I sospiri del mio cuore
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Che cos'è l'amore? Come si manifesta, quando, perché, a quale scopo e a quale fine e in che forme? E poi, soprattutto, chi o cosa, come, dove, quando, quanto e perché lo amiamo? Queste sono le domande a cui si cerca di dare risposte nella vita, domande che non trovano risposte immediate, perché, come sappiamo, l'amore non è una cosa immediata, è una cosa che ha bisogno di tempo, pazienza, calma, costanza, dedizione, per superare anche le difficili prove e ostacoli, soprattutto interiori, che la vita, il destino, le persone pongono su di noi.
Questo anime movie si pone con una leggerezza unica, ma densa di significato e/o, per meglio dire, significati, che sulle prime sono difficili da trovare, ma che si possono comunque trovare anche nella vita di tutti i giorni, se solo una persona si ferma ad avvertirli, percepirli e trovarli, e quindi constatarne la vastità, la profondità e la "connessione" con la propria vita/esistenza/essenza.
Tutto ciò qui ha inizio, come sempre, con un incontro all'apparenza casuale, ma non tanto, da parte della protagonista che trova dei vecchi foglietti recanti i titoli di alcuni libri che trova alla biblioteca dove lavora il padre e dove lei si reca molto spesso, anche e soprattutto durante il periodo delle vacanze estive, pur essendo anche gli esami di ammissione alle scuole superiori imminenti e dovendo anche lei studiare. Lo stesso giorno in cui deve vedersi con la sua amica incontra uno strano ragazzo, il quale sta leggendo uno dei libri che lei ha dimenticato e nel quale ha trovato paradossalmente, ma non tanto, i testi delle sue canzoni, visto che Shizuku è anche un'aspirante cantante. Questi, però, non le rivela subito il suo nome, mentre, paradossalmente, conosce il suo, e Shizuku rimane in un certo senso amareggiata, visto che ha letto i testi delle sue canzoni, definendole banali, e già il primo impatto non è dei più rosei. Il secondo incontro ha luogo con un gatto con un comportamento molto singolare e bizzarro che incuriosisce la ragazza e la conduce a uno strano negozio di antiquariato/artigianale dove incontra uno strano signore che ripara i prodotti di antiquariato, e di essi racconta le storie alla ragazza, che rimane sbalordita dalla semplicità, e in particolare rimane affascinata da una statuetta recante il nome di Barone, con sembianze feline ma anche antropomorfe, la quale comincia a prendere vita nella sua immaginazione. Shizuku improvvisamente constata che è in ritardo e deve sbrigarsi a portare il pranzo a suo padre in biblioteca. Nel frattempo, Shizuku deve anche prepararsi per gli esami e svolgere le faccende di casa, visto che sua sorella, così come i suoi genitori, la spronano a dare sempre il meglio di sé per un futuro migliore. Ma la ragazza vive nel suo mondo e, a peggiorare la situazione, ci si mette anche l'incontro con il ragazzo nella bottega del signore, che dimostra di essere un liutaio e falegname già capace, e che le rivela il suo sogno di partire per Cremona in Italia per diventare un artigiano del legno come suo nonno, però contro il parere dei suoi genitori, che proprio come quelli di Shizuku preferiscono che lui si concentri sullo studio e che cominci a pensare a una carriera più redditizia. Il nostro ragazzo si rivela anche essere un ottimo suonatore di violino, e decide di accompagnare la ragazza nel canto della sua canzone, al quale si uniscono anche il proprietario della bottega e i suoi amici con i loro rispettivi strumenti musicali. Alla fine della fiera, in uno stato di eccitazione mentale, il ragazzo rivela essere quel Seiji Amasawa di cui Shuzuku aveva trovato i foglietti con gli stessi libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca, ed ecco qui la rivelazione incredibile. I nostri protagonisti a questo punto si congedano per un po', anche perché gli esami sono vicini e devono darsi da fare con lo studio. Purtroppo per Shuzuku questi non vanno a buon fine, e soprattutto la sorella maggiore non è molto felice del fatto che lei stia sottovalutando l'importanza di crearsi una posizione nella vita, ma la ragazza controbatte affermando che sta seguendo i propri sogni. Il padre, sentito tutto, decide di fare una riunione di famiglia e spiega a Shuzuku che è importante che lei segua i suoi sogni, ma sottintende che è altrettanto importante avere delle basi solide per seguirli. Detto questo, ciascuno si congeda. Alla fine Shuzuku ritrova Seiji, prima che lui parta, e poi suo nonno, il quale le racconta la storia della statuetta con sembianze feline e antropomorfe insieme a un'altra statuetta simile ma di genere femminile. Rivela essere l'allusione alla sua storia d'amore giovanile, con una ragazza tedesca di nome Louise, la quale non aveva potuto rincontrarlo a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e che solo a conflitto terminato aveva potuto cercarla, ma che forse non era più interessata a lui e pertanto era stato costretto a tornare dalla Germania in Giappone con molta amarezza. Alla fine, sentita questa storia, Shuzuku trova l'ispirazione per il suo racconto "I sospiri del mio cuore", un'allusione in linea con il messaggio dello stesso anime, ovvero seguire quello che il cuore ci dice per non avere rimpianti in futuro. Alla fine ritrova anche Seiji, il quale è tornato dall'Italia, poiché il suo maestro gli ha detto che deve fare ancora molta pratica e che deve riprendere a studiare, proprio come Shuzuku, visto che l'aveva promesso ai suoi genitori. Il film si conclude con i due ragazzi che guardano un tramonto che ha dell'incredibile, sembra veramente realistico, proprio come se fosse stata presa una fotografia e inserita nel comparto grafico del film, il quale si conclude con la famosa canzone "Take Me Home, Country Roads" di John Denver, la quale costituisce la traccia portante della colonna sonora del film insieme alle tracce del film, ciascuna in linea con le singole scene del medesimo.
I personaggi sono semplici e molto spontanei, ma nella loro semplicità sono pieni di immaginazione e di segreti, quasi come se fosse stata descritta un'atmosfera di stampo stifteriano attorno a loro, quasi a dire che alleggia un senso di pace e quiete che normalmente non si trova sempre in una città, ma che c'è. L'ambientazione è quindi armonica ed equilibrata, anche perché i colori sono realistici e danno appunto quel senso di realtà che ha sempre caratterizzato le opere del maestro Miyazaki. La narrazione dei fatti è molto lenta, al fine di permettere anche allo spettatore di immedesimarsi nel miglior modo possibile nella vicenda e/o in uno dei personaggi. E bisogna dire che funziona. Io almeno, parlando per me stesso, mi ci rivedo abbastanza, soprattutto nella protagonista, per i suoi gusti e forse anche per le abitudini. Ma questo è ciò che siamo e che è anche in linea con il messaggio dell'opera, essere sé stessi e trovare la propria strada per il proprio destino, sbagliando e riprovando.
Voto: 8,5
Che cos'è l'amore? Come si manifesta, quando, perché, a quale scopo e a quale fine e in che forme? E poi, soprattutto, chi o cosa, come, dove, quando, quanto e perché lo amiamo? Queste sono le domande a cui si cerca di dare risposte nella vita, domande che non trovano risposte immediate, perché, come sappiamo, l'amore non è una cosa immediata, è una cosa che ha bisogno di tempo, pazienza, calma, costanza, dedizione, per superare anche le difficili prove e ostacoli, soprattutto interiori, che la vita, il destino, le persone pongono su di noi.
Questo anime movie si pone con una leggerezza unica, ma densa di significato e/o, per meglio dire, significati, che sulle prime sono difficili da trovare, ma che si possono comunque trovare anche nella vita di tutti i giorni, se solo una persona si ferma ad avvertirli, percepirli e trovarli, e quindi constatarne la vastità, la profondità e la "connessione" con la propria vita/esistenza/essenza.
Tutto ciò qui ha inizio, come sempre, con un incontro all'apparenza casuale, ma non tanto, da parte della protagonista che trova dei vecchi foglietti recanti i titoli di alcuni libri che trova alla biblioteca dove lavora il padre e dove lei si reca molto spesso, anche e soprattutto durante il periodo delle vacanze estive, pur essendo anche gli esami di ammissione alle scuole superiori imminenti e dovendo anche lei studiare. Lo stesso giorno in cui deve vedersi con la sua amica incontra uno strano ragazzo, il quale sta leggendo uno dei libri che lei ha dimenticato e nel quale ha trovato paradossalmente, ma non tanto, i testi delle sue canzoni, visto che Shizuku è anche un'aspirante cantante. Questi, però, non le rivela subito il suo nome, mentre, paradossalmente, conosce il suo, e Shizuku rimane in un certo senso amareggiata, visto che ha letto i testi delle sue canzoni, definendole banali, e già il primo impatto non è dei più rosei. Il secondo incontro ha luogo con un gatto con un comportamento molto singolare e bizzarro che incuriosisce la ragazza e la conduce a uno strano negozio di antiquariato/artigianale dove incontra uno strano signore che ripara i prodotti di antiquariato, e di essi racconta le storie alla ragazza, che rimane sbalordita dalla semplicità, e in particolare rimane affascinata da una statuetta recante il nome di Barone, con sembianze feline ma anche antropomorfe, la quale comincia a prendere vita nella sua immaginazione. Shizuku improvvisamente constata che è in ritardo e deve sbrigarsi a portare il pranzo a suo padre in biblioteca. Nel frattempo, Shizuku deve anche prepararsi per gli esami e svolgere le faccende di casa, visto che sua sorella, così come i suoi genitori, la spronano a dare sempre il meglio di sé per un futuro migliore. Ma la ragazza vive nel suo mondo e, a peggiorare la situazione, ci si mette anche l'incontro con il ragazzo nella bottega del signore, che dimostra di essere un liutaio e falegname già capace, e che le rivela il suo sogno di partire per Cremona in Italia per diventare un artigiano del legno come suo nonno, però contro il parere dei suoi genitori, che proprio come quelli di Shizuku preferiscono che lui si concentri sullo studio e che cominci a pensare a una carriera più redditizia. Il nostro ragazzo si rivela anche essere un ottimo suonatore di violino, e decide di accompagnare la ragazza nel canto della sua canzone, al quale si uniscono anche il proprietario della bottega e i suoi amici con i loro rispettivi strumenti musicali. Alla fine della fiera, in uno stato di eccitazione mentale, il ragazzo rivela essere quel Seiji Amasawa di cui Shuzuku aveva trovato i foglietti con gli stessi libri che aveva preso in prestito dalla biblioteca, ed ecco qui la rivelazione incredibile. I nostri protagonisti a questo punto si congedano per un po', anche perché gli esami sono vicini e devono darsi da fare con lo studio. Purtroppo per Shuzuku questi non vanno a buon fine, e soprattutto la sorella maggiore non è molto felice del fatto che lei stia sottovalutando l'importanza di crearsi una posizione nella vita, ma la ragazza controbatte affermando che sta seguendo i propri sogni. Il padre, sentito tutto, decide di fare una riunione di famiglia e spiega a Shuzuku che è importante che lei segua i suoi sogni, ma sottintende che è altrettanto importante avere delle basi solide per seguirli. Detto questo, ciascuno si congeda. Alla fine Shuzuku ritrova Seiji, prima che lui parta, e poi suo nonno, il quale le racconta la storia della statuetta con sembianze feline e antropomorfe insieme a un'altra statuetta simile ma di genere femminile. Rivela essere l'allusione alla sua storia d'amore giovanile, con una ragazza tedesca di nome Louise, la quale non aveva potuto rincontrarlo a causa dello scoppio della Seconda Guerra Mondiale, e che solo a conflitto terminato aveva potuto cercarla, ma che forse non era più interessata a lui e pertanto era stato costretto a tornare dalla Germania in Giappone con molta amarezza. Alla fine, sentita questa storia, Shuzuku trova l'ispirazione per il suo racconto "I sospiri del mio cuore", un'allusione in linea con il messaggio dello stesso anime, ovvero seguire quello che il cuore ci dice per non avere rimpianti in futuro. Alla fine ritrova anche Seiji, il quale è tornato dall'Italia, poiché il suo maestro gli ha detto che deve fare ancora molta pratica e che deve riprendere a studiare, proprio come Shuzuku, visto che l'aveva promesso ai suoi genitori. Il film si conclude con i due ragazzi che guardano un tramonto che ha dell'incredibile, sembra veramente realistico, proprio come se fosse stata presa una fotografia e inserita nel comparto grafico del film, il quale si conclude con la famosa canzone "Take Me Home, Country Roads" di John Denver, la quale costituisce la traccia portante della colonna sonora del film insieme alle tracce del film, ciascuna in linea con le singole scene del medesimo.
I personaggi sono semplici e molto spontanei, ma nella loro semplicità sono pieni di immaginazione e di segreti, quasi come se fosse stata descritta un'atmosfera di stampo stifteriano attorno a loro, quasi a dire che alleggia un senso di pace e quiete che normalmente non si trova sempre in una città, ma che c'è. L'ambientazione è quindi armonica ed equilibrata, anche perché i colori sono realistici e danno appunto quel senso di realtà che ha sempre caratterizzato le opere del maestro Miyazaki. La narrazione dei fatti è molto lenta, al fine di permettere anche allo spettatore di immedesimarsi nel miglior modo possibile nella vicenda e/o in uno dei personaggi. E bisogna dire che funziona. Io almeno, parlando per me stesso, mi ci rivedo abbastanza, soprattutto nella protagonista, per i suoi gusti e forse anche per le abitudini. Ma questo è ciò che siamo e che è anche in linea con il messaggio dell'opera, essere sé stessi e trovare la propria strada per il proprio destino, sbagliando e riprovando.
Voto: 8,5
Trama
La trama è, a mio modestissimo parere di stupido patentato, fino a metà film una vaccata galattica: la protagonista, una ragazza delle medie, cerca un ragazzo che, casualmente, legge prima tutti i libri che si fa prestare dalla biblioteca. Lo trova, scoprendo che è anche il figlio di colui che ha regalato tutti i libri alla biblioteca, che è anche il nipote dell’antiquario da cui la ragazza si reca ogni giorno e che è pure colui che si prende cura del gatto che praticamente la perseguita quotidianamente. Inoltre, il ragazzo si fa trovare “per caso” in ogni posto in cui la ragazza si trovi, in qualsiasi circostanza e situazione. Altre coincidenze più forzate, no? Questa non è una trama, è “Carramba! Che sorpresa!” misto stalking. Mi aspettavo solo che uscisse Raffaella Carrà con la troupe per dire che erano riusciti finalmente a farli mettere insieme.
Poi, va beh, la storia si riprende e diventa anche molto bella, fino al finale che mi ha fatto un po’ storcere il naso, ma alla fine è abbastanza coerente e conclude bene il tutto. Ma, nella prima parte, mi stavo veramente rodendo il fegato per quanto fosse tutto forzato.
Ah, nominano tre volte Cremona. Così, se vi interessasse, per farvi sapere.
Personaggi e stile
I personaggi sono però molto realistici, per quanto stravaganti, ma comunque pieni di passione, sia amorosa sia riferita al proprio “hobby”, o alla strada che si è voluto o si vuole prendere nella vita. Su questo lato, devo ammetterlo, praticamente tutti i personaggi sono fenomenali. Anche coloro che hanno piccole parti si adeguano al contesto e spiccano nell’ambiente in maniera perfetta. Magari alcuni secondari potevano essere approfonditi meglio, perché, alla fine, tutto gira intorno ai protagonisti, e alla loro relazione. La relazione tra i due ragazzi e il loro impeto di vivere (concetto che probabilmente mi sono inventato adesso, ma chi se ne frega) travolge completamente lo spettatore, coinvolgendolo in pieno in questa storia non proprio perfetta e idilliaca, vista la situazione precaria in cui essi si trovano.
Comparto tecnico
Poi, al comparto tecnico, cosa vuoi dirgli? Tokyo è rappresentata in modo talmente fedele, da rendere alcuni luoghi dove è ambientato il film luoghi di interesse, punti turistici e mete di pellegrinaggi da parte di fan provenienti da tutto il mondo... Come si può dire che non sia spettacolare? Poi, io che adoro sia lo studio Ghibli sia gli anime anni ’90 sia quelle periferie giapponesi molto caratteristiche sia Sia (la battuta, il riso, la burla), stavo sinceramente godendo. Sotto questo aspetto è veramente fatto da Dio. Non a caso, per la loro bellezza, alcune (tante) scene sono riutilizzate per i video di musica Lo-Fi.
E anche la colonna sonora viene riutilizzata e ‘coverizzata’ per gli stessi. Libidine.
E si canta la versione giapponese di “Country Roads”. Doppia libidine.
E i violini spaccano. Libidine coi fiocchi.
(Ciao Jerry, un salutone)
Mi è piaciuto?
Sì, e anche tanto. Se escludiamo l’inizio, che più che un film sentimentale mi sembrava il “Benny Hill Show” per tutte le pagliacciate che accadevano, è un film comunque di altissimo livello. Capisco perché sia così famoso e ormai sia considerato come un piccolo cult dell’animazione giapponese.
Lo consiglierei?
Sì, è veramente stupendo, mozzafiato, pur avendo le sue debolezze, sia chiaro. Quindi è più “mezzafiato”. Devo smetterla di fare battute che non fanno ridere.
La trama è, a mio modestissimo parere di stupido patentato, fino a metà film una vaccata galattica: la protagonista, una ragazza delle medie, cerca un ragazzo che, casualmente, legge prima tutti i libri che si fa prestare dalla biblioteca. Lo trova, scoprendo che è anche il figlio di colui che ha regalato tutti i libri alla biblioteca, che è anche il nipote dell’antiquario da cui la ragazza si reca ogni giorno e che è pure colui che si prende cura del gatto che praticamente la perseguita quotidianamente. Inoltre, il ragazzo si fa trovare “per caso” in ogni posto in cui la ragazza si trovi, in qualsiasi circostanza e situazione. Altre coincidenze più forzate, no? Questa non è una trama, è “Carramba! Che sorpresa!” misto stalking. Mi aspettavo solo che uscisse Raffaella Carrà con la troupe per dire che erano riusciti finalmente a farli mettere insieme.
Poi, va beh, la storia si riprende e diventa anche molto bella, fino al finale che mi ha fatto un po’ storcere il naso, ma alla fine è abbastanza coerente e conclude bene il tutto. Ma, nella prima parte, mi stavo veramente rodendo il fegato per quanto fosse tutto forzato.
Ah, nominano tre volte Cremona. Così, se vi interessasse, per farvi sapere.
Personaggi e stile
I personaggi sono però molto realistici, per quanto stravaganti, ma comunque pieni di passione, sia amorosa sia riferita al proprio “hobby”, o alla strada che si è voluto o si vuole prendere nella vita. Su questo lato, devo ammetterlo, praticamente tutti i personaggi sono fenomenali. Anche coloro che hanno piccole parti si adeguano al contesto e spiccano nell’ambiente in maniera perfetta. Magari alcuni secondari potevano essere approfonditi meglio, perché, alla fine, tutto gira intorno ai protagonisti, e alla loro relazione. La relazione tra i due ragazzi e il loro impeto di vivere (concetto che probabilmente mi sono inventato adesso, ma chi se ne frega) travolge completamente lo spettatore, coinvolgendolo in pieno in questa storia non proprio perfetta e idilliaca, vista la situazione precaria in cui essi si trovano.
Comparto tecnico
Poi, al comparto tecnico, cosa vuoi dirgli? Tokyo è rappresentata in modo talmente fedele, da rendere alcuni luoghi dove è ambientato il film luoghi di interesse, punti turistici e mete di pellegrinaggi da parte di fan provenienti da tutto il mondo... Come si può dire che non sia spettacolare? Poi, io che adoro sia lo studio Ghibli sia gli anime anni ’90 sia quelle periferie giapponesi molto caratteristiche sia Sia (la battuta, il riso, la burla), stavo sinceramente godendo. Sotto questo aspetto è veramente fatto da Dio. Non a caso, per la loro bellezza, alcune (tante) scene sono riutilizzate per i video di musica Lo-Fi.
E anche la colonna sonora viene riutilizzata e ‘coverizzata’ per gli stessi. Libidine.
E si canta la versione giapponese di “Country Roads”. Doppia libidine.
E i violini spaccano. Libidine coi fiocchi.
(Ciao Jerry, un salutone)
Mi è piaciuto?
Sì, e anche tanto. Se escludiamo l’inizio, che più che un film sentimentale mi sembrava il “Benny Hill Show” per tutte le pagliacciate che accadevano, è un film comunque di altissimo livello. Capisco perché sia così famoso e ormai sia considerato come un piccolo cult dell’animazione giapponese.
Lo consiglierei?
Sì, è veramente stupendo, mozzafiato, pur avendo le sue debolezze, sia chiaro. Quindi è più “mezzafiato”. Devo smetterla di fare battute che non fanno ridere.
Ma esattamente, che genere di città sarà Cremona?
Arduo quesito per un adolescente Giapponese di metà anni ’90, senza dubbio.
In realtà la risposta è ben più articolata e complessa; guardiamo quindi questo lungometraggio nella sua sottile interezza, e sorridiamo con genuina sincerità: Hiiragi e Miyazaki sensei affondano delicatamente le mani nel cilindro delle fiabe e ne estraggono una storia di dolce spessore, nostalgia adolescenziale e di inevitabili, turbolenti, romantici sospiri.
Fondali a tinte decise, luci confuse di metropoli che riempiono uno sfondo sempre in movimento e piacevolmente sconnesso, il tutto collegato a una colonna sonora ondeggiante, trascinante e ricca di emotività: la somma degli addendi accompagna lo spettatore all’interno di un lavoro prettamente “nineties”, un vero concentrato dal sapore retrò di pregiata qualità artistica, che all’occhio non sfigura - anche se confrontato alle creative dinamiche dei lungometraggi attuali.
Ne “I sospiri del mio cuore” si respira la perfetta, quadratissima magia di un’estate giapponese del (circa?) 1995, una freschezza ancora attuale, una naturalezza e una fluidità d’animazione che al tempo furono semplicemente portentose, ingredienti d’un amalgama accattivante e rapente. Come poc’anzi sottolineato, il mix di sonorità che accompagnano le scene, fra cui il cult country di “Country Road” di John Denver reinventato per l’occasione, le orchestrali e gli eleganti sottofondi di pianoforte ci comunicano una spontanea spensieratezza intrisa di quella magica estate, stagione leggiadra, scintillante e ricca di sogni, declinazioni respirate in altri prodotti divenuti poi iconici come “Kimagure Orange Road” e similari.
V’è una cura artistica dei dettagli eccezionale, dalle suppellettili negli angoli delle stanze alle prospettive tagliate, ai grandangoli o alle vetture che sfrecciano lungo le strade dei fondali.
Ed è proprio nella caotica periferia di Tokyo di metà anni novanta che inizia la nostra storia, protagonista una ragazzina di nome Shizuku, adoratrice - e divoratrice - di libri, amante della letteratura e sognatrice: il suo desiderio più grande, infatti, sarebbe divenire scrittrice ella stessa. Nella claustrofobica struttura alveare degli appartamentini fuori mano di una Tokyo che ormai appartiene a caotici ricordi urbani, Shizuku vive con la madre e il padre, oltre a una sorella sempre più indipendente e prossima a costruirsi una vita lontano da loro. Le calde giornate estive si susseguono monotone, ma la vita di un’adolescente è in continua scoperta ed evoluzione, e ogni opprimente sensazione di queste gravanti strutture viene mitigata dalla leggerezza di tali gesti quotidiani, gesti familiari come tanti, gesti banali, semplici eppure unici, animati e confezionati allo spettatore con grazia e realismo. Ogni particolare fa la differenza: le abitudini dei genitori, il telefono che squilla, i poster che colmano gli spazi in camera, il letto a castello, i cavi e i piloni dell’alta tensione, le fronde degli alberi attraversati dai caldi raggi del sole, il frinire delle immancabili cicale nipponiche, le strade piene di auto dal design squadrato e di fine millennio, le mattonelle all’ombra e le lunghe scalinate che s’inerpicano per i pendii accanto a interminabili marciapiedi. Le ombre della sera, i vestiti corti, le cosce scoperte, le fronti sudate e i sorrisi imbarazzati: il quadro iniziale è nostalgico, vivido, un affresco che Studio Ghibli ci propone con amore e naturalezza, dotato di un ritmo lento, forse (in certe fasi) troppo lento, ma che scandisce la vicenda in maniera più che discreta: l’epoca d’oro, potremmo dire, del favoloso e amatissimo studio d’animazione giapponese.
Sullo sfondo di una emancipazione femminile in ascesa seppur con evidenti impedimenti e difficoltà di sorta - ma con tantissima, fremente voglia di emergere e di far proprio il mondo -, veniamo abbracciati da una quotidianità scontata e piacevole. Nella biblioteca dove lavora il padre, Shizuku è solita noleggiare una gran quantità di libri, fin quando nota che nella tessera di ogni libro noleggiato - la cedolina che notifica i precedenti possessori del libro -, è costantemente presente il nome di una persona, qualcuno che praticamente ha noleggiato tutti quei libri prima di lei (!): un certo Seiji Amasawa.
Chi è? Esiste qualcun altro capace di leggere una mole di volumi simile? Sarà... una persona interessante?
La fantasia di una quattordicenne è fervida e galoppante, e lo è ancor di più la fantasia di una accanita lettrice, capace di immaginare mondi e avventure senza confini.
Diciamolo onestamente: “I sospiri del mio cuore” non racconta molto, ma quel poco che ci viene detto è narrato in maniera sublime, filtrato dalla poetica luce di sogni andati e fantasie adolescenziali di una preziosità insostituibile.
Ricco di scene divenute in seguito icone animate o cavalli di battaglia made-in-Ghibli, spicca il simpatico, grassissimo gatto dai molteplici nomi capace di prendere la metro e girare la metropoli in solitaria, seduto comodamente su di uno dei sedili del convoglio come se fosse un pendolare qualsiasi. Sarà proprio il bel gattone a condurre Shizuku in cima a una collina in periferia, presso un negozio d’antiquariato unico, un luogo quasi magico da dove la storia prenderà una piega ben più intensa (menzione inevitabile per l’orologio a pendolo che dedica un cameo al mitico “Porco Rosso”, divertente e nostalgica autocitazione).
Sorridiamo e ci emozioniamo, in questa dolce e sensibile avventura adolescenziale, ma senza mai esserne travolti, e in certi momenti ci si chiede se sia un bene o una mancanza.
L’intreccio dei primi amori, gli equivoci, gli imbarazzi e le incomprensioni, i batticuori raccontati con disarmante naturalezza, la dolcezza delle musiche d’atmosfera calibrate sulle inimitabili note degli Anni Novanta trascinano lo spettatore verso una sensazione di piacere anestetizzante, quasi rasserenante. La prima parte del film è quella più lenta, costellata di micro-eventi che ci preparano alla seconda metà, ben più gioiosa e coinvolgente, anche se, nella sua interezza, la vicenda non sfoggia mai picchi di tensione o colpi di scena inaspettati: in fondo, “I sospiri del mio cuore” non ne ha né bisogno né cerca di sorprenderci tramite tali espedienti.
A conti fatti si tratta di un racconto nel racconto, uno spaccato di vita quotidiana di un’estate di trent’anni fa, dove due ragazzi si confrontano a vari livelli, dai sentimenti ai sogni per il futuro prossimo e remoto, fra desideri, paure e insicurezze, imposizioni familiari e difficoltà sociali. Lo scoprire la durezza - e la bellezza - di un mondo cinico ma ricco di meraviglie, le difficoltà di farsi strada nel mondo degli adulti, il saper decidere che strada prendere contrapposto all’insicurezza di un futuro incerto: un affresco banale eppure intensissimo, dipinto coi colori della fantasia che solo una ragazzina con un amore smisurato per la letteratura può vedere e tentare di raccontarci.
“I sospiri del mio cuore” ha un epilogo dolce, ottimista, quasi sospeso fra presente e futuro, veicolo di positività per i buoni propositi in vista di impegni futuri: una visione forse troppo semplicistica ma potente a livello emotivo, capace di curarci il cuore e che ci ricorda come, da ragazzini, il mondo ci sembrava meno terribile, meno amaro e meno spietato; sicuramente spaventoso e misterioso, ma pieno di possibilità e di scoperte da fare. La paura non mancava, ma nemmeno il desiderio di percorrere la strada davanti a noi.
Due ore scarse d’intrattenimento che rasserenano l’anima. Forse non ci faranno rimanere a bocca aperta, ma lo spirito ne sarà lenito. Con gentilezza.
P.S. Ah, giusto, Cremona. Cremona, sì, potrebbe davvero essere una meta fondamentale per la carriera di un liutaio. Perché? Godetevi “I sospiri del mio cuore”, e capirete.
Arduo quesito per un adolescente Giapponese di metà anni ’90, senza dubbio.
In realtà la risposta è ben più articolata e complessa; guardiamo quindi questo lungometraggio nella sua sottile interezza, e sorridiamo con genuina sincerità: Hiiragi e Miyazaki sensei affondano delicatamente le mani nel cilindro delle fiabe e ne estraggono una storia di dolce spessore, nostalgia adolescenziale e di inevitabili, turbolenti, romantici sospiri.
Fondali a tinte decise, luci confuse di metropoli che riempiono uno sfondo sempre in movimento e piacevolmente sconnesso, il tutto collegato a una colonna sonora ondeggiante, trascinante e ricca di emotività: la somma degli addendi accompagna lo spettatore all’interno di un lavoro prettamente “nineties”, un vero concentrato dal sapore retrò di pregiata qualità artistica, che all’occhio non sfigura - anche se confrontato alle creative dinamiche dei lungometraggi attuali.
Ne “I sospiri del mio cuore” si respira la perfetta, quadratissima magia di un’estate giapponese del (circa?) 1995, una freschezza ancora attuale, una naturalezza e una fluidità d’animazione che al tempo furono semplicemente portentose, ingredienti d’un amalgama accattivante e rapente. Come poc’anzi sottolineato, il mix di sonorità che accompagnano le scene, fra cui il cult country di “Country Road” di John Denver reinventato per l’occasione, le orchestrali e gli eleganti sottofondi di pianoforte ci comunicano una spontanea spensieratezza intrisa di quella magica estate, stagione leggiadra, scintillante e ricca di sogni, declinazioni respirate in altri prodotti divenuti poi iconici come “Kimagure Orange Road” e similari.
V’è una cura artistica dei dettagli eccezionale, dalle suppellettili negli angoli delle stanze alle prospettive tagliate, ai grandangoli o alle vetture che sfrecciano lungo le strade dei fondali.
Ed è proprio nella caotica periferia di Tokyo di metà anni novanta che inizia la nostra storia, protagonista una ragazzina di nome Shizuku, adoratrice - e divoratrice - di libri, amante della letteratura e sognatrice: il suo desiderio più grande, infatti, sarebbe divenire scrittrice ella stessa. Nella claustrofobica struttura alveare degli appartamentini fuori mano di una Tokyo che ormai appartiene a caotici ricordi urbani, Shizuku vive con la madre e il padre, oltre a una sorella sempre più indipendente e prossima a costruirsi una vita lontano da loro. Le calde giornate estive si susseguono monotone, ma la vita di un’adolescente è in continua scoperta ed evoluzione, e ogni opprimente sensazione di queste gravanti strutture viene mitigata dalla leggerezza di tali gesti quotidiani, gesti familiari come tanti, gesti banali, semplici eppure unici, animati e confezionati allo spettatore con grazia e realismo. Ogni particolare fa la differenza: le abitudini dei genitori, il telefono che squilla, i poster che colmano gli spazi in camera, il letto a castello, i cavi e i piloni dell’alta tensione, le fronde degli alberi attraversati dai caldi raggi del sole, il frinire delle immancabili cicale nipponiche, le strade piene di auto dal design squadrato e di fine millennio, le mattonelle all’ombra e le lunghe scalinate che s’inerpicano per i pendii accanto a interminabili marciapiedi. Le ombre della sera, i vestiti corti, le cosce scoperte, le fronti sudate e i sorrisi imbarazzati: il quadro iniziale è nostalgico, vivido, un affresco che Studio Ghibli ci propone con amore e naturalezza, dotato di un ritmo lento, forse (in certe fasi) troppo lento, ma che scandisce la vicenda in maniera più che discreta: l’epoca d’oro, potremmo dire, del favoloso e amatissimo studio d’animazione giapponese.
Sullo sfondo di una emancipazione femminile in ascesa seppur con evidenti impedimenti e difficoltà di sorta - ma con tantissima, fremente voglia di emergere e di far proprio il mondo -, veniamo abbracciati da una quotidianità scontata e piacevole. Nella biblioteca dove lavora il padre, Shizuku è solita noleggiare una gran quantità di libri, fin quando nota che nella tessera di ogni libro noleggiato - la cedolina che notifica i precedenti possessori del libro -, è costantemente presente il nome di una persona, qualcuno che praticamente ha noleggiato tutti quei libri prima di lei (!): un certo Seiji Amasawa.
Chi è? Esiste qualcun altro capace di leggere una mole di volumi simile? Sarà... una persona interessante?
La fantasia di una quattordicenne è fervida e galoppante, e lo è ancor di più la fantasia di una accanita lettrice, capace di immaginare mondi e avventure senza confini.
Diciamolo onestamente: “I sospiri del mio cuore” non racconta molto, ma quel poco che ci viene detto è narrato in maniera sublime, filtrato dalla poetica luce di sogni andati e fantasie adolescenziali di una preziosità insostituibile.
Ricco di scene divenute in seguito icone animate o cavalli di battaglia made-in-Ghibli, spicca il simpatico, grassissimo gatto dai molteplici nomi capace di prendere la metro e girare la metropoli in solitaria, seduto comodamente su di uno dei sedili del convoglio come se fosse un pendolare qualsiasi. Sarà proprio il bel gattone a condurre Shizuku in cima a una collina in periferia, presso un negozio d’antiquariato unico, un luogo quasi magico da dove la storia prenderà una piega ben più intensa (menzione inevitabile per l’orologio a pendolo che dedica un cameo al mitico “Porco Rosso”, divertente e nostalgica autocitazione).
Sorridiamo e ci emozioniamo, in questa dolce e sensibile avventura adolescenziale, ma senza mai esserne travolti, e in certi momenti ci si chiede se sia un bene o una mancanza.
L’intreccio dei primi amori, gli equivoci, gli imbarazzi e le incomprensioni, i batticuori raccontati con disarmante naturalezza, la dolcezza delle musiche d’atmosfera calibrate sulle inimitabili note degli Anni Novanta trascinano lo spettatore verso una sensazione di piacere anestetizzante, quasi rasserenante. La prima parte del film è quella più lenta, costellata di micro-eventi che ci preparano alla seconda metà, ben più gioiosa e coinvolgente, anche se, nella sua interezza, la vicenda non sfoggia mai picchi di tensione o colpi di scena inaspettati: in fondo, “I sospiri del mio cuore” non ne ha né bisogno né cerca di sorprenderci tramite tali espedienti.
A conti fatti si tratta di un racconto nel racconto, uno spaccato di vita quotidiana di un’estate di trent’anni fa, dove due ragazzi si confrontano a vari livelli, dai sentimenti ai sogni per il futuro prossimo e remoto, fra desideri, paure e insicurezze, imposizioni familiari e difficoltà sociali. Lo scoprire la durezza - e la bellezza - di un mondo cinico ma ricco di meraviglie, le difficoltà di farsi strada nel mondo degli adulti, il saper decidere che strada prendere contrapposto all’insicurezza di un futuro incerto: un affresco banale eppure intensissimo, dipinto coi colori della fantasia che solo una ragazzina con un amore smisurato per la letteratura può vedere e tentare di raccontarci.
“I sospiri del mio cuore” ha un epilogo dolce, ottimista, quasi sospeso fra presente e futuro, veicolo di positività per i buoni propositi in vista di impegni futuri: una visione forse troppo semplicistica ma potente a livello emotivo, capace di curarci il cuore e che ci ricorda come, da ragazzini, il mondo ci sembrava meno terribile, meno amaro e meno spietato; sicuramente spaventoso e misterioso, ma pieno di possibilità e di scoperte da fare. La paura non mancava, ma nemmeno il desiderio di percorrere la strada davanti a noi.
Due ore scarse d’intrattenimento che rasserenano l’anima. Forse non ci faranno rimanere a bocca aperta, ma lo spirito ne sarà lenito. Con gentilezza.
P.S. Ah, giusto, Cremona. Cremona, sì, potrebbe davvero essere una meta fondamentale per la carriera di un liutaio. Perché? Godetevi “I sospiri del mio cuore”, e capirete.
Vibe anni ‘90, amori giovanili e una passione sconfinata per i libri sono le tre componenti principali di quello che, secondo il mio modesto parere, è l’ennesimo capolavoro dello Studio Ghibli. Pubblicato nel 1995, “I sospiri del mio cuore” è il frutto del lavoro combinato di Aoi Hiiragi e del maestro, Hayao Miyazaki.
La storia, ambientata nella periferia di Tokyo degli anni ‘90, ha come protagonista una ragazza di quattordici anni, Shizuku Tsukishima, lettrice compulsiva di libri che, quasi ogni giorno, va a prendere in prestito nella biblioteca dove lavora il padre. Lei non lo sa ancora, ma saranno proprio loro a cambiarle la vita definitivamente. Un giorno infatti, leggendo le tessere di questi libri, nota un nome che compare quasi sempre, un certo Seiji Amasawa, un ragazzo che chiaramente lei non conosce, non ancora perlomeno, e su cui inizia a fantasticare. Sarà così che, tra un problema giovanile e l’altro come quello dell’amica innamorata ma non corrisposta, i due in modo del tutto fortuito si conoscono. In un primo momento non sembrano andare molto d’accordo, ma, alla fine, grazie anche alla presenza indispensabile del nonno di lui, i ragazzi iniziano a frequentarsi. Seiji è un ragazzo molto sicuro di sé, che ha già in mente il suo percorso per il futuro; lasciare la scuola e andare in Italia per diventare un liutaio professionista. La cosa stupisce Shizuku che, invece, al futuro non ha mai minimamente pensato, ed è così che, dopo aver letto centinaia di libri, decide di scriverne uno. La sua stesura occupa l’ultima parte dell’opera, avviandoci a un finale romantico seppur scontato e ricolmo di gioia.
Ecco, forse proprio la parola gioia è quella che userei per descrivere il film a chiunque me lo chiedesse. La gioia è quella che riesce ad emanare ogni singola scena dell’opera, nonostante non manchino momenti un po’ più tristi e commoventi, ma che comunque riescono a risolversi al meglio. La gioia la ritrovo nella passione per i libri di Shizuku; nella scena dell’inseguimento del gatto che la porta alla scoperta di un luogo fino ad allora sconosciuto; nella dichiarazione d’amore finale di Seiji e ovviamente nel concerto improvvisato in cantina. Proprio questa è, a parer di molti, la scena simbolo di tutta l’opera. Un momento irripetibile, durante il quale la voce di Shizuku e la musica che l’accompagna sembrano uscire fuori dal tempo, quasi come se non fossero sottoposte alle leggi della natura. Pochi ma intensi minuti ricolmi di gioia e felicità, che resteranno indelebili nella mia mente.
Il film però non va inteso come mero divertimento, ma allo stesso tempo come un “romanzo” di formazione che ha come protagonisti i due ragazzi. Seiji trova la forza di imporsi contro il volere dei genitori, che finalmente gli danno la possibilità di andare in Italia per due mesi di apprendistato; Shizuku, spinta dalla forza di volontà di Seiji, scopre invece la sua vocazione di scrittrice, ma soltanto dopo essersi messa alla prova, tentando e riuscendo nell’obiettivo di scrivere un libro in soli due mesi. Per quanto riguarda la componente romantica, invece, non c’è molto da dire. La materia è trattata bene e con estrema semplicità, ma mi rendo conto che, parlando di amori della prima giovinezza, esenti da ogni tipo di problematiche che si possono riscontrare in rapporti più “maturi”, in pochi potranno immedesimarvisi.
Infine, due menzioni d’onore. La prima per Naoya Tanaka, il creatore degli sfondi mozzafiato del film; la seconda per l’intero comparto sonoro, che ci regala musiche stupende perfettamente calzanti con il “mood” dell’opera e una colonna sonora da brividi come “Take me Home, Country Roads” in chiave rivisitata.
Ancora una volta, dunque, lo Studio Ghibli ci ha fatto dono di una piccola perla, e noi non possiamo far altro che ringraziarlo. Un film adatto a tutti e in grado di emozionare veramente con poco. Chiamatela, se volete, la magia di Miyazaki.
La storia, ambientata nella periferia di Tokyo degli anni ‘90, ha come protagonista una ragazza di quattordici anni, Shizuku Tsukishima, lettrice compulsiva di libri che, quasi ogni giorno, va a prendere in prestito nella biblioteca dove lavora il padre. Lei non lo sa ancora, ma saranno proprio loro a cambiarle la vita definitivamente. Un giorno infatti, leggendo le tessere di questi libri, nota un nome che compare quasi sempre, un certo Seiji Amasawa, un ragazzo che chiaramente lei non conosce, non ancora perlomeno, e su cui inizia a fantasticare. Sarà così che, tra un problema giovanile e l’altro come quello dell’amica innamorata ma non corrisposta, i due in modo del tutto fortuito si conoscono. In un primo momento non sembrano andare molto d’accordo, ma, alla fine, grazie anche alla presenza indispensabile del nonno di lui, i ragazzi iniziano a frequentarsi. Seiji è un ragazzo molto sicuro di sé, che ha già in mente il suo percorso per il futuro; lasciare la scuola e andare in Italia per diventare un liutaio professionista. La cosa stupisce Shizuku che, invece, al futuro non ha mai minimamente pensato, ed è così che, dopo aver letto centinaia di libri, decide di scriverne uno. La sua stesura occupa l’ultima parte dell’opera, avviandoci a un finale romantico seppur scontato e ricolmo di gioia.
Ecco, forse proprio la parola gioia è quella che userei per descrivere il film a chiunque me lo chiedesse. La gioia è quella che riesce ad emanare ogni singola scena dell’opera, nonostante non manchino momenti un po’ più tristi e commoventi, ma che comunque riescono a risolversi al meglio. La gioia la ritrovo nella passione per i libri di Shizuku; nella scena dell’inseguimento del gatto che la porta alla scoperta di un luogo fino ad allora sconosciuto; nella dichiarazione d’amore finale di Seiji e ovviamente nel concerto improvvisato in cantina. Proprio questa è, a parer di molti, la scena simbolo di tutta l’opera. Un momento irripetibile, durante il quale la voce di Shizuku e la musica che l’accompagna sembrano uscire fuori dal tempo, quasi come se non fossero sottoposte alle leggi della natura. Pochi ma intensi minuti ricolmi di gioia e felicità, che resteranno indelebili nella mia mente.
Il film però non va inteso come mero divertimento, ma allo stesso tempo come un “romanzo” di formazione che ha come protagonisti i due ragazzi. Seiji trova la forza di imporsi contro il volere dei genitori, che finalmente gli danno la possibilità di andare in Italia per due mesi di apprendistato; Shizuku, spinta dalla forza di volontà di Seiji, scopre invece la sua vocazione di scrittrice, ma soltanto dopo essersi messa alla prova, tentando e riuscendo nell’obiettivo di scrivere un libro in soli due mesi. Per quanto riguarda la componente romantica, invece, non c’è molto da dire. La materia è trattata bene e con estrema semplicità, ma mi rendo conto che, parlando di amori della prima giovinezza, esenti da ogni tipo di problematiche che si possono riscontrare in rapporti più “maturi”, in pochi potranno immedesimarvisi.
Infine, due menzioni d’onore. La prima per Naoya Tanaka, il creatore degli sfondi mozzafiato del film; la seconda per l’intero comparto sonoro, che ci regala musiche stupende perfettamente calzanti con il “mood” dell’opera e una colonna sonora da brividi come “Take me Home, Country Roads” in chiave rivisitata.
Ancora una volta, dunque, lo Studio Ghibli ci ha fatto dono di una piccola perla, e noi non possiamo far altro che ringraziarlo. Un film adatto a tutti e in grado di emozionare veramente con poco. Chiamatela, se volete, la magia di Miyazaki.
La prima cosa che noto in questo film è la musica country, infatti si parte subito con la cover di una canzone di John Denver, 1971. Sembra quasi di vedere l'incipit di una commedia americana da televisione, trasposta in forma di cartone animato giapponese.
Nonostante questo non mi fermo alla prima impressione, e guardo la pellicola fino alla fine. La seconda impressione è quella dello slice of life, un genere che non è per nulla sconosciuto allo Studio Ghibli - già lo si era visto nello splendido film di Takahata risalente a quattro anni prima. La terza è quella che si tratti di una storia adolescenziale. La quarta è l'impressione che lo zampino di Miyazaki abbia diluito lo slice of life con le sue atmosfere fatate. In effetti sembra che a tratti venga ben rappresentata una realtà famigliare e di vita quotidiana, ma tutto ciò si confonde nella magia di innamoramenti puri, casti e innocenti fra le dolci note di un'orchestra. In molti dei film marchiati Ghibli, le cose non vanno mai troppo male. Raggiunti i trent'anni di età, ci si è già fatti un'idea abbozzata di cosa significa vivere, quindi è difficile che tutto ciò faccia presa.
Devo però riconoscere un grande merito a questo film, quello di aver mostrato cosa significa riunirsi in una cantina e vivere il piacere di suonare e cantare con un gruppo di amici. Inoltre, dà anche uno sguardo al mondo della creatività, sia in chiave realistica che simbolica, e agli stati d'animo che questo può portare. Dal punto di vista tecnico il film è straordinario come pressoché tutti i film Ghibli. Il negozio di antiquariato è un piacere per gli occhi, specialmente l'orologio meccanico.
L'Italia è un argomento ricorrente in questi film, a questo giro la citazione spetta a Cremona, nota per essere una città di liuteria. La fase finale del film è estremamente semplice e sintetizza i due cardini della storia, lo slice of life e l'innamoramento fiabesco. Il personaggio di Seiji Amasawa mi ha convinto molto poco: l'inizio del film gli conferisce dei tratti caratteriali spiccati che ad un certo punto spariscono improvvisamente, senza una ragione particolarmente credibile. Non riesce ad essere un personaggio a sé come poteva sembrare inizialmente. Poi leggo che questo film è tratto da un breve manga shoujo di qualche anno prima, e a quel punto le cose già si spiegano un po' meglio.
In definitiva, e per tutte queste ragioni, la mia valutazione personale è molto tiepida, ma comunque non negativa.
Nonostante questo non mi fermo alla prima impressione, e guardo la pellicola fino alla fine. La seconda impressione è quella dello slice of life, un genere che non è per nulla sconosciuto allo Studio Ghibli - già lo si era visto nello splendido film di Takahata risalente a quattro anni prima. La terza è quella che si tratti di una storia adolescenziale. La quarta è l'impressione che lo zampino di Miyazaki abbia diluito lo slice of life con le sue atmosfere fatate. In effetti sembra che a tratti venga ben rappresentata una realtà famigliare e di vita quotidiana, ma tutto ciò si confonde nella magia di innamoramenti puri, casti e innocenti fra le dolci note di un'orchestra. In molti dei film marchiati Ghibli, le cose non vanno mai troppo male. Raggiunti i trent'anni di età, ci si è già fatti un'idea abbozzata di cosa significa vivere, quindi è difficile che tutto ciò faccia presa.
Devo però riconoscere un grande merito a questo film, quello di aver mostrato cosa significa riunirsi in una cantina e vivere il piacere di suonare e cantare con un gruppo di amici. Inoltre, dà anche uno sguardo al mondo della creatività, sia in chiave realistica che simbolica, e agli stati d'animo che questo può portare. Dal punto di vista tecnico il film è straordinario come pressoché tutti i film Ghibli. Il negozio di antiquariato è un piacere per gli occhi, specialmente l'orologio meccanico.
L'Italia è un argomento ricorrente in questi film, a questo giro la citazione spetta a Cremona, nota per essere una città di liuteria. La fase finale del film è estremamente semplice e sintetizza i due cardini della storia, lo slice of life e l'innamoramento fiabesco. Il personaggio di Seiji Amasawa mi ha convinto molto poco: l'inizio del film gli conferisce dei tratti caratteriali spiccati che ad un certo punto spariscono improvvisamente, senza una ragione particolarmente credibile. Non riesce ad essere un personaggio a sé come poteva sembrare inizialmente. Poi leggo che questo film è tratto da un breve manga shoujo di qualche anno prima, e a quel punto le cose già si spiegano un po' meglio.
In definitiva, e per tutte queste ragioni, la mia valutazione personale è molto tiepida, ma comunque non negativa.
Un'altra opera dello Studio Ghibli da inserire nella lista, questa volta tocca a "Mimi wo sumaseba" (I sospiri del mio cuore), dove il Maestro s'impegna a realizzare una semplice trama ma molto passionale e profonda, come solo lui riesce a fare.
La trama vede protagonista Shikuzu, una studentessa che ama molto leggere, infatti sogna di diventare una scrittrice famosa. Durante l'estate segue incuriosita un gatto che la conduce in una bottega dove incontra Seiji Amasawa, un ragazzo di cui la protagonista si invaghisce subito; nella bottega fa amicizia con un anziano signore con cui parla spesso e gli racconta del suo sogno, e preso dal momento, il signore le chiede di scrivere un libro per lui.
La storia è molto semplice ma profonda, infatti è l'aspetto che mi ha coinvolto di più, del resto come è solito in tutti i film di Hayao Miyazaki; lo sviluppo della trama però non mi ha convinto maggiormente, sinceramente questo è il primo film dello studio ghibli che vedo che riesce a farmi annoiare un pochino.
I personaggi hanno un loro aspetto emotivo che riesce a coinvolgere, ma nel complesso sono un po' pesanti da seguire, la protagonista è una semplice ragazza con i propri sogni e obiettivi, da apprezzare quindi la semplicità, ma in conclusione non mi hanno intrattenuto moltissimo; resta comunque una bella storia con bei personaggi emotivi, il problema è l'intrattenimento che in questo film non ha saputo prendermi.
Il comparto tecnico dello studio ghibli è sempre una gioia per gli occhi, bellissimi disegni e animazioni molto pulite, bellissimo poi il paesaggio della periferia di Tokyo negli anni 90 mostrato all'apertura del film. Il comparto sonoro è anch'esso molto apprezzabile con musiche di sottofondo dolci e passionali, aggiungendo anche il buon doppiaggio in italiano.
In conclusione, non ho amato moltissimo quest'opera del Maestro come le altre sue opere, ma comunque è un buon prodotto che tranquillamente mi sento di consigliare, soprattutto a chi segue le opere dello Studio Ghibli. Voto 6 e mezzo.
La trama vede protagonista Shikuzu, una studentessa che ama molto leggere, infatti sogna di diventare una scrittrice famosa. Durante l'estate segue incuriosita un gatto che la conduce in una bottega dove incontra Seiji Amasawa, un ragazzo di cui la protagonista si invaghisce subito; nella bottega fa amicizia con un anziano signore con cui parla spesso e gli racconta del suo sogno, e preso dal momento, il signore le chiede di scrivere un libro per lui.
La storia è molto semplice ma profonda, infatti è l'aspetto che mi ha coinvolto di più, del resto come è solito in tutti i film di Hayao Miyazaki; lo sviluppo della trama però non mi ha convinto maggiormente, sinceramente questo è il primo film dello studio ghibli che vedo che riesce a farmi annoiare un pochino.
I personaggi hanno un loro aspetto emotivo che riesce a coinvolgere, ma nel complesso sono un po' pesanti da seguire, la protagonista è una semplice ragazza con i propri sogni e obiettivi, da apprezzare quindi la semplicità, ma in conclusione non mi hanno intrattenuto moltissimo; resta comunque una bella storia con bei personaggi emotivi, il problema è l'intrattenimento che in questo film non ha saputo prendermi.
Il comparto tecnico dello studio ghibli è sempre una gioia per gli occhi, bellissimi disegni e animazioni molto pulite, bellissimo poi il paesaggio della periferia di Tokyo negli anni 90 mostrato all'apertura del film. Il comparto sonoro è anch'esso molto apprezzabile con musiche di sottofondo dolci e passionali, aggiungendo anche il buon doppiaggio in italiano.
In conclusione, non ho amato moltissimo quest'opera del Maestro come le altre sue opere, ma comunque è un buon prodotto che tranquillamente mi sento di consigliare, soprattutto a chi segue le opere dello Studio Ghibli. Voto 6 e mezzo.
I sospiri del mio cuore è un lungometraggio d'animazione del 1995 diretto da Yoshifumi Kondo, scritto da Hayao Miyazaki e ispirato al manga Sussurri del Cuore di Aoi Hiiragi (pubblicato in Italia dalla Star Comics). E' stato il primo film dello Studio Ghibli diretto da qualcuno che non fosse Miyazaki o Takahata, ed è l'unica pellicola diretta da Kondo, conosciuto finora come character designer di Anna dai capelli rossi e Una tomba per le lucciole, e morto pochi anni dopo la produzione di questo film. Le sequenze fantasy inserite nel lungometraggio sono state realizzate dal pittore surrealista Naohisa Inoue e dirette da Miyazaki.
COUNTRY ROADS
La scena si apre di sera, sopra una Tokyo immersa nella calura estiva, ma sempre viva e fervente di attività come può esserlo la capitale giapponese. Passiamo attraverso strade trafficate, in mezzo alla gente e alle auto, fino a raggiungere la periferia ed infine la nostra giovane protagonista che esce da un piccolo supermercato. Questo potrebbe essere l'incipit di un qualunque film, se non fosse per il fatto che queste scene sono accompagnate da una ballata country tipicamente americana come "Take me home, country roads", scritta da John Denver e cantata da Olivia Newton-John (per la precisione si tratta di una cover eseguita dalla cantante nel '73). E' una cosa talmente inaspettata che in un primo momento può lasciare spiazzati, anche io che conosco la canzone ci ho messo qualche secondo a riconoscerla. Si tratta di un particolare talmente strano inserito in un lungometraggio di animazione giapponese che attira subito l'attenzione. Conoscendo Miyazaki si intuisce subito che non si tratta di una casualità o di un mero espediente.
"Country roads", come viene spesso abbreviato il titolo della canzone, fa da filo conduttore e guida i protagonisti per l'intera durata del film. E' il brano che Shizuku e la sua amica Yuuko stanno reinterpretando per il coro scolastico, è la canzone che segna il primo incontro con Seiji e che i due suoneranno assieme agli amici del nonno di lui. Questa breve jam session è il punto focale del film, dove la giovane protagonista esprime tutte le sue emozioni. In questa bellissima scena, piena di sentimento, giovani e anziani, separati tra loro da un divario generazionale non indifferente, si ritrovano riuniti grazie alla musica. Nel testo originale della canzone c'è un ripetuto accenno a delle strade ed a un profondo desiderio di tornare a casa, nella propria terra natia, che sembra quasi un piccolo angolo di paradiso. Ma Shizuku che è cresciuta nel distretto di Tamayama, una zona urbana fatta di strade e cemento, edificata su quella che era un tempo la zona collinare di Tama, non riesce a comprendere appieno il significato di un ritorno ad una bucolica terra natia e così fa molta fatica a tradurre il testo della canzone nella sua lingua.
Per affrontare questo ostacolo, prima scrive una specie di parodia che chiama "Concrete road" (lett. strada di cemento) e poi da vita a quella che è la sua personale interpretazione del brano. Un'interpretazione che parla della solitudine, delle difficoltà intrinseche dell'adolescenza e del diventare adulti, del ricordo di quella che lei vede come la terra natia, l'infanzia, che però deve lasciarsi alle spalle, un luogo a cui è impossibile fare ritorno e quindi deve farsi forza e procedere per la propria strada, qualunque sia la meta (questo testo è stato scritto da Miyazaki con l'aiuto di Mamiko, figlia del produttore Toshio Suzuki). Ed è così che Kondo e Miyazaki ci raccontano la storia di Shizuku, seguendo il cammino che contraddistingue la sua crescita, caratterizzata dall'evolversi dei suoi sentimenti e dalle problematiche tipiche dell'adolescenza. Una storia ricca di emozioni, di momenti felici, ma anche di attimi di profonda tristezza, di momenti riflessivi, ma anche di emozioni impetuose e irrefrenabili tipiche della giovinezza.
Seguiamo la tranquilla vita di Shizuku che viene scombussolata da un particolare insignificante come può esserlo un nome scritto su un cartoncino, passando dall'incontro con Seiji e l'inizio di una bella amicizia, fino allo sbocciare di un sentimento talmente profondo e inaspettato, che neanche la protagonista riesce a definire con chiarezza. E quando il ragazzo parte per il suo apprendistato in Italia, Shizuku si sente persa e si ritrova a dover fronteggiare delle emozioni talmente forti e incontrollabili da doverle esprimerle in qualche maniera, è così che decide di scrivere il suo romanzo. In un eccesso di febbrile creatività la fantasia di Shizuku prende il sopravvento e, in alcune brevi e sognanti sequenze, la realtà si mescola all'immaginazione e la bambola del Barone prende vita, diventando la guida della ragazza in un mondo fantastico che è la raffigurazione dei suoi sentimenti e, attraverso questo viaggio, la aiuterà a scoprire cosa prova veramente per Seiji.
Questo senso di inquietudine e impazienza non la abbandona fino a quando il vecchio Shirou non legge il suo libro e cerca di dissipare tutti i suoi timori. L'antiquario le fa una similitudine che calza a pennello, il suo racconto è impetuoso, schietto ed imperfetto ma ha anche un enorme potenziale, così come i violini di Seiji, così come i loro sentimenti sono immaturi ma anche molto forti, sono come delle gemme grezze appena estratte che aspettano solo di essere raffinate. E per farlo bisogna prendersi il tempo necessario, non importa quanto ci possa volere. Il trascorrere del tempo, la solitudine e il destino di amori all'apparenza irrealizzabili sono temi ricorrenti nella pellicola. Miyazaki introduce tanti piccoli dettagli capaci di enfatizzare la forza del racconto. Nella bottega dell'antiquario c'è un orologio che narra l'amore impossibile tra de esseri fatati, ma c'è anche una bambola a forma di gatto antropomorfo che nasconde una storia d'amore del passato. Poi c'è quel felino dall'aria altezzosa e un po' beffarda che guida Shizuku verso la bottega, un vagabondo che non permette a nessuno di affezionarcisi e che viene chiamato con un nome diverso da ogni famiglia che lo ospita.
E tutti questi elementi si mescolano insieme in un'unica e articolata storia ricca di magia, anche se non è la magia tipica dei racconti di Miyazaki. Nonostante le apparenze (la locandina può trarre in inganno) questa non è una storia di fantasia, ma è una vicenda che si svolge in un contesto molto realistico, come lo sono le strade raffigurate sullo schermo. Il panorama cittadino di Tokyo, col suo cemento e le sue strade, ma anche i vicoli e le case che sembrano nascondere un mondo a sé stante, dove basta girare un angolo o aprire una porta per scoprire delle vere meraviglie. Nonostante tutto Miyazaki non riesce a trattenersi e, con l'espediente di raccontare parte del romanzo di Shizuku, da vita ad un mondo di pura fantasia che va a sovrapporsi a quello reale, un mondo che dura solo pochi istanti, effimero come può esserlo solo un sogno, ma altrettanto vivido e affascinante. In questa sequenza si possono cogliere degli elementi che rivedremo poi in altri lavori dello Studio Ghibli. La scena del volo è molto simile a quella fatta da Howl e Sophie ne Il castello errante di Howl, mentre i fondali sono gli stessi che verranno poi ripresi in Iblard jikan. Ma forse la cosa che salta di più all'occhio ai fan dello Studio Ghibli è proprio il Barone, gatto antropomorfo che sarà protagonista del lungometraggio del 2002 intitolato Neko no ongaeshi (The cat returns).
Per quello che riguarda l'aspetto tecnico, bisogna sottolineare il fatto che la pellicola è stata realizzata più di quindici anni fa, e quindi la qualità del disegno e delle animazioni è tipica di quel periodo. Ma nonostante tutto ci si rende che si tratta di un lavoro talmente pregevole da abbattere qualsiasi pregiudizio. L'unica nota negativa che mi viene da fare è sul finale che tende a trattare in maniera piuttosto sbrigativa il rapporto tra i due ragazzi, forzandolo ad una conclusione alquanto inverosimile. Una nota di merito va invece al doppiaggio italiano a mio avviso davvero ben fatto (anche se forse usa dei dialoghi un pochino ricercati), in particolar modo per quello che riguarda la doppiatrice di Shizuku, che interpreta in italiano anche l'originale versione di "Country Roads" creata da Miyazaki. Con questo Mimi wo sumaseba, Hayao Miyazaki e Yoshifumi Kondo riescono a narrare un tema delicato, come può esserlo solo l'adolescenza, e lo fanno l'inconfondibile tocco magico che contraddistingue da sempre i lavori dello Studio Ghibli, dando vita a quello che può essere senza dubbio considerato come in piccolo capolavoro.
COUNTRY ROADS
La scena si apre di sera, sopra una Tokyo immersa nella calura estiva, ma sempre viva e fervente di attività come può esserlo la capitale giapponese. Passiamo attraverso strade trafficate, in mezzo alla gente e alle auto, fino a raggiungere la periferia ed infine la nostra giovane protagonista che esce da un piccolo supermercato. Questo potrebbe essere l'incipit di un qualunque film, se non fosse per il fatto che queste scene sono accompagnate da una ballata country tipicamente americana come "Take me home, country roads", scritta da John Denver e cantata da Olivia Newton-John (per la precisione si tratta di una cover eseguita dalla cantante nel '73). E' una cosa talmente inaspettata che in un primo momento può lasciare spiazzati, anche io che conosco la canzone ci ho messo qualche secondo a riconoscerla. Si tratta di un particolare talmente strano inserito in un lungometraggio di animazione giapponese che attira subito l'attenzione. Conoscendo Miyazaki si intuisce subito che non si tratta di una casualità o di un mero espediente.
"Country roads", come viene spesso abbreviato il titolo della canzone, fa da filo conduttore e guida i protagonisti per l'intera durata del film. E' il brano che Shizuku e la sua amica Yuuko stanno reinterpretando per il coro scolastico, è la canzone che segna il primo incontro con Seiji e che i due suoneranno assieme agli amici del nonno di lui. Questa breve jam session è il punto focale del film, dove la giovane protagonista esprime tutte le sue emozioni. In questa bellissima scena, piena di sentimento, giovani e anziani, separati tra loro da un divario generazionale non indifferente, si ritrovano riuniti grazie alla musica. Nel testo originale della canzone c'è un ripetuto accenno a delle strade ed a un profondo desiderio di tornare a casa, nella propria terra natia, che sembra quasi un piccolo angolo di paradiso. Ma Shizuku che è cresciuta nel distretto di Tamayama, una zona urbana fatta di strade e cemento, edificata su quella che era un tempo la zona collinare di Tama, non riesce a comprendere appieno il significato di un ritorno ad una bucolica terra natia e così fa molta fatica a tradurre il testo della canzone nella sua lingua.
Per affrontare questo ostacolo, prima scrive una specie di parodia che chiama "Concrete road" (lett. strada di cemento) e poi da vita a quella che è la sua personale interpretazione del brano. Un'interpretazione che parla della solitudine, delle difficoltà intrinseche dell'adolescenza e del diventare adulti, del ricordo di quella che lei vede come la terra natia, l'infanzia, che però deve lasciarsi alle spalle, un luogo a cui è impossibile fare ritorno e quindi deve farsi forza e procedere per la propria strada, qualunque sia la meta (questo testo è stato scritto da Miyazaki con l'aiuto di Mamiko, figlia del produttore Toshio Suzuki). Ed è così che Kondo e Miyazaki ci raccontano la storia di Shizuku, seguendo il cammino che contraddistingue la sua crescita, caratterizzata dall'evolversi dei suoi sentimenti e dalle problematiche tipiche dell'adolescenza. Una storia ricca di emozioni, di momenti felici, ma anche di attimi di profonda tristezza, di momenti riflessivi, ma anche di emozioni impetuose e irrefrenabili tipiche della giovinezza.
Seguiamo la tranquilla vita di Shizuku che viene scombussolata da un particolare insignificante come può esserlo un nome scritto su un cartoncino, passando dall'incontro con Seiji e l'inizio di una bella amicizia, fino allo sbocciare di un sentimento talmente profondo e inaspettato, che neanche la protagonista riesce a definire con chiarezza. E quando il ragazzo parte per il suo apprendistato in Italia, Shizuku si sente persa e si ritrova a dover fronteggiare delle emozioni talmente forti e incontrollabili da doverle esprimerle in qualche maniera, è così che decide di scrivere il suo romanzo. In un eccesso di febbrile creatività la fantasia di Shizuku prende il sopravvento e, in alcune brevi e sognanti sequenze, la realtà si mescola all'immaginazione e la bambola del Barone prende vita, diventando la guida della ragazza in un mondo fantastico che è la raffigurazione dei suoi sentimenti e, attraverso questo viaggio, la aiuterà a scoprire cosa prova veramente per Seiji.
Questo senso di inquietudine e impazienza non la abbandona fino a quando il vecchio Shirou non legge il suo libro e cerca di dissipare tutti i suoi timori. L'antiquario le fa una similitudine che calza a pennello, il suo racconto è impetuoso, schietto ed imperfetto ma ha anche un enorme potenziale, così come i violini di Seiji, così come i loro sentimenti sono immaturi ma anche molto forti, sono come delle gemme grezze appena estratte che aspettano solo di essere raffinate. E per farlo bisogna prendersi il tempo necessario, non importa quanto ci possa volere. Il trascorrere del tempo, la solitudine e il destino di amori all'apparenza irrealizzabili sono temi ricorrenti nella pellicola. Miyazaki introduce tanti piccoli dettagli capaci di enfatizzare la forza del racconto. Nella bottega dell'antiquario c'è un orologio che narra l'amore impossibile tra de esseri fatati, ma c'è anche una bambola a forma di gatto antropomorfo che nasconde una storia d'amore del passato. Poi c'è quel felino dall'aria altezzosa e un po' beffarda che guida Shizuku verso la bottega, un vagabondo che non permette a nessuno di affezionarcisi e che viene chiamato con un nome diverso da ogni famiglia che lo ospita.
E tutti questi elementi si mescolano insieme in un'unica e articolata storia ricca di magia, anche se non è la magia tipica dei racconti di Miyazaki. Nonostante le apparenze (la locandina può trarre in inganno) questa non è una storia di fantasia, ma è una vicenda che si svolge in un contesto molto realistico, come lo sono le strade raffigurate sullo schermo. Il panorama cittadino di Tokyo, col suo cemento e le sue strade, ma anche i vicoli e le case che sembrano nascondere un mondo a sé stante, dove basta girare un angolo o aprire una porta per scoprire delle vere meraviglie. Nonostante tutto Miyazaki non riesce a trattenersi e, con l'espediente di raccontare parte del romanzo di Shizuku, da vita ad un mondo di pura fantasia che va a sovrapporsi a quello reale, un mondo che dura solo pochi istanti, effimero come può esserlo solo un sogno, ma altrettanto vivido e affascinante. In questa sequenza si possono cogliere degli elementi che rivedremo poi in altri lavori dello Studio Ghibli. La scena del volo è molto simile a quella fatta da Howl e Sophie ne Il castello errante di Howl, mentre i fondali sono gli stessi che verranno poi ripresi in Iblard jikan. Ma forse la cosa che salta di più all'occhio ai fan dello Studio Ghibli è proprio il Barone, gatto antropomorfo che sarà protagonista del lungometraggio del 2002 intitolato Neko no ongaeshi (The cat returns).
Per quello che riguarda l'aspetto tecnico, bisogna sottolineare il fatto che la pellicola è stata realizzata più di quindici anni fa, e quindi la qualità del disegno e delle animazioni è tipica di quel periodo. Ma nonostante tutto ci si rende che si tratta di un lavoro talmente pregevole da abbattere qualsiasi pregiudizio. L'unica nota negativa che mi viene da fare è sul finale che tende a trattare in maniera piuttosto sbrigativa il rapporto tra i due ragazzi, forzandolo ad una conclusione alquanto inverosimile. Una nota di merito va invece al doppiaggio italiano a mio avviso davvero ben fatto (anche se forse usa dei dialoghi un pochino ricercati), in particolar modo per quello che riguarda la doppiatrice di Shizuku, che interpreta in italiano anche l'originale versione di "Country Roads" creata da Miyazaki. Con questo Mimi wo sumaseba, Hayao Miyazaki e Yoshifumi Kondo riescono a narrare un tema delicato, come può esserlo solo l'adolescenza, e lo fanno l'inconfondibile tocco magico che contraddistingue da sempre i lavori dello Studio Ghibli, dando vita a quello che può essere senza dubbio considerato come in piccolo capolavoro.
"I sospiri del mio cuore" è un film prodotto da studio Ghibli che trova alla regia Hayao Miyazaki; contrariamente a come ci si potrebbe aspettare trovando Miyazaki regista, in quest'opera l'elemento soprannaturale è quasi totalmente assente, se non in qualche scena riguardante i sogni della protagonista.
La storia narra di Shizuku, una ragazzina delle medie appassionata di lettura, che passa la maggior parte del tempo libero a divorare un libro dietro l'altro. Prendendo assiduamente i volumi da leggere dalla biblioteca, nota sulle loro schedine il nome di un ragazzo sconosciuto che sembra essere l'unico a nutrire i suoi stessi interessi e finisce per volerlo conoscere; quando riesce a identificarlo e a incontrarlo però, Seiji si rivela essere ben diverso da come Shizuku si era immaginata, apparendo come un ragazzo scontroso e riservato. Approfondendo la sua conoscenza, tuttavia, Shizuku scopre la vera personalità di Seiji, e finisce per ammirarlo per la sua intraprendenza, fino a innamorarsene.
La trama, molto semplice, procede in modo lineare durante tutto l'arco del film, senza tempi morti o eccessivamente lenti, riuscendo a intrattenere lo spettatore fino alla fine, dove il coinvolgimento emotivo si sente maggiormente.
Le argomentazioni trattate, in questo caso in modo evidente, sono principalmente l'amore e la ricerca del proprio percorso di vita. La tematica dell'amore viene presentata in maniera anomala, considerata l'età dei protagonisti, che vengono caratterizzati in modo tale da risultare eccessivamente maturi; un rapporto come quello che si instaura fra i due è inverosimile e impensabile nella realtà, ma in fondo non credo sia un grande problema. La ricerca del proprio percorso è l'altra tematica principale dell'opera e viene chiaramente esplicitata dalla protagonista in più occasioni; sembra quasi un invito a credere nei propri sogni e a non mollare fino alla loro realizzazione.
Come al solito, tecnicamente è stato svolto un ottimo lavoro, sia per quanto riguarda la parte grafica che ci regala paesaggi suggestivi e dettagliatissimi, che per quanto riguarda la regia.
Il comparto sonoro stavolta è un vero e proprio capolavoro: sulle note di "Take me home, Country Roads" riesce a rendere le atmosfere ancora più magiche e suggestive.
Consiglio vivamente la visione di questo film a tutti coloro che amano lo studio Ghibli e Miyazaki: un'opera da non perdere.
La storia narra di Shizuku, una ragazzina delle medie appassionata di lettura, che passa la maggior parte del tempo libero a divorare un libro dietro l'altro. Prendendo assiduamente i volumi da leggere dalla biblioteca, nota sulle loro schedine il nome di un ragazzo sconosciuto che sembra essere l'unico a nutrire i suoi stessi interessi e finisce per volerlo conoscere; quando riesce a identificarlo e a incontrarlo però, Seiji si rivela essere ben diverso da come Shizuku si era immaginata, apparendo come un ragazzo scontroso e riservato. Approfondendo la sua conoscenza, tuttavia, Shizuku scopre la vera personalità di Seiji, e finisce per ammirarlo per la sua intraprendenza, fino a innamorarsene.
La trama, molto semplice, procede in modo lineare durante tutto l'arco del film, senza tempi morti o eccessivamente lenti, riuscendo a intrattenere lo spettatore fino alla fine, dove il coinvolgimento emotivo si sente maggiormente.
Le argomentazioni trattate, in questo caso in modo evidente, sono principalmente l'amore e la ricerca del proprio percorso di vita. La tematica dell'amore viene presentata in maniera anomala, considerata l'età dei protagonisti, che vengono caratterizzati in modo tale da risultare eccessivamente maturi; un rapporto come quello che si instaura fra i due è inverosimile e impensabile nella realtà, ma in fondo non credo sia un grande problema. La ricerca del proprio percorso è l'altra tematica principale dell'opera e viene chiaramente esplicitata dalla protagonista in più occasioni; sembra quasi un invito a credere nei propri sogni e a non mollare fino alla loro realizzazione.
Come al solito, tecnicamente è stato svolto un ottimo lavoro, sia per quanto riguarda la parte grafica che ci regala paesaggi suggestivi e dettagliatissimi, che per quanto riguarda la regia.
Il comparto sonoro stavolta è un vero e proprio capolavoro: sulle note di "Take me home, Country Roads" riesce a rendere le atmosfere ancora più magiche e suggestive.
Consiglio vivamente la visione di questo film a tutti coloro che amano lo studio Ghibli e Miyazaki: un'opera da non perdere.
I due fondatori dello Studio Ghibli, Takahata e Miyazaki, dopo aver diretto per esso svariate opere, essendo giunti già all'epoca ad una certa età, decisero che era l'ora di iniziare a svezzare le nuove leve tra i loro allievi più promettenti, per far si che lo Studio potesse avere un futuro all'infuori di loro due. Miyazaki scelse di avvalersi di Yoshifumi Kondo, uno dei suoi allievi prediletti che aveva già lavorato come direttore dell'animazione per film di alto valore come "Una Tomba per le Lucciole" e "Only Yesterday". Il film di debutto con cui Kondo si farà conoscere è "I Sospiri del mio Cuore", uscito nel 1995 nei cinema e portato nel 2011 in Italia dalla Lucky Red.
La storia come da tradizione è semplice, Shizuku è una ragazzine delle medie, che si è auto-imposta 20 romanzi da leggere durante e ha scritto un adattamento su cui non si sente soddisfatta di "Take me Home,Country Road", che rimaneggia nella speranza di renderlo perfetto. Tutto fila ordinariamente, sino a quando Shizuku vede sui fogli dei libri che lei prende in prestito, il nome di Seiji Amasawa. Fantasticando su quando possa essere figo e bello, in realtà constaterà che il ragazzo un pò stronzo e acido nei suoi confronti. Approfondendone però la conoscenza, scoprirà che egli è un costruttore di violini con un sogno nel cassetto da voler realizzare.
Il compito di Kondo non era certo facile, poiché doveva dimostrare di essere in grado di reggere sulle sue spalle il peso di un enorme derivante dall'eredità dei suoi due illustri predecessori. Alla luce del risultato ottenuto, si può dire che il lavoro è più che positivo. Kondo non è Miyazaki e neppure tenta giustamente di imitarlo visto che si sente maggiormente attratto dalle atmosfere che permeano i film di Takahata, tanto che decide di impostare il film in chiave neo-realista a dispetto di una locandina ingannevole che lascia presagire un film fantasy. Kondo ci racconta della vita quotidiana di Shizuko, alle prese con l'ultimo anno delle medie con annessi dubbi, responsabilità, difficoltà e incertezze verso un futuro indefinito all'orizzonte innanzi al quale nutre un comprensibile timore.
Niente di nuovo o di originale, ma Kondo narra il tutto con una delicatezza e una maestria quasi da veterano. Tutti questi elementi sono conditi da situazioni quotidiane come il rapporto con le sue amiche, il suo hobby verso la lettura e i sentimenti che nutre verso Amasawa. La componente sentimentale fortunatamente è raccontata con garbo e riserbo, senza scadere nello smielato che affligge molti film che trattano questo argomento, ma nonostante questi accorgimenti la concezione di amore presente nel film risulta molto idillica e inverosimile, per dei ragazzini di quell'età.
Nel corso della pellicola la presenza alla sceneggiatura di Miyazaki si sente sin troppo, concretizzandosi in una seconda parte di storia dalle atmosfere più seriose che cozzano contro la delicata semplicità di fondo impressa da Kondo. A causa delle scelte di Miyazaki, molti personaggi di contorno come Yukiko (amica di Shizuku) scompaiono dalla pellicola e purtroppo il finale risulta aberrante, essendo adatto più ad una favoletta tipica della sua filmografia che ad una storia di impronta realistica.
Gran parte del merito del risultato artistico del film, va dato all'eccellente regia di Yoshifumi Kondo. Raramente un debuttante riesce sotto il versante tecnico a lasciare il segno e sicuramente lui rientra tra costoro. Kondo conosce bene il mezzo registico e sapendo che curando il particolare si ottiene un'ottima messa in scena, egli si focalizza sui piccoli gesti che rendono grandi film del genere, come ad esempio una mano che stringe l'altra o uno sguardo abbassato in segno di imbarazzi, ottenendo sequenze estremamente realistiche e sentite. Il tutto è accompagnato dall'ottimo uso di una fotografia crepuscolare che conferisce alle scene una sorta di malinconia che ben si amalgama con l'idea di tramonto di una fase della vita, per aspettare il sorgere di un nuovo futuro che illuminerà l'orizzonte della vita.
Kondo con la telecamera sofferma su Shizuku mettendo in scena la sua testardaggine, le sue ansie ed i suoi dilemmi. Sublime per come è girata la sequenza dove rappresenta l'imbarazzo della ragazza dopo dichiarazione di un suo amico, oppure la scena dove canta "Country Road" e mano a mano si aggiungono altre persone all'accompagnamento musicale.
Tutto ciò è accompagnato dalle raffinate note di Juuji Nomi, che con piccole pizzicate sulla corda dello strumento musicale e qualche lieve spruzzatina di musica elettronica, riescono a fondersi bene con la regia.
Il film non è di certo perfetto, poiché un occhio attento noterà subito che Yoshifumi Kondo mirava ad aspirazioni ben più elevate, tentando di seguire una via realistica in netta antitesi con le solite opere dello Studio Ghibli, mentre Hayao Miyazaki che aveva firmato la sceneggiatura, voleva di certo ad ambizioni ben più basse, puntando sull'usato sicuro con il solito clicchè della storia d'amore tra i protagonisti resa in modo idilliaco e qualche elemento fantasy per sbancare il botteghino. Nello scontro tra i due finisce con il prevalere l'opprimente controllo di Miyazaki e quindi ci ritroviamo una storia riuscita solo in parte poiché la libertà artistica non è stata concessa del tutto.
Nonostante l'indubbio talento, Kondo si è fermato a questo film per causa di forza maggiore, poiché si è spento a soli 48 anni. La sua morte ha privato lo Studio Ghibli del successore di cui Miyazaki tanto sentiva bisogno e che avrebbe fatto tutti noi piacere ammirare in altri film, in cui poteva esprimersi in modo più personale e autoriale.
La storia come da tradizione è semplice, Shizuku è una ragazzine delle medie, che si è auto-imposta 20 romanzi da leggere durante e ha scritto un adattamento su cui non si sente soddisfatta di "Take me Home,Country Road", che rimaneggia nella speranza di renderlo perfetto. Tutto fila ordinariamente, sino a quando Shizuku vede sui fogli dei libri che lei prende in prestito, il nome di Seiji Amasawa. Fantasticando su quando possa essere figo e bello, in realtà constaterà che il ragazzo un pò stronzo e acido nei suoi confronti. Approfondendone però la conoscenza, scoprirà che egli è un costruttore di violini con un sogno nel cassetto da voler realizzare.
Il compito di Kondo non era certo facile, poiché doveva dimostrare di essere in grado di reggere sulle sue spalle il peso di un enorme derivante dall'eredità dei suoi due illustri predecessori. Alla luce del risultato ottenuto, si può dire che il lavoro è più che positivo. Kondo non è Miyazaki e neppure tenta giustamente di imitarlo visto che si sente maggiormente attratto dalle atmosfere che permeano i film di Takahata, tanto che decide di impostare il film in chiave neo-realista a dispetto di una locandina ingannevole che lascia presagire un film fantasy. Kondo ci racconta della vita quotidiana di Shizuko, alle prese con l'ultimo anno delle medie con annessi dubbi, responsabilità, difficoltà e incertezze verso un futuro indefinito all'orizzonte innanzi al quale nutre un comprensibile timore.
Niente di nuovo o di originale, ma Kondo narra il tutto con una delicatezza e una maestria quasi da veterano. Tutti questi elementi sono conditi da situazioni quotidiane come il rapporto con le sue amiche, il suo hobby verso la lettura e i sentimenti che nutre verso Amasawa. La componente sentimentale fortunatamente è raccontata con garbo e riserbo, senza scadere nello smielato che affligge molti film che trattano questo argomento, ma nonostante questi accorgimenti la concezione di amore presente nel film risulta molto idillica e inverosimile, per dei ragazzini di quell'età.
Nel corso della pellicola la presenza alla sceneggiatura di Miyazaki si sente sin troppo, concretizzandosi in una seconda parte di storia dalle atmosfere più seriose che cozzano contro la delicata semplicità di fondo impressa da Kondo. A causa delle scelte di Miyazaki, molti personaggi di contorno come Yukiko (amica di Shizuku) scompaiono dalla pellicola e purtroppo il finale risulta aberrante, essendo adatto più ad una favoletta tipica della sua filmografia che ad una storia di impronta realistica.
Gran parte del merito del risultato artistico del film, va dato all'eccellente regia di Yoshifumi Kondo. Raramente un debuttante riesce sotto il versante tecnico a lasciare il segno e sicuramente lui rientra tra costoro. Kondo conosce bene il mezzo registico e sapendo che curando il particolare si ottiene un'ottima messa in scena, egli si focalizza sui piccoli gesti che rendono grandi film del genere, come ad esempio una mano che stringe l'altra o uno sguardo abbassato in segno di imbarazzi, ottenendo sequenze estremamente realistiche e sentite. Il tutto è accompagnato dall'ottimo uso di una fotografia crepuscolare che conferisce alle scene una sorta di malinconia che ben si amalgama con l'idea di tramonto di una fase della vita, per aspettare il sorgere di un nuovo futuro che illuminerà l'orizzonte della vita.
Kondo con la telecamera sofferma su Shizuku mettendo in scena la sua testardaggine, le sue ansie ed i suoi dilemmi. Sublime per come è girata la sequenza dove rappresenta l'imbarazzo della ragazza dopo dichiarazione di un suo amico, oppure la scena dove canta "Country Road" e mano a mano si aggiungono altre persone all'accompagnamento musicale.
Tutto ciò è accompagnato dalle raffinate note di Juuji Nomi, che con piccole pizzicate sulla corda dello strumento musicale e qualche lieve spruzzatina di musica elettronica, riescono a fondersi bene con la regia.
Il film non è di certo perfetto, poiché un occhio attento noterà subito che Yoshifumi Kondo mirava ad aspirazioni ben più elevate, tentando di seguire una via realistica in netta antitesi con le solite opere dello Studio Ghibli, mentre Hayao Miyazaki che aveva firmato la sceneggiatura, voleva di certo ad ambizioni ben più basse, puntando sull'usato sicuro con il solito clicchè della storia d'amore tra i protagonisti resa in modo idilliaco e qualche elemento fantasy per sbancare il botteghino. Nello scontro tra i due finisce con il prevalere l'opprimente controllo di Miyazaki e quindi ci ritroviamo una storia riuscita solo in parte poiché la libertà artistica non è stata concessa del tutto.
Nonostante l'indubbio talento, Kondo si è fermato a questo film per causa di forza maggiore, poiché si è spento a soli 48 anni. La sua morte ha privato lo Studio Ghibli del successore di cui Miyazaki tanto sentiva bisogno e che avrebbe fatto tutti noi piacere ammirare in altri film, in cui poteva esprimersi in modo più personale e autoriale.
"I sospiri del mio cuore" è un film d'animazione in cui spicca colore e immaginazione, tipico di Miyazaki, nonchè un'innata delicatezza nell'esprimere con semplicità la psicologia dei personaggi, durante lo snodarsi della pellicola, senza stancare. Il tutto accompagnato dalla dolcezza di una colonna sonora che dona un'atmosfera assolutamente magica. Come tutti i film firmati Ghibli, al di là di ciò che potrebbe sembrare un film d'animazione leggero e incentrato sui piccoli problemi di cuore adolescenziali, racchiude un importante insegnamento: mai rinunciare ai propri sogni. Tuttavia, inseguire un sogno non è esente da sacrificio e dedizione. Nessun risultato si raggiunge per puro capriccio o comunque seguendo l'estro del momento. Ciascuno di noi ha una particolare virtù che lo potrebbe guidare verso il proprio destino, ma deve essere alimentata giorno per giorno dallo studio, di qualunque branca sia, e dal costante impegno nel raggiungimento di un obiettivo. E' come se ciascuno di noi fosse una pietra grezza da raffinare con impegno e tenacia. Un'altra cosa che mi ha colpito è stata la purezza, la delicatezza e la semplicità con cui viene raffigurato il reciproco affetto dei due ragazzi: mi è sembrato quasi di rivivere la bellezza di quei sentimenti acerbi ma intensi della mia adolescenza, che con il passare degli anni e la consapevolezza di tanti aspetti della vita mi era sembrato di aver accantonato in qualche cantuccio del mio cuore. Come sempre, grazie Studio Ghibli per la ventata di aria pulita che ogni volta ci offri.
Se cercate un film d'animazione d'azione, movimentato o con una trama 'surreale', allora lasciate perdere "I sospiri del mio cuore" del maestro Hayao Miyazaki.
L'anime (del 1995) non ha una trama particolarmente ricca o movimentata: direi anzi che all'inizio può risultare fastidiosamente ordinaria, ma è proprio questo che rende il film amabile.
Meglio puntualizzare sin da subito che l'anime non è smielato come può far intendere il titolo: anzi, il romanticismo è qui sublimato in un rapporto di profonda ammirazione reciproca tra i due protagonisti e solo alla fine allo spettatore sarà dato sapere se finirà con l'evolversi o meno in un rapporto d'amore più 'adulto'.
Su uno sfondo musicale che ripropone in chiave giapponese (e classicizzata attraverso il dolce e deciso suono di un violino) il classico "Country roads" di John Denver, l'avventura si sviluppa pian piano, portando lo spettatore a essere coinvolto nella vita. E, badate, non "nell'avventura" della piccola Shizuku, studentessa delle medie, con la grande passione per i libri. Lo scontro-incontro con Seiji Amasawa, ragazzo tra lo scherzoso e lo scanzonato, sarà fondamentale per la ragazza, che, ammaliata dall'amore di lui per la musica, e per il violino in particolare, e dalla sua determinazione nell'impegnarsi per realizzare i propri desideri, s'impegnerà al massimo per essere all'altezza della situazione e di lui.
L'anime è davvero carino, dolce, romantico per davvero (non una storia di noiosi tira-e-molla), innocente. Avrei dato un 8,5, arrotondato a 9 anche per invogliare chi mai capitasse sulla sua scheda a vederlo.
L'anime (del 1995) non ha una trama particolarmente ricca o movimentata: direi anzi che all'inizio può risultare fastidiosamente ordinaria, ma è proprio questo che rende il film amabile.
Meglio puntualizzare sin da subito che l'anime non è smielato come può far intendere il titolo: anzi, il romanticismo è qui sublimato in un rapporto di profonda ammirazione reciproca tra i due protagonisti e solo alla fine allo spettatore sarà dato sapere se finirà con l'evolversi o meno in un rapporto d'amore più 'adulto'.
Su uno sfondo musicale che ripropone in chiave giapponese (e classicizzata attraverso il dolce e deciso suono di un violino) il classico "Country roads" di John Denver, l'avventura si sviluppa pian piano, portando lo spettatore a essere coinvolto nella vita. E, badate, non "nell'avventura" della piccola Shizuku, studentessa delle medie, con la grande passione per i libri. Lo scontro-incontro con Seiji Amasawa, ragazzo tra lo scherzoso e lo scanzonato, sarà fondamentale per la ragazza, che, ammaliata dall'amore di lui per la musica, e per il violino in particolare, e dalla sua determinazione nell'impegnarsi per realizzare i propri desideri, s'impegnerà al massimo per essere all'altezza della situazione e di lui.
L'anime è davvero carino, dolce, romantico per davvero (non una storia di noiosi tira-e-molla), innocente. Avrei dato un 8,5, arrotondato a 9 anche per invogliare chi mai capitasse sulla sua scheda a vederlo.
Attenzione: la recensione contiene spoiler
Anche se la maggior parte del contenuto del film mi ha completamente sorpreso, aspettandomi un film a somiglianza de "Il castello errante di Howl" o "La città incantata" osservando la copertina del DVD, sono rimasta molto colpita dal film. Non so per quale ragione, ma anche io ieri sera mi sono messa a scrivere, il film mi ha ridato la fiducia in me stessa, che avevo perso arrivando alle superiori...
Tornando al film, 'I sospiri del mio cuore' racconta la vita di una ragazza, Shizuku, che frequenta la terza media: adora leggere, soprattutto andare in biblioteca (dove suo padre lavora) e scrivere. Un giorno prende in prestito un libro dalla biblioteca scolastica, donato da un certo signor Amasawa; subito sospetta che possa essere 'il suo principe azzurro', colui che ha letto prima di lei molti libri - allora c'erano ancora le schede per i prestiti.
Un giorno, mentre sta tornando a casa, si accorge di non avere più il libro più nella borsa, e torna indietro per cercarlo; incontra così un ragazzo, che sta sfogliando proprio il suo libro. Lei lo giudica subito antipatico. Passa un po' di tempo e una mattina, portando il bento (pranzo) a suo padre, la ragazza incontra uno strano gatto sulla metropolitana. Chi sarà mai? E subito si illude di poter vivere un romanzo. Il gatto la porta fino a uno strano negozio di antiquariato, dove rimane subito colpita da Baron, una bellissima bambola di gatto. Da lì la sua irrefrenabile voglia di rivederlo la condurrà a conoscere meglio Seiji Amasawa e suo nonno, l'amore e le sue vere potenzialità.
Questo movie anime coinvolge moltissimo lo spettatore, come gli altri film di Hayao Miyazaki; nonostante non sia lui il regista, c'è una grossa impronta, con il suo nome sopra a caratteri cubitali, che caratterizza "I sospiri del mio cuore".
Questo è un film bellissimo e non pesante da vedere, l'ora e quaranta minuti della sua durata per me sono volati, e ha una fine più delineata rispetto a "La città incantata", che lascia spazio alla fantasia, ma io preferisco così.
Anche se la maggior parte del contenuto del film mi ha completamente sorpreso, aspettandomi un film a somiglianza de "Il castello errante di Howl" o "La città incantata" osservando la copertina del DVD, sono rimasta molto colpita dal film. Non so per quale ragione, ma anche io ieri sera mi sono messa a scrivere, il film mi ha ridato la fiducia in me stessa, che avevo perso arrivando alle superiori...
Tornando al film, 'I sospiri del mio cuore' racconta la vita di una ragazza, Shizuku, che frequenta la terza media: adora leggere, soprattutto andare in biblioteca (dove suo padre lavora) e scrivere. Un giorno prende in prestito un libro dalla biblioteca scolastica, donato da un certo signor Amasawa; subito sospetta che possa essere 'il suo principe azzurro', colui che ha letto prima di lei molti libri - allora c'erano ancora le schede per i prestiti.
Un giorno, mentre sta tornando a casa, si accorge di non avere più il libro più nella borsa, e torna indietro per cercarlo; incontra così un ragazzo, che sta sfogliando proprio il suo libro. Lei lo giudica subito antipatico. Passa un po' di tempo e una mattina, portando il bento (pranzo) a suo padre, la ragazza incontra uno strano gatto sulla metropolitana. Chi sarà mai? E subito si illude di poter vivere un romanzo. Il gatto la porta fino a uno strano negozio di antiquariato, dove rimane subito colpita da Baron, una bellissima bambola di gatto. Da lì la sua irrefrenabile voglia di rivederlo la condurrà a conoscere meglio Seiji Amasawa e suo nonno, l'amore e le sue vere potenzialità.
Questo movie anime coinvolge moltissimo lo spettatore, come gli altri film di Hayao Miyazaki; nonostante non sia lui il regista, c'è una grossa impronta, con il suo nome sopra a caratteri cubitali, che caratterizza "I sospiri del mio cuore".
Questo è un film bellissimo e non pesante da vedere, l'ora e quaranta minuti della sua durata per me sono volati, e ha una fine più delineata rispetto a "La città incantata", che lascia spazio alla fantasia, ma io preferisco così.
"I sospiri del mio cuore" è una piccola grande opera, che scalda il cuore e riesce in maniera deliziosa a veicolare messaggi importanti con una leggerezza sopraffina.
Protagonista dell'anime è Shizuku, una ragazzina sveglia con una sana passione per la lettura. A inizio film la vediamo indaffarata a tradurre con passione la canzone "Take me home, country roads" di John Denver - vero leitmotiv del film - per riuscire a cantarla assieme alle sue amiche.
Shizuku si reca spesso in biblioteca per saziare la sua sana fame di libri, ma inizia quasi subito a constatare che c'è un'altra persona che prende in prestito gli stessi libri che legge lei. Per la ragazza questa è una vera e propria sorpresa: proprio lei, che è solita soffrire di solitudine a causa di una famiglia troppo impegnata per prestarle attenzione, si trova d'un tratto a scoprire una persona che ha la sua stessa bellissima passione.
Questa piacevole scoperta fa sentire la piccola Shizuku un po' meno sola. Anzi. Bighellonando per il suo quartiere segue le tracce di un simpatico miciotto che come lei prende il treno fino a giungere a un negozio di antiquariato gestito da un caloroso nonnetto.
In questa splendida cornice Shizuku conoscerà il misterioso lettore di cui si è timidamente invaghita e giungerà a un importante traguardo esperienziale.
Quello che più affascina di quest'opera è la leggerezza con cui le tematiche vengono affrontate: Shizuku è alle soglie dell'adolescenza e vive in una famiglia che non le presta attenzione: il babbo è impegnato con il lavoro, la madre occupata dalla tesi di laurea e la sorella che nelle sporadiche visite a casa la riprende continuamente. Ma la piacevole scoperta di una persona che come lei ama la lettura e prova sentimenti simili ai suoi scaccia via la solitudine per lasciare spazio alla curiosità nei confronti dell'altro da sé e fonda la bellezza delle relazioni umane - qualsiasi esse siano, amicizia o amore poco importa.
L'altro tema narrato è quello della ricerca della propria identità; Shizuku aspira a diventare una scrittrice ma al tempo stesso è molto timorosa del risultato a cui porterebbero le sue potenzialità. Riuscirà la piccola a cacciar via le paure e a capire a cosa aspira veramente? Con la frequentazione del vecchio antiquario e del misterioso lettore Shizuku si farà coraggio e capirà che vale la pena inseguire i propri sogni.
L'opera procede a piccoli passi estrapolando dal vissuto quotidiano di Shizuku amabili scenette che deliziano lo spettatore e rendono il lungometraggio per nulla noioso. Opera promossa a pieni voti, per completezza cito il testo tradotto da Shizuku della canzone "Take me home, country roads" che la dice lunga sulla bellezza di quest'anime dello studio Ghibli.
Ho fatto un sogno, in cui vivevo
tutta sola, ma senza timore
trattenendo la solitudine
la me stessa forte, senza tradire andrò
Country roads, la strada qui
se poi la seguirai a quella città condurrà infine
sempre così, country roads
Anche quando ti senti più sola
è solitamente da chi meno mostra
E a quel che farà il passo tuo più spedito a marciare andrà
per i ricordi cancellati
Country roads, la strada qui
in terra natia, conduca o no
io si sa, non ci andrò mica
prova così, country roads.
Country roads, domani vedrà
il mio io lo stesso già
puoi tornare, tornando potrai
a che sarà
Country roads.
Protagonista dell'anime è Shizuku, una ragazzina sveglia con una sana passione per la lettura. A inizio film la vediamo indaffarata a tradurre con passione la canzone "Take me home, country roads" di John Denver - vero leitmotiv del film - per riuscire a cantarla assieme alle sue amiche.
Shizuku si reca spesso in biblioteca per saziare la sua sana fame di libri, ma inizia quasi subito a constatare che c'è un'altra persona che prende in prestito gli stessi libri che legge lei. Per la ragazza questa è una vera e propria sorpresa: proprio lei, che è solita soffrire di solitudine a causa di una famiglia troppo impegnata per prestarle attenzione, si trova d'un tratto a scoprire una persona che ha la sua stessa bellissima passione.
Questa piacevole scoperta fa sentire la piccola Shizuku un po' meno sola. Anzi. Bighellonando per il suo quartiere segue le tracce di un simpatico miciotto che come lei prende il treno fino a giungere a un negozio di antiquariato gestito da un caloroso nonnetto.
In questa splendida cornice Shizuku conoscerà il misterioso lettore di cui si è timidamente invaghita e giungerà a un importante traguardo esperienziale.
Quello che più affascina di quest'opera è la leggerezza con cui le tematiche vengono affrontate: Shizuku è alle soglie dell'adolescenza e vive in una famiglia che non le presta attenzione: il babbo è impegnato con il lavoro, la madre occupata dalla tesi di laurea e la sorella che nelle sporadiche visite a casa la riprende continuamente. Ma la piacevole scoperta di una persona che come lei ama la lettura e prova sentimenti simili ai suoi scaccia via la solitudine per lasciare spazio alla curiosità nei confronti dell'altro da sé e fonda la bellezza delle relazioni umane - qualsiasi esse siano, amicizia o amore poco importa.
L'altro tema narrato è quello della ricerca della propria identità; Shizuku aspira a diventare una scrittrice ma al tempo stesso è molto timorosa del risultato a cui porterebbero le sue potenzialità. Riuscirà la piccola a cacciar via le paure e a capire a cosa aspira veramente? Con la frequentazione del vecchio antiquario e del misterioso lettore Shizuku si farà coraggio e capirà che vale la pena inseguire i propri sogni.
L'opera procede a piccoli passi estrapolando dal vissuto quotidiano di Shizuku amabili scenette che deliziano lo spettatore e rendono il lungometraggio per nulla noioso. Opera promossa a pieni voti, per completezza cito il testo tradotto da Shizuku della canzone "Take me home, country roads" che la dice lunga sulla bellezza di quest'anime dello studio Ghibli.
Ho fatto un sogno, in cui vivevo
tutta sola, ma senza timore
trattenendo la solitudine
la me stessa forte, senza tradire andrò
Country roads, la strada qui
se poi la seguirai a quella città condurrà infine
sempre così, country roads
Anche quando ti senti più sola
è solitamente da chi meno mostra
E a quel che farà il passo tuo più spedito a marciare andrà
per i ricordi cancellati
Country roads, la strada qui
in terra natia, conduca o no
io si sa, non ci andrò mica
prova così, country roads.
Country roads, domani vedrà
il mio io lo stesso già
puoi tornare, tornando potrai
a che sarà
Country roads.
"I Sospiri del mio Cuore" è per certi aspetti una tipica produzione ghibliana, mentre per altri è qualcosa di completamente diverso da qualunque opera di questo studio vista finora. Visivamente è subito riconoscibile la mano di Miyazaki e dei suoi collaboratori, qui nella persona del compianto Kondo, sia nei paesaggi sia nel chara dei personaggi; il tratto è semplice, morbido, si potrebbe dire quasi infantile, nell'accezione migliore del termine, comunque sempre curato nei dettagli, con colori caldi ma mai invadenti.
La vera sorpresa è la trama: tratto dall'omonimo manga di Hiiragi, qui non ci sono mondi fantastici, incantesimi da sciogliere, creature metà uomo metà animale, streghe o demoni; qui è la normalità della vita di tutti i giorni a essere protagonista. I personaggi principali sono due adolescenti, Shizuku e Seiji, che si conoscono grazie alla loro passione per la lettura e a un gatto randagio. I due ragazzi scopriranno presto le gioie e i dolori del primo amore, insieme alle loro famiglie e ai loro compagni di scuola. Davanti ai nostri occhi si srotolano la loro quotidianità e i loro sogni per il futuro, con Shizuku che vorrebbe diventare scrittrice e Seiji che invece vorrebbe diventare un liutaio professionista e per questo vorrebbe andare a studiare a Cremona (ennesima citazione dell'Italia,un paese per cui Miyazaki ha confessato più volte una grande ammirazione). Il tutto si svolge fra un piccolo appartamento stipato di cose in un normalissimo condominio, la scuola e un negozio di antiquariato nascosto fra le ville in collina ed è raccontato con un ritmo lento e pacato ma mai noioso e senza tempi morti.
Pur non essendo il film migliore dello Studio Ghibli, è sicuramente un'opera piacevole da vedere, che non dimostra poi troppo il fatto di essere stata prodotta nel 1995 e che ci fa rendere conto come qui o dall'altra parte del mondo le persone vivono, lavorano, soffrono e amano tutte allo stesso modo.
La vera sorpresa è la trama: tratto dall'omonimo manga di Hiiragi, qui non ci sono mondi fantastici, incantesimi da sciogliere, creature metà uomo metà animale, streghe o demoni; qui è la normalità della vita di tutti i giorni a essere protagonista. I personaggi principali sono due adolescenti, Shizuku e Seiji, che si conoscono grazie alla loro passione per la lettura e a un gatto randagio. I due ragazzi scopriranno presto le gioie e i dolori del primo amore, insieme alle loro famiglie e ai loro compagni di scuola. Davanti ai nostri occhi si srotolano la loro quotidianità e i loro sogni per il futuro, con Shizuku che vorrebbe diventare scrittrice e Seiji che invece vorrebbe diventare un liutaio professionista e per questo vorrebbe andare a studiare a Cremona (ennesima citazione dell'Italia,un paese per cui Miyazaki ha confessato più volte una grande ammirazione). Il tutto si svolge fra un piccolo appartamento stipato di cose in un normalissimo condominio, la scuola e un negozio di antiquariato nascosto fra le ville in collina ed è raccontato con un ritmo lento e pacato ma mai noioso e senza tempi morti.
Pur non essendo il film migliore dello Studio Ghibli, è sicuramente un'opera piacevole da vedere, che non dimostra poi troppo il fatto di essere stata prodotta nel 1995 e che ci fa rendere conto come qui o dall'altra parte del mondo le persone vivono, lavorano, soffrono e amano tutte allo stesso modo.
Non molto tempo fa ho affermato che il connubio tra lo studio Ghibli e il Maestro Miyazaki, per gli appassionati del genere, è già affermazione di un successo garantito; oggi, con questo sette non sto ricredendomi, ma confermando quanto ho detto con un pizzico di risentimento verso quest'anime che ha un solo unico immenso difetto: gli ultimi tre minuti prima della sigla, anzi, le ultime tre battute.
Questa storia è assolutamente bellissima. Miyazaki ancora una volta veste gli occhi di una bambina e trasforma il mondo sulla misura delicata e preziosa che solo l'ingenuità dell'adolescenza può regalare. Questa volta però non diventa una storia in cui i disegni trasmutano la realtà e la piegano alla fantasia dell'autore, anzi, solo in quello che è uno spaccato sognante si vive l'attimo del genio del colore e della forma, per il resto la storia è vissuta in un mondo reale, con un unico soggetto estemporaneo e completamente scollegato dalla realtà (eppure così ben integrato) che è rappresentato dal Gatto pendolare.
Shizuku è una bambina di 14 anni, lettrice appassionata di romanzi, dagli stessi portata a sognare in ogni avventura, in ogni piccola curiosità della giornata, l'inizio di un nuovo romanzo. Una ragazza normale, semplice, con una curiosità attenta e assorta del mondo che la circonda. Non voglio anticipare nulla sulle motivazioni che la porteranno a incontrare un ragazzo, né alle vicissitudini che vivranno, ma voglio soffermarmi sulla crescita che affrontano i due ragazzi.
Lui per la sua strada, lei per un'altra, entrambi determinati a crescere e trovare il proprio posto nella società. Una visione diversa dell'adolescenza, adulta e al tempo stesso infantile, con una lei che, protagonista, si trova al centro della rincorsa per raggiungere lui. Sommersa nel suo sogno, avvolta dal suo voler dimostrare chi è alla società. Bellissima dimostrazione di quanto anima e corpo bisogna impegnarsi per ottenere qualcosa: ottenere un qualcosa che a volte non si ottiene, sia chiaro, perché il messaggio finale è semplice e diretto: non ci si inventa "qualcuno" solo perché si vuole esserlo, ma si diventa qualcuno quando sistematicamente lavori sulla tua persona, sul tuo animo, e lo forgi, esprimi al meglio le capacità che dimorano come pietre grezze nel tuo animo. Un cammino che non inizia né si conclude con un'estate di lavoro.
Per essere la protagonista di un lavoro del '95, Shizuku si dimostra già donna moderna, che ha voglia di emergere ed essere indipendente. Le scene finali riveleranno molto, faranno sorridere e commuovere, e ovviamente non le leggerete in queste righe.
Chi ha letto qualche mia recensione su lavori di Miyazaki sa bene che lo adoro, adoro la sua poesia, il suo tratto caratteristico, leggero e incisivo, la sua inventiva nell'inserire personaggi secondari che, alla fine, ti entrano nel cuore più dei protagonisti, e quest'anime non tradisce nulla. La musica, la canticchio ancora dopo qualche giorno che l'ho finito, segno che è una musica orecchiabile e indovinatissima.
Il mio voto è giustificato solo ed esclusivamente da quelle ultime tre battute che gettano i protagonisti in una banalità così "immatura" da cancellare tutti i percorsi fatti fino a quel momento. Peccato. Magari tra qualche mese cambierò stato morale e mi pentirò di queste parole, ma oggi è così. Ovviamente il film è assolutamente consigliato da vedere, quantomeno per decidere con il vostro cuore se la mia opinione è o meno veritiera.
Questa storia è assolutamente bellissima. Miyazaki ancora una volta veste gli occhi di una bambina e trasforma il mondo sulla misura delicata e preziosa che solo l'ingenuità dell'adolescenza può regalare. Questa volta però non diventa una storia in cui i disegni trasmutano la realtà e la piegano alla fantasia dell'autore, anzi, solo in quello che è uno spaccato sognante si vive l'attimo del genio del colore e della forma, per il resto la storia è vissuta in un mondo reale, con un unico soggetto estemporaneo e completamente scollegato dalla realtà (eppure così ben integrato) che è rappresentato dal Gatto pendolare.
Shizuku è una bambina di 14 anni, lettrice appassionata di romanzi, dagli stessi portata a sognare in ogni avventura, in ogni piccola curiosità della giornata, l'inizio di un nuovo romanzo. Una ragazza normale, semplice, con una curiosità attenta e assorta del mondo che la circonda. Non voglio anticipare nulla sulle motivazioni che la porteranno a incontrare un ragazzo, né alle vicissitudini che vivranno, ma voglio soffermarmi sulla crescita che affrontano i due ragazzi.
Lui per la sua strada, lei per un'altra, entrambi determinati a crescere e trovare il proprio posto nella società. Una visione diversa dell'adolescenza, adulta e al tempo stesso infantile, con una lei che, protagonista, si trova al centro della rincorsa per raggiungere lui. Sommersa nel suo sogno, avvolta dal suo voler dimostrare chi è alla società. Bellissima dimostrazione di quanto anima e corpo bisogna impegnarsi per ottenere qualcosa: ottenere un qualcosa che a volte non si ottiene, sia chiaro, perché il messaggio finale è semplice e diretto: non ci si inventa "qualcuno" solo perché si vuole esserlo, ma si diventa qualcuno quando sistematicamente lavori sulla tua persona, sul tuo animo, e lo forgi, esprimi al meglio le capacità che dimorano come pietre grezze nel tuo animo. Un cammino che non inizia né si conclude con un'estate di lavoro.
Per essere la protagonista di un lavoro del '95, Shizuku si dimostra già donna moderna, che ha voglia di emergere ed essere indipendente. Le scene finali riveleranno molto, faranno sorridere e commuovere, e ovviamente non le leggerete in queste righe.
Chi ha letto qualche mia recensione su lavori di Miyazaki sa bene che lo adoro, adoro la sua poesia, il suo tratto caratteristico, leggero e incisivo, la sua inventiva nell'inserire personaggi secondari che, alla fine, ti entrano nel cuore più dei protagonisti, e quest'anime non tradisce nulla. La musica, la canticchio ancora dopo qualche giorno che l'ho finito, segno che è una musica orecchiabile e indovinatissima.
Il mio voto è giustificato solo ed esclusivamente da quelle ultime tre battute che gettano i protagonisti in una banalità così "immatura" da cancellare tutti i percorsi fatti fino a quel momento. Peccato. Magari tra qualche mese cambierò stato morale e mi pentirò di queste parole, ma oggi è così. Ovviamente il film è assolutamente consigliato da vedere, quantomeno per decidere con il vostro cuore se la mia opinione è o meno veritiera.
"Mimi wo sumaseba" (il titolo italiano scelto per il DVD è "I sospiri del mio cuore") è un film Ghibli nato da una storia scritta dal maestro Miyazaki e poi affidato alla regia di Yoshifumi Kondo. Ne esiste anche il manga, giunto da noi con il titolo "Sussurri del cuore".
Protagonista è Shizuku, un'adolescente con la passione per la scrittura e che legge parecchi libri. Un giorno si rende conto che tutti i libri che prende in prestito alla biblioteca sono stati precedentemente letti dallo stesso ragazzo, sul quale inizia a fantasticare. Amara è la sua delusione quando però scopre che il suo fantomatico "principe dei libri" è in realtà Seiji, un suo compagno di scuola che le è piuttosto antipatico. Tuttavia con il tempo imparerà a conoscere meglio Seiji e a cambiare opinione su di lui, anche grazie ad uno strano gatto che la condurrà (casualmente?) proprio al negozio del nonno del ragazzo. Non solo, questa esperienza sarà decisiva perché Shizuku possa riflettere seriamente su cosa fare del proprio futuro.
Come è stato già scritto da altri, "Mimi wo sumaseba" può trarre in inganno, nel senso che ci si potrebbe aspettare il classico fantasy ghibliano, simile a "La città incantata" o a "Il castello errante di Howl". Ma in realtà non è così, il fantasy ne costituisce un elemento minimo e questo film è più che altro uno spaccato di vita di una tipica adolescente, alle prese con la scuola, con i comuni problemi familiari, i primi problemi sentimentali, la scelta del proprio futuro. E' una storia piuttosto semplice insomma, ma come tutti i film Ghibli riesce a incantare anche nella sua semplicità, senza troppi effetti speciali. E come in tutti i film Ghibli sono buone la caratterizzazione dei personaggi e l'animazione.
Perché non do un 10 pieno? Beh, purtroppo questo ennesimo gioiellino Ghibli, qualche difettuccio, ce l'ha: innanzitutto la colonna sonora un pochino scarsa, nel senso che vi è un'unica canzone significativa; poi il linguaggio, a volte un po' strano a mio avviso; infine il finale, bellissimo, sì, ma forse anche un tantino frettoloso ed esagerato.
In ogni caso questo film merita sicuramente di essere visto e apprezzato da tutti coloro che hanno apprezzato gli altri film Ghibli: nonostante queste poche pecche non li deluderà.
Protagonista è Shizuku, un'adolescente con la passione per la scrittura e che legge parecchi libri. Un giorno si rende conto che tutti i libri che prende in prestito alla biblioteca sono stati precedentemente letti dallo stesso ragazzo, sul quale inizia a fantasticare. Amara è la sua delusione quando però scopre che il suo fantomatico "principe dei libri" è in realtà Seiji, un suo compagno di scuola che le è piuttosto antipatico. Tuttavia con il tempo imparerà a conoscere meglio Seiji e a cambiare opinione su di lui, anche grazie ad uno strano gatto che la condurrà (casualmente?) proprio al negozio del nonno del ragazzo. Non solo, questa esperienza sarà decisiva perché Shizuku possa riflettere seriamente su cosa fare del proprio futuro.
Come è stato già scritto da altri, "Mimi wo sumaseba" può trarre in inganno, nel senso che ci si potrebbe aspettare il classico fantasy ghibliano, simile a "La città incantata" o a "Il castello errante di Howl". Ma in realtà non è così, il fantasy ne costituisce un elemento minimo e questo film è più che altro uno spaccato di vita di una tipica adolescente, alle prese con la scuola, con i comuni problemi familiari, i primi problemi sentimentali, la scelta del proprio futuro. E' una storia piuttosto semplice insomma, ma come tutti i film Ghibli riesce a incantare anche nella sua semplicità, senza troppi effetti speciali. E come in tutti i film Ghibli sono buone la caratterizzazione dei personaggi e l'animazione.
Perché non do un 10 pieno? Beh, purtroppo questo ennesimo gioiellino Ghibli, qualche difettuccio, ce l'ha: innanzitutto la colonna sonora un pochino scarsa, nel senso che vi è un'unica canzone significativa; poi il linguaggio, a volte un po' strano a mio avviso; infine il finale, bellissimo, sì, ma forse anche un tantino frettoloso ed esagerato.
In ogni caso questo film merita sicuramente di essere visto e apprezzato da tutti coloro che hanno apprezzato gli altri film Ghibli: nonostante queste poche pecche non li deluderà.
Avevo già visto quest'anime molti, molti anni fa. Fu una visione di fortuna: in VHS, sottotitolato in inglese, con un video e un audio pessimo. Non mi aveva particolarmente impressionato, meglio era invece stato l'impatto con il manga, davvero piacevole e grazioso.
Dopo tanti anni mi ritrovo a vederlo, questa volta in una discreta edizione in BlueRay e supportato da una localizzazione ben riuscita e curata. L'impatto, questa volta, è stato decisamente positivo: ho avuto il piacere di gustarmi un racconto davvero scorrevole, che riesce a non essere mai pesante e tra sorrisi, un po' di romanticismo, magia e poesia, regala un paio di ore spensierate. Sicuramente non lo ricorderò come una delle opere che preferisco dello Studio Ghibli, ma non per questo vuol dire che non l'abbia apprezzato. Semplicemente si dimostra un lavoro ben curato, quasi perfetto in ogni aspetto, tuttavia poco appariscente e privo della forza necessaria per sorprendere lo spettatore. Regala alcuni momenti magici e non rinuncia, pur trattandosi di una sorta di slice of life sentimentale, a fare sognare grazie alla fantasia della sua giovane protagonista.
Shizuku è infatti una ragazzina di 14 anni che si trova ad affrontare quello che è uno dei periodi più turbolenti dell'adolescenza. Lettrice accanita, nota che tutti i libri che ha letto e apprezzato sono stati prima di lei presi da un altro ragazzo e, libro dopo libro, si mette a fantasticare e a chiedersi che tipo di persona possa essere. Un giorno, seguendo un curioso gatto che nota in metropolitana, giunge a uno splendido negozio che vende oggetti unici e rari: al suo interno conosce un anziano che l'accoglierà in modo gentile e cordiale. Tornando ritrova il gatto, ora in compagnia di un ragazzo che già conosce, visto che qualche giorno prima, anche se in modo scherzoso, lui l'aveva presa in giro facendola infuriare… Lascio alla vostra visione l'onere di mettere i pezzi insieme, anche se sono certo avrete già capito come si chiude il cerchio.
Tralasciando l'aspetto sentimentale, decisamente predominante, "i Sospiri del mio Cuore" si concentra anche su un altro tema, ovvero i dubbi della protagonista sul proprio futuro e la volontà di cercare una propria strada. Questi aumentano diventando una vera e propria fissazione dopo che lei ha conosciuto Seiji, che sembra avere invece le idee chiarissime e una capacità che, ai suoi occhi, sicuramente gli permetterà di avere successo nella vita. Shizuku decide quindi di impegnarsi in quello che ritiene saper fare meglio, ovvero scrivere un romanzo e, spronata dall'esempio di Seiji, dedicherà in questa impresa tutta se stessa.
L'opera regala dei momenti splendidi: quello che ho preferito è l'inaspettata e improvvisata audizione canora che vede protagonisti i due ragazzi. Sono certo farà sorridere pure voi, senza contare che da sola incarna la vera essenza che rende lo Studio Ghibli così unico.
Le due ore sono passate in modo rapido e nessuno dei presenti ha dato segni di essersi annoiato. Nessuno a fine film a gridato al capolavoro, ciò nonostante nessuno ha mosso critiche a quanto visto.
Se sarete abbastanza attenti e solerti noterete in alcune scene il richiamo ad altre produzioni dello studio di produzione, citate in forma scritta in diversi momenti.
Nel complesso trovo che "i Sospiri del mio Cuore" sia un ottimi lungometraggio, vi consiglio pertanto di vederlo ora che finalmente è disponibile in Italiano.
Dopo tanti anni mi ritrovo a vederlo, questa volta in una discreta edizione in BlueRay e supportato da una localizzazione ben riuscita e curata. L'impatto, questa volta, è stato decisamente positivo: ho avuto il piacere di gustarmi un racconto davvero scorrevole, che riesce a non essere mai pesante e tra sorrisi, un po' di romanticismo, magia e poesia, regala un paio di ore spensierate. Sicuramente non lo ricorderò come una delle opere che preferisco dello Studio Ghibli, ma non per questo vuol dire che non l'abbia apprezzato. Semplicemente si dimostra un lavoro ben curato, quasi perfetto in ogni aspetto, tuttavia poco appariscente e privo della forza necessaria per sorprendere lo spettatore. Regala alcuni momenti magici e non rinuncia, pur trattandosi di una sorta di slice of life sentimentale, a fare sognare grazie alla fantasia della sua giovane protagonista.
Shizuku è infatti una ragazzina di 14 anni che si trova ad affrontare quello che è uno dei periodi più turbolenti dell'adolescenza. Lettrice accanita, nota che tutti i libri che ha letto e apprezzato sono stati prima di lei presi da un altro ragazzo e, libro dopo libro, si mette a fantasticare e a chiedersi che tipo di persona possa essere. Un giorno, seguendo un curioso gatto che nota in metropolitana, giunge a uno splendido negozio che vende oggetti unici e rari: al suo interno conosce un anziano che l'accoglierà in modo gentile e cordiale. Tornando ritrova il gatto, ora in compagnia di un ragazzo che già conosce, visto che qualche giorno prima, anche se in modo scherzoso, lui l'aveva presa in giro facendola infuriare… Lascio alla vostra visione l'onere di mettere i pezzi insieme, anche se sono certo avrete già capito come si chiude il cerchio.
Tralasciando l'aspetto sentimentale, decisamente predominante, "i Sospiri del mio Cuore" si concentra anche su un altro tema, ovvero i dubbi della protagonista sul proprio futuro e la volontà di cercare una propria strada. Questi aumentano diventando una vera e propria fissazione dopo che lei ha conosciuto Seiji, che sembra avere invece le idee chiarissime e una capacità che, ai suoi occhi, sicuramente gli permetterà di avere successo nella vita. Shizuku decide quindi di impegnarsi in quello che ritiene saper fare meglio, ovvero scrivere un romanzo e, spronata dall'esempio di Seiji, dedicherà in questa impresa tutta se stessa.
L'opera regala dei momenti splendidi: quello che ho preferito è l'inaspettata e improvvisata audizione canora che vede protagonisti i due ragazzi. Sono certo farà sorridere pure voi, senza contare che da sola incarna la vera essenza che rende lo Studio Ghibli così unico.
Le due ore sono passate in modo rapido e nessuno dei presenti ha dato segni di essersi annoiato. Nessuno a fine film a gridato al capolavoro, ciò nonostante nessuno ha mosso critiche a quanto visto.
Se sarete abbastanza attenti e solerti noterete in alcune scene il richiamo ad altre produzioni dello studio di produzione, citate in forma scritta in diversi momenti.
Nel complesso trovo che "i Sospiri del mio Cuore" sia un ottimi lungometraggio, vi consiglio pertanto di vederlo ora che finalmente è disponibile in Italiano.
A volte le locandine sono davvero fuorvianti e realizzate piuttosto in malafede, facendo credere agli ignari spettatori che l'argomento di un film sia qualcosa che in realtà non è. Il film Ghibli del 1995 "Whisper of the Heart (tradotto in Italia con "I sospiri del mio cuore") ne è un esempio lampante, facendo credere al fruitore medio - quello che non sta tre ore al giorno su Animeclick.it come il sottoscritto - del DVD o della cassetta di trovarsi di fronte a un classico film di fattura miyazakiana. Gli sfondi fiabeschi, la figura antropomorfa del gatto costituiscono appena il cinque per cento della trama di un film che può iscriversi senza remore nel genere slice of life, con venature sentimentali.
Riproposizione animata di un non memorabile shoujo manga, "I sospiri del mio cuore" fu la prima, e purtroppo anche l'ultima, opera Ghibli a essere diretta da Yoshifumi Kondo, talentuoso animatore e character design dello studio la cui carriera, avviata verso un sicuro successo, fu stroncata da un aneurisma appena due anni dopo il successo avuto con questo titolo; non è che siamo di fronte a un qualcosa di totalmente avulso dalla restante filmografia ghibliana, non a caso la sceneggiatura è dello stesso padre fondatore, ma il tocco intimista con cui è sviluppata la trama come la scelta di mostrare uno spaccato di vita del ceto medio-basso sono tutta farina del sacco registico. Kondo riesce infatti a elevare una piuttosto irreale storia d'amore tra due ragazzi delle medie spostando l'attenzione su altri fronti, tutti piuttosto impegnativi, quali le difficoltà di una famiglia media giapponese, le prime esperienze amorose adolescenziali e la ricerca della propria strada nella vita.
Il regista cala lo spettatore nella realtà quotidiana dei protagonisti, anche grazie a una colonna sonora coinvolgente e a un impianto grafico da lasciare a bocca aperta se ci si ricorda che siamo nel 1995, e attraverso uno sviluppo narrativo dai ritmi lenti e pacati lo pone davanti a ognuno di questi significativi temi senza eccessive forzature, con grande naturalità. Il realismo con cui è descritta la città di Tokyo, e le sue strade, i suoi palazzi popolari brulicanti di vita, sarà bilanciato comunque da profondi momenti poetici, inseriti però nel contesto della storia come i momenti onirici, le cui atmosfere, tratte dai dipinti di Inoue, saranno poi ripresi totalmente nel film Iblard Jikan del 2007.
Resta comunque il carattere artificioso di una storia d'amore troppo matura e irrealistica per due ragazzini delle medie, unito a un'eccessiva lentezza della narrazione che io personalmente mal digerisco, ma trattandosi di un'opera prima basata su una trama non originale sarebbe davvero ingeneroso farne eccessivo carico nella valutazione globale di un lungometraggio davvero valido quale è questo e che desta solo grandi rimpianti per quella che sarebbe stata una carriera davvero promettente: cosa ci avrebbe offerto Kondo nel pieno della sua maturazione artistica?
A questa domanda purtroppo non avremo mai risposta e all'appassionato non resta altra scelta che gustarsi questo film, ora finalmente giunto anche in Italia dopo 17 anni grazie alla Lucky Red che, non paga di un ottimo adattamento, offre allo spettatore anche la qualità del Blueray, scelta non casuale per un titolo che dopo tanto tempo riesce a emozionare come pochi grazie a quell'arte manuale, specchio dell'animo umano, che nessun artifizio tecnologico potrà, a mio modesto parere, mai eguagliare.
Riproposizione animata di un non memorabile shoujo manga, "I sospiri del mio cuore" fu la prima, e purtroppo anche l'ultima, opera Ghibli a essere diretta da Yoshifumi Kondo, talentuoso animatore e character design dello studio la cui carriera, avviata verso un sicuro successo, fu stroncata da un aneurisma appena due anni dopo il successo avuto con questo titolo; non è che siamo di fronte a un qualcosa di totalmente avulso dalla restante filmografia ghibliana, non a caso la sceneggiatura è dello stesso padre fondatore, ma il tocco intimista con cui è sviluppata la trama come la scelta di mostrare uno spaccato di vita del ceto medio-basso sono tutta farina del sacco registico. Kondo riesce infatti a elevare una piuttosto irreale storia d'amore tra due ragazzi delle medie spostando l'attenzione su altri fronti, tutti piuttosto impegnativi, quali le difficoltà di una famiglia media giapponese, le prime esperienze amorose adolescenziali e la ricerca della propria strada nella vita.
Il regista cala lo spettatore nella realtà quotidiana dei protagonisti, anche grazie a una colonna sonora coinvolgente e a un impianto grafico da lasciare a bocca aperta se ci si ricorda che siamo nel 1995, e attraverso uno sviluppo narrativo dai ritmi lenti e pacati lo pone davanti a ognuno di questi significativi temi senza eccessive forzature, con grande naturalità. Il realismo con cui è descritta la città di Tokyo, e le sue strade, i suoi palazzi popolari brulicanti di vita, sarà bilanciato comunque da profondi momenti poetici, inseriti però nel contesto della storia come i momenti onirici, le cui atmosfere, tratte dai dipinti di Inoue, saranno poi ripresi totalmente nel film Iblard Jikan del 2007.
Resta comunque il carattere artificioso di una storia d'amore troppo matura e irrealistica per due ragazzini delle medie, unito a un'eccessiva lentezza della narrazione che io personalmente mal digerisco, ma trattandosi di un'opera prima basata su una trama non originale sarebbe davvero ingeneroso farne eccessivo carico nella valutazione globale di un lungometraggio davvero valido quale è questo e che desta solo grandi rimpianti per quella che sarebbe stata una carriera davvero promettente: cosa ci avrebbe offerto Kondo nel pieno della sua maturazione artistica?
A questa domanda purtroppo non avremo mai risposta e all'appassionato non resta altra scelta che gustarsi questo film, ora finalmente giunto anche in Italia dopo 17 anni grazie alla Lucky Red che, non paga di un ottimo adattamento, offre allo spettatore anche la qualità del Blueray, scelta non casuale per un titolo che dopo tanto tempo riesce a emozionare come pochi grazie a quell'arte manuale, specchio dell'animo umano, che nessun artifizio tecnologico potrà, a mio modesto parere, mai eguagliare.
Shizuku è una studentessa delle medie, amante della lettura, che s'è appena auto-imposta di divorare 20 romanzi durante le vacanze estive. È innamorata di Seiji Amasawa, ragazzo mai visto prima che sembra avere letto gli stessi suoi libri, ma avrà una doccia fredda quando lo conoscerà di persona vedendo in lui un tipo antipatico che la prende in giro. Finirà, per vie traverse, ad approfondire la sua conoscenza fuori dagli ambiti scolastici, trovando in lui un appassionato costruttore di violini che si appresta ad andare all'estero per realizzare il suo sogno.
A dispetto di una locandina ingannevole, "I sospiri del mio cuore" non è la tipica favola di Studio Ghibli e Miyazaki. È invece l'adattamento, comprensivo di un nuovo finale, dell'omonimo shoujo manga di Aoi Hiiragi (pubblicato in Italia da Star Comics con il titolo "Sussurri del cuore"), fumetto sbrigativo e disegnato senza arte né parte. Miyazaki, scrivendone la sceneggiatura per il grande schermo, gli dà una personalità assente in originale, raccontando la stessa storia con qualche cambiamento (Seiji non è più un pittore ma costruttore di violini), eliminando personaggi e scene inutili (la love story della sorella di Shizuku) e approfondendo tutti i risvolti originali di trama .
Il film del compianto Yoshofumi Kondo (animatore di "Conan il ragazzo del futuro", "Porco Rosso" e "Pom Poko") è di una delicatezza unica: il racconto, con toni pacati e misurati, di una simpatica ragazzina alle prese con la sua prima cotta adolescenziale. Fosse quella l'anima del film sarei il primo a sentirmi troppo cresciuto per trovare credibili due bambini che si dichiarano amore eterno, ma il fiore all'occhiello dell'opera sta nel fornire un delizioso, appassionante spaccato di vita di una giapponese qualsiasi.
Shizuku legge libri in biblioteca, come hobby scrive canzoni - Country Road, riadattamento, da parte sua, di Take Me Home, Country Roads di John Denver -, si confida con la sua migliore amica dei ragazzi che piacciono... I sospiri del mio cuore è un affresco di personaggi, di quelli che toccano il cuore. Un cast di persone qualunque, di quelle che si incontrano per strada o che si hanno come parenti, che parlano, sorridono, si divertono come farebbero nella vita reale: scontati un grande comparto dialogico e reazioni emotive perfettamente plausibili, ma sopratutto ineccepibili, per realismo da frantuma-mascella, le movenze di umani e animali, solito lavorone di Studio Ghibli a suo perfetto, consueto agio con animazioni strabilianti e magnifici fondali (le strade di Tokyo sono così ben ricostruite, addirittura con colori e luci tipiche, che sembra di passeggiarci per davvero).
Le emozioni evocate dall'opera sono numerose, ben enunciate dai momenti in cui ci si sente così coinvolti da avvertire sulla propria pelle gli stati d'animo della protagonista: mi riferisco, ad esempio, alla scena in cui lei canta la sua canzone, prima timidamente imbarazzata, poi entusiasta, con l'accompagnamento musicale fornito da lui; ad esempio a quando il nonno di Seiji le racconta la triste storia dietro alla statuetta del Barone a cui è affezionato; mi riferisco, ancora, al momento in cui lei piange di dolore dopo aver distrutto il cuore a un amico che le si è dichiarato. Momenti dove il film sprigiona una vena poetica che non si dimentica, glorificata dall'eccellente accompagnamento musicale, violini e flauti, di Juuji Nomi, e dove il consueto, semplicissimo e caratteristico chara design dello studio Ghibli raggiunge la perfezione nel comunicare espressività e sentimenti.
Slice of life romantico quindi, ma anche racconto di formazione, sull'imparare a prendersi le proprie responsabilità - il racconto che Shizuku scrive a ritmi forsennati peggiora notevolmente il suo rendimento scolastico -, e sull'iniziare a pensare al proprio futuro, vero tema portante oltre alla love story. Temi affrontati con leggerezza e calma tanto semplici quanto magistrali, senza i consueti artifizi drammatici e sensazionalistici che in molti avrebbero utilizzato al posto di Miyazaki.
Opera perfetta dunque? No. Per quanto bene si possa parlare della realizzazione tecnica, della cura figurativa e delle atmosfere deliziose che si respirano in questo bel film, non ci si può dimenticare che è un adattamento di uno shoujo manga, del racconto di una storia d'amore inverosimile, in quanto a maturità, tra i due bambini. Mancano fortunatamente il miele, la melassa e i contatti fisici tipici del pensiero occidentale e di buona parte degli shoujo, ma, inutile ripeterlo, il rapporto tra i due non può esistere nella realtà e per questo fino alla fine non si prende sul serio: problema non di poco conto visto che rappresenta il soggetto del film. Un peccato, ma decisamente, per l'umanità che si respira in buona parte della sua durata, "I sospiri del mio cuore" è un lungometraggio che non posso non consigliare a tutti gli estimatori della settima arte.
Da tenere d'occhio il lungometraggio "The Cat Returns", realizzato nel 2002 sempre da Studio Ghibli che, pur dichiaratamente favolistico, si riallaccia a "I sospiri del mio cuore". Come? La protagonista incontrerà, nel corso della sua avventura, proprio Barone, la statua del gatto posseduta dal nonno di Seiji. In questo film il felino sarà un vero e proprio comprimario, dotato di voce e anima come nell'unico momento visionario di questo film.
A dispetto di una locandina ingannevole, "I sospiri del mio cuore" non è la tipica favola di Studio Ghibli e Miyazaki. È invece l'adattamento, comprensivo di un nuovo finale, dell'omonimo shoujo manga di Aoi Hiiragi (pubblicato in Italia da Star Comics con il titolo "Sussurri del cuore"), fumetto sbrigativo e disegnato senza arte né parte. Miyazaki, scrivendone la sceneggiatura per il grande schermo, gli dà una personalità assente in originale, raccontando la stessa storia con qualche cambiamento (Seiji non è più un pittore ma costruttore di violini), eliminando personaggi e scene inutili (la love story della sorella di Shizuku) e approfondendo tutti i risvolti originali di trama .
Il film del compianto Yoshofumi Kondo (animatore di "Conan il ragazzo del futuro", "Porco Rosso" e "Pom Poko") è di una delicatezza unica: il racconto, con toni pacati e misurati, di una simpatica ragazzina alle prese con la sua prima cotta adolescenziale. Fosse quella l'anima del film sarei il primo a sentirmi troppo cresciuto per trovare credibili due bambini che si dichiarano amore eterno, ma il fiore all'occhiello dell'opera sta nel fornire un delizioso, appassionante spaccato di vita di una giapponese qualsiasi.
Shizuku legge libri in biblioteca, come hobby scrive canzoni - Country Road, riadattamento, da parte sua, di Take Me Home, Country Roads di John Denver -, si confida con la sua migliore amica dei ragazzi che piacciono... I sospiri del mio cuore è un affresco di personaggi, di quelli che toccano il cuore. Un cast di persone qualunque, di quelle che si incontrano per strada o che si hanno come parenti, che parlano, sorridono, si divertono come farebbero nella vita reale: scontati un grande comparto dialogico e reazioni emotive perfettamente plausibili, ma sopratutto ineccepibili, per realismo da frantuma-mascella, le movenze di umani e animali, solito lavorone di Studio Ghibli a suo perfetto, consueto agio con animazioni strabilianti e magnifici fondali (le strade di Tokyo sono così ben ricostruite, addirittura con colori e luci tipiche, che sembra di passeggiarci per davvero).
Le emozioni evocate dall'opera sono numerose, ben enunciate dai momenti in cui ci si sente così coinvolti da avvertire sulla propria pelle gli stati d'animo della protagonista: mi riferisco, ad esempio, alla scena in cui lei canta la sua canzone, prima timidamente imbarazzata, poi entusiasta, con l'accompagnamento musicale fornito da lui; ad esempio a quando il nonno di Seiji le racconta la triste storia dietro alla statuetta del Barone a cui è affezionato; mi riferisco, ancora, al momento in cui lei piange di dolore dopo aver distrutto il cuore a un amico che le si è dichiarato. Momenti dove il film sprigiona una vena poetica che non si dimentica, glorificata dall'eccellente accompagnamento musicale, violini e flauti, di Juuji Nomi, e dove il consueto, semplicissimo e caratteristico chara design dello studio Ghibli raggiunge la perfezione nel comunicare espressività e sentimenti.
Slice of life romantico quindi, ma anche racconto di formazione, sull'imparare a prendersi le proprie responsabilità - il racconto che Shizuku scrive a ritmi forsennati peggiora notevolmente il suo rendimento scolastico -, e sull'iniziare a pensare al proprio futuro, vero tema portante oltre alla love story. Temi affrontati con leggerezza e calma tanto semplici quanto magistrali, senza i consueti artifizi drammatici e sensazionalistici che in molti avrebbero utilizzato al posto di Miyazaki.
Opera perfetta dunque? No. Per quanto bene si possa parlare della realizzazione tecnica, della cura figurativa e delle atmosfere deliziose che si respirano in questo bel film, non ci si può dimenticare che è un adattamento di uno shoujo manga, del racconto di una storia d'amore inverosimile, in quanto a maturità, tra i due bambini. Mancano fortunatamente il miele, la melassa e i contatti fisici tipici del pensiero occidentale e di buona parte degli shoujo, ma, inutile ripeterlo, il rapporto tra i due non può esistere nella realtà e per questo fino alla fine non si prende sul serio: problema non di poco conto visto che rappresenta il soggetto del film. Un peccato, ma decisamente, per l'umanità che si respira in buona parte della sua durata, "I sospiri del mio cuore" è un lungometraggio che non posso non consigliare a tutti gli estimatori della settima arte.
Da tenere d'occhio il lungometraggio "The Cat Returns", realizzato nel 2002 sempre da Studio Ghibli che, pur dichiaratamente favolistico, si riallaccia a "I sospiri del mio cuore". Come? La protagonista incontrerà, nel corso della sua avventura, proprio Barone, la statua del gatto posseduta dal nonno di Seiji. In questo film il felino sarà un vero e proprio comprimario, dotato di voce e anima come nell'unico momento visionario di questo film.
Conosciuto internazionalmente come Whisper of the Heart, I sussurri del cuore è un lungometraggio del 1995 scritto dal maestro dell'animazione Hayao Miyazaki in collaborazione con il direttore Yoshifumi Kondo. Ispirato al manga Mimi wo sumaseba di Aoi Hiragi, questo lungometraggio se ne distingue su certi aspetti.
A colpo d'occhio è riconoscibile il chara che contraddistingue le opere curate dallo Studio Ghibli. La semplicità prima di tutto; lineamenti dolci e tondeggianti, e volti familiari. L'atmosfera è spensierata, i colori caldi e i movimenti fluidi dei personaggi si muovono su fondali ben curati che spaziano da uno sfondo urbano al caos di casa, dalla tranquillità delle aule scolastiche al curioso negozio d'antiquariato.
La storia narra della vita ordinaria di una studentessa delle medie, Shizuku, la cui gran passione è la lettura - molto incoraggiata in famiglia se non dalla sorella. All'interno dei libri presi in prestito alla biblioteca c'è un biglietto con i nomi degli ultimi lettori che hanno usufruito del volume. Sembra esser ricorrente il nome di un certo Amasawa. E una coincidenza? Chi è questo ragazzo che condivide lo stesso hobby di Shizuku?
Lascio scoprirlo a voi.
Ciò che mi preme approfondire non sono le relazioni che instaura Shizuku, né la sua passione per la lettura (che condivido moltissimo). Piuttosto è interessante riscontrare quel senso di fragilità che coglie prima o poi a tutti in un certo momento della propria vita - anche a più riprese e in modi diversi - e che ci porta a mettere in discussione la conduzione stessa della nostra esistenza. Questo film inquadra molto bene quel senso di inquietudine che spesso gli adolescenti - e non solo loro - hanno nei confronti della propria "strada" intesa come scelte di vita; con passioni che si spera che oltre che scuoterci, ci facciano raggiungere obbiettivi concreti. Dalla sognante divoratrice di romanzi della Shizuku di inizio pellicola, si osserva un graduale cambiamento nella protagonista che si confronta con Seiji, molto più determinato e con le idee più chiare sul futuro. Questo è sufficiente a stimolare la ragazza a concretizzare le sue tante letture per portarla alla creazione della sua prima opera, ancora acerba ma portata a termine.
Così, questo cambiamento assume le sembianze di una "scossa". Una presa di coscienza della propria vita che si fa' più solida e sembra scorrere incurante del fatto che se noi la percorriamo lentamente e adagio. E' ora di rimboccarsi le maniche e di trovare una proprio posto nel mondo. E' ora di tenere il passo di Seiji e schiarirsi le idee seppur non senza riserve. E la nostra Shizuka lo fa dando anima e corpo, mettendo da parte tutto, mettendosi alla prova completando il suo racconto.
Quest'opera ci offre spunti di riflessione per nulla banali in quello che può sembrare una semplice slice of life di Shizuku alle prese con i problemi della vita di tutti i giorni. Con leggerezza e romanticismo (il solito modo Ghibliano con il quale ci propongono diversi temi) ci vien proposta una storia in cui l'affermazione di sé stessi si delinea con speranza e al col tempo insicurezza, in questi giovani che ci rappresentano, ci hanno rappresentano, ci rappresenteranno.
A colpo d'occhio è riconoscibile il chara che contraddistingue le opere curate dallo Studio Ghibli. La semplicità prima di tutto; lineamenti dolci e tondeggianti, e volti familiari. L'atmosfera è spensierata, i colori caldi e i movimenti fluidi dei personaggi si muovono su fondali ben curati che spaziano da uno sfondo urbano al caos di casa, dalla tranquillità delle aule scolastiche al curioso negozio d'antiquariato.
La storia narra della vita ordinaria di una studentessa delle medie, Shizuku, la cui gran passione è la lettura - molto incoraggiata in famiglia se non dalla sorella. All'interno dei libri presi in prestito alla biblioteca c'è un biglietto con i nomi degli ultimi lettori che hanno usufruito del volume. Sembra esser ricorrente il nome di un certo Amasawa. E una coincidenza? Chi è questo ragazzo che condivide lo stesso hobby di Shizuku?
Lascio scoprirlo a voi.
Ciò che mi preme approfondire non sono le relazioni che instaura Shizuku, né la sua passione per la lettura (che condivido moltissimo). Piuttosto è interessante riscontrare quel senso di fragilità che coglie prima o poi a tutti in un certo momento della propria vita - anche a più riprese e in modi diversi - e che ci porta a mettere in discussione la conduzione stessa della nostra esistenza. Questo film inquadra molto bene quel senso di inquietudine che spesso gli adolescenti - e non solo loro - hanno nei confronti della propria "strada" intesa come scelte di vita; con passioni che si spera che oltre che scuoterci, ci facciano raggiungere obbiettivi concreti. Dalla sognante divoratrice di romanzi della Shizuku di inizio pellicola, si osserva un graduale cambiamento nella protagonista che si confronta con Seiji, molto più determinato e con le idee più chiare sul futuro. Questo è sufficiente a stimolare la ragazza a concretizzare le sue tante letture per portarla alla creazione della sua prima opera, ancora acerba ma portata a termine.
Così, questo cambiamento assume le sembianze di una "scossa". Una presa di coscienza della propria vita che si fa' più solida e sembra scorrere incurante del fatto che se noi la percorriamo lentamente e adagio. E' ora di rimboccarsi le maniche e di trovare una proprio posto nel mondo. E' ora di tenere il passo di Seiji e schiarirsi le idee seppur non senza riserve. E la nostra Shizuka lo fa dando anima e corpo, mettendo da parte tutto, mettendosi alla prova completando il suo racconto.
Quest'opera ci offre spunti di riflessione per nulla banali in quello che può sembrare una semplice slice of life di Shizuku alle prese con i problemi della vita di tutti i giorni. Con leggerezza e romanticismo (il solito modo Ghibliano con il quale ci propongono diversi temi) ci vien proposta una storia in cui l'affermazione di sé stessi si delinea con speranza e al col tempo insicurezza, in questi giovani che ci rappresentano, ci hanno rappresentano, ci rappresenteranno.
Non lo so, personalmente non mi è piaciuto molto rispetto agli altri capolavori di Miyazaki. La storia in sé è molto semplice questa volta, niente spiriti, entità o animali parlanti, ma semplicemente una ragazzina delle medie, Shizuku, che si innamora di un ragazzo (Seiji) che vuole diventare un violinista. I due si incontrano per la prima volta in una specie di bottega dell'usato appartenente al nonno del ragazzo e Shizuku rimane rapita dalla statua del Barone, un gatto con fattezze umane. Seiji le mostra inoltre i violini che sta creando e le dice che il suo sogno è di poter andare a Cremona per diventare famoso. Fanno quasi subito amicizia e finiscono con l'innamorarsi, ma Seiji se ne deve andare per intraprendere il suo viaggio. Shizuku decide così di "sfidare" il ragazzo scrivendo una storia sul Barone.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Credo che la storia sia troppo lenta all'inizio e troppo veloce alla fine (il film dura 2 ore e 50 minuti circa), infatti nella prima ora i due personaggi non si parlano praticamente mai, negli ultimi 40 minuti circa invece i due fanno amicizia, lui parte per Cremona, lei scrive la storia e alla fine Seiji le chiede di sposarlo (in futuro). Ok, sarà stato un colpo di fulmine, ma io non ho visto sentimenti molto profondi. Comunque non è male, se volete vedervi qualcosa di semplice e carino è consigliatissimo.
Attenzione: la seguente parte contiene spoiler
Credo che la storia sia troppo lenta all'inizio e troppo veloce alla fine (il film dura 2 ore e 50 minuti circa), infatti nella prima ora i due personaggi non si parlano praticamente mai, negli ultimi 40 minuti circa invece i due fanno amicizia, lui parte per Cremona, lei scrive la storia e alla fine Seiji le chiede di sposarlo (in futuro). Ok, sarà stato un colpo di fulmine, ma io non ho visto sentimenti molto profondi. Comunque non è male, se volete vedervi qualcosa di semplice e carino è consigliatissimo.
Forte della produzione dell’acclamato Studio Ghibli e della regia del compianto Yoshifumi Kondō, viene alla luce un altro capolavoro del maestro Hayao Miyazaki: ”Mimi wo sumaseba”.
Internazionalmente tradotto “Whisper of the heart”, questo è un lungometraggio del 1995, ancora inedito nel nostro paese, ma che è spesso riconosciuto come la versione animata del manga “I Sussurri del Cuore” di Aoi Hiiragi (pubblicato da Star Comics). È infatti all’opera dell’appena citata mangaka, datata 1989, che Miyazaki si ispira per la sua sceneggiatura.
In Whisper Of The Heart facciamo conoscenza di Shizuku Tsukishima, la protagonista della storia, una simpaticissima e vivace ragazzina con una fervente passione per la lettura, in particolare di romanzi. Sarà proprio questo amore per i libri, che porterà una semplice ragazzina delle medie, a vivere un’intensa avventura che la condurrà verso la scoperta del proprio talento.
Tutto ha inizio nelle vacanze estive, quando a Shizuku viene in mente di leggere ben venti libri prima dell’inizio del nuovo semestre. Nel suo via-vai continuo tra casa e biblioteca, si accorge che ogni libro da lei scelto, è già stato letto in precedenza da un certo Amasawa. Questo nome ricorrente incuriosisce la giovane Shizuku, che inizia a fantasticare sull’aspetto di questa misteriosa figura. Nonostante questo dubbio aleggi perennemente nella sua testa, la volenterosa protagonista non demorde dal portare a compimento l’obiettivo prefissatosi e continua a recarsi quotidianamente alla biblioteca comunale.
Un giorno, sul treno diretto nel quartiere dove è situata la biblioteca, incontra uno strano gatto. Questa buffa palla di pelo stimola la mai doma fantasia di Shizuku, che senza esitare un istante, decide di seguirlo.
La corsa dietro al gatto la porta a spasso per i vicoli della città, fino a giungere all’interno di un negozio di antiquariato. Qui incontra un gentile nonnino che le mostra i suoi “tesori”, alla cui vista, Shizuku resta a bocca aperta. In particolare, sono due gli oggetti che suscitano stupore nella protagonista: un romantico orologio a muro, ed un’intrigante statua raffigurante un gatto dalle sembianze umane. Questi oggetti assumeranno un grosso significato nel proseguo della vicenda, e faranno si che Shizuku trovi nella fantasia, la giusta dimensione della propria esistenza.
In seguito alla scoperta del negozio, Shizuku incontra ed impara a conoscere meglio Seiji, un ragazzo che è solito prenderla in giro, risultando di primo acchito antipatico. Shizuku, però, resterà ancora una volta sorpresa dalla personalità di questo ragazzo, che si dimostrerà fondamentale per la sua maturazione interiore.
Il cammino di Shizuku, da ragazzina a giovane donna, è segnato profondamente da ogni singolo evento a partire da quell’estate.
Una trama appassionante, che trasporta lo spettatore tra i banchi di scuola, nelle grandi sale della biblioteca di quartiere, per i viottoli illuminati dal caldo tramonto, e nei luoghi incantati della fervida immaginazione della protagonista. Attraverso gli occhi della piccola grande Shizuku, sembrerà di vivere in prima persona l’intera vicenda, sorridendo e sognando, senza annoiarsi un momento.
La direzione e la regia, risentono della sublime introspezione che Kondo ha conferito all’intera opera, confermando le sue, innate e precocemente perdute, doti artistiche.
Le animazioni sono nel consueto standard Ghibli, cura nel dettaglio, colorazioni che da sole basterebbero per trasmettere il messaggio che i dialoghi non fanno altro che rafforzare, come un frivolo accento posato sulla parola realtà.
Una fantastica esperienza visiva, che si fregia di una melodica e toccante colonna sonora, per un prodotto di eccellente fattura.
L’ardua salita della vita è meno dura se affrontata con chi ci sta accanto, la fiducia nell’altro oltre che in noi stessi, ci porterà alla vista di una suggestiva e brillante alba di un giorno nuovo. Voto 9, meraviglioso.
Internazionalmente tradotto “Whisper of the heart”, questo è un lungometraggio del 1995, ancora inedito nel nostro paese, ma che è spesso riconosciuto come la versione animata del manga “I Sussurri del Cuore” di Aoi Hiiragi (pubblicato da Star Comics). È infatti all’opera dell’appena citata mangaka, datata 1989, che Miyazaki si ispira per la sua sceneggiatura.
In Whisper Of The Heart facciamo conoscenza di Shizuku Tsukishima, la protagonista della storia, una simpaticissima e vivace ragazzina con una fervente passione per la lettura, in particolare di romanzi. Sarà proprio questo amore per i libri, che porterà una semplice ragazzina delle medie, a vivere un’intensa avventura che la condurrà verso la scoperta del proprio talento.
Tutto ha inizio nelle vacanze estive, quando a Shizuku viene in mente di leggere ben venti libri prima dell’inizio del nuovo semestre. Nel suo via-vai continuo tra casa e biblioteca, si accorge che ogni libro da lei scelto, è già stato letto in precedenza da un certo Amasawa. Questo nome ricorrente incuriosisce la giovane Shizuku, che inizia a fantasticare sull’aspetto di questa misteriosa figura. Nonostante questo dubbio aleggi perennemente nella sua testa, la volenterosa protagonista non demorde dal portare a compimento l’obiettivo prefissatosi e continua a recarsi quotidianamente alla biblioteca comunale.
Un giorno, sul treno diretto nel quartiere dove è situata la biblioteca, incontra uno strano gatto. Questa buffa palla di pelo stimola la mai doma fantasia di Shizuku, che senza esitare un istante, decide di seguirlo.
La corsa dietro al gatto la porta a spasso per i vicoli della città, fino a giungere all’interno di un negozio di antiquariato. Qui incontra un gentile nonnino che le mostra i suoi “tesori”, alla cui vista, Shizuku resta a bocca aperta. In particolare, sono due gli oggetti che suscitano stupore nella protagonista: un romantico orologio a muro, ed un’intrigante statua raffigurante un gatto dalle sembianze umane. Questi oggetti assumeranno un grosso significato nel proseguo della vicenda, e faranno si che Shizuku trovi nella fantasia, la giusta dimensione della propria esistenza.
In seguito alla scoperta del negozio, Shizuku incontra ed impara a conoscere meglio Seiji, un ragazzo che è solito prenderla in giro, risultando di primo acchito antipatico. Shizuku, però, resterà ancora una volta sorpresa dalla personalità di questo ragazzo, che si dimostrerà fondamentale per la sua maturazione interiore.
Il cammino di Shizuku, da ragazzina a giovane donna, è segnato profondamente da ogni singolo evento a partire da quell’estate.
Una trama appassionante, che trasporta lo spettatore tra i banchi di scuola, nelle grandi sale della biblioteca di quartiere, per i viottoli illuminati dal caldo tramonto, e nei luoghi incantati della fervida immaginazione della protagonista. Attraverso gli occhi della piccola grande Shizuku, sembrerà di vivere in prima persona l’intera vicenda, sorridendo e sognando, senza annoiarsi un momento.
La direzione e la regia, risentono della sublime introspezione che Kondo ha conferito all’intera opera, confermando le sue, innate e precocemente perdute, doti artistiche.
Le animazioni sono nel consueto standard Ghibli, cura nel dettaglio, colorazioni che da sole basterebbero per trasmettere il messaggio che i dialoghi non fanno altro che rafforzare, come un frivolo accento posato sulla parola realtà.
Una fantastica esperienza visiva, che si fregia di una melodica e toccante colonna sonora, per un prodotto di eccellente fattura.
L’ardua salita della vita è meno dura se affrontata con chi ci sta accanto, la fiducia nell’altro oltre che in noi stessi, ci porterà alla vista di una suggestiva e brillante alba di un giorno nuovo. Voto 9, meraviglioso.
Shizuku Tsukishima, ragazzina all’ultimo anno delle medie, ama tantissimo la lettura. Una sera, osservando i cartoncini su cui sono annotati i nomi di tutte le persone che hanno preso in prestito un determinato libro, nota un fatto curioso: ogni testo che lei sta leggendo è stato prima letto da un certo Seiji Amasawa; la giovane inizia quindi a fantasticare su di lui.
Shizuku si diletta anche a scribacchiare qualcosa, infatti il giorno seguente mostra all’amica Yuko i suoi tentativi di fare una versione giapponese della canzone “Country Roads” di John Denver; tale melodia si sentirà varie volte durante tutto il film, tanto da costituirne il pezzo principale della colonna sonora. Yuko le racconta i suoi problemi amorosi, e Shizuku fa quel che può per aiutarla, ma afferma che i ragazzi per il momento non le interessano.
Sulla via di casa, si accorge di aver perso il libro che aveva preso in prestito quella mattina, e tornando alla panchina dove aveva parlato con la sua amica, trova un ragazzo intento a leggerlo; egli le dice che i suoi versi di Country Roads sono banali, la ragazza quindi se ne va imbarazzata e offesa perché lui ha letto quello che lei aveva scritto.
Il mattino seguente, su un treno, Shizuku vede un grasso gatto che viaggia da solo; quando lui scende, lei lo segue fino a raggiungere un negozio di oggetti antichi, dove vede una bellissima statua di un gatto vestito molto elegantemente. Il proprietario del negozio, il signor Nishi, afferma che il nome della statua è Barone Humbert von Jikkingen; le mostra anche un vecchio orologio a cucù che narra la storia del re degli gnomi e della regina delle fate. Shizuku è strabiliata, e considera quel negozio un luogo che dà origine alle storie. Accortasi che è in ritardo corre via, ma si dimentica il pranzo al sacco per il padre; appena fuori dalla biblioteca, il ragazzo del giorno prima le porta il pranzo e aggiunge che se lei mangia come un maiale, e poi va via canticchiando la “Country Roads” scritta da Shizuku; lei ci rimane un’altra volta male.
Quando la ragazza torna a visitare il negozio d’antiquariato lo trova chiuso, ma il ragazzo, nipote del proprietario, la fa entrare ad ammirare un’altra volta il Barone; al piano di sotto c’è uno studio artigianale, egli è infatti un liutaio; decidono così di cantare “Country Roads” suonando il violino, e nel bel mezzo della canzone si uniscono anche il signor Nishi con due amici. Shizuku viene poi a sapere che il ragazzo è il Seiji Amasawa che aveva preso in prestito tutti i libri, e che il suo sogno è quello di diventare un maestro liutaio: per fare ciò dovrà andare a Cremona.
Vedendo che Seiji sa già cosa fare della sua vita, la ragazza va in crisi, perché nonostante abbia finalmente trovato la persona di cui era idealmente innamorata, ora teme di non essere alla sua altezza; lui ha un talento, ma lei non sa fare altro che leggere, leggere e leggere; ed è qui che le viene l’idea: scrivere una storia che abbia come protagonista il Barone, intitolata “Whisper of the Heart”.
È interessantissimo il paragone che viene fatto dall’anziano e saggio Nishi tra le pietre preziose e il talento: entrambi sono ben nascosti in profondità, le prime nelle rocce, il secondo nell’animo. Per ottenerle bisogna innanzitutto scavare, impegnarsi duramente, ma anche quando si è arrivati a quel punto non bisogna fermarsi, perché le pietre vanno pulite per trovare le gemme, e allo stesso modo quando si fa qualcosa per la prima volta la si fa anche bene, ma bisogna perfezionarla, migliorarla; la chiave per fare ciò è provare, provare e provare in continuazione, quindi non arrendersi mai, avere fiducia in se stessi, ed è proprio questo che il film insegna.
Questa storia ha un tono leggero, scanzonato, estremamente realistico, ad esempio nella rappresentazione dei gesti quotidiani, come la vita a scuola e a casa e i rapporti non sempre facili coi compagni e con i genitori.
Ma allo stesso tempo c’è un alone di magia che aleggia nell’aria: saranno i riflessi luminosi prodotti dagli occhi del Barone, oppure i fondali che alternano alti palazzi di una città ultramoderna a distese di verdi alberi, o semplicemente l’amore genuino che sboccia tra due giovani che affrontano quell’imprevedibile avversario chiamato vita: ogni battaglia, vinta o persa che sia, è una importantissima occasione di crescita.
Shizuku si diletta anche a scribacchiare qualcosa, infatti il giorno seguente mostra all’amica Yuko i suoi tentativi di fare una versione giapponese della canzone “Country Roads” di John Denver; tale melodia si sentirà varie volte durante tutto il film, tanto da costituirne il pezzo principale della colonna sonora. Yuko le racconta i suoi problemi amorosi, e Shizuku fa quel che può per aiutarla, ma afferma che i ragazzi per il momento non le interessano.
Sulla via di casa, si accorge di aver perso il libro che aveva preso in prestito quella mattina, e tornando alla panchina dove aveva parlato con la sua amica, trova un ragazzo intento a leggerlo; egli le dice che i suoi versi di Country Roads sono banali, la ragazza quindi se ne va imbarazzata e offesa perché lui ha letto quello che lei aveva scritto.
Il mattino seguente, su un treno, Shizuku vede un grasso gatto che viaggia da solo; quando lui scende, lei lo segue fino a raggiungere un negozio di oggetti antichi, dove vede una bellissima statua di un gatto vestito molto elegantemente. Il proprietario del negozio, il signor Nishi, afferma che il nome della statua è Barone Humbert von Jikkingen; le mostra anche un vecchio orologio a cucù che narra la storia del re degli gnomi e della regina delle fate. Shizuku è strabiliata, e considera quel negozio un luogo che dà origine alle storie. Accortasi che è in ritardo corre via, ma si dimentica il pranzo al sacco per il padre; appena fuori dalla biblioteca, il ragazzo del giorno prima le porta il pranzo e aggiunge che se lei mangia come un maiale, e poi va via canticchiando la “Country Roads” scritta da Shizuku; lei ci rimane un’altra volta male.
Quando la ragazza torna a visitare il negozio d’antiquariato lo trova chiuso, ma il ragazzo, nipote del proprietario, la fa entrare ad ammirare un’altra volta il Barone; al piano di sotto c’è uno studio artigianale, egli è infatti un liutaio; decidono così di cantare “Country Roads” suonando il violino, e nel bel mezzo della canzone si uniscono anche il signor Nishi con due amici. Shizuku viene poi a sapere che il ragazzo è il Seiji Amasawa che aveva preso in prestito tutti i libri, e che il suo sogno è quello di diventare un maestro liutaio: per fare ciò dovrà andare a Cremona.
Vedendo che Seiji sa già cosa fare della sua vita, la ragazza va in crisi, perché nonostante abbia finalmente trovato la persona di cui era idealmente innamorata, ora teme di non essere alla sua altezza; lui ha un talento, ma lei non sa fare altro che leggere, leggere e leggere; ed è qui che le viene l’idea: scrivere una storia che abbia come protagonista il Barone, intitolata “Whisper of the Heart”.
È interessantissimo il paragone che viene fatto dall’anziano e saggio Nishi tra le pietre preziose e il talento: entrambi sono ben nascosti in profondità, le prime nelle rocce, il secondo nell’animo. Per ottenerle bisogna innanzitutto scavare, impegnarsi duramente, ma anche quando si è arrivati a quel punto non bisogna fermarsi, perché le pietre vanno pulite per trovare le gemme, e allo stesso modo quando si fa qualcosa per la prima volta la si fa anche bene, ma bisogna perfezionarla, migliorarla; la chiave per fare ciò è provare, provare e provare in continuazione, quindi non arrendersi mai, avere fiducia in se stessi, ed è proprio questo che il film insegna.
Questa storia ha un tono leggero, scanzonato, estremamente realistico, ad esempio nella rappresentazione dei gesti quotidiani, come la vita a scuola e a casa e i rapporti non sempre facili coi compagni e con i genitori.
Ma allo stesso tempo c’è un alone di magia che aleggia nell’aria: saranno i riflessi luminosi prodotti dagli occhi del Barone, oppure i fondali che alternano alti palazzi di una città ultramoderna a distese di verdi alberi, o semplicemente l’amore genuino che sboccia tra due giovani che affrontano quell’imprevedibile avversario chiamato vita: ogni battaglia, vinta o persa che sia, è una importantissima occasione di crescita.
Dallo Studio Ghibli, ecco un'altra piccola perla d'animazione che fa della semplicità il suo pregio più grande. Sceneggiato da Hayao Miyazaki e diretto dal defunto Yoshifumi Kondo, "Mimi wo Sumaseba" è una bella storia sentimentale con qualche venatura fiabesca, dall'atmosfera tranquilla e romantica, caratteristica tipica dei film Ghibli, e ben realizzata (la grafica è sempre pulita e precisissima).
Ancora una volta assistiamo ad una vicenda di crescita, anche se in questo caso è meglio dire "presa di coscienza", quella che la protagonista Shizuku fa dopo aver conosciuto Seiji, quando comprende che bisogna saper sfruttare il proprio talento e guardare al futuro, ma senza perdere di vista le cose presenti. È un film adatto anche ai bambini, ma non perde mai maturità e coerenza, regalandoci un risultato poetico ed affascinante. Il tema principale della colonna sonora è "Country Roads" di John Denver, splendidamente riarrangiata.
Non do più di 8 perché in fin dei conti non è assolutamente un film eclatante, rimanendo nella media delle produzioni dello Studio Ghibli, ma consiglio assolutamente la visione a tutti.
Ancora una volta assistiamo ad una vicenda di crescita, anche se in questo caso è meglio dire "presa di coscienza", quella che la protagonista Shizuku fa dopo aver conosciuto Seiji, quando comprende che bisogna saper sfruttare il proprio talento e guardare al futuro, ma senza perdere di vista le cose presenti. È un film adatto anche ai bambini, ma non perde mai maturità e coerenza, regalandoci un risultato poetico ed affascinante. Il tema principale della colonna sonora è "Country Roads" di John Denver, splendidamente riarrangiata.
Non do più di 8 perché in fin dei conti non è assolutamente un film eclatante, rimanendo nella media delle produzioni dello Studio Ghibli, ma consiglio assolutamente la visione a tutti.
Con quest'opera semplice ma profonda, l'autrice vuole narrare il passaggio dall'età adolescenziale a quell'adulta, non solo affrontando il tema dell'amore ma anche il modo di rapportarsi agli altri. Tutto questo lo fa esprimendolo in maniera poetica e divertente allo stesso tempo, con ritmi spensierati come le fantasie ed i piccoli sogni. Viene messa in luce una metafora di una presa di coscienza della realtà che circonda ogni bambino, di rapportarsi alla vita, senza perdersi ma scoprendo se stessi. Bellissimo!
Un film d'animazione semplicemente stupendo! Una dolce e romantica storia d'amore, con una bella colonna sonora. Mi hanno incantato le atmosfere tranquille e la narrazione, da come si sono conosciuti i due ragazzi, alla loro separazione, fino al ritorno di Seiji. Tutto perfetto e dannatamente dolce. Ero così curiosa di vederlo e sono rimasta veramente soddisfatta. Bellissima la scena in cui Seiji suona il violino mentre Shizuku canta. Tenera la determinazione che ci mette Shizuku per raggiungere il suo obiettivo. Finale stupendo, come meritava quest'opera. Speriamo di vederlo un giorno in italiano. Come sempre lo Studio Ghibli non delude!
Opera deliziosa e intensa del compianto Yoshifumi Kondo, colui che nelle intenzioni sarebbe dovuto succedere al Maestro Miyazaki alla guida dello Studio Ghibli. Ennesima dimostrazione, se mai ce ne fosse bisogno, che lo Studio del "vento del deserto" è stato la fucina di alcuni dei migliori registi d'animazione di tutti i tempi.
Primo e finora unico anime dello Studio Ghibli tratto da uno shôjo manga (l'omonimo splendido "Mimi o sumaseba" di Aoi Hiiragi), il film è un inno alla poesia del quotidiano, ai sogni e alla fantasia. Attorno alla protagonista Shizuku si costruisce un mondo vero che però, in un modo o nell'altro, sfocia nel fantastico dei desideri o nella nostalgia di un passato che non torna (ma che potrebbe tornare, chissà...). La sfida che da metà film Shizuku lancia a se stessa per raggiungere anche spiritualmente Seiji è tanto più coinvolgente in quanto è qualcosa che, con modalità diverse, ciascuno di noi ha sperimentato, o sperimenterà nel corso della propria vita. E il tutto si conclude con un finale delicatissimo, non spettacolare né chiassoso, ma che forse proprio per questo riesce a toccare corde più profonde.
Il lavoro si segnala tecnicamente, oltre che per le splendide animazioni e il consueto caratteristico character design, divenuti ormai entrambi marchi di fabbrica dello Studio, per i fondali che sfiorano il livello "opera d'arte". Tra tutte le opere successive solo "La città incantata" può vantare dei fondali di livello paragonabile.
La colonna sonora è molto ben caratterizzata, e si regge per lo più su diverse variazioni del tema principale, "Country Road", un celebre country americano. Eccezionale la versione per voce, violino, violoncello, flauto, chitarra e tamburello cantata da Shizuku all'interno del film.
Se avete un animo romantico e sognatore, questo è il film che fa per voi. Non solo: se avete dei progetti ma non avete fiducia nella loro riuscita, questo anime vi darà la carica necessaria per portarli avanti con ottimismo.
Con me ha funzionato, e continua a funzionare benissimo.
Primo e finora unico anime dello Studio Ghibli tratto da uno shôjo manga (l'omonimo splendido "Mimi o sumaseba" di Aoi Hiiragi), il film è un inno alla poesia del quotidiano, ai sogni e alla fantasia. Attorno alla protagonista Shizuku si costruisce un mondo vero che però, in un modo o nell'altro, sfocia nel fantastico dei desideri o nella nostalgia di un passato che non torna (ma che potrebbe tornare, chissà...). La sfida che da metà film Shizuku lancia a se stessa per raggiungere anche spiritualmente Seiji è tanto più coinvolgente in quanto è qualcosa che, con modalità diverse, ciascuno di noi ha sperimentato, o sperimenterà nel corso della propria vita. E il tutto si conclude con un finale delicatissimo, non spettacolare né chiassoso, ma che forse proprio per questo riesce a toccare corde più profonde.
Il lavoro si segnala tecnicamente, oltre che per le splendide animazioni e il consueto caratteristico character design, divenuti ormai entrambi marchi di fabbrica dello Studio, per i fondali che sfiorano il livello "opera d'arte". Tra tutte le opere successive solo "La città incantata" può vantare dei fondali di livello paragonabile.
La colonna sonora è molto ben caratterizzata, e si regge per lo più su diverse variazioni del tema principale, "Country Road", un celebre country americano. Eccezionale la versione per voce, violino, violoncello, flauto, chitarra e tamburello cantata da Shizuku all'interno del film.
Se avete un animo romantico e sognatore, questo è il film che fa per voi. Non solo: se avete dei progetti ma non avete fiducia nella loro riuscita, questo anime vi darà la carica necessaria per portarli avanti con ottimismo.
Con me ha funzionato, e continua a funzionare benissimo.
Country road,
take me home
To the place I belong...
Ascolta il tuo cuore. Cosa puoi sentire? Le tue emozioni, le tue paure, il tuo amore. La tua poesia, la calma del tuo animo, o l'agitazione del tuo spirito.
Mimi o Sumaseba (tradotto ufficialmente come Whisper of the Heart) e' un lungometraggio dello Studio Ghibli. Questo puo' portare a due ripercussioni: il fatto che possa essere un eccellente film o un capolavoro. Quest'opera e' tratta da un manga di Aoi Hiiragi. Pur conservandone la storyline principale a grandi linee, apporta grandi cambiamenti alla storia e ai personaggi principali. Se Seiji nel manga voleva diventare un pittore, nel film vuole diventare un bravo liutaio.
Whisper of the Heart e' forse uno dei film piu' sottovalutati dello Studio, forse complice anche il fatto di avere alla regia il compianto Yoshifumi Kondo, al suo primo lavoro da regista. Tuttavia il risultato e' ottimo, uno dei film migliori che il Giappone abbia mai sfornato negli ultimi anni.
Il film si presenta di buona fattura ma non ottima, per essere stato sviluppato nel 1995. A prima occhiata le animazioni possono sembrare abbastanza legnose in alcuni tratti, rispetto a film successivi come Mononoke Hime o anche a film precedenti come Totoro, ma cio' non sminuisce la qualita' dell'opera finale, dato che si tratta un difetto veramente minimo.
I colori non sono vividi o accesi come possono esserlo quelli di Laputa. La cura ai dettagli come al solito e' a livelli altissimi, com'e' da consuetudine Ghibliana.
Il punto di forza di questo titolo non e' dovuto alla realizzazione tecnica (non e' delle migliori), ma all'atmosfera generale dell'opera, e alla crescita psicologica dei personaggi che ruotano intorno ai due principali.
Shizuku e' una ragazzina di quattordici anni con la smisurata passione della lettura. La sua meta preferita e' la biblioteca.
Un giorno si accorge che tutti i libri presi in prestito da lei sono stati letti precedentemente dalla stessa persona, e inizia a fantasticare su che genere di persona sia questo misterioso ragazzo. Nel mentre intorno alla sua vita sbocciano amori e delusioni, fino a quando non incontrera' Moon, un gatto che la portera' in un vecchio emporio.
La caratterizzazione psicologica dei personaggi e' impressionante, e fa immergere appieno nell'atmosfera quotidiana e in un certo senso sognatrice della storia. I due personaggi principali non sono gli unici 'veri' protagonisti; il film ruota intorno a loro, ma se si osserva meglio, si notera' anche l'evoluzione degli altri personaggi.
Shizuku in particolare ha una crescita non indifferente: nel corso del film imparera' a fronteggiare i dolori della sua giovane vita, gli amori, le delusioni, e, come finale, imparera' a combattere contro se stessa.
Il problema di Mimi o Sumaseba, oltre la realizzazione tecnica leggermente sottotono, e' una regia che a tratti puo' diventare abbastanza noiosa, specialmente dopo la seconda parte del film. Il finale non e' affatto soddisfacente, e sembra solo una scusa creata in fretta per far terminare il film, lasciando in sospeso molte (troppe) cose.
Il tema principale, strano a dirsi, e' americano, una vecchia hit del '64 riarrangiata per l'occasione, di John Denver. Un pezzo country. La sentiremo spesso nel film, essendo il tema principale.
In conclusione, Whisper of the Heart e' un ottimo film, da una leggendaria casa di animazione giapponese, che segna purtroppo l'esordio e la fine dell'unico lavoro da regista di Kondo. Una carriera promettente stroncata in un unico film: probabilmente sarebbe stato elevato insieme a Takahata e Miyazaki come icona di Ghibli.
Mimi o Sumaseba non puo' essere elevato a capolavoro universale, dato che soffre di una realizzazione tecnica piuttosto sottotono, ma come atmosfere e caratterizzazioni e' di sicuro uno dei film piu' belli dello Studio Ghibli. Purtroppo anche uno dei piu' sottovalutati.
Comunque, da vedere assolutamente, se si vuole avere una cultura soddisfacente sullo Studio. Un ottimo film per un leggendario Studio.
Curiosita'
- Questo film e' stato ingiustamente accostato a Kiki's Delivery Service per alcune vaghe tematiche di rassomiglianza sulla crescita del personaggio principale. Se Shizuku impara ad evolversi in un'altra persona in un mondo 'normale', costellato da fantasie derivanti dalla scrittura e dalla lettura, Kiki impara ad evolversi in una donna adulta e responsabile con l'aiuto della magia. Ma oltre a questo direi che non c'e' nient'altro.
- In questo film vediamo apparire Baron von Gikkingen, una conoscenza nota dello Studio Ghibli, insieme a Moon, il gatto ciccione. Questi personaggi sono risultati cosi' famosi in Giappone che lo Studio Ghibli ha prodotto un bel film con protagonisti il barone gatto e Moon: Neko no Ongaeshi, The Cat Returns. L'idea di base e' la stessa, ma il design e la voce sono notevolmente cambiati, sia per baron che per Moon.
- In Neko no Ongaeshi scopriamo che il nome di Moon e' Renaldo (Moon e' il cognome). Nella casa di Baron von Gikkingen si puo' notare un ritratto della sua amata baronessa, la storia dei due ci viene raccontata in Whisper of the Heart.
- Questo e' l'unico film diretto da Kondo, morto per iperlavoro qualche anno dopo. Miyazaki probabilmente decise di ritirarsi dalle scene dell'animazione a causa di questo, dato che ne soffri' molto.
take me home
To the place I belong...
Ascolta il tuo cuore. Cosa puoi sentire? Le tue emozioni, le tue paure, il tuo amore. La tua poesia, la calma del tuo animo, o l'agitazione del tuo spirito.
Mimi o Sumaseba (tradotto ufficialmente come Whisper of the Heart) e' un lungometraggio dello Studio Ghibli. Questo puo' portare a due ripercussioni: il fatto che possa essere un eccellente film o un capolavoro. Quest'opera e' tratta da un manga di Aoi Hiiragi. Pur conservandone la storyline principale a grandi linee, apporta grandi cambiamenti alla storia e ai personaggi principali. Se Seiji nel manga voleva diventare un pittore, nel film vuole diventare un bravo liutaio.
Whisper of the Heart e' forse uno dei film piu' sottovalutati dello Studio, forse complice anche il fatto di avere alla regia il compianto Yoshifumi Kondo, al suo primo lavoro da regista. Tuttavia il risultato e' ottimo, uno dei film migliori che il Giappone abbia mai sfornato negli ultimi anni.
Il film si presenta di buona fattura ma non ottima, per essere stato sviluppato nel 1995. A prima occhiata le animazioni possono sembrare abbastanza legnose in alcuni tratti, rispetto a film successivi come Mononoke Hime o anche a film precedenti come Totoro, ma cio' non sminuisce la qualita' dell'opera finale, dato che si tratta un difetto veramente minimo.
I colori non sono vividi o accesi come possono esserlo quelli di Laputa. La cura ai dettagli come al solito e' a livelli altissimi, com'e' da consuetudine Ghibliana.
Il punto di forza di questo titolo non e' dovuto alla realizzazione tecnica (non e' delle migliori), ma all'atmosfera generale dell'opera, e alla crescita psicologica dei personaggi che ruotano intorno ai due principali.
Shizuku e' una ragazzina di quattordici anni con la smisurata passione della lettura. La sua meta preferita e' la biblioteca.
Un giorno si accorge che tutti i libri presi in prestito da lei sono stati letti precedentemente dalla stessa persona, e inizia a fantasticare su che genere di persona sia questo misterioso ragazzo. Nel mentre intorno alla sua vita sbocciano amori e delusioni, fino a quando non incontrera' Moon, un gatto che la portera' in un vecchio emporio.
La caratterizzazione psicologica dei personaggi e' impressionante, e fa immergere appieno nell'atmosfera quotidiana e in un certo senso sognatrice della storia. I due personaggi principali non sono gli unici 'veri' protagonisti; il film ruota intorno a loro, ma se si osserva meglio, si notera' anche l'evoluzione degli altri personaggi.
Shizuku in particolare ha una crescita non indifferente: nel corso del film imparera' a fronteggiare i dolori della sua giovane vita, gli amori, le delusioni, e, come finale, imparera' a combattere contro se stessa.
Il problema di Mimi o Sumaseba, oltre la realizzazione tecnica leggermente sottotono, e' una regia che a tratti puo' diventare abbastanza noiosa, specialmente dopo la seconda parte del film. Il finale non e' affatto soddisfacente, e sembra solo una scusa creata in fretta per far terminare il film, lasciando in sospeso molte (troppe) cose.
Il tema principale, strano a dirsi, e' americano, una vecchia hit del '64 riarrangiata per l'occasione, di John Denver. Un pezzo country. La sentiremo spesso nel film, essendo il tema principale.
In conclusione, Whisper of the Heart e' un ottimo film, da una leggendaria casa di animazione giapponese, che segna purtroppo l'esordio e la fine dell'unico lavoro da regista di Kondo. Una carriera promettente stroncata in un unico film: probabilmente sarebbe stato elevato insieme a Takahata e Miyazaki come icona di Ghibli.
Mimi o Sumaseba non puo' essere elevato a capolavoro universale, dato che soffre di una realizzazione tecnica piuttosto sottotono, ma come atmosfere e caratterizzazioni e' di sicuro uno dei film piu' belli dello Studio Ghibli. Purtroppo anche uno dei piu' sottovalutati.
Comunque, da vedere assolutamente, se si vuole avere una cultura soddisfacente sullo Studio. Un ottimo film per un leggendario Studio.
Curiosita'
- Questo film e' stato ingiustamente accostato a Kiki's Delivery Service per alcune vaghe tematiche di rassomiglianza sulla crescita del personaggio principale. Se Shizuku impara ad evolversi in un'altra persona in un mondo 'normale', costellato da fantasie derivanti dalla scrittura e dalla lettura, Kiki impara ad evolversi in una donna adulta e responsabile con l'aiuto della magia. Ma oltre a questo direi che non c'e' nient'altro.
- In questo film vediamo apparire Baron von Gikkingen, una conoscenza nota dello Studio Ghibli, insieme a Moon, il gatto ciccione. Questi personaggi sono risultati cosi' famosi in Giappone che lo Studio Ghibli ha prodotto un bel film con protagonisti il barone gatto e Moon: Neko no Ongaeshi, The Cat Returns. L'idea di base e' la stessa, ma il design e la voce sono notevolmente cambiati, sia per baron che per Moon.
- In Neko no Ongaeshi scopriamo che il nome di Moon e' Renaldo (Moon e' il cognome). Nella casa di Baron von Gikkingen si puo' notare un ritratto della sua amata baronessa, la storia dei due ci viene raccontata in Whisper of the Heart.
- Questo e' l'unico film diretto da Kondo, morto per iperlavoro qualche anno dopo. Miyazaki probabilmente decise di ritirarsi dalle scene dell'animazione a causa di questo, dato che ne soffri' molto.
Niente da dire, il marchio di fabbrica dello Studio Ghibli si sente sempre e dà sempre i frutti sperati. Anche quando, come in questo caso, il "divino" Hayao Miyazaki non è impiegato direttamente alla regia. Whisper of the Heart (titolo originale "Mimi o Sumaseba") appartiene infatti a quei titoli semisconosciuti dello Studio Ghibli, forse non abbastanza riscoperti dato che non sono opere dirette dal maestro. Tra questi mi viene da citare il bellissimo "Una tomba per le lucciole" o il più recente "I racconti di Terramare". Tornando a Whisper of the Heart diciamo che è un film del 1995, diretto da Yoshifumi Kondo. Nel progetto Miyazaki ha contribuito alla sceneggiatura. Il genere è sentimentale, direi quasi shojo se non fosse che questa piccola perla ha tutte le caratteristiche per essere apprezzata da ogni estimatore delle produzioni animate orientali. Sarà per i personaggi ben caratterizzati, sarà per le belle musiche (il tema "Take me home, country roads" di John Denver che accompagna la visione) ma questo film non appare assolutamente banale come la storia effettivamente semplice potrebbe suggerire.
La narrazione si concentra sulla giovane Shizuko, appassionata di lettura e scrittrice per diletto, e sulla crescita del suo rapporto d'amicizia con il coetaneo Seiji. In effetti la storia sarebbe tutta qui, se non fosse che, come nella migliore tradizione dello Studio Ghibli, ai personaggi di contorno è riservata una cura e una caratterizzazione degni dei protagonisti. Dai compagni di Shizuko, alla sua famiglia, fino al vecchio artigiano che, con la sua figura e i suoi interventi, costituisce la chiave dell'intera narrazione. Sul disegno non ci sarebbe nemmeno bisogno di pronunciarsi. Il tratto delicato e i fondali perfetti sono uno dei marchi di fabbrica dello Studio e qui creano un paesaggio urbano immerso nel verde e totalmente compatibile con esso, come se le costruzioni stesse fossero un parto della natura. Lo studio dell'artigiano poi è una gioia a vedersi, dalla statuetta del gatto Baron al pendolo meccanico. Forse l'unico neo nel finale dove la narrazione si risolve in maniera un po' frettolosa e in un modo poco verosimile. In ogni caso in un soggetto scelto e sceneggiato dal maestro non mi aspettavo nulla di scontato.
Infine una piccola nota: forse è il voler a tutti i costi cercare contatti con altri film che mi ha condizionato, ma credo di aver visto nel gatto Moon inseguito dalla protagonista una citazione del buon Totoro:)
La narrazione si concentra sulla giovane Shizuko, appassionata di lettura e scrittrice per diletto, e sulla crescita del suo rapporto d'amicizia con il coetaneo Seiji. In effetti la storia sarebbe tutta qui, se non fosse che, come nella migliore tradizione dello Studio Ghibli, ai personaggi di contorno è riservata una cura e una caratterizzazione degni dei protagonisti. Dai compagni di Shizuko, alla sua famiglia, fino al vecchio artigiano che, con la sua figura e i suoi interventi, costituisce la chiave dell'intera narrazione. Sul disegno non ci sarebbe nemmeno bisogno di pronunciarsi. Il tratto delicato e i fondali perfetti sono uno dei marchi di fabbrica dello Studio e qui creano un paesaggio urbano immerso nel verde e totalmente compatibile con esso, come se le costruzioni stesse fossero un parto della natura. Lo studio dell'artigiano poi è una gioia a vedersi, dalla statuetta del gatto Baron al pendolo meccanico. Forse l'unico neo nel finale dove la narrazione si risolve in maniera un po' frettolosa e in un modo poco verosimile. In ogni caso in un soggetto scelto e sceneggiato dal maestro non mi aspettavo nulla di scontato.
Infine una piccola nota: forse è il voler a tutti i costi cercare contatti con altri film che mi ha condizionato, ma credo di aver visto nel gatto Moon inseguito dalla protagonista una citazione del buon Totoro:)
Ecco un'altra meravigliosa opera del maestro Miyazaki Whisper of the Heart (sussurro del cuore). La storia come al solito è molto semplice, ma il MAESTRO come al solito riesce a dare quel tocco di magia che lo rende speciale.
La storia parla di una ragazza Shizuku, che un giorno seguendo un gatto si ritrova una vecchia bottega, li incontra Seiji apprendista costruttore di violini, da subito si invaghisce di lui... Questo è l'inizio, se volete sapere la fine non vi rimane che vedervi questo magnifico "film". La musica è meravigliosa, i disegni sono semplici ma particolari. Da vedere assolutamente se si è fan di Miyazaki,perchè quest'opera non può non esserci tra le vostre raccolte del maestro.
Ps: se siete nervosi o agitati vedetevelo che rilassa un casino ^^
La storia parla di una ragazza Shizuku, che un giorno seguendo un gatto si ritrova una vecchia bottega, li incontra Seiji apprendista costruttore di violini, da subito si invaghisce di lui... Questo è l'inizio, se volete sapere la fine non vi rimane che vedervi questo magnifico "film". La musica è meravigliosa, i disegni sono semplici ma particolari. Da vedere assolutamente se si è fan di Miyazaki,perchè quest'opera non può non esserci tra le vostre raccolte del maestro.
Ps: se siete nervosi o agitati vedetevelo che rilassa un casino ^^