YU-GI-OH!
Proveniente direttamente dalla versione cartacea e da una collaborazione a due mani con niente poco di meno che la KONAMI, la versione “italianizzata”, passata prima sotto il mortificante e intransigente torchio della censura americana dell’anime dedicato all’ormai celebre gioco di carte, “Yu-gi-oh!” si presenta totalmente rimaneggiato, tagliato, stravolto, accartocciato su sé stesso e intriso di un nauseante quanto insospettabile buonismo. Ciò che è noto a pochi, almeno per quanto riguarda gli spettatori italiani - perlopiù giovanissimi - che hanno seguito questa serie ormai mitica, è che è giunta nel nostro Paese dopo esser stata letteralmente massacrata dalla censura americana, costretta a rinunciare a numerosi dei suoi contenuti più grevi, tetri o poco adatti a un pubblico infantile, per via di un ben più importante e remunerativo scopo commerciale, ovvero, com’è ovvio a tutti, l’invasione sul mercato da parte delle omonime carte da gioco collezionabili.
Per la KONAMI attirare un target giovanissimo ha senza dubbio agito positivamente in termini d’affari, innescando un effetto dilagante che tutt’oggi conta miliardi e miliardi di carte vendute, a testimonianza di come “Yu-gi-oh!” sia uno dei giochi di carte collezionabili più venduti al mondo, secondo solo al caposaldo, il famoso “mostro sacro” “Magic: The Gathering”.
Tuttavia, la KONAMI ha smembrato l’essenza stessa dell’anime originario giapponese, ripreso quasi completamente dalla versione manga, tranne qualche dilungamento e una quantità di filler sopportabili.
“Yu-gi-oh!” è la storia di Yugi Muto, un semplice studente appassionato di Duel Monsters, un gioco di carte collezionabili di moda nel suo Paese, che riceve in regalo uno di questi mazzi di carte dal nonno, un ex-giocatore, e che, cominciando ad addentrarsi in questo nuovo e sconosciuto mondo, viene a conoscenza di segreti sconcertanti, elementi che regalano alla trama un certo surrealismo piuttosto interessante.
Tuttavia, i pesanti tagli e l’infedelissima versione italiana rispetto all’anime giapponese e soprattutto rispetto al manga storpiano ogni significato intrinseco, figliando un prodotto immaturo e decisamente fiacco, dove gli obbiettivi e le mete sia dei protagonisti che degli antagonisti mutano in qualcosa di insensato e improbabile. La morale sull’amicizia è uno dei fattori più importanti di tutta la storia, un insegnamento senza dubbio positivo e gradevole, ma ripetuto all’eccesso e con toni tremendamente zuccherosi e pervasi da un sostenuto quanto abominevole buonismo, per non parlare di come i dialoghi durante i duelli di carte vengono volutamente alterati, riducendosi a un ridicolo scambio di esclamazioni senza significato o alla corretta descrizione delle regole e delle abilità che le stesse carte da gioco possiedono.
Tecnicamente parlando, “Yu-gi-oh!” non è certo un capolavoro, e verte su una base artistica molto semplice, stilizzata, dai colori e dalle animazioni semplici. La colonna sonora giapponese è sicuramente molto meglio di quella italiana, a cominciare dalle opening e proseguendo attraverso altri piccoli ma fondamentali particolari.
In definitiva, è un intelligentissimo e chirurgico movimento commerciale sotto forma di un prodotto che in un paio di trasposizioni ha perso totalmente l’anima e tutto ciò che conseguentemente desiderava trasmettere. Triste.
Per la KONAMI attirare un target giovanissimo ha senza dubbio agito positivamente in termini d’affari, innescando un effetto dilagante che tutt’oggi conta miliardi e miliardi di carte vendute, a testimonianza di come “Yu-gi-oh!” sia uno dei giochi di carte collezionabili più venduti al mondo, secondo solo al caposaldo, il famoso “mostro sacro” “Magic: The Gathering”.
Tuttavia, la KONAMI ha smembrato l’essenza stessa dell’anime originario giapponese, ripreso quasi completamente dalla versione manga, tranne qualche dilungamento e una quantità di filler sopportabili.
“Yu-gi-oh!” è la storia di Yugi Muto, un semplice studente appassionato di Duel Monsters, un gioco di carte collezionabili di moda nel suo Paese, che riceve in regalo uno di questi mazzi di carte dal nonno, un ex-giocatore, e che, cominciando ad addentrarsi in questo nuovo e sconosciuto mondo, viene a conoscenza di segreti sconcertanti, elementi che regalano alla trama un certo surrealismo piuttosto interessante.
Tuttavia, i pesanti tagli e l’infedelissima versione italiana rispetto all’anime giapponese e soprattutto rispetto al manga storpiano ogni significato intrinseco, figliando un prodotto immaturo e decisamente fiacco, dove gli obbiettivi e le mete sia dei protagonisti che degli antagonisti mutano in qualcosa di insensato e improbabile. La morale sull’amicizia è uno dei fattori più importanti di tutta la storia, un insegnamento senza dubbio positivo e gradevole, ma ripetuto all’eccesso e con toni tremendamente zuccherosi e pervasi da un sostenuto quanto abominevole buonismo, per non parlare di come i dialoghi durante i duelli di carte vengono volutamente alterati, riducendosi a un ridicolo scambio di esclamazioni senza significato o alla corretta descrizione delle regole e delle abilità che le stesse carte da gioco possiedono.
Tecnicamente parlando, “Yu-gi-oh!” non è certo un capolavoro, e verte su una base artistica molto semplice, stilizzata, dai colori e dalle animazioni semplici. La colonna sonora giapponese è sicuramente molto meglio di quella italiana, a cominciare dalle opening e proseguendo attraverso altri piccoli ma fondamentali particolari.
In definitiva, è un intelligentissimo e chirurgico movimento commerciale sotto forma di un prodotto che in un paio di trasposizioni ha perso totalmente l’anima e tutto ciò che conseguentemente desiderava trasmettere. Triste.