Sakigake!! Otoko Juku
A me, sinceramente, la trasposizione animata di "Sakigake!! Otoko Juku" è piaciuta davvero molto.
L'anime copre soltanto i primi volumi del manga e si concentra per quasi metà anime sulla prima parte demenziale del manga, chiamata "Early Gag Arc", dove Momotaro Tsurugi & Co. sono impegnati in allenamenti e sfide veramente assurde, ironiche, bizzarre, eccentriche e davvero divertenti!
Poi, senza dilungarmi troppo in spoiler, dico soltanto che la trasposizione animata di "Sakigake!! Otoko Juku" copre soltanto gli altri due archi narrativi del manga, "The Four Great Trials of Terror" e "The Great Trembling Conquest of the Unified Eight", due tornei ricchi di azione, avventura e soprattutto una bella dose di violenza e combattimenti in perfetto stile hokutiano, grazie anche al chara del sensei Masami Suda (appunto, "Hokuto no Ken") e agli stessi FX dell'anime di Kenshiro della Toei, che io personalmente ho adorato veramente tanto.
Dunque, se volete farvi quattro risate in un anime demenziale come "Gigi La Trottola", che non si prende troppo sul serio ma che al tempo stesso vanta dei combattimenti hokutiani (anche più belli per me), allora l'anime di "Sakigake!! Otoko Juku" è l'anime che fa per voi!
Un 9 questo anime se lo merita tutto! Anche per le favolose OST del sensei Shunsuke Kikuchi.
L'anime copre soltanto i primi volumi del manga e si concentra per quasi metà anime sulla prima parte demenziale del manga, chiamata "Early Gag Arc", dove Momotaro Tsurugi & Co. sono impegnati in allenamenti e sfide veramente assurde, ironiche, bizzarre, eccentriche e davvero divertenti!
Poi, senza dilungarmi troppo in spoiler, dico soltanto che la trasposizione animata di "Sakigake!! Otoko Juku" copre soltanto gli altri due archi narrativi del manga, "The Four Great Trials of Terror" e "The Great Trembling Conquest of the Unified Eight", due tornei ricchi di azione, avventura e soprattutto una bella dose di violenza e combattimenti in perfetto stile hokutiano, grazie anche al chara del sensei Masami Suda (appunto, "Hokuto no Ken") e agli stessi FX dell'anime di Kenshiro della Toei, che io personalmente ho adorato veramente tanto.
Dunque, se volete farvi quattro risate in un anime demenziale come "Gigi La Trottola", che non si prende troppo sul serio ma che al tempo stesso vanta dei combattimenti hokutiani (anche più belli per me), allora l'anime di "Sakigake!! Otoko Juku" è l'anime che fa per voi!
Un 9 questo anime se lo merita tutto! Anche per le favolose OST del sensei Shunsuke Kikuchi.
Non è difficile, per chi ha visto quest'anime, immaginare questa scena.
Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku, dritto in piedi a un angolo della strada, osserva dei ragazzi che escono da una scuola superiore, qui in Italia. Il risultato, indubbiamente, lo porta a scuotere il suo liscio capo, in segno di disapprovazione. La stragrande maggioranza dei ragazzi è ahinoi divisa in due tipologie: da un lato, ragazzi infighettiti, con abiti firmati, occhiali da sole e gel nei capelli, dedita a divertimenti al di là dello studio, senza grandi aspirazioni se non essere "alla moda". Dall'altro lato, ragazzi con abiti e capigliature dalle tinte fosche, dall'aspetto poco energico se non addirittura depresso. Se dei fasci di muscoli fanno capolino sui corpi di questi ragazzi, non è certo per essere fisicamente preparati a diventare il "domani" del loro paese, bensì per semplice vanto.
Dopo questa amara constatazione, il nostro preside si gira, vedendo dietro di sé i suoi ragazzi: gli studenti della Otoko Juku, giovani che hanno sulle loro spalle il carico di essere il futuro del loro paese, il Giappone. A quel punto, con quella che era e nonostante tutto è la voce più possente del mondo del doppiaggio nipponico, se ne esce con un "Io sono Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku!", seguito da una fragorosa e inconfondibile risata.
Sakigake!! Otoko Juku è l'adattamento animato Made In Toei Animation dell'omonimo manga di Akira Miyashita.
Se darete un'occhiata alla scheda manga noterete subito qualcosa di strano: 20 volumi il manga, 34 episodi l'anime. Anche nella migliore delle ipotesi antifilleristiche, qui manca chiaramente qualcosa. Manca tanto, perché di 20 volumi italici (che rispetto a quelli Jap sono molto più corposi, tant'è che la serie originale ne conta 34) ne sono stati convertiti in animazione solo 6, peraltro dimenticando una saga per strada.
Questo è un po' un peccato, visto e considerato che nell'ultima saga animata quelli che erano tre splendidi combattimenti nel manga vengono raccontati in maniera sbrigativa per poi passare direttamente a quello finale.
Si sarebbe potuto evitare l'episodio filler finale fatto di immagini delle puntate vecchie, o il filler di apertura che mostra l'entrata del protagonista, Momotaro Tsurugi, nella scuola per gli uomini veri, che per quanto sia interessante come puntata, è superflua rispetto a scene che nel manga hanno luogo davvero.
Al di là di questi problemi però l'anime risulta estremamente divertente, specie se si ama l'animazione giapponese d'azione anni '80.
Tecnicamente parlando, l'elevata qualità delle animazioni è indubbia, mentre i disegni rispecchiano bene quelli del manga, seppur con alti e bassi. Il chara per molti degli spettatori moderni potrebbe sembrare troppo nerboruto, ma da una scuola di uomini veri penso ci sia d'aspettarselo, di avere studenti muscolosissimi.
Il lato sonoro della serie è indubbiamente uno dei più riusciti: le musiche di sottofondo, nel pieno stile dell'epoca, riescono ad essere evocative e adatte alle situazioni che descrivono, ma un'analisi a parte la meritano le sigle di apertura e chiusura.
L'opening, Yogorecchimatta kanashimi ni, e l'ending, Ikujidai Arimashite, entrambe eseguite da Issei Fuubi Sepia, risultano essere due perfetti simboli del rock anni '80, con leggere cadenze di musica tradizionale nipponica, risultando esplosivamente trascinante la prima (con tanto di cori del pubblico da concertone a San Siro nella full version) e più emotivamente introspettiva la seconda, ma è anche il testo ad essere interessante.
Entrambe parlano infatti di tristezza e rinascita, di difficoltà da superare per tornare a sorridere. Come a voler dire "Anche dopo la notte più buia, giungerà di nuovo l'alba".
L'alba, cioè il sole nascente, il sol levante. Il sol levante, cioè il Giappone, quella terra dove la gente non si arrende mai, né dinanzi alle guerre, o alle difficoltà, o alle calamità naturali, si va avanti, o si cade con onore.
È questo che, tra il serio e il faceto, racconta Otoko Juku, di ragazzi che saranno il futuro del Giappone, che frequentano una scuola che li renderà uomini veri, forse non particolarmente colti, ma di sicuro "maschi".
Chi si iscriverà a questa scuola dovrà affrontare difficilissimi allenamenti, al limite del disumano, e alla fine dei corsi sarà veloce com'è veloce il vento, un uomo vero, senza timore, potente come un vulcano attivo.
O morirà provandoci. Con onore.
In concluzione, Sakigake!! Otoko Juku si dimostra un anime perfetto per tutti coloro che vogliono tanta azione anni '80 condita con un umorismo demenziale e un cameratismo che trasporta e coinvolge anche chi sta davanti allo schermo.
Alcuni difetti (primo quello di coinvolgere solo meno di metà della trama del manga) lo rendono lontano dalla perfezione, ma gli fanno guadagnare un 8 pieno.
Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku, dritto in piedi a un angolo della strada, osserva dei ragazzi che escono da una scuola superiore, qui in Italia. Il risultato, indubbiamente, lo porta a scuotere il suo liscio capo, in segno di disapprovazione. La stragrande maggioranza dei ragazzi è ahinoi divisa in due tipologie: da un lato, ragazzi infighettiti, con abiti firmati, occhiali da sole e gel nei capelli, dedita a divertimenti al di là dello studio, senza grandi aspirazioni se non essere "alla moda". Dall'altro lato, ragazzi con abiti e capigliature dalle tinte fosche, dall'aspetto poco energico se non addirittura depresso. Se dei fasci di muscoli fanno capolino sui corpi di questi ragazzi, non è certo per essere fisicamente preparati a diventare il "domani" del loro paese, bensì per semplice vanto.
Dopo questa amara constatazione, il nostro preside si gira, vedendo dietro di sé i suoi ragazzi: gli studenti della Otoko Juku, giovani che hanno sulle loro spalle il carico di essere il futuro del loro paese, il Giappone. A quel punto, con quella che era e nonostante tutto è la voce più possente del mondo del doppiaggio nipponico, se ne esce con un "Io sono Heihachi Edajima, il preside della Otoko Juku!", seguito da una fragorosa e inconfondibile risata.
Sakigake!! Otoko Juku è l'adattamento animato Made In Toei Animation dell'omonimo manga di Akira Miyashita.
Se darete un'occhiata alla scheda manga noterete subito qualcosa di strano: 20 volumi il manga, 34 episodi l'anime. Anche nella migliore delle ipotesi antifilleristiche, qui manca chiaramente qualcosa. Manca tanto, perché di 20 volumi italici (che rispetto a quelli Jap sono molto più corposi, tant'è che la serie originale ne conta 34) ne sono stati convertiti in animazione solo 6, peraltro dimenticando una saga per strada.
Questo è un po' un peccato, visto e considerato che nell'ultima saga animata quelli che erano tre splendidi combattimenti nel manga vengono raccontati in maniera sbrigativa per poi passare direttamente a quello finale.
Si sarebbe potuto evitare l'episodio filler finale fatto di immagini delle puntate vecchie, o il filler di apertura che mostra l'entrata del protagonista, Momotaro Tsurugi, nella scuola per gli uomini veri, che per quanto sia interessante come puntata, è superflua rispetto a scene che nel manga hanno luogo davvero.
Al di là di questi problemi però l'anime risulta estremamente divertente, specie se si ama l'animazione giapponese d'azione anni '80.
Tecnicamente parlando, l'elevata qualità delle animazioni è indubbia, mentre i disegni rispecchiano bene quelli del manga, seppur con alti e bassi. Il chara per molti degli spettatori moderni potrebbe sembrare troppo nerboruto, ma da una scuola di uomini veri penso ci sia d'aspettarselo, di avere studenti muscolosissimi.
Il lato sonoro della serie è indubbiamente uno dei più riusciti: le musiche di sottofondo, nel pieno stile dell'epoca, riescono ad essere evocative e adatte alle situazioni che descrivono, ma un'analisi a parte la meritano le sigle di apertura e chiusura.
L'opening, Yogorecchimatta kanashimi ni, e l'ending, Ikujidai Arimashite, entrambe eseguite da Issei Fuubi Sepia, risultano essere due perfetti simboli del rock anni '80, con leggere cadenze di musica tradizionale nipponica, risultando esplosivamente trascinante la prima (con tanto di cori del pubblico da concertone a San Siro nella full version) e più emotivamente introspettiva la seconda, ma è anche il testo ad essere interessante.
Entrambe parlano infatti di tristezza e rinascita, di difficoltà da superare per tornare a sorridere. Come a voler dire "Anche dopo la notte più buia, giungerà di nuovo l'alba".
L'alba, cioè il sole nascente, il sol levante. Il sol levante, cioè il Giappone, quella terra dove la gente non si arrende mai, né dinanzi alle guerre, o alle difficoltà, o alle calamità naturali, si va avanti, o si cade con onore.
È questo che, tra il serio e il faceto, racconta Otoko Juku, di ragazzi che saranno il futuro del Giappone, che frequentano una scuola che li renderà uomini veri, forse non particolarmente colti, ma di sicuro "maschi".
Chi si iscriverà a questa scuola dovrà affrontare difficilissimi allenamenti, al limite del disumano, e alla fine dei corsi sarà veloce com'è veloce il vento, un uomo vero, senza timore, potente come un vulcano attivo.
O morirà provandoci. Con onore.
In concluzione, Sakigake!! Otoko Juku si dimostra un anime perfetto per tutti coloro che vogliono tanta azione anni '80 condita con un umorismo demenziale e un cameratismo che trasporta e coinvolge anche chi sta davanti allo schermo.
Alcuni difetti (primo quello di coinvolgere solo meno di metà della trama del manga) lo rendono lontano dalla perfezione, ma gli fanno guadagnare un 8 pieno.
Otoko Juku è una delle serie più interessanti che mi sia capitato di leggere nell’ultimo periodo, una scoperta piacevolissima che mi ha lentamente conquistato e di cui mi trovo a sentire la mancanza, adesso che la serie è finita.
Nel tentativo di ritrovare le emozioni datemi dal manga, sono passato a guardare la versione animata, e devo dire che, pur rimanendo di molto inferiore all’originale cartaceo, non lo fa rimpiangere troppo e si attesta come una buona serie televisiva.
La storia è quella di un bizzarro istituto scolastico che nel Giappone degli anni ’80 si occupa di forgiare dei veri uomini e dei veri guerrieri attraverso un’educazione spartana e paramilitare al limite dell’assurdo.
I personaggi coinvolti sono il corpo docenti e gli alunni della scuola, impegnati in missioni, lezioni e combattimenti assurdi che gli vengono commissionati dagli insegnanti.
Importantissima tematica, per gran parte della serie, è quella dello scontro fra Oriente e Occidente. Attraverso i combattimenti e le missioni strampalate dei suoi colossali e demenziali eroi, Otoko Juku vuole dare una divertente esaltazione delle tradizioni giapponesi a discapito di mode ed elementi occidentali che in quegli anni ’80 andavano diffondendosi nel Sol Levante intaccandone la “giapponesità” intrinseca. Ecco quindi che viene esaltato l’uso del fundoshi a discapito di capi di abbigliamento più occidentali, che ci si scaglia contro le canzoni pop cantate in lingua inglese, che si prende in giro la Seconda Guerra Mondiale (di cui, però, guardacaso, il giapponesissimo preside della scuola è un indomito ex eroe) e il periodo dell’occupazione americana, che ci si beffa delle giovani giapponesi che filano dietro a bellocci stranieri nei locali.
Per la maggior parte degli episodi, Otoko Juku ci mostra uno spassosissimo e demenziale affresco di questa scuola assurda, dove il preside è un gigante dall’enorme forza fisica che non fa altro che presentarsi, dove i professori sono grossi e tonti e si fanno infinocchiare dagli stessi alunni cui dovrebbero dare l’esempio, dove gli alunni sono improbabili ragazzi giapponesi alti 1.90 m e pesanti 100 kg.
Che si tratti di lezioni (Ma i nostri sono ancora alle tabelline!), di gite scolastiche, di missioni, di pasti in mensa, di combattimenti o anche solo di semplici momenti di ricreazione al di fuori dall’orario scolastico, i baldi veri uomini della Otoko Juku affrontano ognuna di queste cose con l’incrollabile spirito dei veri uomini giapponesi… e anche con una strabordante demenzialità!
Si tratta di una storia dove la risata è sempre dietro l’angolo. E, del resto, con dei personaggi completamente fuori di testa come quelli che ci vengono presentati, è ben facile crederlo.
Le avventure fuori dall’ordinario di questo gruppo di robusti studenti un po' teppisti alla ricerca della virilità e del vero spirito del loro paese ci presentano infatti dei personaggi veramente straordinari, ognuno diverso dall’altro sia per aspetto fisico, sia per attitudini, sia per modo di approcciarsi alla vita e al combattimento, che non mancheranno di entrarci immediatamente nel cuore, in modo che ogni spettatore possa trovare quello che più gli aggrada e ridere ed emozionarsi con lui.
Tuttavia, sono gli anni ’80, e Otoko Juku è uno shonen manga d’azione, dove si ride, certo, ma si combatte anche. Non si può quindi sfuggire ai classici dettami del genere, con la costituzione di un gruppo di combattenti e la realizzazione di svariati tornei e scontri, dove questi personaggi possano esprimersi attraverso i pugni e svariate tecniche di combattimento che hanno dell’incredibile.
E’ questo, infatti, il fulcro della seconda tranche di episodi, i quali, dopo una prima metà più spensierata e atta a presentare il cast nella sua assurda vita scolastico-quotidiana, gettano i personaggi in pasto all’azione, con una serie di combattimenti orditi dagli insegnanti che li porteranno a rischiare la vita in più occasioni, creando anche momenti molto drammatici, intensi e pieni di pathos che non mancheranno di emozionare gli spettatori.
Nonostante le simpaticissime gags e l'assurdità del tutto strapperanno volentieri qualche risata di gusto allo spettatore, nella seconda metà dell'anime il registro si farà molto più serio, drammatico e carico di pathos all'inverosimile, come si confà ad una serie anni '80 uscita nello stesso periodo di Hokuto no Ken, Saint Seiya o Ginga Nagareboshi Gin.
I due tornei di arti marziali che continuano la storia presentano una numerosa serie di scontri esageratissimi, cruenti e dalla composizione originale. Su uno strampalato ring che può essere una foresta di altissime colonne di pietra o una gigantesca scala sospesa su un pentolone di acido solforico si mettono in scena drammi, cascate di sangue, tragiche morti e grandi passioni. Un potente spettacolo in cui, a trionfare, sono sentimenti come l'amicizia, il rispetto per i propri avversari, la lealtà, il perdono, la rabbia per la perdita di una persona cara, il coraggio, il legame di rispetto che intercorre fra senpai e kohai e dove, come in ogni storia di arti marziali che si rispetti, i contendenti crescono insieme e, fra un pugno e l'altro, imparano a rispettarsi vicendevolmente come uomini. Di fronte a tutto questo, chi è cresciuto con gli shonen degli anni '80 non può non farsi coinvolgere fino alle lacrime.
Come si pone l’adattamento animato nei confonti del manga? C’è da dire che, purtroppo, è tutt’altro che una perfetta trasposizione. Sebbene la versione animata di Otoko Juku fili perfettamente e si lasci seguire con estremo piacere, tuttavia i lettori del manga possono storcere il naso in diverse occasioni.
In primis, è da premettere che, prendendo come riferimento la versione italiana in 20 volumi, l’anime ne copre soltanto i primi 6, fermandosi alla sfida contro Jaki Daigoin e lasciando quindi da parte la lunghissima e bellissima saga delle Olimpiadi della sfida del cielo che costituisce il grosso del manga, nonchè le saghe finali.
Tra l’altro, i sei volumi non sono neppure stati adattati completamente, dato che, ad esempio, manca completamente la spassosissima saga della gita al mare raccontata nel secondo volume, e la battaglia contro Jaki Daigoin è stata accorciata di molto, evitando di presentare alcuni personaggi (con relativi scontri) che venivano introdotti in questo punto del manga per la prima volta e che qui vengono solo mostrati passivamente dal momento che i loro combattimenti sono solo narrati tramite una slideshow di pochi minuti, uno su tutti Rasetsu.
L’episodio finale, poi, è né più né meno che un semplice collage-riassunto dei precedenti, con un paio di sequenze nuove, e probabilmente come episodio conclusivo non è granchè, ma perlomeno la saga conclusiva della serie animata era già terminata in modo soddisfacente negli episodi precedenti quindi l’idea di un riassuntone finale non dispiace neppure troppo, soprattutto se consideriamo che il finale dell’anime è stranamente molto simile a ciò che sarà poi quello, bellissimo, del manga.
Di contro, invece, si sono aggiunti episodi, situazioni o siparietti non presenti nel manga, che contribuiscono ad aumentare il lato comico della storia aggiungendo numerose gags spassose e dando più spazio e spessore a personaggi come il gigantesco e bonario Tsubakiyama (qui presenza fissa del cast a differenza del manga dove è un personaggio di sfondo), lo spassoso professor Rankiryuu (completamente ridisegnato e più presente rispetto al manga) e il divertentissimo professor Orco Barbuto (la cui verve comica già presente nel manga è qui esaltata al massimo grazie al sublime doppiaggio del bravissimo Shigeru Chiba).
Aldilà di questi piccoli difetti, che comunque non toccano chi non conosce la versione cartacea, Otoko Juku si dimostra una serie piacevole da seguire, estremamente spassosa e divertente ma anche profonda, passionale e coinvolgente, che riesce a farsi amare e ci presenta un’atmosfera anni ’80 dall’innegabile fascino e che poi sarà ripresa in diversi videogiochi o manga successivi nel corso degli anni.
A livello tecnico, Otoko Juku si presenta con degli ottimi disegni, piuttosto standardizzati per l’epoca (è evidente il pegno che pagano nei confronti del Tetsuo Hara di Hokuto no Ken) ma comunque molto espressivi, efficaci e molto fedeli alla controparte cartacea e delle animazioni/colorazioni nella media per una serie di fine anni ’80.
Quel che colpisce del comparto tecnico di questa serie è però la colonna sonora e il doppiaggio.
Il comparto sonoro di Otoko Juku è qualcosa di straordinariamente efficace. Chi ha realizzato la colonna sonora ha compreso perfettamente lo spirito dell’opera ed è riuscito a veicolarlo attraverso le canzoni scelte per rappresentarla. Le due sigle d’apertura e chiusura, “Yogorecchimatta kanashimi ni” e “Ikujidai Arimashite” sono due brani coinvolgenti, sobri, che presentano un testo accattivante e profondo, perfettamente in linea con le tematiche e i personaggi della storia, e che fondono i ritmi rock tipici degli anni ’80 e sonorità più tranquille, che ricordano spesso e volentieri le musiche tradizionali del Giappone. Oriente e Occidente che si fondono in un piacevolissimo insieme che risponde al nome di “anni ‘80”.
Sul fronte del doppiaggio, abbiamo nientepopodimeno che quasi tutti i migliori seiyuu del periodo: un cast di primo livello composto da doppiatori famosi, preparatissimi, che donano a tutti i personaggi una particolarissima inflessione capace di renderli immediatamente riconoscibili e di accentuare le loro caratteristiche umoristiche e/o emotive.
Parlare del doppiaggio di Otoko Juku significa però parlare di Daisuke Gouri, la cui voce è intrinsecamente legata a questa serie poiché il ruolo da lui interpretato è quello di Edajima Heihachi, il possente preside della scuola. Il preside Edajima è il personaggio che meglio di chiunque altro, anche più del protagonista stesso, simboleggia lo spirito di Otoko Juku. E’ il personaggio più originale, più carismatico, più divertente, quello che più rimane impresso e che funge da simbolo per la serie stessa.
Daisuke Gouri dona al massiccio preside un vocione incredibilmente forte, maestoso, ma anche altrettanto incredibilmente simpatico, capace di spaccare i timpani dei personaggi e degli spettatori, ma anche di imprimersi nei loro cuori con altrettanta forza. Un’interpretazione indimenticabile che definire straordinaria è dir poco, e che riesce anche ad essere, in un certo senso, romantica…
Basterebbe anche solo il suo splendido e reiterato “Io sono Edajima Heihachi, il preside della Otoko Juku!!” per far crepare dal ridere qualsiasi spettatore e per innalzare Otoko Juku fra le produzioni più divertenti mai create, ma come se non bastasse l'ottimo Daisuke Gouri ci offre un'ulteriore prova della sua bravura reinventandosi, con una voce totalmente diversa rispetto a quella di Edajima, come spassosa voce narrante.
Otoko Juku è una serie incredibilmente appassionante, che ha diverse frecce al suo arco.
La consiglio quindi a tutti gli appassionati degli shonen manga d’azione degli anni ’80, genere di cui Otoko Juku rappresenta un ottimo esponente.
Una serie che, davvero, entra davvero nel cuore, che riesce a farsi perdonare i suoi piccoli difetti che la allontanano dal manga da cui è tratta e che, alla fine della visione, ci lascerà tutti con un gran sorriso, con copiose "manly tears" che ci scenderanno dal volto, oppure intenti a urlare a gran voce “Io sono Edajima Heihachi, il preside della Otoko Juku!”. Come degli stupidi. O dei veri uomini.
Nel tentativo di ritrovare le emozioni datemi dal manga, sono passato a guardare la versione animata, e devo dire che, pur rimanendo di molto inferiore all’originale cartaceo, non lo fa rimpiangere troppo e si attesta come una buona serie televisiva.
La storia è quella di un bizzarro istituto scolastico che nel Giappone degli anni ’80 si occupa di forgiare dei veri uomini e dei veri guerrieri attraverso un’educazione spartana e paramilitare al limite dell’assurdo.
I personaggi coinvolti sono il corpo docenti e gli alunni della scuola, impegnati in missioni, lezioni e combattimenti assurdi che gli vengono commissionati dagli insegnanti.
Importantissima tematica, per gran parte della serie, è quella dello scontro fra Oriente e Occidente. Attraverso i combattimenti e le missioni strampalate dei suoi colossali e demenziali eroi, Otoko Juku vuole dare una divertente esaltazione delle tradizioni giapponesi a discapito di mode ed elementi occidentali che in quegli anni ’80 andavano diffondendosi nel Sol Levante intaccandone la “giapponesità” intrinseca. Ecco quindi che viene esaltato l’uso del fundoshi a discapito di capi di abbigliamento più occidentali, che ci si scaglia contro le canzoni pop cantate in lingua inglese, che si prende in giro la Seconda Guerra Mondiale (di cui, però, guardacaso, il giapponesissimo preside della scuola è un indomito ex eroe) e il periodo dell’occupazione americana, che ci si beffa delle giovani giapponesi che filano dietro a bellocci stranieri nei locali.
Per la maggior parte degli episodi, Otoko Juku ci mostra uno spassosissimo e demenziale affresco di questa scuola assurda, dove il preside è un gigante dall’enorme forza fisica che non fa altro che presentarsi, dove i professori sono grossi e tonti e si fanno infinocchiare dagli stessi alunni cui dovrebbero dare l’esempio, dove gli alunni sono improbabili ragazzi giapponesi alti 1.90 m e pesanti 100 kg.
Che si tratti di lezioni (Ma i nostri sono ancora alle tabelline!), di gite scolastiche, di missioni, di pasti in mensa, di combattimenti o anche solo di semplici momenti di ricreazione al di fuori dall’orario scolastico, i baldi veri uomini della Otoko Juku affrontano ognuna di queste cose con l’incrollabile spirito dei veri uomini giapponesi… e anche con una strabordante demenzialità!
Si tratta di una storia dove la risata è sempre dietro l’angolo. E, del resto, con dei personaggi completamente fuori di testa come quelli che ci vengono presentati, è ben facile crederlo.
Le avventure fuori dall’ordinario di questo gruppo di robusti studenti un po' teppisti alla ricerca della virilità e del vero spirito del loro paese ci presentano infatti dei personaggi veramente straordinari, ognuno diverso dall’altro sia per aspetto fisico, sia per attitudini, sia per modo di approcciarsi alla vita e al combattimento, che non mancheranno di entrarci immediatamente nel cuore, in modo che ogni spettatore possa trovare quello che più gli aggrada e ridere ed emozionarsi con lui.
Tuttavia, sono gli anni ’80, e Otoko Juku è uno shonen manga d’azione, dove si ride, certo, ma si combatte anche. Non si può quindi sfuggire ai classici dettami del genere, con la costituzione di un gruppo di combattenti e la realizzazione di svariati tornei e scontri, dove questi personaggi possano esprimersi attraverso i pugni e svariate tecniche di combattimento che hanno dell’incredibile.
E’ questo, infatti, il fulcro della seconda tranche di episodi, i quali, dopo una prima metà più spensierata e atta a presentare il cast nella sua assurda vita scolastico-quotidiana, gettano i personaggi in pasto all’azione, con una serie di combattimenti orditi dagli insegnanti che li porteranno a rischiare la vita in più occasioni, creando anche momenti molto drammatici, intensi e pieni di pathos che non mancheranno di emozionare gli spettatori.
Nonostante le simpaticissime gags e l'assurdità del tutto strapperanno volentieri qualche risata di gusto allo spettatore, nella seconda metà dell'anime il registro si farà molto più serio, drammatico e carico di pathos all'inverosimile, come si confà ad una serie anni '80 uscita nello stesso periodo di Hokuto no Ken, Saint Seiya o Ginga Nagareboshi Gin.
I due tornei di arti marziali che continuano la storia presentano una numerosa serie di scontri esageratissimi, cruenti e dalla composizione originale. Su uno strampalato ring che può essere una foresta di altissime colonne di pietra o una gigantesca scala sospesa su un pentolone di acido solforico si mettono in scena drammi, cascate di sangue, tragiche morti e grandi passioni. Un potente spettacolo in cui, a trionfare, sono sentimenti come l'amicizia, il rispetto per i propri avversari, la lealtà, il perdono, la rabbia per la perdita di una persona cara, il coraggio, il legame di rispetto che intercorre fra senpai e kohai e dove, come in ogni storia di arti marziali che si rispetti, i contendenti crescono insieme e, fra un pugno e l'altro, imparano a rispettarsi vicendevolmente come uomini. Di fronte a tutto questo, chi è cresciuto con gli shonen degli anni '80 non può non farsi coinvolgere fino alle lacrime.
Come si pone l’adattamento animato nei confonti del manga? C’è da dire che, purtroppo, è tutt’altro che una perfetta trasposizione. Sebbene la versione animata di Otoko Juku fili perfettamente e si lasci seguire con estremo piacere, tuttavia i lettori del manga possono storcere il naso in diverse occasioni.
In primis, è da premettere che, prendendo come riferimento la versione italiana in 20 volumi, l’anime ne copre soltanto i primi 6, fermandosi alla sfida contro Jaki Daigoin e lasciando quindi da parte la lunghissima e bellissima saga delle Olimpiadi della sfida del cielo che costituisce il grosso del manga, nonchè le saghe finali.
Tra l’altro, i sei volumi non sono neppure stati adattati completamente, dato che, ad esempio, manca completamente la spassosissima saga della gita al mare raccontata nel secondo volume, e la battaglia contro Jaki Daigoin è stata accorciata di molto, evitando di presentare alcuni personaggi (con relativi scontri) che venivano introdotti in questo punto del manga per la prima volta e che qui vengono solo mostrati passivamente dal momento che i loro combattimenti sono solo narrati tramite una slideshow di pochi minuti, uno su tutti Rasetsu.
L’episodio finale, poi, è né più né meno che un semplice collage-riassunto dei precedenti, con un paio di sequenze nuove, e probabilmente come episodio conclusivo non è granchè, ma perlomeno la saga conclusiva della serie animata era già terminata in modo soddisfacente negli episodi precedenti quindi l’idea di un riassuntone finale non dispiace neppure troppo, soprattutto se consideriamo che il finale dell’anime è stranamente molto simile a ciò che sarà poi quello, bellissimo, del manga.
Di contro, invece, si sono aggiunti episodi, situazioni o siparietti non presenti nel manga, che contribuiscono ad aumentare il lato comico della storia aggiungendo numerose gags spassose e dando più spazio e spessore a personaggi come il gigantesco e bonario Tsubakiyama (qui presenza fissa del cast a differenza del manga dove è un personaggio di sfondo), lo spassoso professor Rankiryuu (completamente ridisegnato e più presente rispetto al manga) e il divertentissimo professor Orco Barbuto (la cui verve comica già presente nel manga è qui esaltata al massimo grazie al sublime doppiaggio del bravissimo Shigeru Chiba).
Aldilà di questi piccoli difetti, che comunque non toccano chi non conosce la versione cartacea, Otoko Juku si dimostra una serie piacevole da seguire, estremamente spassosa e divertente ma anche profonda, passionale e coinvolgente, che riesce a farsi amare e ci presenta un’atmosfera anni ’80 dall’innegabile fascino e che poi sarà ripresa in diversi videogiochi o manga successivi nel corso degli anni.
A livello tecnico, Otoko Juku si presenta con degli ottimi disegni, piuttosto standardizzati per l’epoca (è evidente il pegno che pagano nei confronti del Tetsuo Hara di Hokuto no Ken) ma comunque molto espressivi, efficaci e molto fedeli alla controparte cartacea e delle animazioni/colorazioni nella media per una serie di fine anni ’80.
Quel che colpisce del comparto tecnico di questa serie è però la colonna sonora e il doppiaggio.
Il comparto sonoro di Otoko Juku è qualcosa di straordinariamente efficace. Chi ha realizzato la colonna sonora ha compreso perfettamente lo spirito dell’opera ed è riuscito a veicolarlo attraverso le canzoni scelte per rappresentarla. Le due sigle d’apertura e chiusura, “Yogorecchimatta kanashimi ni” e “Ikujidai Arimashite” sono due brani coinvolgenti, sobri, che presentano un testo accattivante e profondo, perfettamente in linea con le tematiche e i personaggi della storia, e che fondono i ritmi rock tipici degli anni ’80 e sonorità più tranquille, che ricordano spesso e volentieri le musiche tradizionali del Giappone. Oriente e Occidente che si fondono in un piacevolissimo insieme che risponde al nome di “anni ‘80”.
Sul fronte del doppiaggio, abbiamo nientepopodimeno che quasi tutti i migliori seiyuu del periodo: un cast di primo livello composto da doppiatori famosi, preparatissimi, che donano a tutti i personaggi una particolarissima inflessione capace di renderli immediatamente riconoscibili e di accentuare le loro caratteristiche umoristiche e/o emotive.
Parlare del doppiaggio di Otoko Juku significa però parlare di Daisuke Gouri, la cui voce è intrinsecamente legata a questa serie poiché il ruolo da lui interpretato è quello di Edajima Heihachi, il possente preside della scuola. Il preside Edajima è il personaggio che meglio di chiunque altro, anche più del protagonista stesso, simboleggia lo spirito di Otoko Juku. E’ il personaggio più originale, più carismatico, più divertente, quello che più rimane impresso e che funge da simbolo per la serie stessa.
Daisuke Gouri dona al massiccio preside un vocione incredibilmente forte, maestoso, ma anche altrettanto incredibilmente simpatico, capace di spaccare i timpani dei personaggi e degli spettatori, ma anche di imprimersi nei loro cuori con altrettanta forza. Un’interpretazione indimenticabile che definire straordinaria è dir poco, e che riesce anche ad essere, in un certo senso, romantica…
Basterebbe anche solo il suo splendido e reiterato “Io sono Edajima Heihachi, il preside della Otoko Juku!!” per far crepare dal ridere qualsiasi spettatore e per innalzare Otoko Juku fra le produzioni più divertenti mai create, ma come se non bastasse l'ottimo Daisuke Gouri ci offre un'ulteriore prova della sua bravura reinventandosi, con una voce totalmente diversa rispetto a quella di Edajima, come spassosa voce narrante.
Otoko Juku è una serie incredibilmente appassionante, che ha diverse frecce al suo arco.
La consiglio quindi a tutti gli appassionati degli shonen manga d’azione degli anni ’80, genere di cui Otoko Juku rappresenta un ottimo esponente.
Una serie che, davvero, entra davvero nel cuore, che riesce a farsi perdonare i suoi piccoli difetti che la allontanano dal manga da cui è tratta e che, alla fine della visione, ci lascerà tutti con un gran sorriso, con copiose "manly tears" che ci scenderanno dal volto, oppure intenti a urlare a gran voce “Io sono Edajima Heihachi, il preside della Otoko Juku!”. Come degli stupidi. O dei veri uomini.