I cartoni animati giapponesi hanno una particolarità. Possono narrare di qualsiasi cosa, dal wrestling al golf, dalle panetterie ai giochi di carte, dalla pallavolo alla caccia, dalla mitologia greca alla vita scolastica, e riusciranno a creare comunque, nella maggior parte dei casi, una storia epica, sofferta, passionale o apocalittica, che terrà gli spettatori incollati allo schermo con gran passione.
Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade, "Beyblade: Rotazione esplosiva, Lancio"), serie animata tratta dal manga omonimo di Takao Aoki trasmessa sulle tv giapponesi esattamente vent'anni fa (la prima puntata è dell'8 gennaio 2001), è un buon esempio di questa caratteristica dei cartoni animati giapponesi, perché anche lui parte da una base semplice, semplicissima, e ci costruisce sopra epici castelli.
I Beyblade, gli oggetti su cui ruota tutta la trama, altro non sono che delle semplici trottole composte da pezzi di metallo intercambiabili Mini 4WD-like, e la serie non inizia che da qui, da un gruppo di ragazzini che giocano a sfidarsi con queste trottole, che girano e si scontrano fra loro, finché una delle due non perde la carica e, dunque, la sfida.
Anche Takao Kinomiya, il protagonista della storia, non è che un ragazzino molto comune, nel quale però convivono due anime: quella dell'allegro ragazzino anni '90, con il berretto da baseball e un abbigliamento molto casual che segue il modello sdoganato dal Satoshi di Pocket Monsters, dal carattere aperto, semplice, simpatico e un po' sbruffone e dalle grandi qualità interiori; e quella del protagonista vecchio stampo, destinato a grandi eroismi e a duri addestramenti che faranno emergere il campione che è in lui. Takao è a metà fra queste due tipologie di personaggio: vive con il rigido nonno, proprietario di un dojo di arti marziali, che lo allena nel kendo ogni giorno, e vive a contatto con una spiritualità tutta giapponese di cui però il ragazzo non si rende conto, ribelle e rampante com'è, tutto preso solo dai suoi giochi e dalle sue trottole, a cui però si dedica con inaspettata serietà.
Colonna portante e simbolo dell'intera serie, Takao ci mostra immediatamente come Beyblade riesca a incarnare perfettamente tutte le caratteristiche proprie dell'animazione giapponese, pur calandole in un contesto moderno.
Ragazzini che giocano con le trottole, quindi. Sì, Beyblade, di base, è questo, ma i giochi di Takao e compagni si trasformano ben presto in spettacolari, pericolose e avvincenti battaglie (non mortali, ma quasi, negli ultimi episodi e nelle serie successive della saga ci si andrà molto vicino), che costeranno ai personaggi grandi sacrifici e rappresenteranno dure prove, sul lato emozionale e persino su quello fisico. Azzeccatissima intuizione, che ha contribuito in gran parte al successo della serie, è infatti quella di rappresentare gli scontri fra i Beyblade su due piani. Il primo è quello, appunto, delle due trottole che si muovono girando in uno scenario e si scontrano cozzando fra loro finché una delle due non cade, reso più vario e interessante dall'uso di scenari particolari come piste innevate, acquatiche o muraglie che generano scontri sempre differenti. Il secondo è quello dei cosiddetti "Bit Power", creature mitologiche rappresentate come una sorta di spiriti monocromatici che dimorano dentro la trottola donandole potere e che, all'occorrenza, ne vengono fuori per combattersi simbolicamente fra loro in scene di grande potenza visiva. Proprio queste leggendarie creature sono uno degli elementi di maggior fascino della serie: avvolti nella loro maestosa luce monocromatica, i Bit Power affascinano lo spettatore presentandosi ai suoi occhi come leoni, bufali, orsi, felini, balene, lupi, scorpioni, coccodrilli, aquile, serpenti, falchi, ma anche e soprattutto come creature mitologiche quali unicorni, grifoni, vampiri, lupi mannari o esseri delle credenze orientali.
I quattro personaggi principali della storia, infatti, sono legati alle quattro bestie che nella mitologia cinese e giapponese sono a guardia dei punti cardinali: il dragone azzurro (Seiryu / Qing Long) che risiede nel Beyblade di Takao, Dragoon; la fenice rossa (Suzaku / Zhuqiao) che risiede nel Beyblade del tormentato rivale Kai, Dranzer; la tigre bianca (Byakko / Baihu) che risiede nel Beyblade del cinese Rei, Driger, e la tartaruga nera (Genbu / Xuan Wu) che risiede nel Beyblade del pacato sanguemisto Max, Draciel.
Dietro la facciata di una serie per ragazzini, dunque, si nasconde anche un'anima più profonda, che non manca di riferirsi di continuo a elementi culturali, come già accadeva in storie passate come Saint Seiya o Sailor Moon, o come negli stessi anni faceva la serie Digimon.
Non di solo trottole e bestie leggendarie vive, però, Beyblade, bensì gran parte del suo fascino risiede innanzitutto nei suoi personaggi, i ragazzini che si sfidano a colpi di trottole. Come da tradizione dei cartoni animati giapponesi, infatti, anche un gioco con le trottole riesce a diventare un palcoscenico dove fare salire personaggi dalle fisicità e dai caratteri più svariati. Non cercano di fuggire dagli archetipi della narrativa giapponese per ragazzi, ma ce li ripropongono tutti: il protagonista sbruffoncello ma indomito, buono e coraggioso; il rivale cool dal passato doloroso che persegue la forza e non disdegna un passaggio al male per ottenerla; il piccolo secchioncello con gli occhiali spessi; l'amico allegro e compagnone che compensa la sua debolezza nel combattimento con una grande forza interiore; il piccolo psicopatico; il gigante buono; il bambino prodigio; la ragazza innamorata e via dicendo.
La serie sarà idealmente divisa in quattro tronconi, corrispondenti a quattro tornei di Beyblade organizzati in quattro diverse parti del mondo: Giappone, Cina, America e Russia, con le ultime due inframezzate da un tour di vari paesi dell'Europa. Ognuna di queste quattro saghe è dedicata a uno dei quattro protagonisti Takao, Rei, Max e Kai, di cui verranno scandagliati il carattere, il passato, le motivazioni, i legami con la famiglia e con gli amici o nemici, e in ognuna di queste verranno presentati numerosi rivali per il quartetto, costruiti in modo da ricalcare i vari stereotipi e luoghi comuni delle popolazioni d'appartenenza. Ad esempio i cinesi dediti unicamente alle arti marziali, il francese fissato con la cucina di classe, gli americani smargiassi, l'italiano guascone ed eterno gladiatore dell'antica Roma, il tedesco nobile che vive in un castello alla Wolfgang Krauser, l'inglese tennista di Wimbledon, i russi rimasti ancorati alla Guerra Fredda che covano sogni di conquista. Cose che si rifletteranno anche nelle loro trottole, nelle loro bestie sacre o negli scenari in cui combattono. Personaggi magari non indimenticabili, magari non originalissimi, ma che svolgono il loro lavoro e riescono a farsi amare (e anche odiare, all'occorrenza) dallo spettatore.
Sul palcoscenico degli scontri fra trottole e bestie leggendarie, Beyblade mette in scena tutto ciò che serve ad una serie animata giapponese per ragazzi, e non si fa mancare proprio niente: sacrifici, duri allenamenti (i ragazzi frequentano palestre e centri specializzati, fanno ritiri, fanno arti marziali, ma il massimo sforzo che poi devono fare è tirare la cordicella per lanciare la trottola!), contrasti in famiglia, ragazzi dal carattere problematico, amori, vendette, fiducia in se stessi, slealtà, tradimenti, ingiustizie, cattivi che vogliono conquistare il mondo, flashback, crescite psicologiche, cambi di fronte, ma, soprattutto, gli amici. Ancora una volta, ritroviamo quell'amicizia esasperata, fortissima, calorosa, sofferta, affettuosa, potente che ammanta tutte le produzioni giapponesi per ragazzi. Ragazzini che in un primo momento se la tirano, si affrontano fra loro, hanno dei contrasti o delle antipatie reciproche, poi, affrontando numerose battaglie, diventano via via sempre più vicini, scoprendosi amici, in virtù di una passione che li accomuna e li diverte, facendogli dimenticare tutte le ostilità, al punto che in uno dei punti più belli ed emotivamente coinvolgenti della serie i protagonisti lottano con tutta l'anima per fare aprire gli occhi a un loro amico che ha abbandonato la retta via ma in cui loro non hanno mai smesso di avere fiducia. E nello stesso finale della storia il messaggio che viene lanciato allo spettatore è che non ci sono barriere geografiche, culturali o caratteriali che tengano, a Beyblade può giocare chiunque, e tramite il Beyblade chiunque può divertirsi e trovare degli amici con cui condividere un rapporto sincero, anche se magari un po' turbolento.
Beyblade racconta le sue sfide con un comparto tecnico molto ben realizzato. Il disegno, pur non essendo eccezionale e distinguendosi in parte da quello del manga d'origine, ha un tratto molto personale che rende unico ogni personaggio. La grafica, i colori e le animazioni sono molto buoni, riuscendo a generare momenti di grande impatto scenico nelle fasi più importanti della storia o nei combattimenti con i Bit Power, in cui i variopinti spiriti monocromatici delle bestie sacre formano un bellissimo arcobaleno. La seconda e la terza stagione della serie (rispettivamente del 2002 e del 2003) apporranno poi diversi cambiamenti nella grafica, che renderanno unico e mai imitato in seguito, e perciò dotato di un fascino tutto suo, questo primo approccio ai Beyblade.
Ottimo il comparto sonoro, ricco di musiche orchestrate molto varie e spesso epiche e coinvolgenti e con un'allegra e ritmata sigla d'apertura. Buono è anche il doppiaggio italiano, che schiera praticamente tutti i fuoriclasse della scuola milanese, ognuno perfettamente calato nel suo ruolo. In Italia, la prima serie è stata trasmessa nel 2003 su Italia 1, fortunatamente in una versione priva delle censure americane che hanno modificato totalmente i nomi dei personaggi e le musiche, con l'unica eccezione della sigla italiana (bruttina) di Giorgio Vanni a sostituire quelle originali. La seconda e terza serie sono arrivate in seguito, tra il 2003 e il 2004, mentre il manga, pubblicato dalla Play Press tra il 2003 e il 2004, non ha avuto molta fortuna ed è stato interrotto dopo nove numeri dei quattordici totali (la parte relativa alla terza serie è totalmente inedita). Più fortunati, i giocattoli della serie, che sono arrivati con successo anche in Italia, dando il via ad una breve ma intensa moda delle "trottole" anche nel nostro paese.
Beyblade (Bakuten Shoot Beyblade, "Beyblade: Rotazione esplosiva, Lancio"), serie animata tratta dal manga omonimo di Takao Aoki trasmessa sulle tv giapponesi esattamente vent'anni fa (la prima puntata è dell'8 gennaio 2001), è un buon esempio di questa caratteristica dei cartoni animati giapponesi, perché anche lui parte da una base semplice, semplicissima, e ci costruisce sopra epici castelli.
I Beyblade, gli oggetti su cui ruota tutta la trama, altro non sono che delle semplici trottole composte da pezzi di metallo intercambiabili Mini 4WD-like, e la serie non inizia che da qui, da un gruppo di ragazzini che giocano a sfidarsi con queste trottole, che girano e si scontrano fra loro, finché una delle due non perde la carica e, dunque, la sfida.
Anche Takao Kinomiya, il protagonista della storia, non è che un ragazzino molto comune, nel quale però convivono due anime: quella dell'allegro ragazzino anni '90, con il berretto da baseball e un abbigliamento molto casual che segue il modello sdoganato dal Satoshi di Pocket Monsters, dal carattere aperto, semplice, simpatico e un po' sbruffone e dalle grandi qualità interiori; e quella del protagonista vecchio stampo, destinato a grandi eroismi e a duri addestramenti che faranno emergere il campione che è in lui. Takao è a metà fra queste due tipologie di personaggio: vive con il rigido nonno, proprietario di un dojo di arti marziali, che lo allena nel kendo ogni giorno, e vive a contatto con una spiritualità tutta giapponese di cui però il ragazzo non si rende conto, ribelle e rampante com'è, tutto preso solo dai suoi giochi e dalle sue trottole, a cui però si dedica con inaspettata serietà.
Colonna portante e simbolo dell'intera serie, Takao ci mostra immediatamente come Beyblade riesca a incarnare perfettamente tutte le caratteristiche proprie dell'animazione giapponese, pur calandole in un contesto moderno.
Ragazzini che giocano con le trottole, quindi. Sì, Beyblade, di base, è questo, ma i giochi di Takao e compagni si trasformano ben presto in spettacolari, pericolose e avvincenti battaglie (non mortali, ma quasi, negli ultimi episodi e nelle serie successive della saga ci si andrà molto vicino), che costeranno ai personaggi grandi sacrifici e rappresenteranno dure prove, sul lato emozionale e persino su quello fisico. Azzeccatissima intuizione, che ha contribuito in gran parte al successo della serie, è infatti quella di rappresentare gli scontri fra i Beyblade su due piani. Il primo è quello, appunto, delle due trottole che si muovono girando in uno scenario e si scontrano cozzando fra loro finché una delle due non cade, reso più vario e interessante dall'uso di scenari particolari come piste innevate, acquatiche o muraglie che generano scontri sempre differenti. Il secondo è quello dei cosiddetti "Bit Power", creature mitologiche rappresentate come una sorta di spiriti monocromatici che dimorano dentro la trottola donandole potere e che, all'occorrenza, ne vengono fuori per combattersi simbolicamente fra loro in scene di grande potenza visiva. Proprio queste leggendarie creature sono uno degli elementi di maggior fascino della serie: avvolti nella loro maestosa luce monocromatica, i Bit Power affascinano lo spettatore presentandosi ai suoi occhi come leoni, bufali, orsi, felini, balene, lupi, scorpioni, coccodrilli, aquile, serpenti, falchi, ma anche e soprattutto come creature mitologiche quali unicorni, grifoni, vampiri, lupi mannari o esseri delle credenze orientali.
I quattro personaggi principali della storia, infatti, sono legati alle quattro bestie che nella mitologia cinese e giapponese sono a guardia dei punti cardinali: il dragone azzurro (Seiryu / Qing Long) che risiede nel Beyblade di Takao, Dragoon; la fenice rossa (Suzaku / Zhuqiao) che risiede nel Beyblade del tormentato rivale Kai, Dranzer; la tigre bianca (Byakko / Baihu) che risiede nel Beyblade del cinese Rei, Driger, e la tartaruga nera (Genbu / Xuan Wu) che risiede nel Beyblade del pacato sanguemisto Max, Draciel.
Dietro la facciata di una serie per ragazzini, dunque, si nasconde anche un'anima più profonda, che non manca di riferirsi di continuo a elementi culturali, come già accadeva in storie passate come Saint Seiya o Sailor Moon, o come negli stessi anni faceva la serie Digimon.
Non di solo trottole e bestie leggendarie vive, però, Beyblade, bensì gran parte del suo fascino risiede innanzitutto nei suoi personaggi, i ragazzini che si sfidano a colpi di trottole. Come da tradizione dei cartoni animati giapponesi, infatti, anche un gioco con le trottole riesce a diventare un palcoscenico dove fare salire personaggi dalle fisicità e dai caratteri più svariati. Non cercano di fuggire dagli archetipi della narrativa giapponese per ragazzi, ma ce li ripropongono tutti: il protagonista sbruffoncello ma indomito, buono e coraggioso; il rivale cool dal passato doloroso che persegue la forza e non disdegna un passaggio al male per ottenerla; il piccolo secchioncello con gli occhiali spessi; l'amico allegro e compagnone che compensa la sua debolezza nel combattimento con una grande forza interiore; il piccolo psicopatico; il gigante buono; il bambino prodigio; la ragazza innamorata e via dicendo.
La serie sarà idealmente divisa in quattro tronconi, corrispondenti a quattro tornei di Beyblade organizzati in quattro diverse parti del mondo: Giappone, Cina, America e Russia, con le ultime due inframezzate da un tour di vari paesi dell'Europa. Ognuna di queste quattro saghe è dedicata a uno dei quattro protagonisti Takao, Rei, Max e Kai, di cui verranno scandagliati il carattere, il passato, le motivazioni, i legami con la famiglia e con gli amici o nemici, e in ognuna di queste verranno presentati numerosi rivali per il quartetto, costruiti in modo da ricalcare i vari stereotipi e luoghi comuni delle popolazioni d'appartenenza. Ad esempio i cinesi dediti unicamente alle arti marziali, il francese fissato con la cucina di classe, gli americani smargiassi, l'italiano guascone ed eterno gladiatore dell'antica Roma, il tedesco nobile che vive in un castello alla Wolfgang Krauser, l'inglese tennista di Wimbledon, i russi rimasti ancorati alla Guerra Fredda che covano sogni di conquista. Cose che si rifletteranno anche nelle loro trottole, nelle loro bestie sacre o negli scenari in cui combattono. Personaggi magari non indimenticabili, magari non originalissimi, ma che svolgono il loro lavoro e riescono a farsi amare (e anche odiare, all'occorrenza) dallo spettatore.
Sul palcoscenico degli scontri fra trottole e bestie leggendarie, Beyblade mette in scena tutto ciò che serve ad una serie animata giapponese per ragazzi, e non si fa mancare proprio niente: sacrifici, duri allenamenti (i ragazzi frequentano palestre e centri specializzati, fanno ritiri, fanno arti marziali, ma il massimo sforzo che poi devono fare è tirare la cordicella per lanciare la trottola!), contrasti in famiglia, ragazzi dal carattere problematico, amori, vendette, fiducia in se stessi, slealtà, tradimenti, ingiustizie, cattivi che vogliono conquistare il mondo, flashback, crescite psicologiche, cambi di fronte, ma, soprattutto, gli amici. Ancora una volta, ritroviamo quell'amicizia esasperata, fortissima, calorosa, sofferta, affettuosa, potente che ammanta tutte le produzioni giapponesi per ragazzi. Ragazzini che in un primo momento se la tirano, si affrontano fra loro, hanno dei contrasti o delle antipatie reciproche, poi, affrontando numerose battaglie, diventano via via sempre più vicini, scoprendosi amici, in virtù di una passione che li accomuna e li diverte, facendogli dimenticare tutte le ostilità, al punto che in uno dei punti più belli ed emotivamente coinvolgenti della serie i protagonisti lottano con tutta l'anima per fare aprire gli occhi a un loro amico che ha abbandonato la retta via ma in cui loro non hanno mai smesso di avere fiducia. E nello stesso finale della storia il messaggio che viene lanciato allo spettatore è che non ci sono barriere geografiche, culturali o caratteriali che tengano, a Beyblade può giocare chiunque, e tramite il Beyblade chiunque può divertirsi e trovare degli amici con cui condividere un rapporto sincero, anche se magari un po' turbolento.
Beyblade racconta le sue sfide con un comparto tecnico molto ben realizzato. Il disegno, pur non essendo eccezionale e distinguendosi in parte da quello del manga d'origine, ha un tratto molto personale che rende unico ogni personaggio. La grafica, i colori e le animazioni sono molto buoni, riuscendo a generare momenti di grande impatto scenico nelle fasi più importanti della storia o nei combattimenti con i Bit Power, in cui i variopinti spiriti monocromatici delle bestie sacre formano un bellissimo arcobaleno. La seconda e la terza stagione della serie (rispettivamente del 2002 e del 2003) apporranno poi diversi cambiamenti nella grafica, che renderanno unico e mai imitato in seguito, e perciò dotato di un fascino tutto suo, questo primo approccio ai Beyblade.
Ottimo il comparto sonoro, ricco di musiche orchestrate molto varie e spesso epiche e coinvolgenti e con un'allegra e ritmata sigla d'apertura. Buono è anche il doppiaggio italiano, che schiera praticamente tutti i fuoriclasse della scuola milanese, ognuno perfettamente calato nel suo ruolo. In Italia, la prima serie è stata trasmessa nel 2003 su Italia 1, fortunatamente in una versione priva delle censure americane che hanno modificato totalmente i nomi dei personaggi e le musiche, con l'unica eccezione della sigla italiana (bruttina) di Giorgio Vanni a sostituire quelle originali. La seconda e terza serie sono arrivate in seguito, tra il 2003 e il 2004, mentre il manga, pubblicato dalla Play Press tra il 2003 e il 2004, non ha avuto molta fortuna ed è stato interrotto dopo nove numeri dei quattordici totali (la parte relativa alla terza serie è totalmente inedita). Più fortunati, i giocattoli della serie, che sono arrivati con successo anche in Italia, dando il via ad una breve ma intensa moda delle "trottole" anche nel nostro paese.
Ha dunque un fondo di verità la leggenda. I giapponesi riescono a prendere qualsiasi cosa - anche la storia di bambini che giocano con le trottole, in questo caso - e a trasformarla in battaglie furiose, allenamenti, sacrifici, urla, tradimenti, creature mistiche, spiritualità, amicizie epiche ed esagerate e/o linee di giocattoli da esportare con successo in tutto il mondo. Ne abbiamo qui la prova lampante, di come i giapponesi, queste loro caratteristiche, non le abbandonino mai, neppure agli albori del nuovo millennio, nel mondo dei videogiochi e del collezionismo. Beyblade è dunque una serie per ragazzi, dal chiaro intento commerciale, che vuole lanciare linee di trottole componibili da vendere ai bambini (e ci è riuscita), ma anche intrattenerli, quei bambini, e insegnare loro ancora una volta il valore dell'impegno, della giustizia, della correttezza, dell'amicizia. Anche se quei bambini non praticheranno le arti marziali che i loro genitori o i loro nonni tradizionalisti vorrebbero inculcargli come saggi insegnamenti di vita provenienti dal passato, non si preoccupino, perché i bambini mettono già tutto il loro cuore in quello che fanno, foss'anche giocare alle trottole con gli amichetti, e hanno già, dentro il loro piccolo cuore, lo spirito di un vero uomo giapponese del domani, anche se per il momento è ancora sopito e si manifesta solo a piccoli bagliori. Lo spettatore più grandicello potrà, comprensibilmente, storcere il naso alla vista di questi ragazzini che esasperano in maniera tragica delle semplici sfide con le trottole, di semplici trottole da cui escono fuori dragoni, tigri e fenici, e di scienziati pazzi che con queste trottole vogliono conquistare il mondo, ma Beyblade non è poi tanto diverso dalle storie "nekketsu" dei suoi tempi, dove la passione veniva veicolata con la pallavolo o con il calcio. Cambia il mezzo, ma non il messaggio, che è sempre positivo e degno di essere appreso dai bambini di ogni tempo e luogo.
Durò poco il successo, un anno e mezzo circa, breve ma intenso. Poi con l'avvento di Yu-Gi-Oh! si eclissò definitivamente.
Che poi c'erano quelle con la punta in plastica e quelle con la punta in metallo... A quel punto c'erano 2 scelte, o il cemento o i buchi per casa...
Quando volavano i pezzi nell'impatto, lì era la vera soddisfazione.
*segue mia porzione di spammone personale, warning wottone super egocentrico ma non ho resistito, pardon ç.ç*
È una serie che amo anche perchè è stata la seconda grande fissa della mia infanzia, solo Pokémon fino ad allora mi aveva fatto appassionare così tanto. Ci sono tantissimi motivi, soprattutto legati a internet: quando queste serie uscirono, erano gli anni che l’adsl finalmente entrava in casa mia e mi permise quindi per la prima volta di navigare sul web “per diletto”, difatti il primissimo forum che frequentai era proprio a tema beyblade, la prima webmistress che conobbi (ci scambiavamo fanart e fanfic via mail) gestiva un sito a tema beyblade, il primo amv che creai era a tema beyblade, i primi prodotti importati che comprai online erano di un negozio di roma che vendeva su internet beyblade, i primi fangroup in cui mi imbattei erano di beyblade, e miseriaccia, persino il primissimo mio incontro col bl (che mi traumatizzò abbastanza… poi diversi anni dopo riconsiderai X)) riguardava gente di beyblade. “OTL Lasciamo stare gli mp3 delle sigle giapponesi che qualche webmaster idolo aveva reperito chissà dove, i giochi bellissimi per GBA mai usciti qui (qui ci arrivarono solo le traduzioni di quelli per il mercato USA che erano molto scarsi al confronto :/) da giocarsi tutti su emulatore, o il fatto che il mio cantante cinese preferito l’abbia scoperto perchè aveva cantato la versione locale di beyblade. XD E quando non ero sul web a fare la fanatica di beyblade, o giocavo con le trottole per conto mio o andavo ogni weekend dal mio migliore amico (o lui veniva da me) a giocare a beyblade, poi ogni tanto si beccava la trottola taroccona in regalo con qualche magazine più o meno piratato in edicola, quelle fatte totalmente di ferro erano le più letali)… poi quando era ora di tornare a casa o si andava a mangiare la pizza in macchina gli spammavo tutte le sigle masterizzate sui cd, non fosse mai che non le conoscesse XD Nel 2004 poi ricordo che fangirlavo con una mia amica tutti i pomeriggi che andavamo a fare sport, lei tra l’altro mi fece conoscere anche il manga, che fu la primissima serie che comprai con cognizione *w* Ah, che bei ricordi… ad oggi ho ancora una discreta collezione di beyblade a farmi compagnia in un angolo di casa, il mio sogno è sempre stato quello di collezionare tutte quelle dei personaggi dell’anime, l’ultima follia l’ho fatta l’anno scorso quando in un negozio d’usato ho trovato Wyborg e l’ho preso perchè mi mancava, ignorando la mia veneranda età U.U
Quanta verità, avevo delle compagne alle medie fanatiche su di lui ahahah! A me invece non è mai piaciuto... Dei Bladebreakers in particolare non avevo un personaggio preferito, se proprio proprio Takao ma c'era comunque gente in altre squadre che mi piaceva di più XD
Le altre 9 c'è l'hanno alcune mediaset, alcune sky, alcune Netflix, insomma sono sparse e divise quà e là.
Ricordo comunque che i duelli tra possessori dei Beyblade duravano anche 5-6 episodi, ma nella realtà se le trottole continuavano a girare per più di 3 secondi dopo il primo scontro era già un record……l’anime era tutta pubblicità ingannevole
Concordo pienamente con l’analisi fatta da TunonsainienteJonSnow, per un breve periodo si impose un po’ più dei Pokemon ma quando poi arrivò Yu-Gi-Oh cadde irreversibilmente nell’oblio (anche per me per quanto mi riguarda, dato che sia mi sono affezionato di più e sia ricordo molto meglio i duelli di Yugi & co.).
Tornando a Beyblade……….chissà, se un giorno gli episodi dovessero tornare disponibili su internet su qualche piattaforma potrei anche pensarci a riguardarlo (la serie “classica” intendo, o al massimo anche il V-Force).
Mamma mia troppo ricordi, mi ricordo che al tempo ero tra la prima e la seconda elementare ed effettivamente in quel periodo si andava a scuola solo per le battaglie Blade nell'intervallo xD . Un mio compagno riclicava sotto banco pezzi "modificati" di dubbia provenienza!
Vero! Le "San Carlo"... Cosa hai ritirato fuori.
Mi sono messo a ridere come un ritardato.
Vabbeh. Io ancora oggi ho le pare su Beyblade e mi canticchio la canzone storpiandola in vari modi...soprattutto mentre sono al bagno...
Parlando di sfide di beyblade fatte a quei tempi, con mio fratello, ricordo di aver comprato vicino casa una sorta ci "cassetta porta attrezzi" con dentro un beyblade fatto tipo di ghisa, era pesantissimo. Lo provai contro il beyblade di mio fratello e gli spaccai la parte sopra del suo beyblade. Pianse, ce l'ebbe con me per giorni, mi costrinse a regalargli un mio beyblade fino a quando mia madre non glielo ricomprò...che bei giorni.
Seh punta in metallo, cosa sono queste cose serie, a casa mia tarocconi di plastica, ma andavano benissimo lo stesso per disfare la casa
Madò, per colpa sua ho disegnato ragazzini con le strisce in faccia per anni
ahaha le storpiature sono figlie dei tempi, ogni sigla di qualsiasi cartone era più o meno soggetta a storpiature di ogni tipo, ancora oggi eheh...
Se ne trovavano veramente di ogni tipo; E tra quelli e i Pokémon non era facile la scelta...
Adesso che ci penso ne uscirono veramente parecchie versioni... Quelli con il lanciatore "più potente" con l'impugnatura (come nel cartone) e quelli solo con il lanciatore piccolo (chiamiamolo base), quelli con le cordicelle con impugnature diverse, quelli in simil cartone nelle patatine, addirittura ricordo quelli a portachiavi... Il boom fu bello potente in quegli anni.
Ero super in fissa con Beyblade, adoravo l'anime, i personaggi non li ho mai dimenticati ❤️
Le prime serie erano bellissime. spero tanto in un remake anche qua, però preferirei che i protagonisti rimanessero con un character più verso quello della prima serie rispetto alla seconda o terza dove facevano "lo strano caso di Ash Ketchum" e ringiovanivano che sembravano sempre più bambini XD
La 1a e la 3a sono davvero ottime.
La 2a orribile e senza un senso logico (ed infatti mai più e mai poi citata nel sequel).
Sicuramente è un'ottima serie per giovani ragazzi e ha dunque i suoi classici clichè, che tuttavia a inizio anni 2000 non avevano ancora stufato.
Personalmente sono sempre stato affascinato dalla saga finale della 1a serie, in Russia, dove la narrazione si faceva davvero seria e tutti i nodi venivano al pettine.
Anche il torneo mondiale che si sviluppa per i 2/3 della 3a serie merita molto e tutto il percorso di Takao è davvero realistico e ben pensato.
In Giappone forse, magari anche all' estero, ma in Italia è stato dimenticato in fretta, nonostante il grande successo iniziale, e oggi non se lo fila più nessuno.
Io sono l'unico qui dentro che aveva già più di 20 anni quando lo fecero, e ammetto che la prima serie mi acchiappò non poco, tanto che comprai il manga della Play Press ( rimasto incompleto ).
La seconda serie già mi convinceva di meno per via del cambio di chara design, la terza serie già era meglio.
Era cmq una serie che faceva parte della rinascita degli anime sulla tv italiana e del vento che cambiava a loro favore : ad esempio , nessuno fece mai polemica su Mao, una ragazzina delle elementari che aveva la terza di seno .....
Ho seguito pure il manga (c'è addirittura una mia lettera nella posta) e ancora piango per la sua interruzione, nonostante l'anime fosse meglio per le musiche e i combattimenti più spettacolari, mentre decisamente scritto meglio era il manga della serie Metal Fight giunto in Italia per Panini, ma di quello non ho visto l'anime che sicuramente sarà ancora meglio.
Un giorno mi rimetterò in pari rivedendo tutto in giapponese come fatto coi Digimon.
Mi piacerebbe moltissimo poter avere il manga (completo) qui in Italia; sarà quasi impossibile lo so, anche se l'aver portato Pokémon - La Grande Avventura una piccola speranza me l'ha riaccesa...
Gli editori italiani non capiscono molto di cosa vende o meno... già che non si mettano a pubblicare manga tratti da videogiochi, dimostra quanto sono poco svegli.
Non hanno mai pubblicato neppure il manga di Dash! Yonkuro, non vedo perché dovrebbero provarci con BB..
Le sigle di Giorgio Vanni possono essere quello che volete ma rimarranno parte della nostra infanzia! 💞
I pomeriggi tattici dopo scuola passati davanti la tv... Uno dei pochi episodi che ricordo è di uno che ci stava mettendo le penne contro uno dall'animo abbastanza sadico e cattivo 😅
Ricordo la mia valigetta con i Beyblade comprati sulla bancarella della fiera di paese, le battaglie con mio cugino, i pezzi che volavano... Che bei tempi spensierati 😌
Non è come dici: i manga , proprio nel boom di fine anni 90 ( che endevano 10 volte quello che vendono oggi ) li leggevano sopratutto i bimbi di 10 anni... che poi i fumetti di Bayblade non fossero il massimo, rispetto ad altri titoli in edicola come Ranma, DB, OP ecc... e quindi non riuscirono a imporsi in edicola , quello è un altro discorso.
Oggi Pokemon vende perché appunto rivolto agli adulti nostalgici che comprano i cofanetti manga ( che hanno tirature ridicole rispetto a quelle da edicola, e quindi riescono a rientrare nei costi ) .
Perché non fare lo stesso con Dash! Yonkuro e BB ?
Risposta: perché chi cura i titoli da pubblicare, quelle serie non le ha mai viste in quanto già adulto all' epoca, e non gliene può fregare di meno ( e prefeisce pubblicare cose come Creamy , Mazinga, la Stella della Senna che fanno invece parte della sua infanzia ).
Pokemon è un colosso che fa storia a sé, naturalmente nulla vieta che si possa provare a pubblicare tutto, ma il pubblico comprerà? Sinora abbiamo avuto molti precedenti negativi, quindi non li biasimo se non vogliono rischiare a ripubblicare un manga come Beyblade che obbiettivamente non è nulla di che (l'anime ha dei ritmi più rilassati e rende meglio in tutto), che sarebbe schifato da tutti così come è stato schifato da tutti già all'epoca della prima pubblicazione, e che è uno di quei manga che non riescono a vendere avulsi dai giocattoli nei negozi e dall'anime trasmesso in tv allo stesso tempo (e Beyblade non ci è riuscito neanche così).
Io magari completerei la raccolta lasciata incompleta dalla Play Press, ma a distanza di così tanti anni quanti lo farebbero?
Alle elementari con lo zaino e le vere e proprie trottole, mamma mia!
Come ti ho già spiegato, all' epoca non vendevano perché uscivano in edicola, che aveva/ha bisogno di tirature e vendite alte per sopravvivere.
Ma adesso che esce tutto in fumetteria, di solito in 1000 copie. è facile trovare 1000 persone che li comprano.
Senza contare anche chi dall' estero, grazie ad Amazon, si compra edizioni più abbordabili e comprensibili di quelle nipponiche .
Secondo te, perché oggi pubblicano tutti quei manga stra- vecchi , come quelli di Tezuka, o la Stella della Senna, o Mach 5 e Judo Boy, che venti anni or sono nessun editore si filava perché " sono vecchi e non venderebbero nulla " ?
Non hai risposto al perché li pubblicano ora e non 20 o più anni fa , quando erano ancora "di moda ".
Magari serie lunghe come Yughi a prezzi stellari farebbero fatica a vendere, ma serie più brevi avrebbero il loro pubblico perché appunto , oggi per vendere hai bisogno di pochissimi lettori .
Hai una fonte di questo dato?
Che era un modo di dire " a noi fa schifo , probabilmente non venderebbe nulla, quindi non lo pubblichiamo ".
Però era una loro opinione .
Per esempio, i Kappa scrissero che il manga di Creamy "non è granché" , Hello SPank "non è granché", Saint Tail non è granché" , Saint Seiya " l'insieme era misero, mentre lì'anime riusciva d essere avvincente " , Kenshin "una noia mortale " e poi li hanno pubblicati tutti !
Ma loro dicevano pure che Alita era mediocre, e che Slam Dunk non lo avrebbero mai pubblicato perché i manga sportivi non vendono", poi smentiti dai fatti .
I manga di Zelda io li ritengo discreti e nulla più , ma da noi hanno venduto molto bene, perché legati a un nome famoso .
Io pubblicherei tutti i manga di Street Figher: sono un marchio famosissimo, sono disegnati in maniera gradevole e sono brevi ( e quindi spingono alla collezionabilità) : mai capito perché nessuno li pubblichi in italiano .
E' meno rischioso pubblicare oggi un Beyblade che un manga degli anni 70 o 60, il cui pubblico di riferimento non si sa se ancora legge i manga.
Dash Yankuro poi ha dalla sua che la maggior parte del manga narra di cose mai viste in tv , e quindi avrebbe un certo appeal anche da parte di chi conosce a memoria l'anime.
E ripeto, oggi le tirature e i punti di pareggio si sono enormemente abbassati, per questo si pubblicato manga vintage che 20 anni fa erano considerati invendibili ( anche perché allora un manga di successo poteva arrivare anche a 50.000 copie, chi voleva perdere tempo a stampare manga che ne avrebbero venduti 1-2000 ? )
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