Fruits Basket 2nd Season
A differenza dell'anime del 2001 questa volta si arriverà a un dunque, non solo c'è la seconda stagione di Fruit Basket, ma in aprile 2021 uscirà il finale, cosa che apprezzo molto, i lavori lasciati appesi nel nulla sono sempre difficili da digerire e il fatto di avere il manga a disposizione non è sempre una garanzia, soprattutto perché la qualità grafica del cartaceo è quantomeno questionabile.
La seconda serie si incentra sulle evoluzioni, forti delle fondamenta gettate con la prima parte dell'anime, siamo ora pronti a vedere tutti gli attori alle prese con le loro guerre personali, le loro crescite interiori, successi, fallimenti e accettazioni, ma soprattutto siamo pronti per vederli alle prese con il vero cardine della maledizione: Akito.
Le aspettative per questa stagione erano tante, e data la forte incentratura di analisi dei personaggi della storia si poteva davvero ben sperare, specialmente visti i tocchi josei che invadevano i toni molesti da shoujo classico.
In parte ce l'ha fatta, abbiamo svariati punti a favore, ci sono chicche incredibili per più personaggi, ma cosa tragica: non nei principali, fatta eccezione per Kyo forse, che viene davvero gestito con presa salda e la crescita è visibile in gesti e dialoghi.
In questa stagione scopriamo i drammi dei singoli personaggi, analizzandoli in puntate personali dedicate, l'introspezione è ben orchestrata, flashback ben organizzati per far capire allo spettatore come si è arrivati all'adesso e potersi godere in pieno l'evoluzione del personaggio, soprattutto nel suo legame con Akito. Nota pregevole come idea di fondo, ma mal gestita, sono i tocchi dark che questa serie tira fuori.
Conoscere Akito, per lo spettatore, pone nella scomoda situazione di essere "l'adulto nella stanza". Lo scioccato è sempre e solo chi guarda, anche la frignante Tohru o i personaggi adulti del giro di fatto non hanno davvero la reazione più coerente allo stato delle cose.
Il capofamiglia in questione è un giovane psicopatico narcisista, con tendenze violente assolutamente non contenute o gestite dalla famiglia, sia da quella Mistica (i 12 + 1) che da quella estesa, che praticamente vivono come servi e basta e per ragioni non spiegate per davvero vengono su con una moralità ed un'etica flessibile perché sì. Akito è perfido e crudele, sicuramente ha un animo fragile, il tipico bullo 101, con un dramma interiore a smuoverlo, ma il modo devastante con cui massacra e tortura i suoi "amati" animali è oltre l'agghiacciante, soprattutto perché la narrativa non vuole guidare ad una spiegazione intensa con qualche indizio in corso d'opera, cosa che non succede nei 25 episodi.
Akito è di fatto un mostro, come lo sia diventato, perché lo sia diventato, perde di importanza man mano che gli altarini sui vari abusi ai 12 vengono fuori (manda gente in ospedale e/o manicomio come se fosse uno sport nazionale), non per fare moralismi, ma c'è un momento in cui si perde il diritto al perdono, e va benissimo, se è questa la direzione dove si vuole andare, ma se si vuole puntare ad un happy ending, le unghie sui vetri della coerenza tra fabula e intreccio si sentono eccome.
Il buonismo di Tohru, tra l'altro, enfatizza il problema del punto del non ritorno per le azioni di Akito, ovviamente è scontato come lei perdoni tutto e tutti, ma è la presentazione allo spettatore che non è dello stesso avviso, che da fastidio quasi da guardare, si perde connessione di intenti con i personaggi. Mentre i soggetti crescono nelle loro personali evoluzioni, e l'adorabile protagonista non si smuove davvero nella sua staticità (angelica era e angelica resta), gli eventi costringono ad una sorta di schieramento, soprattutto per quei personaggi che di fatto sono stati elementi coadiuvanti l'inferno di Akito, ma la narrazione si rifiuta di dare questa pista a chi guarda. Siamo ad un passo dalla resa dei conti e già si sente il buonismo ai limiti del vomitevole bussare alla porta, invece di abbracciare un più crudo realismo sul fatto che non tutte le fratture possono guarire, non tutte le colpe possono essere perdonate.
Le forzature di trama si notano eccome a questo giro, come l'escamotage per smuovere la faccenda su Kureno, la chiave di volta della Maledizione, buttata li come una noticina alla cavolo, con un'improbabile colpo di fulmine ai Konbini che fa cadere tutto il castello di carte. Dà fastidio vedere raffazzonature di comodo perché bisogna dare la soluzione ad un certo punto, ma non si ha la struttura per darla davvero, ed è ancora più triste perché questa è una bella serie, ed ha dimostrato che sanno gestire la narrativa, perché non sforzarsi cinque minuti per un vero colpo di scena?
Insomma alla fine della fiera il manipolatore definitivo (Akito) passa per il deficiente definitivo e Shigure viene promosso a vero ed unico Machiavelli, cosa che per tutta la prima stagione sembrava essere un duello tra chi è in controllo e chi è controllato. Deludente, come il ruolo di Santa di Tohru che non vacilla mai neppure per un secondo per tutta la stagione.
Tra i picchi negativi metto anche la naufragata del triangolo amoroso o circa tale, l'escamotage usato su Yuki è tremendo, e non sta in piedi manco con le stampelle, ma direi che dopo l'abbattimento di Akito questa è poca cosa, tra l'altro avrebbe richiesto una crescita al personaggio di Tohru una vera gestione della faccenda, e sia mai, la shoujo bimba deve rimanere ottusa e dalla mente semplice fino alla fine.
Venendo al comparto tecnico: l'anime mantiene i suoi standard, è ai livelli della prima stagione, ma quello musicale a mio avviso è anche migliore, openings ed endings sono più piacevoli ed orecchiabili.
In conclusione, direi che il mio voto scende a 7, ma continuo a difendere la serie, merita, ha un grosso crollo di stile nella trama, ma l'idea di fondo resta notevole e l'analisi psicologica dei personaggi abbraccia davvero tutto il gruppo e non pochi eletti, nota davvero di pregio.
Ora non c'è che aspettare un miracolo con la conclusione in arrivo ad aprile o abbracciare quel che sarà, ma le fondamenta buttate sembrano puntare ad un poco credibile "e vissero tutti felici e contenti e senza PTSD".
La seconda serie si incentra sulle evoluzioni, forti delle fondamenta gettate con la prima parte dell'anime, siamo ora pronti a vedere tutti gli attori alle prese con le loro guerre personali, le loro crescite interiori, successi, fallimenti e accettazioni, ma soprattutto siamo pronti per vederli alle prese con il vero cardine della maledizione: Akito.
Le aspettative per questa stagione erano tante, e data la forte incentratura di analisi dei personaggi della storia si poteva davvero ben sperare, specialmente visti i tocchi josei che invadevano i toni molesti da shoujo classico.
In parte ce l'ha fatta, abbiamo svariati punti a favore, ci sono chicche incredibili per più personaggi, ma cosa tragica: non nei principali, fatta eccezione per Kyo forse, che viene davvero gestito con presa salda e la crescita è visibile in gesti e dialoghi.
In questa stagione scopriamo i drammi dei singoli personaggi, analizzandoli in puntate personali dedicate, l'introspezione è ben orchestrata, flashback ben organizzati per far capire allo spettatore come si è arrivati all'adesso e potersi godere in pieno l'evoluzione del personaggio, soprattutto nel suo legame con Akito. Nota pregevole come idea di fondo, ma mal gestita, sono i tocchi dark che questa serie tira fuori.
Conoscere Akito, per lo spettatore, pone nella scomoda situazione di essere "l'adulto nella stanza". Lo scioccato è sempre e solo chi guarda, anche la frignante Tohru o i personaggi adulti del giro di fatto non hanno davvero la reazione più coerente allo stato delle cose.
Il capofamiglia in questione è un giovane psicopatico narcisista, con tendenze violente assolutamente non contenute o gestite dalla famiglia, sia da quella Mistica (i 12 + 1) che da quella estesa, che praticamente vivono come servi e basta e per ragioni non spiegate per davvero vengono su con una moralità ed un'etica flessibile perché sì. Akito è perfido e crudele, sicuramente ha un animo fragile, il tipico bullo 101, con un dramma interiore a smuoverlo, ma il modo devastante con cui massacra e tortura i suoi "amati" animali è oltre l'agghiacciante, soprattutto perché la narrativa non vuole guidare ad una spiegazione intensa con qualche indizio in corso d'opera, cosa che non succede nei 25 episodi.
Akito è di fatto un mostro, come lo sia diventato, perché lo sia diventato, perde di importanza man mano che gli altarini sui vari abusi ai 12 vengono fuori (manda gente in ospedale e/o manicomio come se fosse uno sport nazionale), non per fare moralismi, ma c'è un momento in cui si perde il diritto al perdono, e va benissimo, se è questa la direzione dove si vuole andare, ma se si vuole puntare ad un happy ending, le unghie sui vetri della coerenza tra fabula e intreccio si sentono eccome.
Il buonismo di Tohru, tra l'altro, enfatizza il problema del punto del non ritorno per le azioni di Akito, ovviamente è scontato come lei perdoni tutto e tutti, ma è la presentazione allo spettatore che non è dello stesso avviso, che da fastidio quasi da guardare, si perde connessione di intenti con i personaggi. Mentre i soggetti crescono nelle loro personali evoluzioni, e l'adorabile protagonista non si smuove davvero nella sua staticità (angelica era e angelica resta), gli eventi costringono ad una sorta di schieramento, soprattutto per quei personaggi che di fatto sono stati elementi coadiuvanti l'inferno di Akito, ma la narrazione si rifiuta di dare questa pista a chi guarda. Siamo ad un passo dalla resa dei conti e già si sente il buonismo ai limiti del vomitevole bussare alla porta, invece di abbracciare un più crudo realismo sul fatto che non tutte le fratture possono guarire, non tutte le colpe possono essere perdonate.
Le forzature di trama si notano eccome a questo giro, come l'escamotage per smuovere la faccenda su Kureno, la chiave di volta della Maledizione, buttata li come una noticina alla cavolo, con un'improbabile colpo di fulmine ai Konbini che fa cadere tutto il castello di carte. Dà fastidio vedere raffazzonature di comodo perché bisogna dare la soluzione ad un certo punto, ma non si ha la struttura per darla davvero, ed è ancora più triste perché questa è una bella serie, ed ha dimostrato che sanno gestire la narrativa, perché non sforzarsi cinque minuti per un vero colpo di scena?
Insomma alla fine della fiera il manipolatore definitivo (Akito) passa per il deficiente definitivo e Shigure viene promosso a vero ed unico Machiavelli, cosa che per tutta la prima stagione sembrava essere un duello tra chi è in controllo e chi è controllato. Deludente, come il ruolo di Santa di Tohru che non vacilla mai neppure per un secondo per tutta la stagione.
Tra i picchi negativi metto anche la naufragata del triangolo amoroso o circa tale, l'escamotage usato su Yuki è tremendo, e non sta in piedi manco con le stampelle, ma direi che dopo l'abbattimento di Akito questa è poca cosa, tra l'altro avrebbe richiesto una crescita al personaggio di Tohru una vera gestione della faccenda, e sia mai, la shoujo bimba deve rimanere ottusa e dalla mente semplice fino alla fine.
Venendo al comparto tecnico: l'anime mantiene i suoi standard, è ai livelli della prima stagione, ma quello musicale a mio avviso è anche migliore, openings ed endings sono più piacevoli ed orecchiabili.
In conclusione, direi che il mio voto scende a 7, ma continuo a difendere la serie, merita, ha un grosso crollo di stile nella trama, ma l'idea di fondo resta notevole e l'analisi psicologica dei personaggi abbraccia davvero tutto il gruppo e non pochi eletti, nota davvero di pregio.
Ora non c'è che aspettare un miracolo con la conclusione in arrivo ad aprile o abbracciare quel che sarà, ma le fondamenta buttate sembrano puntare ad un poco credibile "e vissero tutti felici e contenti e senza PTSD".
"Fruits basket" è un manga shojo del ’98, di Natsuki Takaya. La trama, che a primo acchito potrebbe sembrare una banalissima storia d’amore, ha per base la leggenda degli animali dello zodiaco: Dio un giorno chiamò a sé tutti gli animali, per un banchetto, ma solo 12 di essi risposero all’invito. Il topo, inoltre, ingannò il gatto dicendogli che la festa sarebbe stata due giorni dopo, guadagnandosi il titolo di animale prediletto (perché giunto da Dio per primo). La famiglia Sohma è legata a una maledizione, secondo la quale quando i membri vengono abbracciati da una persona del sesso opposto, si trasformano ognuno in uno dei dodici animali dei segni. A scoprire la verità, casualmente, è Tohru Honda, una studentessa che, rimasta orfana e impossibilitata a trasferirsi momentaneamente a casa del nonno, viene invitata a vivere insieme a Yuki e Shigure Sohma, rispettivamente, il topo e il cane dello zodiaco.
Nonostante la primissima trasposizione del manga, risalente al 2001, fosse già di suo piuttosto pregevole e coinvolgente, purtroppo la serie rimase inconclusa, costringendo i fan che se ne erano appassionati ad approcciarsi al manga. Con questa nuova trasposizione (ancora in corso, considerato che manca la terza ed ultima parte, prevista per il 2021), la storia intende, invece, seguire il manga fino alla sua conclusione.
Perché "Fruits basket" è un anime che funziona meravigliosamente, in un panorama di tanti shojo romantici costellati da cliché e stereotipi? Sicuramente il vortice di emozioni che, inevitabilmente, genera negli spettatori, è segno che la serie funzioni nel suo tentativo di far empatizzare i fan coi suoi personaggi. E ciò non può che significare che questi ultimi siano, effettivamente, la componente meglio riuscita dell’opera.
Tohru può sembrare, a prima vista, la classica protagonista sentimentale, sempliciotta e banale: carina, un po’ sfortunata e pasticciona, ma assolutamente piena di buone intenzioni, volenterosa come pochi e che mette sempre il bene altrui prima del proprio. Eppure, Tohru è molto più del centro del labirinto attorno a cui si muovono gli altri personaggi, carichi dei propri sentimenti… Tohru è a tutti gli effetti il catalizzatore che permette la loro crescita e la loro presa di consapevolezza. Con la propria infinita (e quasi inverosimile) gentilezza e bontà d’animo, invoglia i membri dello zodiaco a guardare in faccia le proprie paure, a superare il proprio dolore e ad andare avanti. In particolare, ovviamente, l’effetto lo subiscono Kyo e Yuki che vivono con lei, e che si innamorano, nonostante siano consapevoli di non poterla abbracciare come vorrebbero.
Attraverso Tohru, quindi, assistiamo a una crescita meravigliosa di tutti i personaggi, sia quelli che fanno a tutti gli effetti da indiscussi protagonisti, sia quelli che compaiono in soli pochi episodi, ma di cui vengono tratteggiati benissimo la caratterizzazione e il background. Un esempio di questo secondo caso è, secondo me, il personaggio di Rin, un po’ troppo in secondo piano tra le attenzioni dei fan della serie, ma che risulta essere forse il più doloroso fra tutti.
Il tema della famiglia fa da cardine a buona parte dell’opera, sia nel caso di Tohru (commoventi i momenti in cui la ragazza parla ancora alla madre defunta, portandosi dietro la sua unica foto), sia nel caso di ognuno dei co-protagonisti, che si vedono inaccettati, o addirittura abusati dalle loro famiglie. Fino a raggiungere l’apice, con la figura di Akito, capofamiglia dei Sohma, che rappresenta a tutti gli effetti il “dio” della leggenda. Akito è forse il personaggio più emblematico e misterioso della serie, benché ci sia ancora molto di lui da dire, nella terza parte. Ma è indubbio che le sue azioni, i suoi sguardi, le decisioni prese egoisticamente nei confronti della sua famiglia, agghiaccino lo spettatore, ponendolo in un senso di disagio.
Oltre alla famiglia, naturalmente, un’altra tematica egualmente importante è quella dell’accettazione: ogni membro dello zodiaco lotta (o ha smesso di lottare, prima dell’arrivo di Tohru) per essere accettato da qualcuno, chi da un amore proibito, chi da un semplice amico. Anche Tohru, sotto questo aspetto, risulta un personaggio sofferente.
Dal punto di vista tecnico, abbiamo sicuramente un miglioramento a livello di chara design, rispetto alla serie del 2001, e delle ost delicate che, forse, non rimarranno memorabili, ma che si accompagnano perfettamente alla narrazione.
Nonostante la primissima trasposizione del manga, risalente al 2001, fosse già di suo piuttosto pregevole e coinvolgente, purtroppo la serie rimase inconclusa, costringendo i fan che se ne erano appassionati ad approcciarsi al manga. Con questa nuova trasposizione (ancora in corso, considerato che manca la terza ed ultima parte, prevista per il 2021), la storia intende, invece, seguire il manga fino alla sua conclusione.
Perché "Fruits basket" è un anime che funziona meravigliosamente, in un panorama di tanti shojo romantici costellati da cliché e stereotipi? Sicuramente il vortice di emozioni che, inevitabilmente, genera negli spettatori, è segno che la serie funzioni nel suo tentativo di far empatizzare i fan coi suoi personaggi. E ciò non può che significare che questi ultimi siano, effettivamente, la componente meglio riuscita dell’opera.
Tohru può sembrare, a prima vista, la classica protagonista sentimentale, sempliciotta e banale: carina, un po’ sfortunata e pasticciona, ma assolutamente piena di buone intenzioni, volenterosa come pochi e che mette sempre il bene altrui prima del proprio. Eppure, Tohru è molto più del centro del labirinto attorno a cui si muovono gli altri personaggi, carichi dei propri sentimenti… Tohru è a tutti gli effetti il catalizzatore che permette la loro crescita e la loro presa di consapevolezza. Con la propria infinita (e quasi inverosimile) gentilezza e bontà d’animo, invoglia i membri dello zodiaco a guardare in faccia le proprie paure, a superare il proprio dolore e ad andare avanti. In particolare, ovviamente, l’effetto lo subiscono Kyo e Yuki che vivono con lei, e che si innamorano, nonostante siano consapevoli di non poterla abbracciare come vorrebbero.
Attraverso Tohru, quindi, assistiamo a una crescita meravigliosa di tutti i personaggi, sia quelli che fanno a tutti gli effetti da indiscussi protagonisti, sia quelli che compaiono in soli pochi episodi, ma di cui vengono tratteggiati benissimo la caratterizzazione e il background. Un esempio di questo secondo caso è, secondo me, il personaggio di Rin, un po’ troppo in secondo piano tra le attenzioni dei fan della serie, ma che risulta essere forse il più doloroso fra tutti.
Il tema della famiglia fa da cardine a buona parte dell’opera, sia nel caso di Tohru (commoventi i momenti in cui la ragazza parla ancora alla madre defunta, portandosi dietro la sua unica foto), sia nel caso di ognuno dei co-protagonisti, che si vedono inaccettati, o addirittura abusati dalle loro famiglie. Fino a raggiungere l’apice, con la figura di Akito, capofamiglia dei Sohma, che rappresenta a tutti gli effetti il “dio” della leggenda. Akito è forse il personaggio più emblematico e misterioso della serie, benché ci sia ancora molto di lui da dire, nella terza parte. Ma è indubbio che le sue azioni, i suoi sguardi, le decisioni prese egoisticamente nei confronti della sua famiglia, agghiaccino lo spettatore, ponendolo in un senso di disagio.
Oltre alla famiglia, naturalmente, un’altra tematica egualmente importante è quella dell’accettazione: ogni membro dello zodiaco lotta (o ha smesso di lottare, prima dell’arrivo di Tohru) per essere accettato da qualcuno, chi da un amore proibito, chi da un semplice amico. Anche Tohru, sotto questo aspetto, risulta un personaggio sofferente.
Dal punto di vista tecnico, abbiamo sicuramente un miglioramento a livello di chara design, rispetto alla serie del 2001, e delle ost delicate che, forse, non rimarranno memorabili, ma che si accompagnano perfettamente alla narrazione.
In questa seconda stagione di "Fruit Basket", concentrata soprattutto su cambiamenti caratteriali di alcuni membri dello zodiaco e nuove rivelazioni, potremmo osservare vari sviluppi di diverse situazioni. Nuovi personaggi chiave entrano in scena. Akito tenterà di mantenere il controllo di tutti i rappresentanti dello zodiaco, mentre Honda cercherà in tutti i modi di spezzare la maledizione dei suoi amici.
Mi piace molto paragonare la stagione precedente di un anime con quella attuale e quindi inizierò dicendo semplicemente dove, a mio giudizio, ci sono stati dei cali e dei miglioramenti. Guadagna punti sulla storia, svelando molte cose, rendendo l'anime ancora più interessante e coinvolgente. Sul piano emotivo perde un po', non riuscendo a trasmettermi pienamente tutti gli stati emotivi dei personaggi, molto meno commovente insomma. Le animazioni rimangono uguali, mantenendo sempre la stessa linea. Le scene comiche fanno ridere un sacco e questo è davvero una gran riuscita.
I nuovi personaggi chiave sono molto interessanti e pieni di personalità, si distinguono molto bene.
La storia fluisce senza problemi, in 25 episodi ho visto veramente poche puntate dedicate ad argomenti "inutili" tipo recite e altri contenuti messi solo per fare da riempitivo.
Le musiche ben azzeccate, come nella prima stagione (sono le stesse).
Nel complesso molto buono e superiore alla stagione precedente, per il semplice motivo, più mi coinvolge e più mi piace, nonostante qualche piccolo calo elencato in precedenza.
Mi piace molto paragonare la stagione precedente di un anime con quella attuale e quindi inizierò dicendo semplicemente dove, a mio giudizio, ci sono stati dei cali e dei miglioramenti. Guadagna punti sulla storia, svelando molte cose, rendendo l'anime ancora più interessante e coinvolgente. Sul piano emotivo perde un po', non riuscendo a trasmettermi pienamente tutti gli stati emotivi dei personaggi, molto meno commovente insomma. Le animazioni rimangono uguali, mantenendo sempre la stessa linea. Le scene comiche fanno ridere un sacco e questo è davvero una gran riuscita.
I nuovi personaggi chiave sono molto interessanti e pieni di personalità, si distinguono molto bene.
La storia fluisce senza problemi, in 25 episodi ho visto veramente poche puntate dedicate ad argomenti "inutili" tipo recite e altri contenuti messi solo per fare da riempitivo.
Le musiche ben azzeccate, come nella prima stagione (sono le stesse).
Nel complesso molto buono e superiore alla stagione precedente, per il semplice motivo, più mi coinvolge e più mi piace, nonostante qualche piccolo calo elencato in precedenza.