Beyblade V-Force
Quando una serie ha successo è molto probabile che abbia un seguito, soprattutto se questo successo è collegato a videogiochi, giocattoli o altri oggetti che generano introiti non indifferenti: così è stato per Digimon Adventure, così è stato per Yu-Gi-Oh!, così è stato anche per BeyBlade, di cui nel 2002 viene realizzata una seconda serie, BeyBlade V-Force. Quando si fa un'operazione del genere, le possibilità sono due: o la nuova serie è bella e gradevole quanto la precedente, se non di più, oppure fa schifo. E secondo voi, a quale di queste categorie appartiene BeyBlade V-Force?
La prima cosa che balza all'occhio, vedendo questa seconda serie, è il character design: i personaggi sembrano ringiovaniti! V-Force dovrebbe essere ambientato almeno qualche mese dopo la fine di BeyBlade, ma così sembra piuttosto un prequel! Come se non bastasse, i personaggi sembrano regrediti anche a livello caratteriale, quantomeno il protagonista, Takao, che si comporta in una maniera così infantile da cozzare vistosamente col ritratto del giovane sì scavezzacollo ma anche più maturo della prima serie. Quanto agli altri tre campioni, Kai, Max, Rei, si scopre che si sono separati da Takao e soltanto la comparsa di una nuova minaccia (ennesima organizzazione che vuole servirsi del potere dei Bit Power per scopi malvagi).
La trama può essere divisa in due parti: la prima si incentra sulla lotta contro il team Psykick, composto da quattro Bladers in possesso di cyborg Bit Power (il concetto a me ricorda molto quello dei Cyber Newtype dello Universal Century); la seconda dà ampio spazio alle rivelazioni sulla vera natura dei Bit Power e vede come antagonisti il dottor Zagard e la sua squadra, di cui fa parte anche il figlio Zeo, precedentemente amico di Takao. Anche la prima serie non brillava certo per la complessità della trama o per le tematiche trattate, ma almeno aveva un senso: la squadra dei protagonisti doveva conquistare il titolo mondiale e affrontava una nazionale dietro l'altra, spesso confrontandosi con vecchie conoscenze e fantasmi del passato, per cui l'attenzione era concentrata sui personaggi e non solo, banalmente, sui combattimenti. In BeyBlade V-Force, invece, al centro della storia ci sono i Bit Power, con tutto ciò che ne deriva: organizzazioni che vogliono creare Bit Power artificiali, gente che vuole sigillare perché li ritiene pericolosi, rivelazioni sull'origine di questi spiriti animali… ma questo non sarebbe un male, se ci fossero personaggi interessanti. Il problema è che i nuovi personaggi non sono nemmeno paragonabili a quelli della prima serie, che per quanto stereotipati (l'italiano dongiovanni, il francese snob, l'americano cafone amante dello sport, il cinese che pratica le arti marziali) si lasciavano apprezzare in questa loro semplicità; quanto ai vecchi, sono irriconoscibili e sembrano non aver subito nessun percorso di maturazione. L'unico personaggio davvero interessante è Zeo, prima amico e poi nemico di Takao, che nasconde un segreto incredibile, un vero e proprio colpo di scena.
L'unica consolazione è che a questa serie mediocre ne segue una terza, l'ultima della "trilogia" di Takao e compagni, intitolata BeyBlade G-Revolution, che riesce a essere più gradevole, forse anche per via del ritorno di molte vecchie glorie della serie del 2001.
La prima cosa che balza all'occhio, vedendo questa seconda serie, è il character design: i personaggi sembrano ringiovaniti! V-Force dovrebbe essere ambientato almeno qualche mese dopo la fine di BeyBlade, ma così sembra piuttosto un prequel! Come se non bastasse, i personaggi sembrano regrediti anche a livello caratteriale, quantomeno il protagonista, Takao, che si comporta in una maniera così infantile da cozzare vistosamente col ritratto del giovane sì scavezzacollo ma anche più maturo della prima serie. Quanto agli altri tre campioni, Kai, Max, Rei, si scopre che si sono separati da Takao e soltanto la comparsa di una nuova minaccia (ennesima organizzazione che vuole servirsi del potere dei Bit Power per scopi malvagi).
La trama può essere divisa in due parti: la prima si incentra sulla lotta contro il team Psykick, composto da quattro Bladers in possesso di cyborg Bit Power (il concetto a me ricorda molto quello dei Cyber Newtype dello Universal Century); la seconda dà ampio spazio alle rivelazioni sulla vera natura dei Bit Power e vede come antagonisti il dottor Zagard e la sua squadra, di cui fa parte anche il figlio Zeo, precedentemente amico di Takao. Anche la prima serie non brillava certo per la complessità della trama o per le tematiche trattate, ma almeno aveva un senso: la squadra dei protagonisti doveva conquistare il titolo mondiale e affrontava una nazionale dietro l'altra, spesso confrontandosi con vecchie conoscenze e fantasmi del passato, per cui l'attenzione era concentrata sui personaggi e non solo, banalmente, sui combattimenti. In BeyBlade V-Force, invece, al centro della storia ci sono i Bit Power, con tutto ciò che ne deriva: organizzazioni che vogliono creare Bit Power artificiali, gente che vuole sigillare perché li ritiene pericolosi, rivelazioni sull'origine di questi spiriti animali… ma questo non sarebbe un male, se ci fossero personaggi interessanti. Il problema è che i nuovi personaggi non sono nemmeno paragonabili a quelli della prima serie, che per quanto stereotipati (l'italiano dongiovanni, il francese snob, l'americano cafone amante dello sport, il cinese che pratica le arti marziali) si lasciavano apprezzare in questa loro semplicità; quanto ai vecchi, sono irriconoscibili e sembrano non aver subito nessun percorso di maturazione. L'unico personaggio davvero interessante è Zeo, prima amico e poi nemico di Takao, che nasconde un segreto incredibile, un vero e proprio colpo di scena.
L'unica consolazione è che a questa serie mediocre ne segue una terza, l'ultima della "trilogia" di Takao e compagni, intitolata BeyBlade G-Revolution, che riesce a essere più gradevole, forse anche per via del ritorno di molte vecchie glorie della serie del 2001.
"Beyblade V-Force" è un seguito tecnicamente evoluto, ma la cui storia e coerenza dopo la bella prima serie presentano svariate lacune: è davvero il campione del mondo di beyblade quel ragazzino così immaturo e viziato, alle prese con i ritardi e i sonnellini a lezione? Possibile che abbia perso tutti i contatti con la squadra per cui sarebbe morto fino a un episodio prima? E' cresciuto d'età o è ringiovanito? Queste saranno alcune tra le più sgradevoli sorprese che vi attendono al varco di questa seconda stagione. L'inizio è penoso, letteralmente. Vediamo spaccati di vita di Takao e del professore, e ci viene presentata Hilary, questo nuovo personaggio abbastanza insopportabile ma che almeno farà un po' da controparte a Takao in assenza di Kei, in quanto prof. e mocciosetti vari non possono che prender per oro colato tutto ciò che il "campione del mondo", in quanto tale, dice e ordina.
La serie, date queste basi, sarebbe da drop istantaneo. Eppure vi assicuro che dal quarto-quinto episodio piano piano ingrana, i nemici non tardano a farsi vivi, e non parlo dei patetici mister X/Y/Z che sono una spina nel fianco per i protagonisti e pure per il pubblico, quanto di una misteriosa associazione interessata a ricercare e condurre esperimenti sui bit power. Da ciò si sviluppano una serie di saghe che vedranno in ordine il ricongiungimento della squadra dei Bladebreakers, un furto di persona, esperimenti sulle trottole e sui bit power fino a un agguerritissimo torneo tra bit normali e digitali.
E dopo tutto ciò, corrispondente grossomodo alla prima metà di episodi, la serie "ri-crolla" rovinosamente su se stessa. Il torneo mondiale è trattato massimo in una decina di episodi, ma almeno è in quest'ultimo arco che si fanno strada i personaggi più interessanti, tra i quali Zeo, che custodisce un tragico segreto. Il finale tuttavia risulta insapore, direi che è stato uno dei finali più deludenti che abbia mai visto, sebbene faccia presagire un seguito (e che seguito!).
Vediamo dunque di concludere qui la recensione della peggiore tra le tre serie, che nonostante il progresso (o difetto, a seconda di come la si voglia vedere) non indifferente di aggiungere la computer grafica per i combattimenti, non sfugge a una bella bocciatura. Come mi deluse a quattordici anni, ancora oggi mi sorprende per la sua superficialità. Evitate come la peste la versione americana, contraddistinta da dialoghi stravolti, musica elettronica di fondo per i combattimenti(!) e innumerevoli e ingiustificate censure; quella non è da 5, ma da -5. Qualora la droppaste in anticipo, vedete invece di non perdervi il seguito, che, come anticipato, è il culmine (in positivo) di tutta la saga.
La serie, date queste basi, sarebbe da drop istantaneo. Eppure vi assicuro che dal quarto-quinto episodio piano piano ingrana, i nemici non tardano a farsi vivi, e non parlo dei patetici mister X/Y/Z che sono una spina nel fianco per i protagonisti e pure per il pubblico, quanto di una misteriosa associazione interessata a ricercare e condurre esperimenti sui bit power. Da ciò si sviluppano una serie di saghe che vedranno in ordine il ricongiungimento della squadra dei Bladebreakers, un furto di persona, esperimenti sulle trottole e sui bit power fino a un agguerritissimo torneo tra bit normali e digitali.
E dopo tutto ciò, corrispondente grossomodo alla prima metà di episodi, la serie "ri-crolla" rovinosamente su se stessa. Il torneo mondiale è trattato massimo in una decina di episodi, ma almeno è in quest'ultimo arco che si fanno strada i personaggi più interessanti, tra i quali Zeo, che custodisce un tragico segreto. Il finale tuttavia risulta insapore, direi che è stato uno dei finali più deludenti che abbia mai visto, sebbene faccia presagire un seguito (e che seguito!).
Vediamo dunque di concludere qui la recensione della peggiore tra le tre serie, che nonostante il progresso (o difetto, a seconda di come la si voglia vedere) non indifferente di aggiungere la computer grafica per i combattimenti, non sfugge a una bella bocciatura. Come mi deluse a quattordici anni, ancora oggi mi sorprende per la sua superficialità. Evitate come la peste la versione americana, contraddistinta da dialoghi stravolti, musica elettronica di fondo per i combattimenti(!) e innumerevoli e ingiustificate censure; quella non è da 5, ma da -5. Qualora la droppaste in anticipo, vedete invece di non perdervi il seguito, che, come anticipato, è il culmine (in positivo) di tutta la saga.