Jenny la tennista
"...It isn't too late to start. Burn with passion, for your own sake." - Munakata Jun
Oka Hiromi è una ragazza come tante altre: insicura, timida, chiaccherona, piena di gioia di vivere e con una grande passione per il tennis. Un giorno, un misterioso e imponente allenatore, tale coach Munakata, intuisce in lei un grande potenziale, e decide di allenarla personalmente, facendola entrare nel prestigioso club di tennis del liceo nonostante il suo evidente status di principiante. Da qui in poi per Oka sarà l'inferno: ella dovrà rapportarsi con rivali invidiose al punto tale da arrivare a metterle puntine nelle scarpe per debilitarla; dovrà sconfiggere il complesso di inferiorità che da sempre nutre nei confronti di Ryuzaki Reika alias "Madame Butterfly", la migliore tennista dell'istituto, campionessa carismatica dal talento inarrivabile; dovrà quotidianamente versare lacrime e sangue, diventando via via sicura delle sue capacità; ogni giorno, sotto la supervisione dell'oni-coach Munakata - "l'allenatore demone" ad litteram - la maggiorparte del suo tempo sarà dedicato ad un allenamento sovrumano, alla ricerca di uno stile di gioco personale che, in un certo senso, equivale ad una vera e propria ricerca di identità. Per il tennis, Oka deve rinunciare a tutto, anche all'amore, cosa indispensabile per le ragazze della sua età.
La serie televisiva del '73 d Jenny la tennista è il personalissimo ed autoriale adattamento dei primi tre/quattro volumi dell'omonimo manga operato da Osamu Dezaki. Il regista di "Rocky Joe", "Lady Oscar", "Remì" e di tante altre serie cult, con questo "Ace wo Nerae" fa sfoggio di un notevole stile registico espressionista: le emozioni e le psicologie dei personaggi vengono raffigurate mediante primi piani ad immagine fissa, colorati in base all'emozione che il regista desidera trasmettere in quel momento allo spettatore; la comunicazione con quest'ultimo avviene altresì attraverso una carismatica scelta delle inquadrature, delle traslazioni di telecamera e dei disegni che, ad esempio, diventano assai monolitici e cupi nel caso in cui Oka provi durante il gioco insicurezza, paura e/o sconforto (cosa che non sarà affatto rara). Contrariamente al manga, Dezaki rende il gioco del tennis spettacolare ed incredibilmente virile: racchette che si spezzano, palline che esplodono, sangue che cola dalle mani delle giocatrici macchiando il terreno del campo da tennis, sguardi "assassini" - come non citare i primi piani che raffigurano la fiera Reika Ryuzaki come se fosse un'autentica leonessa/predatrice anziché un'atleta? -, effetti sonori incalzanti e opprimenti... insomma, il coinvolgimento derivante dall'autorialità dell'anime è immediato; il carisma delle vicende trattate è notevole.
Al character design abbiamo il raffinato Akio Sugino, che aveva già collaborato con Dezaki nel cult "Rocky Joe" e che in futuro firmerà con lui altri numerosissimi adattamenti animati di manga illustri; a mio avviso il suo stile è quello che più si avvicina per eleganza all'inarrivabile tratto di Shingo Araki, il leggendario character designer di "Lady Oscar" e "Saint Seiya". L'espressività dei personaggi, la loro bellezza e la cura delle proporzioni è indubbiamente un'altro punto forte dell'opera.
Come tutti gli anime degli anni '70, "Ace wo Nerae" è animato al risparmio. Questo per me è un pregio, in quanto le geniali trovate registiche di Dezaki sono nate proprio per mascherare lo scarso budget delle sue opere: nonostante abbondino sequenze riciclate, unite ad inquadrature su immagini fisse più vicine al fumetto che al cinema, il tutto non pesa affatto, in quanto la regia copre con vari stratagemmi tutte le carenze di mezzi tipiche del dopoguerra (non c'erano soldi e bisognava ingegnarsi!). E' da notare che il regista di punta della GAINAX Hiroyuki Imaishi abbia utilizzato le stesse tecniche registiche di Dezaki per sopperire alle carenze di budget del suo "Kill la Kill", che tra l'altro omaggia "Ace wo Nerae" con parecchie citazioni - Mako, ad esempio, rimanda subito alla sua antenata Maki (!). Rimanendo sempre in tema, questo è uno degli anime preferiti di Hideaki Anno, che lo omaggerà - assieme all'onnipresente "Ideon" - nel suo celebre OAV "Gunbuster", che di fatto è una rilettura autoriale di "Jenny la tennista" con i robottoni e gli alieni al posto del tennis.
Esiste un remake della serie fedele al manga targato 1978, "Shin Ace wo Nerae", mai uscito in Italia e curato sempre dalla combo Dezaki/Sugino. Il film del 1979 è un'altra rilettura della prima parte del manga sempre ad opera del celebre duo, mentre la continuazione diretta dell'anime sono le serie OAV "Ace wo nerae! 2" e "Ace wo nerae: Final stage" (ancora una volta affidate a Dezaki/Sugino). Per completezza è comunque consigliato leggere anche il manga, giusto per avere un'idea della storia originale senza il filtro autoriale di Dezaki. A mio avviso questa serie, assieme al precedente "Rocky Joe", rimane uno dei picchi più alti dello spokon d'autore. Le sofferenze vissute dal popolo giapponese nel dopoguerra in entrambi i casi si fanno sentire, e forniscono alle due suddette opere - così come a tutti gli altri spokon dell'epoca, tra i quali è bene citare il paradigma shojo "Attack No.1", che ha ispirato anche il qui presente "Ace wo nerae" - un senso di educazione al sacrificio che al giorno d'oggi non esiste più. Ormai per molti tutto è dovuto, la mentalità è quella di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo (spesso anche nello sport), di arrendersi istantaneamente alla prima difficoltà che si incontra nella vita. Invece, in "Ace wo nerae", e in tutti i suoi colleghi dell'epoca, bisognava sputare sangue per ottenere qualcosa, fare sacrifici, rinunce, il tutto tra mille sofferenze, sia fisiche che mentali; subendo umiliazioni, coltivando la propria passione senza mai arrendersi: lo sport era una metafora della condizione dei giovani giapponesi nel dopoguerra, che dovevano ricostruire tutto partendo da zero. Tuttavia "Ace wo nerae" è qualcosa di più: il cammino di Jenny è un viaggio di formazione, una ricerca di identità che ognuno di noi nella sua vita deve in qualche modo intraprendere. Ed è questa la sua grandezza.
In conclusione, contando anche l'affascinante mood anni '70 che questo anime sprizza da tutti i pori, non posso che valutarlo molto positivamente. Agli interessati sconsiglio assolutamente la versione italiana, che gode di un pessimo doppiaggio e di un adattamento abbastanza infelice. L'opera andrebbe vista fedele all'originale, e questo è possibile grazie al fansub inglese, che da sempre si occupa di riproporre i grandi classici del passato con i sottotitoli fedeli.
Oka Hiromi è una ragazza come tante altre: insicura, timida, chiaccherona, piena di gioia di vivere e con una grande passione per il tennis. Un giorno, un misterioso e imponente allenatore, tale coach Munakata, intuisce in lei un grande potenziale, e decide di allenarla personalmente, facendola entrare nel prestigioso club di tennis del liceo nonostante il suo evidente status di principiante. Da qui in poi per Oka sarà l'inferno: ella dovrà rapportarsi con rivali invidiose al punto tale da arrivare a metterle puntine nelle scarpe per debilitarla; dovrà sconfiggere il complesso di inferiorità che da sempre nutre nei confronti di Ryuzaki Reika alias "Madame Butterfly", la migliore tennista dell'istituto, campionessa carismatica dal talento inarrivabile; dovrà quotidianamente versare lacrime e sangue, diventando via via sicura delle sue capacità; ogni giorno, sotto la supervisione dell'oni-coach Munakata - "l'allenatore demone" ad litteram - la maggiorparte del suo tempo sarà dedicato ad un allenamento sovrumano, alla ricerca di uno stile di gioco personale che, in un certo senso, equivale ad una vera e propria ricerca di identità. Per il tennis, Oka deve rinunciare a tutto, anche all'amore, cosa indispensabile per le ragazze della sua età.
La serie televisiva del '73 d Jenny la tennista è il personalissimo ed autoriale adattamento dei primi tre/quattro volumi dell'omonimo manga operato da Osamu Dezaki. Il regista di "Rocky Joe", "Lady Oscar", "Remì" e di tante altre serie cult, con questo "Ace wo Nerae" fa sfoggio di un notevole stile registico espressionista: le emozioni e le psicologie dei personaggi vengono raffigurate mediante primi piani ad immagine fissa, colorati in base all'emozione che il regista desidera trasmettere in quel momento allo spettatore; la comunicazione con quest'ultimo avviene altresì attraverso una carismatica scelta delle inquadrature, delle traslazioni di telecamera e dei disegni che, ad esempio, diventano assai monolitici e cupi nel caso in cui Oka provi durante il gioco insicurezza, paura e/o sconforto (cosa che non sarà affatto rara). Contrariamente al manga, Dezaki rende il gioco del tennis spettacolare ed incredibilmente virile: racchette che si spezzano, palline che esplodono, sangue che cola dalle mani delle giocatrici macchiando il terreno del campo da tennis, sguardi "assassini" - come non citare i primi piani che raffigurano la fiera Reika Ryuzaki come se fosse un'autentica leonessa/predatrice anziché un'atleta? -, effetti sonori incalzanti e opprimenti... insomma, il coinvolgimento derivante dall'autorialità dell'anime è immediato; il carisma delle vicende trattate è notevole.
Al character design abbiamo il raffinato Akio Sugino, che aveva già collaborato con Dezaki nel cult "Rocky Joe" e che in futuro firmerà con lui altri numerosissimi adattamenti animati di manga illustri; a mio avviso il suo stile è quello che più si avvicina per eleganza all'inarrivabile tratto di Shingo Araki, il leggendario character designer di "Lady Oscar" e "Saint Seiya". L'espressività dei personaggi, la loro bellezza e la cura delle proporzioni è indubbiamente un'altro punto forte dell'opera.
Come tutti gli anime degli anni '70, "Ace wo Nerae" è animato al risparmio. Questo per me è un pregio, in quanto le geniali trovate registiche di Dezaki sono nate proprio per mascherare lo scarso budget delle sue opere: nonostante abbondino sequenze riciclate, unite ad inquadrature su immagini fisse più vicine al fumetto che al cinema, il tutto non pesa affatto, in quanto la regia copre con vari stratagemmi tutte le carenze di mezzi tipiche del dopoguerra (non c'erano soldi e bisognava ingegnarsi!). E' da notare che il regista di punta della GAINAX Hiroyuki Imaishi abbia utilizzato le stesse tecniche registiche di Dezaki per sopperire alle carenze di budget del suo "Kill la Kill", che tra l'altro omaggia "Ace wo Nerae" con parecchie citazioni - Mako, ad esempio, rimanda subito alla sua antenata Maki (!). Rimanendo sempre in tema, questo è uno degli anime preferiti di Hideaki Anno, che lo omaggerà - assieme all'onnipresente "Ideon" - nel suo celebre OAV "Gunbuster", che di fatto è una rilettura autoriale di "Jenny la tennista" con i robottoni e gli alieni al posto del tennis.
Esiste un remake della serie fedele al manga targato 1978, "Shin Ace wo Nerae", mai uscito in Italia e curato sempre dalla combo Dezaki/Sugino. Il film del 1979 è un'altra rilettura della prima parte del manga sempre ad opera del celebre duo, mentre la continuazione diretta dell'anime sono le serie OAV "Ace wo nerae! 2" e "Ace wo nerae: Final stage" (ancora una volta affidate a Dezaki/Sugino). Per completezza è comunque consigliato leggere anche il manga, giusto per avere un'idea della storia originale senza il filtro autoriale di Dezaki. A mio avviso questa serie, assieme al precedente "Rocky Joe", rimane uno dei picchi più alti dello spokon d'autore. Le sofferenze vissute dal popolo giapponese nel dopoguerra in entrambi i casi si fanno sentire, e forniscono alle due suddette opere - così come a tutti gli altri spokon dell'epoca, tra i quali è bene citare il paradigma shojo "Attack No.1", che ha ispirato anche il qui presente "Ace wo nerae" - un senso di educazione al sacrificio che al giorno d'oggi non esiste più. Ormai per molti tutto è dovuto, la mentalità è quella di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo (spesso anche nello sport), di arrendersi istantaneamente alla prima difficoltà che si incontra nella vita. Invece, in "Ace wo nerae", e in tutti i suoi colleghi dell'epoca, bisognava sputare sangue per ottenere qualcosa, fare sacrifici, rinunce, il tutto tra mille sofferenze, sia fisiche che mentali; subendo umiliazioni, coltivando la propria passione senza mai arrendersi: lo sport era una metafora della condizione dei giovani giapponesi nel dopoguerra, che dovevano ricostruire tutto partendo da zero. Tuttavia "Ace wo nerae" è qualcosa di più: il cammino di Jenny è un viaggio di formazione, una ricerca di identità che ognuno di noi nella sua vita deve in qualche modo intraprendere. Ed è questa la sua grandezza.
In conclusione, contando anche l'affascinante mood anni '70 che questo anime sprizza da tutti i pori, non posso che valutarlo molto positivamente. Agli interessati sconsiglio assolutamente la versione italiana, che gode di un pessimo doppiaggio e di un adattamento abbastanza infelice. L'opera andrebbe vista fedele all'originale, e questo è possibile grazie al fansub inglese, che da sempre si occupa di riproporre i grandi classici del passato con i sottotitoli fedeli.
Il messaggio sull'importanza dello spirito di gruppo e sull'importanza del sacrificio emerge con chiarezza da questo anime di genere sportivo, in cui l'idea di fondo è lo sport come metafora delle sfide della vita.
La protagonista in ogni partita, soffre e affronta difficoltà che agli occhi dello spettatore possono apparire eccessive, eppure è in questo elemento che sta il fascino di questa serie, in cui sono presenti splendide sequenze animate, unite a un character design strepitoso e originale.
La prima messa in onda italiana presentava un adattamento in cui venivano cambiati nomi, ma il doppiaggio era di alto livello, con un ottimo cast di voci.
La sigla di Nico Fidenco fa riferimento a un'inesistente storia d'amore tra la protagonista e l'allenatore.
Negli anni 90, l'anime è stato ridoppiato per un successiva messa in onda, ma di nuovo non vengono ripristinati i nomi originali e la sigla di Cristina d'Avena, pur gradevole, non è memorabile.
Nella nuova edizione sono stati inclusi anche gli episodi usciti su OAV.
La protagonista in ogni partita, soffre e affronta difficoltà che agli occhi dello spettatore possono apparire eccessive, eppure è in questo elemento che sta il fascino di questa serie, in cui sono presenti splendide sequenze animate, unite a un character design strepitoso e originale.
La prima messa in onda italiana presentava un adattamento in cui venivano cambiati nomi, ma il doppiaggio era di alto livello, con un ottimo cast di voci.
La sigla di Nico Fidenco fa riferimento a un'inesistente storia d'amore tra la protagonista e l'allenatore.
Negli anni 90, l'anime è stato ridoppiato per un successiva messa in onda, ma di nuovo non vengono ripristinati i nomi originali e la sigla di Cristina d'Avena, pur gradevole, non è memorabile.
Nella nuova edizione sono stati inclusi anche gli episodi usciti su OAV.
Come tutti i cartoni animati dedicati allo sport, anche questo come suoi illustri"colleghi", non fa eccezione.
C'è da dire che la vita riserva alla protagonista diversi tipi di disavventure, tra infortuni, amori non corrisposti, e diverse sconfitte col sogno di diventare una campionessa che si allontana sempre più.
Le diverse peripezie vengono superate da una forte determinazione che matura nel momento in cui le sconfitte in campo di gioco sono immeritate e a volte inspiegabili, in cui jenny trova la forza per battere tutte le avversarie con una velocità di esecuzione e punti ogni set senza pari, le toglie molto sotto il punto di vista di vivere come una ragazza qualsiasi, ma i sacrifici, alla fine, i troppi sacrifici, in questo caso, comunque, premiano dopo tante batoste.
Lo spirito di sacrificio, dedizione al lavoro e determinazione, elementi sempre presenti in anime di questo genere, spiccate doti sempre descritte dai giapponesi, perchè i sogni dei ragazzi medi di quel Paese in molti vengono visti così per poter essere realizzati.
Questa morale, ripetuta in maniera molto evidente in anime sportivi, e quindi di facile lettura dovrebbe essere di aiuto ai ragazzi del nostro Stivale, elementi di cui oggi si tende a perderne ogni traccia, ma nell'eventualità vi trovate a vedere questo cartone dai colori così tenui e morbidi e accarezzati con la stessa leggerezza con cui si muovono le tenniste sulla scena, vi renderete conto che non è il solito cartone dall'orgoglio nipponico, è qualcosa di più.
C'è da dire che la vita riserva alla protagonista diversi tipi di disavventure, tra infortuni, amori non corrisposti, e diverse sconfitte col sogno di diventare una campionessa che si allontana sempre più.
Le diverse peripezie vengono superate da una forte determinazione che matura nel momento in cui le sconfitte in campo di gioco sono immeritate e a volte inspiegabili, in cui jenny trova la forza per battere tutte le avversarie con una velocità di esecuzione e punti ogni set senza pari, le toglie molto sotto il punto di vista di vivere come una ragazza qualsiasi, ma i sacrifici, alla fine, i troppi sacrifici, in questo caso, comunque, premiano dopo tante batoste.
Lo spirito di sacrificio, dedizione al lavoro e determinazione, elementi sempre presenti in anime di questo genere, spiccate doti sempre descritte dai giapponesi, perchè i sogni dei ragazzi medi di quel Paese in molti vengono visti così per poter essere realizzati.
Questa morale, ripetuta in maniera molto evidente in anime sportivi, e quindi di facile lettura dovrebbe essere di aiuto ai ragazzi del nostro Stivale, elementi di cui oggi si tende a perderne ogni traccia, ma nell'eventualità vi trovate a vedere questo cartone dai colori così tenui e morbidi e accarezzati con la stessa leggerezza con cui si muovono le tenniste sulla scena, vi renderete conto che non è il solito cartone dall'orgoglio nipponico, è qualcosa di più.
Questa serie per me fa parte di quel filone di anime sportivi molto diffusi negli anni '70, creati non solo per spingere i giovani giapponesi ad appassionarsi ai vari sport, ma soprattutto per renderli maggiormente consapevoli dello spirito di gruppo e del sacrificio necessario che serve per raggiungere qualsiasi obiettivo. Questa serie rientra tra i capolavori del suo genere in quanto riesce a risultare coinvolgente, credibile e appassionante fino alla fine!