'interessante storia di una giovane giocatrice, assai lontana dalla solare Mila Hazuki degli anni '80, è fatta di sacrifici, dolori, gioie e amore verso lo sport, in special modo verso la pallavolo. Sì, la protagonista non è che abbia molte espressioni facciali (specie quando diventa più grande), però c'è da ricordarsi che negli anni '60 l'animazione giapponese non era così evoluta come quella di oggi. E poi, oltre a Mimì, ce n'erano di giocatrici, come la rossa Midori, che potevano far sognare anche uno spettatore di sesso maschile.
Rammento la durezza degli allenamenti, le partite intense, la rivalità che diventava amicizia e gli allenatori severi ma giusti. Ricordo anche che Mimì era una ragazza decisa, una Shingo Tamai in gonnella - lei, però, non era mai stata una teppista, o una sbruffona a scuola, ma una studentessa modello -, ma anche le sue rivali erano così. L'umorismo nell'anime era pressoché nullo, qui contavano altri valori e, quindi, si faceva sul serio e si giocava duro. Sono molto attaccato alle prime ventisei puntate dell'anime, soprattutto al doppiaggio con Laura Boccanera, e alla divisa bianca a righe rosse che la ragazzina indossava, ma non disprezzavo il resto dell'opera.
Molto orecchiabile è la canzone di Giorgia Lepore, che faceva da sigla italiana alla serie. Purtroppo, fra gli errori di questa serie, in Italia, c'è il ridoppiaggio dell'intera serie degli anni '90, imposto da Mediaset. Ma come, non bastava quello anni '80?
Comunque, all'intera opera regalo un bel sette pieno, perché Mimì, Midori e le altre se lo meritano.
Rammento la durezza degli allenamenti, le partite intense, la rivalità che diventava amicizia e gli allenatori severi ma giusti. Ricordo anche che Mimì era una ragazza decisa, una Shingo Tamai in gonnella - lei, però, non era mai stata una teppista, o una sbruffona a scuola, ma una studentessa modello -, ma anche le sue rivali erano così. L'umorismo nell'anime era pressoché nullo, qui contavano altri valori e, quindi, si faceva sul serio e si giocava duro. Sono molto attaccato alle prime ventisei puntate dell'anime, soprattutto al doppiaggio con Laura Boccanera, e alla divisa bianca a righe rosse che la ragazzina indossava, ma non disprezzavo il resto dell'opera.
Molto orecchiabile è la canzone di Giorgia Lepore, che faceva da sigla italiana alla serie. Purtroppo, fra gli errori di questa serie, in Italia, c'è il ridoppiaggio dell'intera serie degli anni '90, imposto da Mediaset. Ma come, non bastava quello anni '80?
Comunque, all'intera opera regalo un bel sette pieno, perché Mimì, Midori e le altre se lo meritano.
Ah, Mimì! Quante emozioni mi riporta alla mente quest'anime!
Ecco la trama: "Attack No.1" (il titolo originale della serie) ha come protagonista Mimì/Kozue Ayuhara, una studentessa del liceo Fujimi, appena trasferitasi da Tokyo per problemi di salute. E' una ragazza molto romantica e sognatrice e molto intelligente e a scuola fa subito amicizia con il gruppo delle "svogliate". La sua più grande passione però è una sola: la pallavolo.
Esaminiamo i vari pregi e difetti dell'anime cominciando dalla grafica: è accettabile, ma niente di eccezionale, visto che l'anime è degli anni '70; eppure Mimì/Kozue è molto carina con i suoi occhioni verdi e il fiocco tra i capelli. Lo stesso vale per le sue compagne di squadra, tranne forse per l'energica Midori, il cui chara design non mi piace particolarmente. Le animazioni sono negli standard di quegli anni e di certo non troveremo palle che si deformano al contatto con le mani delle giocatrici, come in Mila e Shiro, e questo secondo me è un grande pregio.
I personaggi sono caratterizzati alla perfezione, soprattutto la nostra protagonista, che appare sempre dolce e determinata. Questo è possibile poiché, oltre alla pallavolo, vedremo le ragazze alle prese con i problemi scolastici, con la scelta della propria strada una volta diventate adulte, oltre che con problemi come la violenza, l'invidia, ecc. e anche con l'amore. E per amore non intendo quello che prova Mila per Shiro, personaggio molto piatto, il solito figo di turno che serve a far sbavare le fan-girl, ma intendo un amore che nasce piano piano, inconsapevolmente e silenziosamente: un amore vero e sincero, insomma.
Comunque, la storia procede in maniera fluida, si rimane affascinati da quest'anime, che non è una banale sfilza di partite e schiacciate, ma è molto di più. "Attack No.1" è per moltissimi aspetti il realismo allo stato puro. So che è difficile da credere, ma è così. Molti diranno che la storia è drammatica all'inverosimile, che Kozue è una masochista, feticista, eccetera eccetera, che non esistono allenatori così sadici come Diego Nacchi, e così via. Forse non tutti sanno che la storia di quest'anime è basata sui successi della nazionale giapponese all'incirca negli anni '60, durante le olimpiadi di Tokyo, dove le famose "Streghe d'Oriente" si classificarono prime in barba alla potentissima Russia, guidate e allenate da Daimatsu, ovvero Diego Nacchi versione reale.
Lo spirito che Kozue mette negli allenamenti è quello di ogni giocatrice seria che ama questo sport, perché la pallavolo non è fatta di risate, ma molto spesso di lacrime e sudore e tantissima determinazione, e ve lo dice una che di pallavolo ha alle spalle 9 anni. Altro che Mila, Mimì è una vera campionessa, la migliore pallavolista della storia animata.
In Italia la serie giunse nel 1981, furono realizzati tre doppiaggi e tre sigle.
Il mio voto è 10 su tutta la linea: serie consigliatissima.
Ecco la trama: "Attack No.1" (il titolo originale della serie) ha come protagonista Mimì/Kozue Ayuhara, una studentessa del liceo Fujimi, appena trasferitasi da Tokyo per problemi di salute. E' una ragazza molto romantica e sognatrice e molto intelligente e a scuola fa subito amicizia con il gruppo delle "svogliate". La sua più grande passione però è una sola: la pallavolo.
Esaminiamo i vari pregi e difetti dell'anime cominciando dalla grafica: è accettabile, ma niente di eccezionale, visto che l'anime è degli anni '70; eppure Mimì/Kozue è molto carina con i suoi occhioni verdi e il fiocco tra i capelli. Lo stesso vale per le sue compagne di squadra, tranne forse per l'energica Midori, il cui chara design non mi piace particolarmente. Le animazioni sono negli standard di quegli anni e di certo non troveremo palle che si deformano al contatto con le mani delle giocatrici, come in Mila e Shiro, e questo secondo me è un grande pregio.
I personaggi sono caratterizzati alla perfezione, soprattutto la nostra protagonista, che appare sempre dolce e determinata. Questo è possibile poiché, oltre alla pallavolo, vedremo le ragazze alle prese con i problemi scolastici, con la scelta della propria strada una volta diventate adulte, oltre che con problemi come la violenza, l'invidia, ecc. e anche con l'amore. E per amore non intendo quello che prova Mila per Shiro, personaggio molto piatto, il solito figo di turno che serve a far sbavare le fan-girl, ma intendo un amore che nasce piano piano, inconsapevolmente e silenziosamente: un amore vero e sincero, insomma.
Comunque, la storia procede in maniera fluida, si rimane affascinati da quest'anime, che non è una banale sfilza di partite e schiacciate, ma è molto di più. "Attack No.1" è per moltissimi aspetti il realismo allo stato puro. So che è difficile da credere, ma è così. Molti diranno che la storia è drammatica all'inverosimile, che Kozue è una masochista, feticista, eccetera eccetera, che non esistono allenatori così sadici come Diego Nacchi, e così via. Forse non tutti sanno che la storia di quest'anime è basata sui successi della nazionale giapponese all'incirca negli anni '60, durante le olimpiadi di Tokyo, dove le famose "Streghe d'Oriente" si classificarono prime in barba alla potentissima Russia, guidate e allenate da Daimatsu, ovvero Diego Nacchi versione reale.
Lo spirito che Kozue mette negli allenamenti è quello di ogni giocatrice seria che ama questo sport, perché la pallavolo non è fatta di risate, ma molto spesso di lacrime e sudore e tantissima determinazione, e ve lo dice una che di pallavolo ha alle spalle 9 anni. Altro che Mila, Mimì è una vera campionessa, la migliore pallavolista della storia animata.
In Italia la serie giunse nel 1981, furono realizzati tre doppiaggi e tre sigle.
Il mio voto è 10 su tutta la linea: serie consigliatissima.
Quando ero bambina e guardavo Mila e Shiro ogni tanto sentivo qualcuno che affermava "è la cugina della grande Mimì Ayuhara", e io mi chiedevo sempre: "Ma chi è questa Mimì?". In seguito ho scoperto innanzitutto che Mimì e Mila non sono parenti e inoltre ho avuto in seguito il piacere di vedere l'anime. La trama è la seguente: abbiamo una ragazza che con entusiasmo e duri allenamenti vive la sua forte passione per la pallavolo, una passione che la porterà non solo in nazionale ma anche a vincere le Olimpiadi.
Ecco, tra i difetti sicuramente abbiamo i toni, a mio avviso troppo drammatici, oltre alla presenza di durissimi allenamenti a cui Mimì e compagne vengono sottoposte.
Tra i pregi abbiamo la presenza di lealtà e amicizia, uniti all'importanza del lavoro di squadra.
Quello che mi colpì fu inoltre il forte senso patriottico.
Per quanto riguarda i disegni non sono poi così belli, ma considerando il fatto che correva l'anno 1969, direi che "Mimì e la nazionale di Pallavolo" è un buon anime.
Ecco, tra i difetti sicuramente abbiamo i toni, a mio avviso troppo drammatici, oltre alla presenza di durissimi allenamenti a cui Mimì e compagne vengono sottoposte.
Tra i pregi abbiamo la presenza di lealtà e amicizia, uniti all'importanza del lavoro di squadra.
Quello che mi colpì fu inoltre il forte senso patriottico.
Per quanto riguarda i disegni non sono poi così belli, ma considerando il fatto che correva l'anno 1969, direi che "Mimì e la nazionale di Pallavolo" è un buon anime.
A quanto pare i pareri circa questo anime sono piuttosto discordanti. Beh, per me "Mimì e la nazionale della pallavolo" (da non confondere con "Mimì e le ragazze della pallavolo", da esso lontano anni luce, attenzione!) è l'anime sportivo più bello che io abbia mai visto. E' vero, i disegni non sono eccezionali e l'animazione non è delle migliori, e questo è comprensibile anche considerando quanto sia datato, ma su questo si può sorvolare tranquillamente per concentrarsi sulla storia, che non è semplicemente una noiosa sequenza di partite. Quello che ho tanto apprezzato infatti è proprio che, sì, lo sport è importantissimo per Mimì/Kozue, ma a differenza dei personaggi di altri anime lei resta anche una ragazza, e perciò altrettanto importanti sono per lei i problemi della vita quotidiana.
Mimì coltiva le sue amicizie e ha modo di innamorarsi, al punto che la sua vita sentimentale arriva ogni tanto anche a mettere in crisi la sua carriera sportiva, altro che Mila Azuki, che accetta tranquillamente che Shiro la trascuri con la stupida scusa che si fossero frequentati lei si sarebbe distratta troppo e non avrebbe potuto giocare al meglio: avrebbe potuto crederci solo una sempliciotta come lei, secondo me quel furbastro voleva soltanto volare indisturbato di fiore in fiore senza correre rischi, considerando che lei era pure abbastanza forte e picchiava duro.
Certo, Mimì è molto seria, non la vedremo mai protagonista delle gag comicissime che hanno protagonista Mila: se Mila si becca un pallone in faccia la vediamo con la faccia da idiota e l'impronta dei solchi per tutta la faccia, se se lo becca Mimì o qualcun'altra dell'anime la poveretta come minimo sviene se non viene portata in ospedale sotto gli occhi terrorizzati di tutti. Ma a me Mimì, che si ritrova a vivere anche situazioni molto drammatiche, mi è molto più simpatica. E in fondo certe scene che tanti anni fa mi potevano fare impressione, come il famoso allenamento con le catene ai polsi, ora mi fanno sorridere per quanto siano esagerate.
La caratterizzazione dei personaggi è buona, anche se purtroppo alcuni di loro per via dei disegni semplici si somigliano un po' creando un po' di confusione.
Un discorso particolare meritano doppiaggio e sigla, dato che quest'anime ha avuto 3 sigle e 3 doppiaggi. Per quanto riguarda le sigle, la prima, "New toy", cantata da Lene Lovich, non ce l'ho proprio presente, non so se l'ho mai ascoltata. La seconda sigla è quella che preferisco, La fantastica "Mimì" cantata da Giorgia Lepore; la terza sigla invece è il solito scempio mediasettiano creato apposta per Cristina D'Avena, in concomitanza con il passaggio dell'anime su Mediaset.
Per quanto riguarda i doppiaggi, la 1a edizione italiana dell'anime ne ha avuto uno per la prima parte e uno per la seconda parte della storia. All'inizio Mimì era doppiata da Laura Boccanera (la doppiatrice di Candy Candy e Maria Antonietta) e Midori da Gabriella Andreini; poi sono subentrate Beatrice Margiotti come voce di Mimì e Francesca Rossiello per Midori: questo è il doppiaggio che ritengo il migliore, forse anche perché condizionata dal fatto che la Rossiello ha doppiato la protagonista del mio anime preferito, Benio/Anne Hanamura in Mademoiselle Anne.
La 2a edizione italiana ha subìto un ridoppiaggio, anche in concomitanza con il passaggio dell'anime su Mediaset. Per me Francesca Valenti è inascoltabile come Mimì, ma in compenso Hongo è doppiato dal bravissimo Marco Balzarotti.
Insomma, per i doppiaggi non posso essere categorica come per le sigle, per me ciascuno ha i suoi pro e i suoi contro, però dovendone per forza scegliere uno preferisco il 2° doppiaggio della 1a edizione.
Concludendo, considerando i vari elementi, posso dare tranquillamente un 9.
Mimì coltiva le sue amicizie e ha modo di innamorarsi, al punto che la sua vita sentimentale arriva ogni tanto anche a mettere in crisi la sua carriera sportiva, altro che Mila Azuki, che accetta tranquillamente che Shiro la trascuri con la stupida scusa che si fossero frequentati lei si sarebbe distratta troppo e non avrebbe potuto giocare al meglio: avrebbe potuto crederci solo una sempliciotta come lei, secondo me quel furbastro voleva soltanto volare indisturbato di fiore in fiore senza correre rischi, considerando che lei era pure abbastanza forte e picchiava duro.
Certo, Mimì è molto seria, non la vedremo mai protagonista delle gag comicissime che hanno protagonista Mila: se Mila si becca un pallone in faccia la vediamo con la faccia da idiota e l'impronta dei solchi per tutta la faccia, se se lo becca Mimì o qualcun'altra dell'anime la poveretta come minimo sviene se non viene portata in ospedale sotto gli occhi terrorizzati di tutti. Ma a me Mimì, che si ritrova a vivere anche situazioni molto drammatiche, mi è molto più simpatica. E in fondo certe scene che tanti anni fa mi potevano fare impressione, come il famoso allenamento con le catene ai polsi, ora mi fanno sorridere per quanto siano esagerate.
La caratterizzazione dei personaggi è buona, anche se purtroppo alcuni di loro per via dei disegni semplici si somigliano un po' creando un po' di confusione.
Un discorso particolare meritano doppiaggio e sigla, dato che quest'anime ha avuto 3 sigle e 3 doppiaggi. Per quanto riguarda le sigle, la prima, "New toy", cantata da Lene Lovich, non ce l'ho proprio presente, non so se l'ho mai ascoltata. La seconda sigla è quella che preferisco, La fantastica "Mimì" cantata da Giorgia Lepore; la terza sigla invece è il solito scempio mediasettiano creato apposta per Cristina D'Avena, in concomitanza con il passaggio dell'anime su Mediaset.
Per quanto riguarda i doppiaggi, la 1a edizione italiana dell'anime ne ha avuto uno per la prima parte e uno per la seconda parte della storia. All'inizio Mimì era doppiata da Laura Boccanera (la doppiatrice di Candy Candy e Maria Antonietta) e Midori da Gabriella Andreini; poi sono subentrate Beatrice Margiotti come voce di Mimì e Francesca Rossiello per Midori: questo è il doppiaggio che ritengo il migliore, forse anche perché condizionata dal fatto che la Rossiello ha doppiato la protagonista del mio anime preferito, Benio/Anne Hanamura in Mademoiselle Anne.
La 2a edizione italiana ha subìto un ridoppiaggio, anche in concomitanza con il passaggio dell'anime su Mediaset. Per me Francesca Valenti è inascoltabile come Mimì, ma in compenso Hongo è doppiato dal bravissimo Marco Balzarotti.
Insomma, per i doppiaggi non posso essere categorica come per le sigle, per me ciascuno ha i suoi pro e i suoi contro, però dovendone per forza scegliere uno preferisco il 2° doppiaggio della 1a edizione.
Concludendo, considerando i vari elementi, posso dare tranquillamente un 9.
Analizziamo con calma il capolavoro in questione. Allora, c'è questa ragazza, Mimi Ayuhara, che è bravissimissima a pallavolo, quindi il suo destino è segnato: sarà la più grande pallavolista della storia dell'umanità! Attenzione, lei ha pure il fuoco che arde nelle pupille sbrilluccicose, che è segno inequivocabile di stratosferico talento e immensa virtù. Nella sua strada lunga un centinaio di puntate per la gloria eterna, affronterà allenamenti che neanche un atleta dopato reggerebbe, si scontrerà con avversarie crudeli e affamate quanto lei di gloria eterna, vedrà svenire un bel po' di compagne di squadra durante gli allenamenti o le partite (naturalmente giocate anche se infortunate), e sarà allenata da criminali di guerra giapponesi riciclatisi allenatori di pallavolo.
Ah, e in tutto ciò muore anche una persona a lei cara. Si spera dunque che dopo l'ultima puntata Mimì si sia finalmente presa una sbronza, o almeno sia andata a fare shopping, perché questa, almeno secondo le vicende della serie, è tipo dal liceo che non esce con le amiche a prendersi un caffè.
Comunque, questo anime è l'ideale per invogliarvi a iniziare a fumare, mangiare tanto, smettere di inseguire un sogno, cambiare canale quando gioca la nazionale italiana di pallavolo. Sì, perché Mimi e la nazionale della pallavolo è un anime così drammatico, duro, triste, faticoso... l'ho detto duro? Vabbè, è un tale concentrato di negatività da sfiorare il sadomasochismo. Come non citare la scena eletta da una giuria demoscopica (composta da me e dalle mie personalità multiple) come "boiata del secolo", ovvero quando Mimì ha la geniale pensata di allenarsi con le catene ai polsi? Una scena così drammaticamente drammatica da sfiorare involontariamente il fetish: suvvia, una giovane pallavolista, tutta ricoperta di sudore, che si allena incatenata, non so, a voi cosa suggerisce? Certo che dopo una simile scena non le farei mai e poi mai pubblicizzare le merendine Kinder.
Ma non fermiamoci alla sceneggiatura: tutto nell'anime concorre a rendere il clima opprimente e devastante. Partiamo dal character design: per quanto Mimì abbia un adorabile fiocco giallo a raccoglierle i capelli e due occhioni da eroina shojo, non la vedrete mai farsi 'na bella risata. Ma nessuno ride in questo anime, che vi credete? L'espressione tipo è quella accigliata, che ben riassume i due stati d'animo principali dei personaggi: rabbia e determinazione. Solitamente è così: l'allenatore bestemmia accigliato contro Mimì o una delle sue compagne perché... perché sì (l'umanità, questa sconosciuta!) e Mimì e le sue compagne aggrottano le sopracciglia e stringono i denti per soddisfare le attese dell'allenatore di turno (cosa che è impossibile, visto che gli allenatori in questo anime non fanno mai apprezzamenti alle loro giocatrici, al massimo LI PENSANO dopo una vittoria). Certe volte si scorgono altre due espressioni: lo stupore, sottolineato da delle piccole linee gialle che spuntano accanto al viso della giocatrice basita, che avviene quando qualcuno assiste a qualcosa di pazzesco (tipo un colpo imprendibile, o la pretesa assurdo di turno dell'allenatore di turno) e il pianto, of course.
La colonna sonora, poi, che capolavoro! Se tutto concorreva a rendere leggera la visione, la colonna sonora è la ciliegina su questa torta al cemento armato. O abbiamo tristi violini, o abbiamo il tamburo battente stile esecuzione capitale.
Se si ha una buona dose di ironia questo anime è involontariamente più divertente di C'era una volta Pollon, e dato che ha salvato molte mie serate metto sei. Non metto di più perché se magari non lo avessi visto io avrei fatto sport e adesso avrei un fisico da urlo.
Ah, e in tutto ciò muore anche una persona a lei cara. Si spera dunque che dopo l'ultima puntata Mimì si sia finalmente presa una sbronza, o almeno sia andata a fare shopping, perché questa, almeno secondo le vicende della serie, è tipo dal liceo che non esce con le amiche a prendersi un caffè.
Comunque, questo anime è l'ideale per invogliarvi a iniziare a fumare, mangiare tanto, smettere di inseguire un sogno, cambiare canale quando gioca la nazionale italiana di pallavolo. Sì, perché Mimi e la nazionale della pallavolo è un anime così drammatico, duro, triste, faticoso... l'ho detto duro? Vabbè, è un tale concentrato di negatività da sfiorare il sadomasochismo. Come non citare la scena eletta da una giuria demoscopica (composta da me e dalle mie personalità multiple) come "boiata del secolo", ovvero quando Mimì ha la geniale pensata di allenarsi con le catene ai polsi? Una scena così drammaticamente drammatica da sfiorare involontariamente il fetish: suvvia, una giovane pallavolista, tutta ricoperta di sudore, che si allena incatenata, non so, a voi cosa suggerisce? Certo che dopo una simile scena non le farei mai e poi mai pubblicizzare le merendine Kinder.
Ma non fermiamoci alla sceneggiatura: tutto nell'anime concorre a rendere il clima opprimente e devastante. Partiamo dal character design: per quanto Mimì abbia un adorabile fiocco giallo a raccoglierle i capelli e due occhioni da eroina shojo, non la vedrete mai farsi 'na bella risata. Ma nessuno ride in questo anime, che vi credete? L'espressione tipo è quella accigliata, che ben riassume i due stati d'animo principali dei personaggi: rabbia e determinazione. Solitamente è così: l'allenatore bestemmia accigliato contro Mimì o una delle sue compagne perché... perché sì (l'umanità, questa sconosciuta!) e Mimì e le sue compagne aggrottano le sopracciglia e stringono i denti per soddisfare le attese dell'allenatore di turno (cosa che è impossibile, visto che gli allenatori in questo anime non fanno mai apprezzamenti alle loro giocatrici, al massimo LI PENSANO dopo una vittoria). Certe volte si scorgono altre due espressioni: lo stupore, sottolineato da delle piccole linee gialle che spuntano accanto al viso della giocatrice basita, che avviene quando qualcuno assiste a qualcosa di pazzesco (tipo un colpo imprendibile, o la pretesa assurdo di turno dell'allenatore di turno) e il pianto, of course.
La colonna sonora, poi, che capolavoro! Se tutto concorreva a rendere leggera la visione, la colonna sonora è la ciliegina su questa torta al cemento armato. O abbiamo tristi violini, o abbiamo il tamburo battente stile esecuzione capitale.
Se si ha una buona dose di ironia questo anime è involontariamente più divertente di C'era una volta Pollon, e dato che ha salvato molte mie serate metto sei. Non metto di più perché se magari non lo avessi visto io avrei fatto sport e adesso avrei un fisico da urlo.
Ho rivisto dopo anni quasi tutti gli episodi di Mimì e la nazionale di pallavolo, un vero e proprio capolavoro, travolgente, indimenticabile. Trasmette passione ed entusiasmo non tanto per lo sport della pallavolo, ma per la vita in generale. Lo spettatore si identifica ben presto nella protagonista, adottando ben presto i valori del sacrificio e della lotta per i sani ideali nella propria vita, professionale o sportiva. Guadare Mimì invoglia a non darsi mai per vinti, a lottare fino allo sfinimento per realizzare i propri sogni. Questo cartone è una scarica di adrenalina pura. Chi si sofferma sull'inverosimiglianza degli attacchi o sulle espressioni dei protagonisti non sa vedere al di là del proprio naso, peccato, non sa cosa perde!
<b>[Attenzione, spoiler!]</b>
Per non parlare poi della travolgente vicenda personale di Mimì, che perde il primo amore nel modo più tragico. Crudo, ma struggentemente reale. Questa storia è l'esemplificazione della vita di ciascuno: chi non ha perso qualcuno di caro nella propria vita? chi non ha mai avuto delusioni amorose? È questo che fa di Mimì l'esemplificazione di un'eroina estemporanea, modello per coloro che credono nella strenua fatica per arrivare alle mete prescelte, che lottano, soffrono, a cui nessuno regala mai nulla, che percorrono sempre e comunque le strade più insidiose, e che raggiungono i propri traguardi con orgoglio e sudore. Grazie agli ideatori di Mimì.
<b>[Attenzione, spoiler!]</b>
Per non parlare poi della travolgente vicenda personale di Mimì, che perde il primo amore nel modo più tragico. Crudo, ma struggentemente reale. Questa storia è l'esemplificazione della vita di ciascuno: chi non ha perso qualcuno di caro nella propria vita? chi non ha mai avuto delusioni amorose? È questo che fa di Mimì l'esemplificazione di un'eroina estemporanea, modello per coloro che credono nella strenua fatica per arrivare alle mete prescelte, che lottano, soffrono, a cui nessuno regala mai nulla, che percorrono sempre e comunque le strade più insidiose, e che raggiungono i propri traguardi con orgoglio e sudore. Grazie agli ideatori di Mimì.
Da nostalgico appassionato delle serie sportive direi che in confronto a Mila e Shiro questa è una serie mitica e senza paragoni: gli occhi da cerbiatta di Ayuhara e compagne, gli allenamenti mostruosi, tutto mi piace di questa serie. Lo spirito dell'amicizia che contagia compagne ed avversarie e la serietà: in confronto a quegli stupidini di Mila e Shiro non c'è alcun paragone. Se penso a mia cugina che ha iniziato a giocare a pallavolo grazie a questa serie (imitando pure la protagonista, tenendo sempre i capelli a coda di cavallo mentre giocava) direi che è un capolavoro senza tempo. Da rivedere sempre finché la daranno, in digitale (Rai Gulp) poi è spettacolare!
Anni '60, 1968 per la precisione: in Giappone nasce lo shoujo, o se non nasce si rinnova e comincia la sua scalata al successo proprio con questa serie.
Esiste una tradizione americana basata sul concetto del "basta volerlo". Basta volerlo veramente e tutto si avvera. Pratico. Facile. Falso. Orribile... Non basta volere qualcosa per ottenerlo, questa è solo pubblicità spicciola. E a Mimì non basta volerlo. Anche se è il suo desiderio più grande al mondo, l'unico luogo dove lei trova la sua realizzazione personale. Dove esiste un'unica strada: allenarsi. Allenarsi colpite dalle impietose e crudeli pallonate lanciate dall'allenatore, in pieno volto e in pieno stomaco, a sputare sangue e saliva sotto gli allenamenti. Non basta qualche sciocchezza spicciola e non basta volerlo.
Lo vuoi veramente? Dimostralo combattendo fino a crollare, non c'è riconoscimento dal cielo, c'è solo sofferenza e dolore in vista del traguardo finale, lottando duramente fino a crollare sul campo e rialzarsi dolorante per continuare a lottare. Una lotta di Mimì su tutti i fronti, sia per guadagnare la vittoria sia per guadagnare il rispetto delle sue compagne, in un ambiente a volte totalmente degenere e di completo nonnismo in cui la miglior possibilità per togliersela dai piedi sarà umiliarla o cercare di mandarla all'ospedale. E il vero allenatore non sarà una stampella o una bàlia, ma sarà colui che veramente ti insegnerà a rialzarti con le tue braccia nonostante le ferite e a combattere. Anche in modo crudele, anche in modo quasi sadico visti gli allenamenti a cui sottopone le sue ragazze.
Detto questo purtroppo nella versione italiana di prima trasmissione molto si perse, visto che alle bambine non era adatto far vedere la lotta di Mimì contro le sofferenze, meglio far credere a tutte che vivesse come Barbie, che è molto più educativo... E così le pallonate in pieno ventre furono tolte, ma fortunatamente reinserite nella versione Yamato Video trasmessa su Rai Gulp.
Patriottico, chiederete? Sì, decisamente, in un momento in cui il Giappone ne aveva forte bisogno, e pregno di una forte retorica sul dolore dello sport ma anche sulle sue soddisfazioni. E non sarà raro vedere Mimì abbracciare e stringere la mano alle rivali dopo le partite più dure, visto che anche le sue rivali e compagne saranno dotate di un duro passato.
Insensato? A volte, dal momento che le tecniche per vari motivi diventeranno sempre più improbabili (quando si parlerà di punti ciechi e simili) e le acrobazie sempre più folli, come tipico di molte serie di combattimento.
A livello di animazione, se confrontato con i tempi nostri, purtroppo arrivano le note dolenti. I personaggi hanno sì e no due espressioni in tutta la serie, metà delle scene sono ripetute svariate volte nella stessa partita e quindi questo rende l'anime poco adatto specialmente a un pubblico giovane, incapace di vedere con tenerezza lo stile dei grandi anime degli anni che furono, e uno stile dei tempi andati non raro per l'epoca, adeguato per chi riesce a vedere tutto questo come uno stimolo per sognare e per colmare le mancanze, ma che purtroppo non conquista sguardi più freddi e collegati a quest'animazione.
E in ogni caso non importa quante scene siano ripetute, e quante poche espressioni abbiano le protagoniste, se il ritmo della storia riesce a supplire eccelsamente a tutte le mancanze. E se vi sembra tutto già visto, non è perché Mimì abbia copiato qualcosa, è solo perché quest'anime ha avuto un'ampia quantità di figli che lo hanno fortemente ripreso sotto svariati aspetti. Sarebbe un po' come leggere l'Odissea e dire che è scopiazzata dall'Eneide.
In definitiva "Mimì e la nazionale di pallavolo" è un anime dal grande valore storico, che fu capace di mutare il suo genere ed è capace di alimentare la tensione che contiene scena per scena, anche supplendo a quelli che a noi sembrano i difetti dell'animazione - che in realtà altro non sono che l'espressione di uno stile che è andato migliorandosi. Una storia sullo struggimento e sul dolore capace di coinvolgere chiunque non sia troppo freddo nei confronti della protagonista: non ci sono altre scelte, commuoversi di fronte alla sua guerra personale in campo e fuori da esso oppure spegnere la televisione e credere di essere superiori a lei, girandosi magari verso l'America delle grandi illusioni dove non serve dolore e fatica, ma basta volere veramente con un po' di fortuna per diventare l'attaccante numero uno al mondo.
Esiste una tradizione americana basata sul concetto del "basta volerlo". Basta volerlo veramente e tutto si avvera. Pratico. Facile. Falso. Orribile... Non basta volere qualcosa per ottenerlo, questa è solo pubblicità spicciola. E a Mimì non basta volerlo. Anche se è il suo desiderio più grande al mondo, l'unico luogo dove lei trova la sua realizzazione personale. Dove esiste un'unica strada: allenarsi. Allenarsi colpite dalle impietose e crudeli pallonate lanciate dall'allenatore, in pieno volto e in pieno stomaco, a sputare sangue e saliva sotto gli allenamenti. Non basta qualche sciocchezza spicciola e non basta volerlo.
Lo vuoi veramente? Dimostralo combattendo fino a crollare, non c'è riconoscimento dal cielo, c'è solo sofferenza e dolore in vista del traguardo finale, lottando duramente fino a crollare sul campo e rialzarsi dolorante per continuare a lottare. Una lotta di Mimì su tutti i fronti, sia per guadagnare la vittoria sia per guadagnare il rispetto delle sue compagne, in un ambiente a volte totalmente degenere e di completo nonnismo in cui la miglior possibilità per togliersela dai piedi sarà umiliarla o cercare di mandarla all'ospedale. E il vero allenatore non sarà una stampella o una bàlia, ma sarà colui che veramente ti insegnerà a rialzarti con le tue braccia nonostante le ferite e a combattere. Anche in modo crudele, anche in modo quasi sadico visti gli allenamenti a cui sottopone le sue ragazze.
Detto questo purtroppo nella versione italiana di prima trasmissione molto si perse, visto che alle bambine non era adatto far vedere la lotta di Mimì contro le sofferenze, meglio far credere a tutte che vivesse come Barbie, che è molto più educativo... E così le pallonate in pieno ventre furono tolte, ma fortunatamente reinserite nella versione Yamato Video trasmessa su Rai Gulp.
Patriottico, chiederete? Sì, decisamente, in un momento in cui il Giappone ne aveva forte bisogno, e pregno di una forte retorica sul dolore dello sport ma anche sulle sue soddisfazioni. E non sarà raro vedere Mimì abbracciare e stringere la mano alle rivali dopo le partite più dure, visto che anche le sue rivali e compagne saranno dotate di un duro passato.
Insensato? A volte, dal momento che le tecniche per vari motivi diventeranno sempre più improbabili (quando si parlerà di punti ciechi e simili) e le acrobazie sempre più folli, come tipico di molte serie di combattimento.
A livello di animazione, se confrontato con i tempi nostri, purtroppo arrivano le note dolenti. I personaggi hanno sì e no due espressioni in tutta la serie, metà delle scene sono ripetute svariate volte nella stessa partita e quindi questo rende l'anime poco adatto specialmente a un pubblico giovane, incapace di vedere con tenerezza lo stile dei grandi anime degli anni che furono, e uno stile dei tempi andati non raro per l'epoca, adeguato per chi riesce a vedere tutto questo come uno stimolo per sognare e per colmare le mancanze, ma che purtroppo non conquista sguardi più freddi e collegati a quest'animazione.
E in ogni caso non importa quante scene siano ripetute, e quante poche espressioni abbiano le protagoniste, se il ritmo della storia riesce a supplire eccelsamente a tutte le mancanze. E se vi sembra tutto già visto, non è perché Mimì abbia copiato qualcosa, è solo perché quest'anime ha avuto un'ampia quantità di figli che lo hanno fortemente ripreso sotto svariati aspetti. Sarebbe un po' come leggere l'Odissea e dire che è scopiazzata dall'Eneide.
In definitiva "Mimì e la nazionale di pallavolo" è un anime dal grande valore storico, che fu capace di mutare il suo genere ed è capace di alimentare la tensione che contiene scena per scena, anche supplendo a quelli che a noi sembrano i difetti dell'animazione - che in realtà altro non sono che l'espressione di uno stile che è andato migliorandosi. Una storia sullo struggimento e sul dolore capace di coinvolgere chiunque non sia troppo freddo nei confronti della protagonista: non ci sono altre scelte, commuoversi di fronte alla sua guerra personale in campo e fuori da esso oppure spegnere la televisione e credere di essere superiori a lei, girandosi magari verso l'America delle grandi illusioni dove non serve dolore e fatica, ma basta volere veramente con un po' di fortuna per diventare l'attaccante numero uno al mondo.
<b>[Attenzione, questa recensione contiene spoiler.]</b>
Mimì Ayuhara, una ragazza appassionata di pallavolo, arriva in una nuova scuola, il liceo Fujimi. Decisa a non entrare nella squadra ufficiale della scuola, decide di formarne una propria insieme a un gruppo di ragazze considerate le ribelli e le svogliate del liceo. Grazie a duri allenamenti, insieme alla sua squadra riuscirà non solo a battere quella ufficiale, ma anche a convincere tutti che l'idea che fossero delle buone a nulla incapaci di impegnarsi in qualunque cosa, sia sbagliata. Da lì inizia la scalata al successo di Mimì che la porta dal vincere il campionato nazionale fino a giocare il mondiale con la nazionale.
Valori quali l'amicizia, il lavoro di squadra, l'importanza di andare avanti qualunque sia la difficoltà che ci si presenti e di lottare con tutte le proprie forze per quello che si vuole, sono i principali temi trattati da questa serie. Durante il vastissimo arco temporale (s’inizia con Mimì studentessa del ginnasio e si finisce con il campionato mondiale quattro anni dopo), numerosi personaggi si susseguono nella storia. Tanti ma nessuno messo lì a caso. Ognuno apporta qualcosa al valore dell'anime e all'evolversi della trama: da Midori, dapprima rivale di Mimì per il ruolo di capitano a sua migliore amica, ad Hongo, il suo primo allenatore, convinto che la forza di una squadra sia innanzitutto nell'unità di questa, passando per Isabella, asso del liceo Hamaki che vede il suo sogno di diventare una campionessa di pallavolo distrutto da un brutto infortunio, ma trova la forza di rialzarsi e cercare nuove mete da raggiungere, per arrivare a Diego Nacchi, allenatore prima della nazionale junior e poi di quella maggiore, che nasconde dietro un carattere duro e inflessibile, un passato tristissimo.
Primo grande anime a sfondo sportivo, Mimì e la nazionale di pallavolo si differenzia da quello che l'altro anime sulla pallavolo per eccellenza cioè Mila e Shiro, soprattutto per i toni tragici e drammatici con cui è narrata tutta la storia. La continua lotta per essere la migliore giocatrice al mondo, porta Mimì ma anche tutte le altre protagoniste, a continui sacrifici sia sul campo che nella vita, arrivando anche a scelte assolutamente estreme (un paio su tutte: gli allenamenti con le catene di ferro ai polsi per migliorare la ricezione, e Mimì che rinuncia a correre al capezzale del suo amato Tsutomo ferito in un incidente, per giocare la finale del campionato nazionale).
Non ci si accontenta mai. Per ogni meta raggiunta se ne cerca subito un'altra non per primeggiare sugli altri ma per migliore se stessi.
Tutto ciò è evidenziato dalla struggente sigla originale di apertura "Attack8 n. 1" che dice che lacrime e sudore rendono combattivi e che anche se è doloroso e la tristezza ci assale, il raggiungimento della meta che ci siamo prefissati vale qualsiasi sacrificio.
Centoquattro episodi ricchi di emozioni e azioni spettacolari sul campo di pallavolo (dal servizio a foglia cadente, alla capriola aerea, all'attacco invisibile), una colonna sonora che può vantare lo stesso autore delle musiche di Candy Candy e Georgie e che, varia da motivetti fischiettati a melodie con un forte richiamo agli anni '70, e una qualità delle animazioni molto alta e accurata considerando che è stato realizzato nel 1969, rendono quest'opera tuttora assolutamente godibile ed in grado di reggere bene il confronto anche con anime più moderni e quindi con più possibilità tecniche.
Mimì Ayuhara, una ragazza appassionata di pallavolo, arriva in una nuova scuola, il liceo Fujimi. Decisa a non entrare nella squadra ufficiale della scuola, decide di formarne una propria insieme a un gruppo di ragazze considerate le ribelli e le svogliate del liceo. Grazie a duri allenamenti, insieme alla sua squadra riuscirà non solo a battere quella ufficiale, ma anche a convincere tutti che l'idea che fossero delle buone a nulla incapaci di impegnarsi in qualunque cosa, sia sbagliata. Da lì inizia la scalata al successo di Mimì che la porta dal vincere il campionato nazionale fino a giocare il mondiale con la nazionale.
Valori quali l'amicizia, il lavoro di squadra, l'importanza di andare avanti qualunque sia la difficoltà che ci si presenti e di lottare con tutte le proprie forze per quello che si vuole, sono i principali temi trattati da questa serie. Durante il vastissimo arco temporale (s’inizia con Mimì studentessa del ginnasio e si finisce con il campionato mondiale quattro anni dopo), numerosi personaggi si susseguono nella storia. Tanti ma nessuno messo lì a caso. Ognuno apporta qualcosa al valore dell'anime e all'evolversi della trama: da Midori, dapprima rivale di Mimì per il ruolo di capitano a sua migliore amica, ad Hongo, il suo primo allenatore, convinto che la forza di una squadra sia innanzitutto nell'unità di questa, passando per Isabella, asso del liceo Hamaki che vede il suo sogno di diventare una campionessa di pallavolo distrutto da un brutto infortunio, ma trova la forza di rialzarsi e cercare nuove mete da raggiungere, per arrivare a Diego Nacchi, allenatore prima della nazionale junior e poi di quella maggiore, che nasconde dietro un carattere duro e inflessibile, un passato tristissimo.
Primo grande anime a sfondo sportivo, Mimì e la nazionale di pallavolo si differenzia da quello che l'altro anime sulla pallavolo per eccellenza cioè Mila e Shiro, soprattutto per i toni tragici e drammatici con cui è narrata tutta la storia. La continua lotta per essere la migliore giocatrice al mondo, porta Mimì ma anche tutte le altre protagoniste, a continui sacrifici sia sul campo che nella vita, arrivando anche a scelte assolutamente estreme (un paio su tutte: gli allenamenti con le catene di ferro ai polsi per migliorare la ricezione, e Mimì che rinuncia a correre al capezzale del suo amato Tsutomo ferito in un incidente, per giocare la finale del campionato nazionale).
Non ci si accontenta mai. Per ogni meta raggiunta se ne cerca subito un'altra non per primeggiare sugli altri ma per migliore se stessi.
Tutto ciò è evidenziato dalla struggente sigla originale di apertura "Attack8 n. 1" che dice che lacrime e sudore rendono combattivi e che anche se è doloroso e la tristezza ci assale, il raggiungimento della meta che ci siamo prefissati vale qualsiasi sacrificio.
Centoquattro episodi ricchi di emozioni e azioni spettacolari sul campo di pallavolo (dal servizio a foglia cadente, alla capriola aerea, all'attacco invisibile), una colonna sonora che può vantare lo stesso autore delle musiche di Candy Candy e Georgie e che, varia da motivetti fischiettati a melodie con un forte richiamo agli anni '70, e una qualità delle animazioni molto alta e accurata considerando che è stato realizzato nel 1969, rendono quest'opera tuttora assolutamente godibile ed in grado di reggere bene il confronto anche con anime più moderni e quindi con più possibilità tecniche.
Parto con una premessa, avendolo visto in tenera età ricordo di aver visionato una cinquantina di puntate circa, però non ne sono sicuro,puntata più puntata meno la cosa certa è che questo cartone mi ha spaventato, più che un anime a sfondo sportivo è un dramma vero e proprio, l’allenatore andrebbe rinchiuso in un manicomio e certi allenamenti sono davvero orribili.
Pensandoci bene la protagonista è talmente odiosa che, se fossi io l’allenatore, le farei fare allenamenti peggiori, quindi rettifico quanto scritto prima sul povero allenatore e approfitto per incitarlo nel continuare il suo ottimo lavoro.
Ciò che mi turba di più è l’inespressività visiva dei personaggi, a mia memoria alcuni non hanno avuto il benché minimo cambiamento d’espressione per tutta la serie.
Queste pecche di grafica per le attribuisco alla datazione dell’anime, con quei mezzi di allora di meglio non si poteva fare, forse.
A chi ama la pallavolo come sport lo consiglio, se chi lo vede è anche un allenatore di pallavolo consiglio di prendere spunto dalle metodologie d’allenamento molto ercoline presenti nell’anime per allenare i propri giocatori, ovviamente scherzo!
Buona visione.
Pensandoci bene la protagonista è talmente odiosa che, se fossi io l’allenatore, le farei fare allenamenti peggiori, quindi rettifico quanto scritto prima sul povero allenatore e approfitto per incitarlo nel continuare il suo ottimo lavoro.
Ciò che mi turba di più è l’inespressività visiva dei personaggi, a mia memoria alcuni non hanno avuto il benché minimo cambiamento d’espressione per tutta la serie.
Queste pecche di grafica per le attribuisco alla datazione dell’anime, con quei mezzi di allora di meglio non si poteva fare, forse.
A chi ama la pallavolo come sport lo consiglio, se chi lo vede è anche un allenatore di pallavolo consiglio di prendere spunto dalle metodologie d’allenamento molto ercoline presenti nell’anime per allenare i propri giocatori, ovviamente scherzo!
Buona visione.
(nota: per me l'eta' di una serie e' un elemento relativo,visto che ci sono serie molto in la con gli anni che risultano ancora belli da guardare e serie che invecchiano molto male ). Prendete una puntata di Mai Dire Banzai e rimuovete le risate e le situazioni comiche: ecco in breve una descrizione di questo anime.Ora,e' chiaro lo scopo di questa produzione,destinata al pubblico giapponese del dopoguerra:l'intento e' quello di mostrare ai giovincelli nipponici valori come lo spirito di abnegazione e il senso di appartenenza al gruppo tipici della societa' del Sol Levante;questi concetti sono pero' talmente caricati da risultare stucchevoli,al limite del sadismo.
E il tutto in un'atmosfera esageratamente angosciante: gli eventi drammatici si susseguono a catena,piu' che i sorrisi ci sono le lacrime ( di gioia ) e c'e' un "dolorismo" spinto e quasi compiaciuto,che culmina nel famigerato episodio delle catene.
I cliche',presenti in quantita' industriale,li salvo perche' si tratta comunque di una produzione molto in la' con gli anni,ma per il resto mi dispiace ma confermo la mia mezza stroncatura,a testimonianza che non sempre "vecchio" coincide con "buono".
E il tutto in un'atmosfera esageratamente angosciante: gli eventi drammatici si susseguono a catena,piu' che i sorrisi ci sono le lacrime ( di gioia ) e c'e' un "dolorismo" spinto e quasi compiaciuto,che culmina nel famigerato episodio delle catene.
I cliche',presenti in quantita' industriale,li salvo perche' si tratta comunque di una produzione molto in la' con gli anni,ma per il resto mi dispiace ma confermo la mia mezza stroncatura,a testimonianza che non sempre "vecchio" coincide con "buono".
Mimì è un pezzo di storia nella storia dell'animazione giapponese. Personalmente l'ho adorato prendendolo per quello che è, senza soffermarmi sulla verosimiglianza di alcune situazioni. Inoltre vorrei aggiungere anche l'importante messaggio pacifista che era insito in questo anime, come si può vedere nel rapporto di profondo rispetto e amicizia che si instaura tra la protagonista e la russa Selenina e l'americana Kathryn, laddove i rapporti tra queste tre nazioni all'epoca erano più tesi che mai, freschi ancora del conflitto mondiale. Un anime che guarda quindi allo sport anche come strumento di pace, fraternità e tolleranza e che, per questo, rimane per alcuni versi attuale.
Un cartone che nonostante sia stato realizzato in tempi non sospetti, ovvero fine 60 e inizio 70, è stato molto all'avanguardia sotto il profilo dell'animazione e della trama, facendo da apripista successivamente ad altri grandi capolavori del genere sportivo, perciò una base su cui si è retta successivamente un'idea che ha fatto la fortuna di parecchi cartoni dello stesso genere.
Ho sempre detestato le fiamme agli occhi dei protagonisti, il fare praticamente "grr" coi denti ogni volta che ci si arrabbia, però a volte era davvero una esagerazione.
Forse è il cartone che per spirito sportivo e senso di nazionalità incarna più di altri questo tipo di valori, in un certo senso, un cartone sport-nazionalista.
Ma vive di una trama gestita assai bene, con tutte le emozioni e le delusioni di una ragazza che vuole arrivare sul tetto del mondo credendoci pure con le forze che a volte non sono le sue.
Cosa voglio dire con questo?
E' presto detto: l'amicizia di vecchi avversari in campionato, ora compagne di nazionale, la forza dello spirito di gruppo, la voglia di emergere come paese, dopo aver preso solenni batoste in recentissimi incontri fa in modo che il legame indissolubile che unisce queste ragazze diventi l'arma in più per vincere le partite, intenti che saranno grandi linee guida per molti fortunati cartoni che verranno dopo di questo.
Come dicevo, nonostante la sua lunga militanza negli schermi, per il suo anno d'origine, rimarrà sempre un cartone all'avanguardia sotto tutti i punti di vista.
Da vedere.
Ho sempre detestato le fiamme agli occhi dei protagonisti, il fare praticamente "grr" coi denti ogni volta che ci si arrabbia, però a volte era davvero una esagerazione.
Forse è il cartone che per spirito sportivo e senso di nazionalità incarna più di altri questo tipo di valori, in un certo senso, un cartone sport-nazionalista.
Ma vive di una trama gestita assai bene, con tutte le emozioni e le delusioni di una ragazza che vuole arrivare sul tetto del mondo credendoci pure con le forze che a volte non sono le sue.
Cosa voglio dire con questo?
E' presto detto: l'amicizia di vecchi avversari in campionato, ora compagne di nazionale, la forza dello spirito di gruppo, la voglia di emergere come paese, dopo aver preso solenni batoste in recentissimi incontri fa in modo che il legame indissolubile che unisce queste ragazze diventi l'arma in più per vincere le partite, intenti che saranno grandi linee guida per molti fortunati cartoni che verranno dopo di questo.
Come dicevo, nonostante la sua lunga militanza negli schermi, per il suo anno d'origine, rimarrà sempre un cartone all'avanguardia sotto tutti i punti di vista.
Da vedere.
Questa serie per me è davvero un mito. Magari riguardandola oggi forse la trama risulterebbe alquanto scontata, ma all'epoca era indubbiamente una serie innovativa. E' un cult dell'animazione degli anni'60 che fa da capo agli altri classici sportivi e ricordo che mi affascinava tanto nonostante in molti punti era molto drammatico e angosciante. Anche il mecha <b>(Mecha?? Nota del moderatore)</b> design era molto bello e inoltre mi appassionavano davvero tanto anche l'impegno che la protagonista aveva negli allenamenti e il valore dell'amicizia. Un classico che riguarderei senz'altro.
La serie che ha aperto il filone dei cartoni animati sportivi....E' un cult dell'animazione anni Sessanta - Settanta e, se si guardano i disegni e l'animazione, lo sforzo di produzione è stato davvero notevole.
Ritroviamo in Mimì le peculiarità dei cartoni sul filone sportivo: lo spirito di sacrificio, la tenacia e la costanza negli allenamenti, l'amicizia come primo valore, la sfida continua con se stessi per raggiungere il massimo (le Olimpiadi).
La trama è la solita: Mimì scopre la sua passione e le sue potenzialità nella pallavolo e le porta avanti, sfida dopo sfida, per arrivare alle vittorie ultime, sia nei campionati mondiali che con la nazionale.
Ovviamente non possono mancare le situazioni inverosimili, come la palla che scompare o i tiri che vanno al di là di ogni legge della fisica.
Il grosso limite di questo cartone credo sia il tono, in più punti troppo drammatico e spesso angosciante per il pubblico più giovane: ricordo l'ormai celebre episodio dell'allenamento con le catene oppure il trattamento riservato alle giocatrici, più da tortura che da gare sportive.
Probabilmente proprio per questo Mimì non ha conosciuto nuove repliche (che si sono interrotte, su Mediaset, nel 1995) a differenza di Mila e Shiro, simile nei contenuti ma sicuramente con un tono più ironico e scanzonato.
Ritroviamo in Mimì le peculiarità dei cartoni sul filone sportivo: lo spirito di sacrificio, la tenacia e la costanza negli allenamenti, l'amicizia come primo valore, la sfida continua con se stessi per raggiungere il massimo (le Olimpiadi).
La trama è la solita: Mimì scopre la sua passione e le sue potenzialità nella pallavolo e le porta avanti, sfida dopo sfida, per arrivare alle vittorie ultime, sia nei campionati mondiali che con la nazionale.
Ovviamente non possono mancare le situazioni inverosimili, come la palla che scompare o i tiri che vanno al di là di ogni legge della fisica.
Il grosso limite di questo cartone credo sia il tono, in più punti troppo drammatico e spesso angosciante per il pubblico più giovane: ricordo l'ormai celebre episodio dell'allenamento con le catene oppure il trattamento riservato alle giocatrici, più da tortura che da gare sportive.
Probabilmente proprio per questo Mimì non ha conosciuto nuove repliche (che si sono interrotte, su Mediaset, nel 1995) a differenza di Mila e Shiro, simile nei contenuti ma sicuramente con un tono più ironico e scanzonato.
Comprendo che per le nuove generazioni risulti terribile a vedersi, ma Mimì è un classico. Non solo è il terzo, uscito,negli anni 70 sullo sport. Oh si, in retrospettiva, è inverosimile ma rispecchia profondamente lo spirito jap del periodo. Dove i nipponici ancora freschi di seconda guerra mondiale e bomba atomica (almeno nei ricordi) puntavano totalmente sul riscatto. Allenamenti speciali? Colpi inverosimili? Eppure nella realtà una squadretta jap è arrivata ai mondiali, grazie alle condizioni disumane in cui s'è allenata. Meglio mimì di tante schifezze senza senso, almeno era una caricatura della realtà.
Nooooo... pietà! La fiera del cliché! L'allenatore mostro, l'eroina ragazza modello (fa venire voglia di ucciderla dopo due puntate), le compagne cattive, le avversarie che, battute, diventano amiche (ma quando mai!), gli allenamenti da fatiche di Ercole, il protagonista maschile che avrà non meno di due, dicasi due espressioni diverse in tutta la serie... basta così. Vi risparmio il resto. Mimì e la nazionale della pallavolo fa sembrare Mila e Shiro un capolavoro senza tempo. Alla larga.
Non so se sia il primo in assoluto ma è comunque uno degli anime sportivi più vecchio che ci sia. In tutta onestà non mi ha mai fatto impazzire, anzi, all'epoca quasi lo detestavo. A riguardarlo ora in effetti si vede che una certa cura nella realizzazione c'è senz'altro stata. Ovvio che ormai mostri tutti i suoi anni dal lato tecnico ma la trama potrebbe ancora riservare qualche interesse negli appassionati di Volley con un gusto un po' "retro" oltre che i patiti di "archeo-anime". Ad ogni modo, nonostante non abbia visto la serie completa, devo riconoscere in Italia Mimì era una vera celebrità. La storia è carica di quella retorica sull'onore e sulla lealtà (molto giapponese invero) che caratterizza spesso gli anime sportivi, in particolare quelli vecchi come questo.
Mah onestamente non so quante puntate abbia visto...credo comunque poche.Le ho viste di recente su cartoon network..e onestamente non sapevo proprio che voto dare.Il 6 che ho dato e' una media fra il 4(che darebbe un ragazzo relativamente giovane) e l 8(da parte invece di un affezionato degli anime anni 80 o giu di li').Si può descrivere per certi versi come 1a versione un po' più vecchia di Mila e Shiro...solita storiella sulla pallavolo.Quindi la consiglio solo a chi piace il genere...ma soprattutto agli appassionati di vecchie animazioni...