Bambino Pinocchio
Decisamente una serie sufficiente sul burattino di Collodi, pensata per i bambini più piccoli, rispetto a quella Tatsunoko di quattro anni prima. Forse la cosa che non va giù è la sostituzione del Grillo Parlante con la paperetta Gina, che ha il ruolo anche di narratrice delle disavventure di questo Pinocchio. Ricordabile per una delle prime canzoni di Cristina D'Avena e per quel clima solare che permeava tutta l'opera. Rispetto all'edizione Tatsunoko, i disegni erano più semplici e i colori meno accesi. E' semplice, ma comunque inferiore. Sarà che io ero più abituato alla serie precedente, che non disdegnava momenti di tensione e orrore.
A quanto pare quella di Pinocchio è una fiaba che in terra nipponica piace moltissimo, considerato che esistono in anime almeno 2-3 versioni differenti del burattino più famoso del mondo.
In questa versione abbiamo un Geppetto molto vicino alle caratteristiche collodiane. La serie, infatti, può contare su uno sviluppo anche tedesco, e dunque sicuramente più vicino ai canoni europei della fiaba.
Inoltre col falegname sono presenti anche degli animaletti che spesso ritroviamo all'interno della trama, che in molte occasioni cercano di aiutare il protagonoista di legno ad uscire dai guai che egli stesso crea.
Qui la fata ricopre un ruolo quasi marginale all'interno della serie, difatti nelle apparizioni di altri anime ispirati al burattino collodiano avrà delle presenze molto più marcate rispetto a questo titolo.
La particolarità che emerge subito ai nostri occhi è il colore del burattino, più vivo e scuro che mai, laddove il pezzo di legno dove è stato creato ha praticamente un cordone ombelicale mai reciso del tutto, segno di dare anche una continuità alla trama e al protagonista della storia, dove vivrà il suo apice nella trasformazione finale.
L'opera è intrisa di tonalità scure nei disegni e nei colori, che a mio avviso non sono messe lì a caso, poichè testimoniano una cupa realtà che l'autore della serie vuol farci capire.
Sappiamo benissimo che autori come Collodi e De Amicis nelle loro opere sono stati di un realismo impressionante, senza lasciare niente al caso, come se i bambini dei loro tempi non fossero mai cambiati ai tempi attuali, ed è questo un "tasso di immortalità " che ha reso le loro opere così famose nel mondo e così vicine alla gente che le ha seguite.
Difatti la cupezza sopracitata è segno delle avversità e degli oscuri propositi con cui il nostro personaggio ha a che fare in tutta la narrazione, tinte scure dei borghi che frequenta, dei lineamenti del Gatto e la Volpe, nonchè come detto prima, del colore della sua "pelle".
In pratica, secondo il mio parere, è che questa visione "scura" dell'opera è dettata fortemente dall'ingrandire i pericoli a cui va incontro ogni bambino ogni giorno, ovviamente allegorie come il gatto e la volpe oppure il mangiafuoco si nascondono sotto altre fattezze. Il bello dell'opera sta proprio qui, insegnare ai bambini ad avere responsabilità di tutte le loro azioni, anche delle più piccole, come appunto il rispetto verso i genitori, e qui lo si vede dal complicato rapporto che c'è inizialmente tra Pinocchio e Geppetto.
Quale miglior modo, dunque, se non la visione di quest'opera per insegnare ai bambini dei valori che possano contribuire ad una crescita sana divertendosi con questo anime?
Poteva essere curato meglio come stile, ma ha dalla sua come giustificazione il suo anno di realizzazione, ben lontano dalle perfezioni artistiche attuali dove di mezzo c'è quasi sempre un bel computer.
In questa versione abbiamo un Geppetto molto vicino alle caratteristiche collodiane. La serie, infatti, può contare su uno sviluppo anche tedesco, e dunque sicuramente più vicino ai canoni europei della fiaba.
Inoltre col falegname sono presenti anche degli animaletti che spesso ritroviamo all'interno della trama, che in molte occasioni cercano di aiutare il protagonoista di legno ad uscire dai guai che egli stesso crea.
Qui la fata ricopre un ruolo quasi marginale all'interno della serie, difatti nelle apparizioni di altri anime ispirati al burattino collodiano avrà delle presenze molto più marcate rispetto a questo titolo.
La particolarità che emerge subito ai nostri occhi è il colore del burattino, più vivo e scuro che mai, laddove il pezzo di legno dove è stato creato ha praticamente un cordone ombelicale mai reciso del tutto, segno di dare anche una continuità alla trama e al protagonista della storia, dove vivrà il suo apice nella trasformazione finale.
L'opera è intrisa di tonalità scure nei disegni e nei colori, che a mio avviso non sono messe lì a caso, poichè testimoniano una cupa realtà che l'autore della serie vuol farci capire.
Sappiamo benissimo che autori come Collodi e De Amicis nelle loro opere sono stati di un realismo impressionante, senza lasciare niente al caso, come se i bambini dei loro tempi non fossero mai cambiati ai tempi attuali, ed è questo un "tasso di immortalità " che ha reso le loro opere così famose nel mondo e così vicine alla gente che le ha seguite.
Difatti la cupezza sopracitata è segno delle avversità e degli oscuri propositi con cui il nostro personaggio ha a che fare in tutta la narrazione, tinte scure dei borghi che frequenta, dei lineamenti del Gatto e la Volpe, nonchè come detto prima, del colore della sua "pelle".
In pratica, secondo il mio parere, è che questa visione "scura" dell'opera è dettata fortemente dall'ingrandire i pericoli a cui va incontro ogni bambino ogni giorno, ovviamente allegorie come il gatto e la volpe oppure il mangiafuoco si nascondono sotto altre fattezze. Il bello dell'opera sta proprio qui, insegnare ai bambini ad avere responsabilità di tutte le loro azioni, anche delle più piccole, come appunto il rispetto verso i genitori, e qui lo si vede dal complicato rapporto che c'è inizialmente tra Pinocchio e Geppetto.
Quale miglior modo, dunque, se non la visione di quest'opera per insegnare ai bambini dei valori che possano contribuire ad una crescita sana divertendosi con questo anime?
Poteva essere curato meglio come stile, ma ha dalla sua come giustificazione il suo anno di realizzazione, ben lontano dalle perfezioni artistiche attuali dove di mezzo c'è quasi sempre un bel computer.
Serie dal target infantile, che presenta una versione molto rimaneggiata umoristica di Pinocchio, nonostante si tratti di una co-produzione nippo-europea.
L'animazione è di buon livello, ma in effetti la serie non ha elementi che la facciano emergere dall'anonimato: il character design è tondeggiante e poco espressivo, le trame degli episodi semplici e piuttosto banali.
La sigla italiana segna l'esordio di Cristina d'Avena nel mondo delle sigle dei cartoni animati.
L'animazione è di buon livello, ma in effetti la serie non ha elementi che la facciano emergere dall'anonimato: il character design è tondeggiante e poco espressivo, le trame degli episodi semplici e piuttosto banali.
La sigla italiana segna l'esordio di Cristina d'Avena nel mondo delle sigle dei cartoni animati.