Asura
Ashura è oscurità, cupa e triste, senza uno spiraglio di luce, ma anche lì dove regna l'oscurità è possibile che un raggio di luce vi entri e illumini l'area circostanze. Questo tema psicologico horror parla di un bambino nato in un momento tragico da una madre in preda alla disperazione e alla fame, non sa come nutrirsi e tenta di mangiare il proprio bambino ma crolla psicologicamente e scappa via lasciando inerme il bambino.
Otto anni dopo il bambino ormai non da l'aria di essere una persona, ma un vero e proprio animale che si ciba di qualunque essere vivente, soprattutto di persone; un giorno incontra un monaco che tenta di portarlo sulla retta via, e per prima cosa gli da un nome, Ashura.
I personaggi principali sono pochi, tra cui Wakasa una donna che sarà di vitale importanza per Ashura, e che sarà la chiave per aprire il cuore del piccolo demone. Il monaco, invece, è più una forma autoritaria che cerca, con le parole e che non le azioni, di far capire al piccolo Ashura che lui non è un demone e ne un animale, ma una persona come tutte le altre con all'interno un cuore. Il messaggio che vuole trasmettere è che ogni persona ha un demone dentro di se e bisogna combatterlo per rivendicare la nostra umanità, Ashura non è un demone ma una persona che non riesce ad accettare il medesimo demone dentro di se che lo consuma, poichè non ha mai ricevuto affetto e sia cresciuto da solo mangiando chiunque per non essere mangiato.
L'autore fa riferimento al demone Ashura, un'antico Dio che crea il male e lo diffonde tra gli uomini; secondo un'antica mitologia, il demone Ashura influisce sull'uomo portandolo ad oscurare il proprio io, facendolo vivere secondo medesima teoria.
L'ambientazione non fa altro che seguire le emozioni del protagonista, ad esempio se è in collera ecco un ambiente cupo e graffiante, oppure se si sente apprezzato fuoriesce il bel tempo, una serie di stati d'animo che incidono sul momento e sull'ambientazione, anche se ci sono più ambienti cupi che luminosi. Tutto viene seguito da un'ottima colonna sonora che tempestivamente incide sulle scene amplificando il momento vissuto dal protagonista.
Il comparto visivo è tenebroso e molto graffiante, grazie ad un motore grafico particolare che rispecchia il genere perfettamente, quasi sempre cupo con scarsa luminosità.
Nient'altro da dire a riguardo, Ashura è un'opera particolare e diversa dal solito, merita tanto e non è un perditempo. Lo consiglio.
Otto anni dopo il bambino ormai non da l'aria di essere una persona, ma un vero e proprio animale che si ciba di qualunque essere vivente, soprattutto di persone; un giorno incontra un monaco che tenta di portarlo sulla retta via, e per prima cosa gli da un nome, Ashura.
I personaggi principali sono pochi, tra cui Wakasa una donna che sarà di vitale importanza per Ashura, e che sarà la chiave per aprire il cuore del piccolo demone. Il monaco, invece, è più una forma autoritaria che cerca, con le parole e che non le azioni, di far capire al piccolo Ashura che lui non è un demone e ne un animale, ma una persona come tutte le altre con all'interno un cuore. Il messaggio che vuole trasmettere è che ogni persona ha un demone dentro di se e bisogna combatterlo per rivendicare la nostra umanità, Ashura non è un demone ma una persona che non riesce ad accettare il medesimo demone dentro di se che lo consuma, poichè non ha mai ricevuto affetto e sia cresciuto da solo mangiando chiunque per non essere mangiato.
L'autore fa riferimento al demone Ashura, un'antico Dio che crea il male e lo diffonde tra gli uomini; secondo un'antica mitologia, il demone Ashura influisce sull'uomo portandolo ad oscurare il proprio io, facendolo vivere secondo medesima teoria.
L'ambientazione non fa altro che seguire le emozioni del protagonista, ad esempio se è in collera ecco un ambiente cupo e graffiante, oppure se si sente apprezzato fuoriesce il bel tempo, una serie di stati d'animo che incidono sul momento e sull'ambientazione, anche se ci sono più ambienti cupi che luminosi. Tutto viene seguito da un'ottima colonna sonora che tempestivamente incide sulle scene amplificando il momento vissuto dal protagonista.
Il comparto visivo è tenebroso e molto graffiante, grazie ad un motore grafico particolare che rispecchia il genere perfettamente, quasi sempre cupo con scarsa luminosità.
Nient'altro da dire a riguardo, Ashura è un'opera particolare e diversa dal solito, merita tanto e non è un perditempo. Lo consiglio.
Non solo periodo di battaglie leggendarie ed eroici condottieri, i torbidi dell'Epoca Sengoku nascondono, nei loro più oscuri meandri, una disturbante realtà: in un Paese martoriato da guerre intestine e catastrofi naturali, a fare da fosco retroscena alle gloriose gesta dei samurai sono infatti carestie, devastazioni e miseria. Un quadro dalla tinte fosche, che incornicia una greve disperazione, fatta di uomini senza prospettive, straziati e resi spietati da fame e privazioni, insensibili a qualsiasi solidarietà e dimentichi di ogni freno inibitore. Tra le lande desolate della Kyoto di fine '500, in un sordido tugurio, viene alla luce Asura, bambino-bestia che porta sul corpo le cicatrici di un'umanità ormai alla deriva: sopravvissuto a un prematuro destino di morte, ignaro di qualsiasi convenzione sociale, dovrà farsi strada attraverso gli orrori di un mondo sull'orlo dell'abisso, un mondo in cui una madre può pensare addirittura di cibarsi del proprio figlio.
Per un demone che parla solo il linguaggio della violenza - traslato fin troppo esplicito della natura umana - esiste possibilità di redenzione?
Ciò che a prima vista colpisce della pellicola diretta da Keichi Sato, già salito agli onori delle cronache per la regia di "Tiger & Bunny", è la scelta alquanto discutibile di animarla interamente in computer grafica. Se da un lato il non volersi affidare ai disegni tradizionali permette la realizzazione di notevoli effetti speciali e di fondali caratterizzati da un'estrema cura per il dettaglio, dall'altro presenta, soprattutto in relazione alle figure umane, animazioni legnose e innaturali, nonché una totale inespressività dei volti. Un autentico delitto, perché il sapiente utilizzo di una paletta di colori lividi e sanguigni ben si fonde con la follia delle vicende raccontate: tra lune immense, foreste spettrali, campi riarsi e tramonti fiammeggianti, le sensazioni trasmesse, soffocanti come la crudeltà dei temi trattati, si amplificano in iperboliche rappresentazioni. Pure gli accompagnamenti musicali, caratterizzati da una vena orchestrale assai ispirata, sanno esaltare l'atmosfera opprimente del film, ma, così come il setting, non trovano adeguata intensità nei personaggi, burattini senz'anima privi di forza comunicativa.
Nonostante le perplessità sulle scelte stilistiche, tuttavia, i maggiori difetti dell'opera si riscontrano nella sceneggiatura, incapace, a causa di una narrazione a tratti ridicola, di coniugare ambizioni speculative a una trama solida e verosimile. Se negli intenti programmatici c'era - e mi sembra piuttosto evidente - il desiderio di comporre un affresco storico refrattario a idealizzazioni, mi domando come sia stato possibile caratterizzare il protagonista in maniera così palesemente grottesca e 'fantasiosa': corpo ignifugo, resistente a rovinose cadute tra precipizi di roccia, capace di compiere balzi scimmieschi e dotato di una forza erculea, nonostante dimensioni fisiche lillipuziane. Tutte qualità incongrue con un realismo spesso cercato con morbosa insistenza, e inutili sul piano narrativo.
Ancora più incomprensibili appaiono però le forzature operate sulla crescita interiore del ferino Asura: da bestia assetata di sangue incapace persino di proferir parola, si scopre improvvisamente, ma senza giustificazione, fine disquisitore di concetti filosofici vertenti sulla natura umana e sul senso della vita. Riflessioni focalizzate sulla dualità dell'anima che si rivelano però piuttosto superficiali, e che raggiungono l'apice della banalità nella metaforica dicotomia tra paesaggi bucolici e scene colme di orrore.
Non danno un contributo apprezzabile nemmeno gli altri personaggi 'positivi', i quali, lungi dall'essere il sospirato appiglio di questo mondo disumanizzato, sembrano piuttosto mossi o da una patinata moralità (Wakasa) o da un desiderio di stupire totalmente fuori contesto (il monaco).
Potenzialmente interessante, "Asura" si rivela a mio avviso un'operazione mal riuscita, un'opera pretenziosa minata da un ingiustificato sensazionalismo e da trovate degne dello shōnen più ingenuo, difetti evidenti che ne offuscano la 'credibilità' storica ed etica. Si salvano alcuni arditi espedienti visivi, nulla più che un apprezzabile, ma impersonale esercizio di stile.
Per un demone che parla solo il linguaggio della violenza - traslato fin troppo esplicito della natura umana - esiste possibilità di redenzione?
Ciò che a prima vista colpisce della pellicola diretta da Keichi Sato, già salito agli onori delle cronache per la regia di "Tiger & Bunny", è la scelta alquanto discutibile di animarla interamente in computer grafica. Se da un lato il non volersi affidare ai disegni tradizionali permette la realizzazione di notevoli effetti speciali e di fondali caratterizzati da un'estrema cura per il dettaglio, dall'altro presenta, soprattutto in relazione alle figure umane, animazioni legnose e innaturali, nonché una totale inespressività dei volti. Un autentico delitto, perché il sapiente utilizzo di una paletta di colori lividi e sanguigni ben si fonde con la follia delle vicende raccontate: tra lune immense, foreste spettrali, campi riarsi e tramonti fiammeggianti, le sensazioni trasmesse, soffocanti come la crudeltà dei temi trattati, si amplificano in iperboliche rappresentazioni. Pure gli accompagnamenti musicali, caratterizzati da una vena orchestrale assai ispirata, sanno esaltare l'atmosfera opprimente del film, ma, così come il setting, non trovano adeguata intensità nei personaggi, burattini senz'anima privi di forza comunicativa.
Nonostante le perplessità sulle scelte stilistiche, tuttavia, i maggiori difetti dell'opera si riscontrano nella sceneggiatura, incapace, a causa di una narrazione a tratti ridicola, di coniugare ambizioni speculative a una trama solida e verosimile. Se negli intenti programmatici c'era - e mi sembra piuttosto evidente - il desiderio di comporre un affresco storico refrattario a idealizzazioni, mi domando come sia stato possibile caratterizzare il protagonista in maniera così palesemente grottesca e 'fantasiosa': corpo ignifugo, resistente a rovinose cadute tra precipizi di roccia, capace di compiere balzi scimmieschi e dotato di una forza erculea, nonostante dimensioni fisiche lillipuziane. Tutte qualità incongrue con un realismo spesso cercato con morbosa insistenza, e inutili sul piano narrativo.
Ancora più incomprensibili appaiono però le forzature operate sulla crescita interiore del ferino Asura: da bestia assetata di sangue incapace persino di proferir parola, si scopre improvvisamente, ma senza giustificazione, fine disquisitore di concetti filosofici vertenti sulla natura umana e sul senso della vita. Riflessioni focalizzate sulla dualità dell'anima che si rivelano però piuttosto superficiali, e che raggiungono l'apice della banalità nella metaforica dicotomia tra paesaggi bucolici e scene colme di orrore.
Non danno un contributo apprezzabile nemmeno gli altri personaggi 'positivi', i quali, lungi dall'essere il sospirato appiglio di questo mondo disumanizzato, sembrano piuttosto mossi o da una patinata moralità (Wakasa) o da un desiderio di stupire totalmente fuori contesto (il monaco).
Potenzialmente interessante, "Asura" si rivela a mio avviso un'operazione mal riuscita, un'opera pretenziosa minata da un ingiustificato sensazionalismo e da trovate degne dello shōnen più ingenuo, difetti evidenti che ne offuscano la 'credibilità' storica ed etica. Si salvano alcuni arditi espedienti visivi, nulla più che un apprezzabile, ma impersonale esercizio di stile.
"Asura (Ashura)" é un film del 2012 prodotto anche dalla casa di produzione Toei. Parto col dare il mio voto al film votando per categorie.
Trama: 8
La storia si svolge nel Medioevo Giapponese, nel paese di Kyoto, dove ci sono moltissimi problemi e anche molte perdite, ma che poi permettono ad una donna sola di poter dar luce ad un figlio. Però la madre, ormai da giorni senza cibo, decise di voler uccidere suo figlio per cibarsene.
Così, il nostro protagonista Asura, per poter combattere la carestia, divenne una bestia che per potere placare la sua fame é pronto a mangiare sia esseri umani che animali. Però con l'aiuto di un sacerdote e di una ragazza di nome Wakasa (Che era praticamente come una mamma per lui) lo renderanno più umano.
Animazione: 6
Ovviamente posso dire solamente che qui l'animazione l'ho trovata "particolare", non propio la migliore, ma mi è piaciuto il come abbiano voluto mettere una grafica diversa dalle altre, ma che in minima parte mi ha veramente intrigato.
Personaggi: 8
Qui posso dire che un'altra cosa che ho apprezzato molto del film sono i personaggi. Il protagonista l'ho trovato molto ben fatto, che non rientra nello stereotipo dell' "eroe" che deve salvare tutti, anzi, qui lo fanno vedere come un demone, uno che nessuno aprezza e via scorrendo. Gli altri posso dire che mi stanno leggermente indifferenti. Altra cosa che mi ha intrigato molto é stata la storia d'amore non molto vista fra Wakasa e quel contadino (di cui non mi ricordo il nome), peccato che poi finisce nel sangue. Poi una cosa che io ho veramente adorato é stato anche il rapporto madre-figlio fra Asura e Wakasa.
Non sò che altro, dico solo che ho trovato il film molto toccante, ma anche molto crudo il come fanno vedere l'argomento, il doppiaggio l'ho trovato molto ben fatto e la trama l'ho trovata molto originale. Un bel 9 se lo merita.
Trama: 8
La storia si svolge nel Medioevo Giapponese, nel paese di Kyoto, dove ci sono moltissimi problemi e anche molte perdite, ma che poi permettono ad una donna sola di poter dar luce ad un figlio. Però la madre, ormai da giorni senza cibo, decise di voler uccidere suo figlio per cibarsene.
Così, il nostro protagonista Asura, per poter combattere la carestia, divenne una bestia che per potere placare la sua fame é pronto a mangiare sia esseri umani che animali. Però con l'aiuto di un sacerdote e di una ragazza di nome Wakasa (Che era praticamente come una mamma per lui) lo renderanno più umano.
Animazione: 6
Ovviamente posso dire solamente che qui l'animazione l'ho trovata "particolare", non propio la migliore, ma mi è piaciuto il come abbiano voluto mettere una grafica diversa dalle altre, ma che in minima parte mi ha veramente intrigato.
Personaggi: 8
Qui posso dire che un'altra cosa che ho apprezzato molto del film sono i personaggi. Il protagonista l'ho trovato molto ben fatto, che non rientra nello stereotipo dell' "eroe" che deve salvare tutti, anzi, qui lo fanno vedere come un demone, uno che nessuno aprezza e via scorrendo. Gli altri posso dire che mi stanno leggermente indifferenti. Altra cosa che mi ha intrigato molto é stata la storia d'amore non molto vista fra Wakasa e quel contadino (di cui non mi ricordo il nome), peccato che poi finisce nel sangue. Poi una cosa che io ho veramente adorato é stato anche il rapporto madre-figlio fra Asura e Wakasa.
Non sò che altro, dico solo che ho trovato il film molto toccante, ma anche molto crudo il come fanno vedere l'argomento, il doppiaggio l'ho trovato molto ben fatto e la trama l'ho trovata molto originale. Un bel 9 se lo merita.
Asura (Ashura) lungometraggio della Toei uscito nelle sale Giapponesi il 29 settembre 2012, basato sul manga Ashura di George Akiyama.
In un Giappone devastato dalla siccità e dalle malattie si rivela la natura dell'uomo, spietata nello cercare di assicurarsi la propria sopravvivenza, pronto ad uccidere i propri simile pur di vivere. In questo mondo di morte, c'è comunque lo spazio per la nascita di una piccola vita. Una donna, affamata e sola, da alla luce una creatura che per lei è gioia e dolore…
La grafica è un misto tra 3D e 2D, non l'ho trovata piacevole, ma parecchio originale. Masako Nozawa (Goku in Dragon Ball) darà voce al protagonista, mentre a cantare la ending sarà Yasuha Kominami.
L'adattamento di un essere vivente è fondamentale per assicurarsi la sopravvivenza, anche l'amore tra madre e figlio perde la sua luce quando si viene provati e si ha poche scelte. La ragione è labile, poco ci vuole a perderla, mantenerla mentre tutto intorno a te è nulla, crolla e seppellisce quelli che prima erano giorni sereni, è ardua.
La storia ci viene narrata in maniera veritiera, cruda e spietata, senza addolcire in alcun modo la pillola, ciò che può diventare un paese devastato dalla carestia, e assieme quello che può divenire un essere umano che ancora non sa di esserlo, perché noi nasciamo privi di ogni coscienza, vuoti, come creta malleabile, inutile illuderci, alla nascita, noi siamo come animali, sappiamo solo respirare e vivere, ne più ne meno. Per questo se esclusi dalla società umana, lasciati soli o a contatto con gli animali, il nostro "io" cresce e si sviluppa in base alla situazione in cui si trova, chiamasi "spirito di adattamento", quello che ci ha permesso di sopravvivere per secoli.
Non provo pietà per il protagonista, solo un lieve dispiacere, nato e cresciuto in un mondo con ben poco da dare, ma ancora tanto da togliere, senza la possibilità di avere una vita vera, una conoscenza di se per quello che dovrebbe essere davvero, costretto a macchiarsi di peccati per noi imperdonabili, portando sulle spalle il peso dell'abominio, calandosi nei panni di una bestia sanguinaria e affamata, non molto dissimile delle restanti persone affamate che non esitano ad uccidersi l'un l'altro per rubarsi a vicenda quel poco cibo e averi, e ancora si professano umani.
Quest'opera si spinge ad i limite più estremi, priva quasi di luce, ove l'oscurità che pervade è marcia e miete vittime come la falce della morte, onnipresente; purtroppo il fato gioca brutti scherzi, e si fa beffe del lavoro e della buona volontà.
L'ho apprezzata in tutte le sue sfumature, è stato un "piacevole" interludio, un opera che per le sue caratteristiche mi rimarrà impressa per parecchio.
La consiglio a chi non a paura di addentrarsi negli oscuri meandri della pazzia, della fame e della sofferenza.
In un Giappone devastato dalla siccità e dalle malattie si rivela la natura dell'uomo, spietata nello cercare di assicurarsi la propria sopravvivenza, pronto ad uccidere i propri simile pur di vivere. In questo mondo di morte, c'è comunque lo spazio per la nascita di una piccola vita. Una donna, affamata e sola, da alla luce una creatura che per lei è gioia e dolore…
La grafica è un misto tra 3D e 2D, non l'ho trovata piacevole, ma parecchio originale. Masako Nozawa (Goku in Dragon Ball) darà voce al protagonista, mentre a cantare la ending sarà Yasuha Kominami.
L'adattamento di un essere vivente è fondamentale per assicurarsi la sopravvivenza, anche l'amore tra madre e figlio perde la sua luce quando si viene provati e si ha poche scelte. La ragione è labile, poco ci vuole a perderla, mantenerla mentre tutto intorno a te è nulla, crolla e seppellisce quelli che prima erano giorni sereni, è ardua.
La storia ci viene narrata in maniera veritiera, cruda e spietata, senza addolcire in alcun modo la pillola, ciò che può diventare un paese devastato dalla carestia, e assieme quello che può divenire un essere umano che ancora non sa di esserlo, perché noi nasciamo privi di ogni coscienza, vuoti, come creta malleabile, inutile illuderci, alla nascita, noi siamo come animali, sappiamo solo respirare e vivere, ne più ne meno. Per questo se esclusi dalla società umana, lasciati soli o a contatto con gli animali, il nostro "io" cresce e si sviluppa in base alla situazione in cui si trova, chiamasi "spirito di adattamento", quello che ci ha permesso di sopravvivere per secoli.
Non provo pietà per il protagonista, solo un lieve dispiacere, nato e cresciuto in un mondo con ben poco da dare, ma ancora tanto da togliere, senza la possibilità di avere una vita vera, una conoscenza di se per quello che dovrebbe essere davvero, costretto a macchiarsi di peccati per noi imperdonabili, portando sulle spalle il peso dell'abominio, calandosi nei panni di una bestia sanguinaria e affamata, non molto dissimile delle restanti persone affamate che non esitano ad uccidersi l'un l'altro per rubarsi a vicenda quel poco cibo e averi, e ancora si professano umani.
Quest'opera si spinge ad i limite più estremi, priva quasi di luce, ove l'oscurità che pervade è marcia e miete vittime come la falce della morte, onnipresente; purtroppo il fato gioca brutti scherzi, e si fa beffe del lavoro e della buona volontà.
L'ho apprezzata in tutte le sue sfumature, è stato un "piacevole" interludio, un opera che per le sue caratteristiche mi rimarrà impressa per parecchio.
La consiglio a chi non a paura di addentrarsi negli oscuri meandri della pazzia, della fame e della sofferenza.
Se dovessi descrivere il film "Asura" in una parola userei sicuramente l'aggettivo "particolare".
Uscito nelle sale giapponesi alla fine di settembre del 2012, questa pellicola di animazione della durata di 76 minuti tratta con il suo particolare stile grafico "graffiante", "ruvido" e "ciondolante" svariate tematiche, per lo più oscure e truculente, insite nell'essere umano.
La genesi di questo bambino brutto, sporco e maledetto risiede nel contesto di una terra e di un mondo passati, inariditi e devastati dalla povertà e dalla carestia. In questo mondo di sangue e di dolore non nascono frutti, ma solo terrore e lacrime; non si partorisce con amore e attorniati da gente in giubilo, ma in solitudine, forse allontanati da tutti, nudi e in una notte di tempesta, presagio di sventura.
Il poco amore materno che riceve questo neonato tra una poppata e l'altra viene presto sostituito dall'istantaneo, malato momento in cui la lotta per la sopravvivenza e la fame si sostituiscono ai sentimenti di una madre e alla gioia di questo lieve evento. Tutto si eclissa, si oscura, e il senso della vita diventa una mera possibilità di non morire; "carne... carne... carne!", urla una disumana figura mentre getta il figliolo fra le fiamme prima di scappare inorridita e contrita per questo gesto dettato dalla bestialità umana.
Da questo incipit che si presenta prima della comparsa del titolo del mediometraggio scaturisce il figlio di un demone, un bimbo-bestia di 8 anni circa che non sa parlare e si comporta come una belva cannibale pronto a uccidere animali e uomini per il gusto di placare la sua "fame". In un'epoca dilaniata da carestie e sciacallaggio, dove pare che un dio non esista, compare davanti ad Asura un bonzo che percorre la via del Buddah e, vedendo in lui una divinità, si pone l'obiettivo di indicargli la retta via: pian piano gli insegnerà a parlare, dà lui degli stimoli per iniziare lentamente a diventare un uomo e riscontra i miglioramenti, rassicurandolo a suo modo quando affronta la sua prima crisi interiore profonda.
L'incontro con una giovane ragazza, Wakasa, lo rende sempre più umano e si sente amato e trattato come un figlio, ma il destino e il popolo locale riserva ad Asura un cammino non facile in cui la bestia lascia il posto ai sentimenti e all'uomo che, dilaniato dal dolore e dalla sofferenza di essere stato tradito un'altra volta, grida al cielo e si dispera per la sua condizione rimpiangendo di essere nato.
Questo mediometraggio si presenta abbastanza realistico, basti pensare alle pestilenze e carestie passate, alle cacce alle streghe e al buio periodo medioevale (il sonno della ragione umana genera mostri), ma viene accostato a una grafica "graffiante" e "ruvida". "Ruvida" nelle texture utilizzate e nel tratto decisamente inconsueto, "cartoonesco", quasi abbozzato, che traspare nella scelta stilistica dei colori non troppo brillanti. "Graffiante" per l'affresco atipico nel quale sono mostrate le scene truculente di sangue e cannibalismo, che paiono così quasi edulcorate e un pelo meno intense.
Menzione anche per le animazioni, che risultano un po' legnose e "ciondolanti", con personaggi che si lasciano andare in un leggero moto di inerzia (può darsi che sia stato voluto, suppongo) visto in alcuni videogiochi 3D di qualche decennio fa.
Molto buoni sono il lavoro di doppiaggio e il comparto sonoro, il quale acquista rilevanza solo nei titoli di coda con una buona ending.
In sostanza consiglio quest'opera oscura ma con degli sprazzi d'amore, di via d'uscita e riscatto solo a persone non facilmente impressionabili, ma per il comparto grafico non do la perfezione come voto.
Voto: 9.
Uscito nelle sale giapponesi alla fine di settembre del 2012, questa pellicola di animazione della durata di 76 minuti tratta con il suo particolare stile grafico "graffiante", "ruvido" e "ciondolante" svariate tematiche, per lo più oscure e truculente, insite nell'essere umano.
La genesi di questo bambino brutto, sporco e maledetto risiede nel contesto di una terra e di un mondo passati, inariditi e devastati dalla povertà e dalla carestia. In questo mondo di sangue e di dolore non nascono frutti, ma solo terrore e lacrime; non si partorisce con amore e attorniati da gente in giubilo, ma in solitudine, forse allontanati da tutti, nudi e in una notte di tempesta, presagio di sventura.
Il poco amore materno che riceve questo neonato tra una poppata e l'altra viene presto sostituito dall'istantaneo, malato momento in cui la lotta per la sopravvivenza e la fame si sostituiscono ai sentimenti di una madre e alla gioia di questo lieve evento. Tutto si eclissa, si oscura, e il senso della vita diventa una mera possibilità di non morire; "carne... carne... carne!", urla una disumana figura mentre getta il figliolo fra le fiamme prima di scappare inorridita e contrita per questo gesto dettato dalla bestialità umana.
Da questo incipit che si presenta prima della comparsa del titolo del mediometraggio scaturisce il figlio di un demone, un bimbo-bestia di 8 anni circa che non sa parlare e si comporta come una belva cannibale pronto a uccidere animali e uomini per il gusto di placare la sua "fame". In un'epoca dilaniata da carestie e sciacallaggio, dove pare che un dio non esista, compare davanti ad Asura un bonzo che percorre la via del Buddah e, vedendo in lui una divinità, si pone l'obiettivo di indicargli la retta via: pian piano gli insegnerà a parlare, dà lui degli stimoli per iniziare lentamente a diventare un uomo e riscontra i miglioramenti, rassicurandolo a suo modo quando affronta la sua prima crisi interiore profonda.
L'incontro con una giovane ragazza, Wakasa, lo rende sempre più umano e si sente amato e trattato come un figlio, ma il destino e il popolo locale riserva ad Asura un cammino non facile in cui la bestia lascia il posto ai sentimenti e all'uomo che, dilaniato dal dolore e dalla sofferenza di essere stato tradito un'altra volta, grida al cielo e si dispera per la sua condizione rimpiangendo di essere nato.
Questo mediometraggio si presenta abbastanza realistico, basti pensare alle pestilenze e carestie passate, alle cacce alle streghe e al buio periodo medioevale (il sonno della ragione umana genera mostri), ma viene accostato a una grafica "graffiante" e "ruvida". "Ruvida" nelle texture utilizzate e nel tratto decisamente inconsueto, "cartoonesco", quasi abbozzato, che traspare nella scelta stilistica dei colori non troppo brillanti. "Graffiante" per l'affresco atipico nel quale sono mostrate le scene truculente di sangue e cannibalismo, che paiono così quasi edulcorate e un pelo meno intense.
Menzione anche per le animazioni, che risultano un po' legnose e "ciondolanti", con personaggi che si lasciano andare in un leggero moto di inerzia (può darsi che sia stato voluto, suppongo) visto in alcuni videogiochi 3D di qualche decennio fa.
Molto buoni sono il lavoro di doppiaggio e il comparto sonoro, il quale acquista rilevanza solo nei titoli di coda con una buona ending.
In sostanza consiglio quest'opera oscura ma con degli sprazzi d'amore, di via d'uscita e riscatto solo a persone non facilmente impressionabili, ma per il comparto grafico non do la perfezione come voto.
Voto: 9.